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L D
• Scrittura + -
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• Valutazione letteraria e culturale + -
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• Avanzamento sociale + -
• Coinvolgimento emotivo - +
Nell’indagine avvenuta a Padova, i ragazzi che hanno ascoltato le diverse registrazioni in dialetto e
in lingua italiana standard, hanno dato una serie di caratteristiche positive e negative al dialetto e
alla lingua italiana. Il dialetto è positivo nella sfera della personalità e negativo nello status
socioculturale, l’italiano l’opposto. Il dialetto diventa progressivamente in Italia, da lingua
“necessaria” a quasi una lingua “simbolica”, portatrice di determinati valori, che la comunicazione
odierna gestisce in modo molto preciso e puntuale. Stiamo passando da dialetto che trasmette
l’appartenenza ad un area geografica, al dialetto come varietà che crea una situazione
comunicativa caratterizzata dalla vicinanza e dalla familiarità. Da varietà usata in senso diatopico, a
varietà usata in senso diafasico. Questo è un salto dalla sfera informativa a quella comunicativa.
• Dialetto e sfera della personalità: intimità e coinvolgimento emotivi
• Dialetto e “vicinanza”: noi vs. loro
• Dialetto e “realtà”: la dimensione della concretezza
Si seleziona in modo simbolico l’uso del dialetto, non perché i milanesi sappiano solo il
dialetto. Quando voglio dare un’idea di concretezza e operosità di persona che lavora con le
mani, uso il dialetto.
• Dialetto e “ignoranza” come garanzia di concretezza
Da un alto c’è il professore depositario della teoria e delle nozione, dall’altro c’è lo stupido che la
fa. Da un lato c’è chi teorizza, chi parla tanto, da un lato c’è chi fa, chi si sporca le mani. La
stupidità è rappresentata come valore. Dialetto come lingua dello stupido che non è andato a
scuola e che non sa parlare l’italiano, e che però è concreto, più autentico di chi sa l’italiano,
come il professore.
Qui siamo in un’area friulana. “Il maestro insegna, lo stupido fa”.
• Molteplicità di connotati che il dialetto evoca
Abbi fiducia della qualità di questo latte, poiché se parlo piemontese, anche le mucche
che mi hanno prodotto sono piemontesi. Il latte è uno di noi, viene dalle nostre stalle, ci
possiamo fidare di lui. + Prodotto genuino e autentico, come una persona che parla il
dialetto (vedi indagine università di Padova).
Elementi che indicano dialettalità, e noi fiorentini che lo leggiamo lo capiamo. Lui ha scelto di
scrivere così perché vuole comunicarci: tradizione del prodotto attraverso la tradizionalista
della lingua dialettale, fiducia, genuinità, familiarità e confidenza. Dialetto come risorsa
diafasica.
Modalità tipicamente fiorentina che anche quando utilizziamo tra noi, viene capito anche da chi non viene
dalla Toscana. Modalità impersonale (si + verbo declinato). Situazione di confidenza e familiarità.
Il dialetto viene usato per promuovere un oggetto moderno. Senso di fiducia verso un prodotto
perché utilizzato il dialetto, lingua di vicinanza.
Legame che individuiamo tra dialetto e modo di bere lo Spritz, celebra una modalità comunitaria. Ci fa sentire
parte di una comunità, come la lingua della piazza, il dialetto. + Noi (che stiamo in piazza) vs. loro (che stanno nel
privé). usi reali
I valori che posso attribuire all’italiano e al dialetto negli usi effettivi, negli sono:
code-switching:
~Il una modalità che osserviamo come molto diffusa nella scena dell’Italia
contemporanea e che prevede una compresenza di italiano e di dialetto. Siamo in presenza di usi
effettivi, effettivamente riscontrati nell’italiano.
Es. 1
Siamo in una pasticceria a Torino. Il commesso prepara un vassoio di pasticcini per il cliente e dice:
vi imbroglio, eh! A sun tant bun!”
“Non
La prima parte della frase è in un italiano standard, la seconda parte è il dialetto torinese. Il
commesso fa così non perché ci troviamo di fronte ad un situazione in cui sta parlando con due
persone diverse, con le quali utilizza due lingue diverse. Questo switch avviene alla conclusione di
una prima frase in un codice e all’inizio di un’altra frase con un altro codice. Ciò ci fa capire che
questo cambiamento da parte di chi produce l’atto, consapevolmente esegue un cambio di codice.
L’intenzione che guida questo passaggio è quella di fare un passo verso l’interlocutore, per far sì
che si possa fidare di lui. Chi parla dialetto, infatti, è una persona che ispira fiducia. Lo switch ha
come finalità quella di instaurare un rapporto di vicinanza, di intimità, di fiducia.
Es. 2
Siamo in Sicilia, e stiamo parlando di evasori fiscali:
kiddi ka, pigghia, annu setti kasi, wottu casi e nun pavunu nenti? Ne volunu truvari. Non li
“Kiddi,
vogliono trovare”.
Lo switch in questo caso parte dal dialetto e finisce con l’italiano standard. La conclusione, già
presente in dialetto, viene ripetuta in italiano. Essendo il passaggio di codice interfrasale, posso
capire che lo switch è voluto. L’intenzione in questo caso, dà una particolare autorevolezza alla
questione, essendo l’italiano una lingua usata in tribunale. L’italiano è quindi una lingua della
distanza, ma allo stesso tempo dell’autorevolezza.
