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In un caso generale la determinazione del meccanismo focale è complicata perché, essendo i
raggi sismici sottoposti a rifrazione lungo il loro percorso, non è immediato valutare quale
sia, all’uscita dalla regione focale del terremoto, la direzione di propagazione di un’onda
arrivata in una determinata stazione sismica.
Il metodo si basa sulla proiezione delle posizioni delle stazioni sismiche (in cui viene letta
la polarità) su un’ipotetica sfera focale che circonda la sorgente sismica, con centro nel
fuoco, ripercorrendo il raggio sismico in senso inverso.
Tale volume sferico viene assunto:
1) di raggio unitario
2) di dimensioni sufficientemente piccole da
poter assumere omogeneo il mezzo al suo
interno: ciò implica che il percorso dei raggi
sismici uscenti dal fuoco (considerato
puntiforme) sia rettilineo. In tal modo le
polarità registrate nelle singole stazioni
vengono proiettate sulla sfera focale.
All’interno di questa sfera focale il piano di faglia ed un piano perpendicolare ad esso
ed alla direzione del moto lungo la faglia dividono lo spazio in quattro settori sferici
caratterizzati dal passaggio di onde P con primo impulso compressivo o distensivo con
polarità opposta nei settori adiacenti ed uguale in quelli opposti.
I due piani sono caratterizzati anche dal fatto che, avvicinandosi a ciascuno di essi, le onde
P presentano un’ampiezza del primo impulso decrescente, fino ad annullarsi sul piano
stesso, prima di invertire la polarità al passaggio da un settore compressivo ad uno
distensivo o viceversa; l’ampiezza massima si osserverà invece lungo i raggi P che passano
più distanti da entrambi i piani: per tale ragione tali piani vengono definiti piani nodali.
La distribuzione spaziale dei raggi sismici compressivi e distensivi può essere sfruttata
per individuare l’orientazione dei piani nodali, uno dei quali è il piano di faglia: a tale
scopo occorre riportare sulla superficie della sfera focale la posizione del punto di
intersezione R’ del raggio sismico arrivato in R assegnandogli la polarità osservata in R.
Occorre determinare due angoli e cioè l’angolo che il piano passante per la verticale per
l’ipocentro I e contenente R’ forma con il nord geografico (azimut) e l’angolo i che il
raggio sismico che arriva ad R, uscendo dall’ipocentro I, forma con la direzione radiale
passante per I (angolo di take-off).
Il valore dell’angolo di take off è funzione della
distanza epicentrale della stazione sismica.
Sono perciò state ricavate delle tabelle che
forniscono il valore di i in funzione della distanza
occorre sottolineare che tabelle distinte sono
∆;
state preparate per i diversi di raggi sismici quali
P, PKP, PcP.
In questa rappresentazione del percorso del raggio sismico, come detto, si assumono
delle semplificazioni e cioè:
1. che il fuoco è puntiforme e quindi tutti i raggi escono da un unico punto che ha le
coordinate dell’ipocentro;
2. la sfera focale è sufficientemente piccola per ritenere trascurabile la rifrazione che
il raggio sismico subisce prima di uscire (il tratto IR’ del raggio sismico si può
assumere rettilineo);
3. la Terra è assimilata ad una sfera in cui le velocità delle onde sismiche variano solo
radialmente, sicché ogni raggio sismico giace interamente in un piano contenente
la verticale per l’ipocentro, e subisce rifrazioni che fanno solo variare l’angolo che
in ogni punto della sua traiettoria forma con la direzione radiale.
Con queste assunzioni, l’azimut di R’ coincide con quello della stazione R e si può
ottenere dalle coordinate geografiche dell’ipocentro e della stazione R mediante semplici
regole di trigonometria sferica. Risulta che l’azimut soddisfa alla relazione:
λ − λ
sin( )
α = ⋅ ϕ
R I
sin cos
∆
R ' R
sin
λ
dove , coordinate della stazione R,
φ R R
λ
, coordinate dell’ipocentro,
φ I I distanza angolare di R dal fuoco del terremoto che vale:
∆ [ ]
∆ = ϕ ⋅ ϕ + ϕ ⋅ ϕ ⋅ λ − λ
arccos sin sin cos cos cos( )