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DETERMINAZIONE DELLA PROFONDITA’ IPOCENTRALE
Particolarmente critica è la determinazione della profondità ipocentrale di un terremoto,
che risente specialmente delle incertezze sulla conoscenza della velocità delle onde
sismiche.
Si hanno spesso situazioni, specie per terremoti abbastanza superficiali, in cui l’incertezza
sulla determinazione di profondità risulta superiore allo stesso valore stimato della
profondità (cioè si ha l’assurdità che l’estremo inferiore dell’intervallo di variabilità
diventa negativo il che significherebbe che l’evento potrebbe, da un punto di vista
puramente matematico, essersi verificato in aria!); in tal caso la stima risulta del tutto
priva di attendibilità e non può pertanto essere effettuata.
In questi casi a volte viene indicata una stima basata su considerazioni di tipo geologico
che però va considerata con molta prudenza non essendo strettamente legata ai dati
strumentali. Va ricordato che la precisione con cui sono note le velocità sismiche è legata
a sua volta alla precisione con cui vengono calcolati gli epicentri dei terremoti e quindi i
2 problemi sono indissolubilmente legati tra loro; il miglioramento delle determinazioni è
un processo che si evolve per passi successivi attraverso l’analisi di sempre nuove
informazioni.
In base a queste considerazioni ed al fatto che la profondità media dei terremoti è
dell’ordine di circa 10-20 km, l’associazione di distribuzioni di ipocentri con strutture
tettoniche superficiali è un’operazione molto rischiosa e, pertanto, va effettuata con molta
prudenza onde evitare errori clamorosi.
Errori di localizzazione epicentrale altrettanto probabili si hanno nei cataloghi storici in
cui si riscontrano “strani” allineamenti di epicentri lungo paralleli o meridiani con un
addensamento a ridosso di valori di latitudine e/o longitudine interi o frazionari semplici,
con una conseguente identificazione di strutture sismogenetiche talvolta non riscontrate
nella realtà geologico-strutturale.
In genere, specie nell’area Italiana, le evidenze geologiche superficiali non sono
fortemente legate alle zone sismogenetiche e anche le evidenze di fagliazione attiva
superficiale non costituiscono una prova certa dell’esistenza in profondità (nel così detto
strato sismogenetico), di una sorgente di terremoti rilevanti.
La più semplice indicazione su di un sismogramma che un grande terremoto ha un fuoco
profondo è:
la piccola ampiezza delle onde superficiali registrate e
la “non complicazione” delle registrazioni relative alle onde di volume, sia P che S.
Il metodo più accurato per determinare la profondità focale di un terremoto è basato sul
fase pP che è un’onda P riflessa dalla superficie
riconoscimento sul sismogramma della
terrestre in un punto vicino all’epicentro.
In stazioni lontane dall’epicentro, la fase pP seguirà l’onda P di un tempo che cambia
lentamente con la distanza e rapidamente con la profondità.
In relazione alla distanza della stazione dall’epicentro, il tempo compreso tra l’arrivo di P
e quello di pP (pP -P) è usato per calcolare tavole di profondità focale.
Un’altra onda che può essere usata per la determinazione della profondità dell’ipocentro è
fase sP, un’onda S riflessa come onda P dalla superficie della Terra in un punto vicino
la
all’epicentro. Quest’onda è registrata dopo la pP, da questa distanziata di circa la metà
dell’intervallo pP-P.
Nel caso che entrambe le fasi pP e sP siano identificate, la determinazione della profondità
focale risulta accurata.
La differenza nei tempi di arrivo tra le onde pP e P risulta essere in prima
approssimazione proporzionale al tratto FR:
T - T = 2FR / v
pP p
La profondità è data dal tratto EF: θ
H = EF = FR sin
F = FUOCO
E = EPICENTRO
R = PUNTO DI RIFLESSIONE
S = STAZIONE
Nomogramma per la misura della profondità focale a partire dal tempo tra l’arrivo dell’onda P e la riflessa pP.
