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ECENTRAMENTO E FEDERALISMO A CONFRONTO

Attraverso il decentramento e politiche di devoluzione si può arrivare a un semi-federalismo o

addirittura a un federalismo compiuto. Il decentramento e il federalismo sono due principi

distinguibili, ma si accomunano per essere i due principi di ripartizione territoriale del potere.

Questi due principi si contrappongono perché appartengono a due opposte tradizioni di stato:

1. Decentramento: nasce per mantenere la forma unitaria dello stato;

2. Federalismo: è in contrapposizione aperta con la forma unitaria di stato.

Uno dei pochi politologi che ha riflettuto su questo tema è Lijphart, che nel suo famoso lavoro sulle

democrazie dice che il federalismo non è né una condizione necessaria né sufficiente per il

decentramento. Questi due fenomeni sono distinti tra loro. Infatti, ci sono sistemi federali che sono

più centralizzati di alcuni stati unitari. Il federalismo per Lijphart è altro rispetto al decentramento:

non serve il federalismo se basta il decentramento, come succede nel caso italiano; se si vogliono

solo migliorare le politiche pubbliche, non c’è bisogno del federalismo, basta il decentramento.

Questo ci permette di mettere in luce delle differenze tra questi due principi.

1. Reversibilità vs. garanzie centro-vincolanti. Il federalismo ha bisogno di garanzie centro-

vincolanti per poter essere tale: senza di queste, non ha senso una forma federale. Se il

decentramento è reversibile, lo stesso non avviene per il federalismo.

2. Sovra/sotto-ordinazione vs. equi-ordinazione. Se si vuole il federalismo, si deve garantire

una equi-ordinazione dei due livelli di governo. Lo stesso non avviene per lo stato unitario

decentralizzato, dove il centro è al vertice del potere.

3. Motivazioni. Il federalismo deve essere usato quando ci sono delle motivazioni perché

questo serve. Il federalismo si muove nella logica del pluralismo; senza di questa,

fatichiamo ad avere uno stato federale: servono infatti entità che vogliono mantenere la

propria SeR. Quindi, muovendosi solo nella logica del buon governo, non c’è la necessità di

formare uno stato federale: basta il decentramento.

In questo contesto è anche importante anche il concetto di federalismo sociologico di

Livingston (1952). Livingston sostiene che sia importante tenere in considerazione la qualità

federale della struttura sociale di un paese perché, se questa qualità non c’è, magari c’è un

federalismo (come nel caso dell’AT), ma di fatto non c’è il motore che lo tiene vivo, che è il

pluralismo, quindi è solo una scatola istituzionale vuota. Infatti, nei sistemi federali

l’eterogeneità porta a organizzare la vita politica a stretto contatto con il territorio (sistema

partitico non centralizzato e/o territorialmente differenziato), dando così pienezza al

concetto di SeR: l’eterogeneità rende vivo il federalismo. Allo stesso modo, anche avere

politiche pubbliche differenziate aiuta ad esprimere la SeR. Nelle società omogenee si

sperimenta invece una forte centralizzazione e uniformità, che fa perdere l’essenza del

federalismo. È questo il caso dell’AT.

Quindi nelle motivazioni si deve cercare l’essenza del federalismo. C’è un pluralismo?

Questo vuole essere espresso? C’è anche la possibilità che non si voglia pluralismo,

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disomogeneità: in questo caso, il decentramento è la soluzione ottimale per organizzare

meglio il territorio.

4. Dinamica processuale. Il federalismo è bottom-up perché vede un attivismo forte del

territorio, vuole preservare l’autonomia. In qualsiasi modo ci si arrivi, la mobilitazione è dal

basso. Al contrario, nel caso del decentramento, le dinamiche sono imposte dall’alto, quindi

sono top-down.

È innegabile però che ci siano anche molte convergenze tra il federalismo e il decentramento: le

differenze tra lo stato unitario e lo stato federale si sono accorciate. Le convergenze sono le

seguenti.

1. Devoluzione. Laddove viene ripartito il potere legislativo, ci muoviamo in un contesto dove

c’è la prima garanzia essenziale del federalismo, ossia la ripartizione costituzionalmente

garantita del potere legislativo. Questo tratto, che caratterizza lo stato regionale, si è

accentuato nel corso delle ultime evoluzioni del regionalismo: negli ultimi anni, la tendenza

è che le regioni chiedano più competenze esclusive allo stato centrale. Anteriormente non

era così: il regionalismo era un regionalismo in cui le competenze concesse erano

largamente concorrenti. L’idea oggi è che siano le competenze dello stato centrale ad essere

circoscritte, non il contrario: tutte le competenze che non sono delle regioni, sono attribuite

allo stato centrale; si è quindi invertito il criterio di riparto. Le politiche di devoluzione

stanno assumendo caratteri che le avvicinano sempre più ai sistemi federali, quindi questa

sovrapposizione cresce.

