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La Carta africana del 1981
Nell’elencazione spiccano su tutte alcune situazioni giuridiche soggettive di svantaggio, soprat-tutto quella di “provvedere alla preservazione e al rafforzamento dei valori culturali africani positivi”.L’impostazione antropologica africana è particolarmente incline a collocare al primo posto la comunitàe i vincoli che legano l’individuo ad essa. L’elencazione dei doveri assurge quindi ad espediente per in-trodurre una nuova visione dei diritti che risulti più in sintonia con la cultura africana tradizionale.La Carta africana del 1981, nella misura in cui si innalza ad emblema dello sforzo degli africanidi riappropriarsi della propria cultura e della propria storia, acquisisce parallelamente la valenza di stru-mento che reagisce sul piano giuridico-positivo allo stereotipo dell’Africa quale continente senza storiae quindi strumentale a giustificarne la marginalità o l’irrilevanza sul piano globale. La Cartaafricana è il trait d'union fra la tradizione africana e la modernità giuridica di impronta illuministico-liberale. Si deve comunque tenere conto che anche la Carta africana è figlia del suo tempo e che certi punti critici del testo non vanno letti in chiave anti-occidentale, quanto piuttosto come dazio pagato alle esigenze del periodo nel quale è stata redatta (il grande assente nella Carta africana appare essere il concetto di democrazia). Ad ispirare e caratterizzare le riflessioni degli Stati sulla concezione dei diritti dell'uomo e dei popoli devono provvedere piuttosto le virtù delle tradizioni storiche e dei valori della civiltà africana. Il ricondurre tali gravi carenze alla circostanza storica piuttosto che a radicate opzioni ideologiche disinnesca la potenziale opposizione di principio tra i contenuti essenziali della democrazia e i valori delle tradizioni e delle civiltà africane. Lo sforzo della Carta di Banjul diproteggere e promuovere i diritti umani, la filosofia africana dei diritti assume un ruolo di grande importanza. La Carta dei Diritti può essere considerata il fulcro di un meccanismo che trasmette principi e regole in modo circolare. Questo flusso di idee, animato da un effetto di condizionamento a catena, parte dall'ordinamento tradizionale e si dirige verso l'ordinamento internazionale a livello regionale, per poi tornare agli ordinamenti costituzionali statali. È importante notare che la maggior parte delle costituzioni africane presenta clausole che aprono alla dimensione sovranazionale e internazionale, rendendole particolarmente permeabili ai "valori africani". Il costituzionalismo africano più recente si impegna a proteggere e promuovere i diritti umani, e la filosofia africana dei diritti gioca un ruolo fondamentale in questo processo.valorizzazione dell'identità africana ed è particolarmente attento alla promozione dei diritti umani, è anche vero che tutto ciò si traduce non nell'abbandono degli schemi concettuali occidentali sulle libertà e i diritti fondamentali ma nel tentativo di rendere compatibili con detti schemi alcuni degli elementi della tradizione e di orientare in maniera più consonante con gli "african values" lo sviluppo dei diritti di matrice occidentale. All'approccio inusuale ai diritti fondamentali fa da contraltare nella Carta africana la individuazione di meccanismi di salvaguardia secondo una metodologia più tradizionale e meno avanzata: gli organi di controllo sono la Commissione africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e la Conferenza dei capi di Stato e di governo dell'OUA alla quale la Commissione deve rimettere rapporti sulle comunicazioni ricevute ai fini di una decisione (anche se col tempo tale.meccanismo di controllo se è rivelato particolarmente debole ed inefficace). Dal 1998 si è cercato fattivamente di porre rimedio a tale stato di cose mediante l'approvazione in sede OUA di un protocollo opzionale alla Carta che istituisce la corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli; solo di recente però è stato raggiunto il numero minimo di ratifiche previsto per la sua entrata in vigore e questa è una grande novità.
Negli ultimi anni, la necessità di fronteggiare gli effetti negativi della globalizzazione ha dato una spinta decisiva per un'accelerazione dello sviluppo del sistema regionale africano di salvaguardia dei diritti; tra le novità più importanti, l'entrata in vigore della Carta africana dei diritti ed il benessere del fanciullo e l'istituzione della correlata Commissione di esperti sui diritti ed il benessere del fanciullo, il cui fine è di ridurre od eliminare
L'esposizione dei fanciulli a fenomeni come i "bambini soldato". Sempre a livello di strumenti convenzionali è il caso di citare una serie di atti tra i quali si segnalano: il Protocollo relativo all'istituzione del Consiglio per la pace e la sicurezza; il Protocollo alla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa; la Convenzione dell'unione africana sulla prevenzione e la lotta alla corruzione; il Patto africano di non aggressione e di difesa. Sul piano tipicamente organizzativo, in tempi assai più recenti si segnala l'entrata in funzione di alcuni organi dell'UA potenzialmente in grado di incidere in maniera significativa sull'effettivo livello di promozione e tutela dei diritti: il Parlamento panafricano (Marzo 2004) e il Consiglio per la pace e la sicurezza (Maggio 2004). Nel recente mucchio di innovazioni e sviluppi due in particolare sembrano spiccare su tutti: il primo attiene
