Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PERCORSO II
I. Fonti del diritto: nozioni generali
1.Fonti di produzione
Si dice FONTE DEL DIRITTO l'atto o il fatto abilitato dell'ordinamento giuridico produrre norme giuridiche, cioè a rinnovare l'ordinamento
giuridico stesso.
Gli ordinamenti moderni si istituiscono tutti attraverso un processo costituente: è la stessa Costituzione (fonte superprimaria, insieme alle leggi
costituzionali e leggi di revisione costituzionale) a indicare atti che possono produrre il diritto, cioè le fonti, ma non tutti, perché in un ordinamento
a struttura gerarchica, come quelli moderni, basta che la Costituzione indichi le fonti ad essa immediatamente inferiori, dette FONTI PRIMARIE o
di PRIMO GRADO (leggi ordinarie formali e atti aventi forza di legge), perché saranno poi queste a regolare le fonti ancora inferiori (FONTI
SECONDARIE), regolamenti dell'esecutivo (governativi, ministeriali, interministeriali) e quelli degli enti locali. Poi ci sono le fonti-fatto e le
consuetudini. Le norme di ordinamento giuridico che indicano le fonti abilitate a innovare l'ordinamento stesso si chiamano solitamente NORME
DI RICONOSCIMENTO o FONTI DI PRODUZIONE delle norme. (la differenza tra legge e norma: la legge è intesa come fonte dell'ordinamento
che può contenere una o più norme.)
2.Fonti di cognizione: pubblicazione e ricerca degli atti normativi
Le FONTI DI COGNIZIONE sono gli strumenti attraverso i quali si viene a conoscere le fonti di produzione. In Italia la più importante fonte
ufficiale è la GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, ma esistono anche le Gazzette ufficiali di Regioni, enti locali, nonché
dell'Unione Europea.
Il testo in esse pubblicato è quello che “ENTRA IN VIGORE”, che diviene cioè obbligatorio per tutti. Tutti gli atti normativi devono essere
pubblicati su una fonte ufficiale; inoltre, per consentire lo studio e la conoscenza dei nuovi atti, questi non entrano in vigore immediatamente dopo
la pubblicazione, ma, se non è altrimenti disposto, soltanto dopo la VOCATIO LEGIS, un periodo solitamente di 15 giorni, in cui gli effetti del
nuovo atto sono sospesi. Trascorso questo periodo, il nuovo atto è pienamente obbligatorio: vige la presunzione di conoscenza della legge
(IGNORANTIA LEGIS NON EXCUSAT) e l'obbligo del giudice di applicarla, senza bisogno che siano le parti a provarne l'esistenza.
Esistono anche fonti non ufficiali, che possono essere fornite da soggetti pubblici o privati in forma cartacea o informatica, ma le cui notizie non
hanno alcun valore legale.
3.Fonti-fatto e fonti-atto
Le fonti di produzione (accompagnate da norme che spiegano come fare le fonti, FONTI SULLA PRODUZIONE) si dividono in FONTI-ATTO (o
ATTI NORMATIVI) e FONTI-FATTO (o FATTI NORMATIVI). Le fonti-atto appartengono alla categoria degli ATTI GIURIDICI, cioè ai
comportamenti consapevoli e volontari che danno luogo a effetti giuridici, ma rispetto a questa categoria, gli atti normativi hanno due
caratteristiche specifiche: quanto agli effetti giuridici le fonti-atto hanno la capacità di porre norme vincolanti per tutti (perciò sono fonti del
diritto), quanto ai comportamenti, esse devono essere imputati ad organi a cui l'ordinamento riconosce il potere di porre in essere tali atti. Le fonti-
fatto sono invece tutte le altre fonti che l'ordinamento riconosce e di cui ordina o consente l'applicazione per il semplice “fatto” di esistere.
Appartengono alla categoria dei FATTI GIURIDICI, cioè a quegli eventi naturali o sociali che producono conseguenze rilevanti per l'ordinamento.
La differenza specifica che contraddistingue i fatti normativi è che da essi l'ordinamento fa dipendere il sorgere di norme vincolanti per tutti.
Ogni tipo di fonte ha una sua forma essenziale, data da una serie di elementi quali l'intestazione all'autorità emanante (es. Decreto del Presidente
della Repubblica), il nome proprio dell'atto (il suo “nomen iuris”, es. decreto-legge, legge etc)e il procedimento di formazione dell'atto stesso. Per
PROCEDIMENTO si intende quella sequenza di atti preordinata al risultato finale: per le fonti-atto il risultato finale è l'emanazione dell'atto
normativo. Qualsiasi atto normativo la cui formazione non rispetti il procedimento prescritto ha un vizio di forma. L'atto è suddiviso in
ARTICOLI, e questi in COMMI; gli articoli, spesso corredati in una RUBRICA che ne indica l'argomento, possono essere raggruppati in CAPI, e
questi in TITOLI e PARTI.