2. Mobilitazione dei territori. La sovrapposizione cresce sempre più anche relativamente a

questo aspetto. Queste nuove identità, queste mobilitazioni dal basso con i partiti territoriali

mobilitano i territori, delle identità per rivendicare maggiori poteri. Si creano delle

condizioni di bottom-up all’interno di uno stato che è ancora unitario (e che quindi dovrebbe

essere caratterizzato da dinamiche top-down). Si sviluppa quindi il regionalismo bottom-up,

che è un regionalismo che si sviluppa a partire dalle rivendicazioni dei territori in un

rapporto negoziale con lo stato centrale; nasce in ES, ma vi si ispira anche l’IT. Sono le

regioni che si attivano, chiedendo allo stato un accordo per avere più poteri: lo stato cede

delle competenze in seguito a una richiesta dal basso (bottom-up). Il regionalismo può

quindi portare al federalismo: l’esperienza del BEL conferma questa affermazione; il

regionalismo può essere un passo intermedio per arrivare al federalismo, quindi le differenze

sfumano.

3. Altri assetti o garanzie “federali” negli stati regionali. Questi assetti o garanzie sono per

esempio i seguenti.

a. Presenza di un arbitro costituzionale. Siccome il potere legislativo è ripartito, c’è la

necessità di introdurre questa figura.

b. Federalismo fiscale in espansione. Ci sono delle forme di federalismo fiscale molto

deboli, ma in espansione. Inoltre, avendo i sistemi federali subito dei processi di

centralizzazione fiscale, le differenze si stanno sempre più appianando.

L’elemento che dal punto di vista istituzionale e delle garanzie permette di distinguere è la camera

territoriale, ossia la seconda garanzia altrettanto necessaria per poter avere il federalismo. La

camera territoriale manca in IT, UK e ES, quindi è questo l’elemento che permette di distinguere tra

regionalismo avanzato e federalismo. Questa non è una differenza secondaria: la mancanza di una

camera territoriale fa sì che nel regionalismo politico la ripartizione del potere sia meno garantita,

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manca una garanzia. Nel regionalismo politico non c’è una partecipazione alla ShR, al parlamento

nazionale, al processo di revisione costituzionale.

Questo è vero sul piano costituzionale, ma meno vero nella realtà e sul piano del policy making. Ci

sono infatti delle comunanze molto forti. Intanto, il CAN non ha una camera territoriale, ma

nonostante ciò è un sistema federale; inoltre, molto spesso la rappresentanza territoriale trova altre

vie (come il federalismo dell’esecutivo o le IGR) per esprimersi: queste sono caratteristiche che ci

sono anche nei sistemi regionali.

Parlando degli stati regionali, che canali di rappresentanza territoriale per l’accesso alla decisione

nazionale ci sono? Parlando delle regioni, questi canali sono i seguenti.

1. Canali istituzionali. Sono deboli, ma ci sono. Per esempio, in ES le regioni sono

rappresentate al senato, ma solo parzialmente: 1/5 dei senatori sono espressi dai parlamenti o

consigli regionali (c’è una rappresentanza delle comunità autonome in quanto tale). Questo

avviene solo in parte perché sarebbe l’elemento che permetterebbe di completare la

federalizzazione dello stato spagnolo e perché il senato ha poco potere in ES.

In UK c’è un canale di rappresentanza istituzionale. Nella camera bassa, le tre regioni

storiche sono sovrarappresentate rispetto all’Inghilterra: per bilanciare l’importanza storica

di queste regioni. Inoltre, nel caso della Scozia è stato stabilito che i rappresentanti a

Westminster possono essere dei rappresentanti anche in Scozia, portando nel cuore del

processo decisionale inglese la questione scozzese.

In IT, luna riforma del 2001 prevedeva l’istituzione della cosiddetta “terza cameretta”. Con

questa riforma si prevedeva che la commissione parlamentare per le questioni regionali

venisse integrata dai presidenti delle regioni con poteri di veto sospensivo per le competenze

concorrenti, rappresentando anche le istituzioni delle regioni (i presidenti, altrimenti,

avrebbero chiesto un’altra votazione). Si pensava che essa dovesse essere il luogo in cui le

regioni potevano intervenire nel processo decisionale, ma questi poteri non sono stati

riconosciuti.

2. Canali amministrativi (IGR). Le IGR ci sono anche in questi stati e si sono sviluppate

molto negli ultimi decenni per creare un accordo di coordinamento, quasi di concertazione.

Un impulso importante è stato impresso dalle politiche europee, che creano delle partnership

intergovernative che non danno dei pareri vincolanti che potrebbero bloccare il processo

decisionale. Degli esempi sono i seguenti.

a. Conferenza Stato-Regioni in IT. Con la riforma Bassanini (Anni ’90) diventò

obbligatorio consultarla per tutte le leggi che toccano le competenze dei territori.

Esistono vari organismi, che sono il ministro, i presidenti e le regioni.

b. Conferenze settoriali in ES. Queste sono sedi importanti per la decisione. La

Catalogna non ci va perché ha la propria conferenza settoriale.

c. Joint Ministerial Committee in UK.

3. Canali politici (partitici). Se negli stati regionali ci sono regioni con partiti propri, che

riescono a arrivare anche al parlamento nazionale, ovviamente questi rappresenteranno gli

interessi dei territori stessi. Questo è un canale che ha funzionato bene in ES. È un canale

asimmetrico, quindi vale solo per le regioni che esprimono una forte identità.

4. Canali di lobbying (territoriali). Ci sono associazioni che rappresentano gli interessi

istituzionali delle regioni, come la Conferenza dei presidenti in Italia. Talvolta può avere un

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certo credito, quindi si può tenere in conside

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
114 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher miiic333 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sistemi federali comparati e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Baldi Brunetta.