Manual of Seismological Observatory Practice. http://www.seismo.com/msop/msop_intro.html.
METODO DI INGLADA
Un semplice metodo numerico di localizzazione ipocentrale, adatto per piccole reti e
terremoti locali si basa sulla relazione pitagorica per la i-esima stazione (Inglada,1928):
( ) ( ) ( ) ( )
− + − + − = −
2 2 2 2
2
x x y y z z V t t
i h i h i h i h
ove x , y , z sono le distanze cartesiane verso est, nord e profondità da una specifica
i i i
origine O e x ,y , z , sono le corrispondenti incognite ipocentrali, t -t è la travel time per
h h h i h
la fase sismica di velocità V, assunta costante. Per V data, la sottrazione di successive
coppie di stazioni dà come equazioni lineari nelle incognite:
( ) ( ) ( ) ( )
− + − + − − − =
2
x x x y y y z z z v t t t
+ + + +
i 1 i h i 1 i h i 1 i h i 1 i h
{ ( ) }
1 − + + + − − −
2 2 2 2 2 2 2 2 2
v t t x y z x y z
+ + + +
i i 1 i 1 i 1 i 1 i i i
2
Il metodo con P o S in n stazioni dà n-1 equazioni in 4 incognite per quella fase e fino a
in tutto. Il problema può essere esteso al caso in cui deve essere stimata anche la
2(n-1)
velocità media V. Spesso le quote delle stazioni sono approssimativamente uguali così
che il coefficiente di z è piccolo; la profondità focale z si ha ponendo z =0 nella (1) e
h h i
h2 dopo che sono state ricavate dalla (2) le coordinate
risolvendo direttamente in z
e y (z ~ z ).
epicentrali x
h h i+1 i
Le equazioni precedenti possono essere usate con la tecnica dei minimi quadrati e/o
tecniche di inversione. L’iperbole è il luogo geometrico dei punti P del piano
METODO DELLE IPERBOLI per i quali è costante il valore assoluto della differenza
delle distanze da due punti fissi F1 e F2 detti fuochi.
E’ un metodo che serve per la determinazione approssimata dell’epicentro con le
differenze di tempo tra i primi arrivi. Per semplicità consideriamo un piano e assumiamo
che la velocità dell'onda sia nota e costante. Assumiamo anche di aver misurato i tempi di
arrivo T < T < T (ad esempio per l’onda P) in tre stazioni S , S , S .
1 2 3 1 2 3
E' ovvio che l'epicentro E si deve trovare su una
- T sia costante; tale curva è, quindi,
curva tale T 2 1
un’iperbole di fuochi S e S E si trova pertanto
1 2;
sulle intersezioni delle 3 iperboli I , I , I ; per
1,2 1,3 2,3
ciascuna di queste iperboli è costante la differenza
delle distanze delle stazioni, per cui per l’iperbole
è costante la differenza (d1 - d2):
I
1,2
per la I d1 - d2 = Vp (T - T )
1,2 1 2
per la I d1 - d3 = Vp (T - T )
1,3 1 3
per la I d2 - d3 = Vp (T - T )
2,3 2 3
Quindi matematicamente è:
∩ ∩
E = I I I
1,2 1,3 2,3
Sia T è il tempo di origine cioè l'istante in cui è stata emessa l'onda sismica.
0
Sia ES la distanza di E dalle stazioni S con i = 1, 2, 3 allora:
i i
ES = Vp (T - To)
1 1
ES = Vp (T - To)
2 2
= Vp (T - To)
ES 3 3
ora per differenza To scompare cioè:
ES - ES = Vp (T - To - T + To) = Vp (T - T )
1 2 1 2 1 2
e quindi si hanno le tre iperboli; l’epicentro E è il punto comune alle tre iperboli, cioè
l’epicentro sta su tutte tre.
METODO DELLE 3 CIRCONFERENZE
Questo metodo implica la conoscenza dei tempi di arrivo delle onde P e delle onde S (cioè
Tp e Ts); sappiamo che le onde S arrivano dopo le onde P che sono le più veloci per cui si
ha Ts >Tp). Supponiamo di conoscere anche le velocità delle onde P ed S, Vp e Vs.