Nel 1992 fu fatta un’indagine riguardo la selezione del codice e
le caratteristiche delle reti sociali. L’indagine prevedeva che un
intervistatore andasse a chiedere a delle persone, in dialetto, la
strada da fare per andare al cimitero. Le persone non solo
rispondono in dialetto, ma danno per scontato che la persona
che ha fatto la domanda in dialetto conosca una serie di
riferimenti del paese. A seguito della domanda in dialetto, quindi, considerano la persona che gli ha
intervistati, come uno di loro, uno di paese, della zona.
rete sociale
La è un sistema di relazioni e, in sociologia, viene
rappresentata individuando con le lettere i nodi della rete che sono
rappresentati dagli attori di un determinato reticolo sociale. Si ha
una rete sociale chiusa quando i nodi sono legati tutti tra loro. La
sua vita di relazione prevede relazioni intense con tutte le persone
della rete, senza che ci siano significative relazioni con membri
esterne alla rete. Le reti sociali chiuse tendono a favorire comportamenti orientati verso il dialetto. Al
tempo stesso quando sento una comunicazione in dialetto, percepisco la persona come
appartenente al mio stesso reticolo. Questo tipo di relazione favorisce il mantenimento della lingua
tradizionale e del dialetto, e quando la sento mi viene in mente una relazione sociale chiusa. Questo
favorisce il mantenimento della lingua locale come lingua di comunicazione. Questa rete è
caratteristica dei paesi. Un altro esperimento fu condotto nel 1995 in una scuola
elementare dove i bambini vennero invitati a parlare di una stessa
cosa, prima in dialetto e poi in italiano. La trascrizione in italiano è
più lunga di quella in dialetto. Ci mette di più questo bambino a
spiegare la situazione in italiano piuttosto che in dialetto. In
italiano il bambino ripristina le doppie, inesistenti nel suo dialetto veneto, e mette apposto altri
elementi linguistici. L’operazione mentale che il bambino fa è quella di esplicitare di più, di dare più
riferimenti, di dare una dimensione della rete più aperta, perché non può dare per scontato che
l’interlocutore capisca, cosa che invece avveniva col dialetto, perché dava per scontato che chi
parlava dialetto come lui, conoscesse l’ambito, le persone e la situazione. Passare da una lingua
locale ad un’altra, standard, significa passare da una rete sociale chiusa, ad una rete sociale aperta.
La rete sociale aperta dà l’idea che gli attori sociali della rete, facciano
parte di un reticolo, ma anche di altri. Non tutti gli attori sono legati con
gli altri, ma con altri ancora non presenti nella rete sociale. Questa rete
sociale è tipica delle grandi città, caratterizzate da moltissime relazioni
anonime, con persone che vedo una sola volta nella vita.
conversazionali
~Pattern delle comunità, valore sociale dell’alternanza.
In questa situazione siamo in autobus, perciò in un contesto
pubblico, dove una signora pesta la gonna all’altra. La donna
alla quale è stata pestata la gonna, “sgrida” l’altra signora in
dialetto. La donna si rende, però, conto che in un contesto ampio, pubblico, ed è, perciò, più
opportuno correggersi e passare dal dialetto alla lingua comune, l’italiano.
Sempre nella stessa indagine del 1995 nella scuola
elementare, un ragazzino parla di una cosa da
mangiare che gli non piace, una minestra, in dialetto, in
italiano parlato e in italiano scritto. Prima abbiamo visto
che il passaggio dal dialetto all’italiano parlato
comportava l’inserimento di maggior materiale linguistico, a maggiori riferimenti. In questo caso,
invece, si vede diminuita la lingua manifestata. In questo primo passaggio, dal dialetto all’italiano
parlato, il bambino ha sacrificato tutta quella parte che in italiano ritiene superflua. Va dritto al
punto. Mentalmente vede l’italiano come una lingua più economica, ma anche più distante, in cui
non ci si perde parlando di cose futili. Passare dal dialetto all’italiano significa anche passare da
una dimensione di maggiore espressione e più coinvolgente, ad una dimensione più concisa ma più
distaccata. Tutte e due, però, sono caratterizzate dal discorso diretto. Il secondo passaggio, vede il
passaggio dal discorso diretto a quello indiretto.
L’idea dell’italiano come lingua distante, elevata e sacrificale
è stata a lungo, fino ad oggi, diffusa.
Venne fatto uno studio negli anni Settanta del Novecento,
sulla lingua dei temi dei ragazzi delle scuole dell’obbligo. Una
cosa interessante che emerse erano le correzioni degli
insegnanti, che eliminavano cose superflue. L’idea dell’italiano
è una varietà che prevede lo sgrondare di elementi aggiuntivi.
Gli elementi troppo “parlati” vengono eliminati. L’italiano scritto
deve essere il più possibile distante dalla lingua parlata e dalle
cose tangibili. Togliere queste cose, però, toglie tanta espressività, emotività a livello comunicativo.
In questo stesso studio viene vista la correzione di alcune parole che, secondo gli insegnanti, non
sono co