alla definizione e all'avvio della messa in opera del "new Partnership for Africa's Development" (NEPAD) e del suo strumento di implementazione e controllo che va sotto il nome di "African Peer Review Mechanism" (APRM). Il NEPAD è un accordo finalizzato ad incrementare i finanziamenti per lo sviluppo destinati ai Paesi che mettono in campo pratiche di buon governo e di risanamento economico e la sua caratteristica più notevole è la sua natura a propulsione endogena. Si tratta insostanza di un partenariato per gli africani realizzato dagli stessi africani, il cui fine ultimo è quello di condurre il continente fuori dal dramma del sottosviluppo. Il NEPAD è dotato di uno specifico strumento di monitoraggio e di implementazione: il "meccanismo africano di controllo dei pari" cui volontariamente si sottopongono gli Stati membri dell'accordo di partenariato, il cui punto di forza stanell’impegno formale assunto dai leaders africani di sottoporre periodicamente il proprio operato al giudizio dei colleghi, per ottenere una certificazione di buon governo (il NEPAD oggi sembra vivere un momento di stasi, sospeso tra rilancio e fallimento). L’altra novità di particolare rilievo è l’introduzione di organi giudiziari a presidio del sistema dei diritti realizzato a livello regionale. L’istituzione della Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli sembra maggiormente rafforzare il sistema regionale africano di tutela dei diritti. L’entrata in vigore del Protocollo che istituisce la “African Court on Human and Peoples’ Rights” ha riproposto con forza la problematica di una duplicità delle giurisdizioni: c’è un conflitto di legittimità di giurisdizione tra l’African Human Rights Court (pensata per l’OUA) e l’African Court of Justice; il problema si èa-cutizzato nel 2003 con l'approvazione del "protocollo relativo alla Corte di giustizia dell'UA". Sulla doppia giurisdizione si è assistito ad un vero e proprio iter confusionario; nel 2003 venne deciso che le due istituzioni sarebbero state separate e distinte, ma nel 2004 venne stabilito che le due corti sarebbero dovute essere integrate in un'unica corte. Dopo diversi rinvii nel 2005 si è finalmente deciso di affrontare il problema, emergendo chiaramente come la African Human Rights Court finisca per assorbire l'altra corte. La vicenda sembra presentare risvolti positivi connessi alla circostanza che la presenza della African Court of Justice avrebbe comportato il rischio di una riduzione od attenuazione del ruolo della African Human Rights Court e, di riflesso, del peso della Carta di Banjul. Di fronte alle grandi masse di disperati che vivono ai margini della società, alle enormi disuguaglianze dei redditi, al disastro economico,
Internazionale hanno imposto come condizione per l'accesso ai prestiti e agli aiuti finanziari. Queste politiche hanno portato a una riduzione drastica delle spese sociali e dei servizi pubblici, lasciando milioni di persone senza accesso all'istruzione, alla sanità e alla protezione sociale. Inoltre, l'Africa affronta sfide uniche legate alla sua storia coloniale, alla sua diversità culturale e alla sua geografia. Questo richiede approcci specifici e soluzioni adattate alle esigenze e alle realtà locali. Non si può semplicemente copiare e incollare il modello europeo o occidentale senza tener conto di queste differenze. Tuttavia, ci sono anche esempi positivi di strategie mirate che stanno portando a miglioramenti significativi nella situazione sociale in alcuni paesi africani. Ad esempio, alcuni governi stanno investendo nella formazione professionale e nell'istruzione tecnica per fornire competenze e opportunità di lavoro ai giovani. Altri stanno promuovendo l'agricoltura sostenibile e l'accesso ai mercati per i piccoli agricoltori, migliorando così la sicurezza alimentare e le condizioni di vita delle comunità rurali. In conclusione, la questione dei diritti sociali in Africa richiede un approccio sensibile e contestualizzato. Non si tratta di rassegnarsi alla mancanza di solidarietà sociale, ma di sviluppare strategie mirate che tengano conto delle specificità africane e che promuovano un miglioramento effettivo della qualità della vita per tutti i cittadini.Internazionale impongono ai Paesi debitori.Il conseguente drastico taglio della spesa pubblica colpisce in particolare l'istruzione e i servizi sanitari. L'introduzione su ampia scala del sistema del pagamento diretto delle prestazioni sanitarie saparte dei pazienti in Africa produce effetti terribilmente iniqui, i tentativi di cura spesso conducono alla rovina l'intero tessuto familiare. La percentuale del PIL impegnata per educazione e salute dai Paesi dell'Africa subsahariana è molto bassa; nemmeno uno dei Paesi in questione con popolazione significativa è in regola quanto al conseguimento dei Millenniun Development Goals lanciati nel 2000. Né si può trascurare inoltre che nell'Africa nera l'AIDS ha assunto le dimensioni di una vera pandemia, avendo contagiato circa il 30% degli africani a sud del Sahara; secondo dati ONU, l'Africa subsahariana, con circa il 10% della popolazione mondiale, raccoglie più delimportante ruolo anche la società civile. La lotta contro l'HIV/AIDS in Africa è un problema complesso che richiede un approccio multidimensionale. Oltre alle politiche governative, è fondamentale coinvolgere attivamente la società civile per garantire una risposta efficace e sostenibile. L'uso di tag html può aiutare a formattare il testo in modo più leggibile e organizzato. Ad esempio, si può utilizzare il tagper separare i paragrafi:
60% della popolazione mondiale con infezione da HIV. Oggi far sì che i diritti sociali in Africa acquistino un accettabile grado di concretezza è importante non solo per ragioni etico-morali.
Sulle carenze del vettore principale di realizzazione dei diritti sociali, vale a dire lo Stato, pare poter recitare un importante ruolo anche la società civile. La lotta contro l'HIV/AIDS in Africa è un problema complesso che richiede un approccio multidimensionale. Oltre alle politiche governative, è fondamentale coinvolgere attivamente la società civile per garantire una risposta efficace e sostenibile.