Sia To l’istante in cui si ha il terremoto, cioè il tempo origine (ovviamente incognito).
Possiamo conoscere la distanza epicentrale esprimendola in funzione delle velocità delle
∆
onde P ed S (note per ipotesi) e dei tempi di arrivo Tp e Ts (ricavabili dal sismogramma);
si ha infatti: ∆ ∆
= Vp (Tp -To) / Vp = (Tp -To)
∆ ∆
= Vs (Ts -To) / Vs = (Ts -To)
Sottraendo la prima alla seconda si ha: (∆ / Vs) - (∆ / Vp) = (Ts -To) - (Tp -To)
Si otterrà infine la distanza epicentrale della prima stazione:
∆ = Vp Vs (Ts -Tp) / (Vp - Vs)
Per ogni stazione ricevente otterremo un valore di ovviamente saranno diversi perché
∆;
diversa è la posizione della stazione rispetto all’epicentro; una volta ottenuta la distanza
epicentrale si potrà ricavare il tempo origine. , X , X e da queste la posizione
Con 3 stazioni A, B, C si ricavano le 3 distanze X
A B C
dell'epicentro, punto comune alle 3 circonferenze di raggio X , X , X e centro A, B, C.
A B C
µ) √3
Se vale la condizione di Poisson (λ = si ha che Vp = Vs; pertanto la relazione
ottenuta in precedenza si può semplificare e diventa:
∆ = Vp (Ts -Tp) / 0.73
Assumendo per Vp una velocità media crostale di circa 6 km/s e dividendo per 0.73 si
ottiene un valore di circa 8 km/s; questo valore, moltiplicato per la differenza temporale
Ts -Tp, fornisce immediatamente ma approssimativamente la distanza epicentrale.
Se, ad esempio, la differenza di tempo letta sul sismogramma della stazione CDT fosse di
10 secondi, l’epicentro si troverà a circa 80 km dalla stazione; ovviamente è doveroso
sempre tener presente le ipotesi fatte.
Il valore della distanza può essere dedotto facilmente dalle tabelle esistenti che correlano
la distanza alla differenza di tempo Tp - Ts.
Tabella dei tempi di tragitto
DISTANZA Tp Ts-Tp
gradi min sec min sec
0.0 0 5.4 0 4.0 Tempo di viaggio delle onde P e dell'intervallo S-P in
0.5 0 10.6 0 7.8 funzione della distanza del fuoco
1.0 0 17.7 0 13.5 per un terremoto profondo 33 km
1.5 0 24.6 0 19.0
2.0 0 31.4 0 24.4
2.5 0 38.3 0 29.9 16.0 3 42.5 2 57.1
3.0 0 45.2 0 35.4 17.0 3 55.2 3 8.7
3.5 0 52.1 0 40.9 18.0 4 7.5 3 20.5
4.0 0 58.9 0 46.4 19.0 4 18.8 3 33.4
4.5 1 5.8 0 51.9 20.0 4 29.7 3 43.8
5.0 1 12.7 0 57.4 21.0 4 40.6 3 52.9
5.5 1 19.6 1 2.8 22.0 4 51.3 4 1.8 Questa tavola è basata sul
6.0 1 26.4 1 8.3 23.0 5 1.9 4 9.2 IASP91 di Kenneth
modello
6.5 1 33.3 1 13.8 24.0 5 11.6 4 15.7
7.0 1 40.2 1 19.2 e Engdhal (1991).
25.0 5 20.7 4 22.6
7.5 1 47.0 1 24.7 26.0 5 29.8 4 29.4
8.0 1 53.9 1 30.1 27.0 5 38.8 4 36.2
8.5 2 0.7 1 35.6 28.0 5 47.7 4 42.9
9.0 2 7.6 1 41.0 29.0 5 56.6 4 49.8
9.5 2 14.4 1 46.5 30.0 6 5.5 4 56.6
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