Una volta si poteva dire che la fonte-fatto per eccellenza fosse la CONSUETUDINE, la quale nasce da un comportamento sociale ripetuto nel
tempo con la consapevolezza di creare diritto sino al punto che esso viene sentito come obbligatorio, giuridicamente vincolante. Invece,
nell'abitudine non c'è la consapevolezza di creare diritto. Oggi però la consuetudine è quasi scomparsa dagli ordinamenti moderni che si ispirano al
sistema della codificazione. Tuttavia, l'art.9 delle DISPOSIZIONI PRELIMINARI AL CODICE CIVILE (dette “PRELEGGI”) dice che gli usi in
esse pubblicati “si presumono esistenti fino a prova contraria”. Spesso si fa riferimento a un fenomeno che con la consuetudine non ha nulla a che
fare, cioè alle CONSUETUDINI INTERPRETATIVE, che sono la costante interpretazione di una disposizione di legge da parte degli interpreti,
quindi non sono affatto fonti del diritto, ma un fenomeno che si confonde con quello che la Corte Costituzionale chiama il “diritto vivente”: che
una certa disposizione, sebbene il suo tenore letterale possa sostenere anche un'interpretazione diversa, è però “fatta vivere” dalla generalità degli
interpreti secondo un determinato significato, estrapolando la stessa unica norma. È quindi un fatto di interpretazione delle fonti-atto, e non una
fonte-fatto. Nel diritto costituzionale molti autori accennano alle CONSUETUDINI FACOLTIZZANTI: sono quelle che consentono
comportamenti che le disposizioni scritte non vietano esplicitamente. Esse sono spesso confuse con le CONVENZIONI COSTITUZIONALI, per
il semplice fatto che entrambe disciplinano il modo in cui devono essere applicate le norme costituzionali. Ma, in primo luogo, le convenzioni
nascono da un accordo tra i soggetti politico-istituzionali, mentre le consuetudini traggono origine da comportamenti spontanei e, in secondo
luogo, esse non pongono regole giuridiche, non sono fonti, mentre le consuetudini lo sono. Le convenzioni sono avvertite come indicazione di
comportamenti politicamente corretti ma non giuridicamente vincolanti (nessuno può ricorrere ad un giudice per lamentarne la violazione). La
Costituzione però, all'art.10.1 (“l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”), fa
riferimento alle CONSUETUDINI INTERNAZIONALI, cioè a delle norme che non hanno origine nei trattati, ma in regole non scritte né poste da
nessun soggetto determinato, e tuttavia considerate obbligatorie dalla generalità degli Stati. L'adeguamento è automatico, nel senso che il giudice
italiano, quando accerti l'esistenza di una norma di questo tipo, deve applicarla immediatamente nel nostro ordinamento, come se fosse una norma
“interna”. Questo meccanismo di rinvio automatico dell'ordinamento italiano alle norme prodotte da altri ordinamenti si chiama “rinvio mobile”.
Oggi la consuetudine non è più la fonte-fatto più importante, ma ne esistono anche altre nel nostro ordinamento, che producono norme richiamate
dall'ordinamento, ma non prodotte dai nostri organi: le norme prodotte dall'Unione Europea e le norme di diritto internazionale privato. Le prime,
dette anche FONTI INTERMEDIE sono, per l'ordinamento europeo, delle fonti-atto. Tuttavia, siccome esse sono prodotte da organi che non
appartengono al nostro ordinamento, per questo motivo esse sono considerate come meri “fatti” normativi. Le seconde regolano l'applicazione
della legge quando i soggetti o i beni coinvolti nel caso sottoposto al giudice sono collegati a ordinamenti giuridici diversi. Il giudice italiano in
certi casi si può trovare ad applicare le leggi di un altro paese. Queste fonti, indubbiamente fonti-atto nel rispettivo ordinamento di appartenenza,
sono invece fonti-fatto per il nostro.
4.Tecniche di rinvio ad altri ordinamenti
Il PRINCIO DI ESCLUSIVITÀ, espressione della sovranità dello Stato, attribuisce a questo il potere esclusivo di riconoscere le proprie fonti, cioè
indicare gli atti e i fatti che possono produrre norme nell'ordinamento. Le norme degli altri ordinamenti possono valere all'interno dell'ordinamento
dello Stato, solo se le sue disposizioni lo consentono. Per fare ciò si opera attraverso la tecnica del RINVIO, uno strumento con cui l'ordinamento
di uno Stato rende applicabili al proprio interno norme di altri ordinamenti. Si distinguono di solito un rinvio “fisso” ed uno “mobile”.
Il RINVIO FISSO (detto anche RINVIO MATERIALE o RECETTIZIO) è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale
richiama un determinato atto in vigore in un altro ordinamento, atto che di solito viene “allegato”. Il rinvio si dice “fisso” perché recepisce uno
specifico e singolo atto.
Il RINVIO MOBILE (detto anche RINVIO FORMALE o NON-RECETTIZIO) è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale
richiama non uno specifico atto di un altro ordinamento, ma una fonte di esso. Per questo motivo, l'ordinamento statale si adegua automaticamente
a tutte le modifiche che nell'altro ordinamento si producono nella normativa posta dalla fonte richiamata. Mentre il rinvio fisso pone ai soggetti
dell'applicazione solo il compito di interpretare il testo normativo richiamato come se fosse un atto interno, il rinvio mobile pone loro anche il
compito di ricercare le disposizioni in vigore nell'ordinamento straniero, dovendo tenere conto di tutti i mutamenti che in esso si sono prodotti.
5.La funzione dell'interpretazione
L'atto normativo è articolato in ENUNCIATO: un enunciato è qualsiasi espressione linguistica che ha una forma grammaticale compiuta. Tramite
gli enunciati il legislatore cerca di esprimere la sua volontà normativa, perciò gli enunciati si chiamano DISPOSIZIONI. Ma il linguaggio è una
questione complessa, perché il senso di una frase può cambiare a seconda del contesto in cui è inserita. Ciò vale naturalmente anche per gli
enunciati, cioè per le disposizioni. Il compito di portare a coerenza e univocità il sistema delle disposizioni è affidato all'interprete. Il primo passo
da compiere è la distinzione tra INTERPRETAZIONE e APPLICAZIONE del diritto: quest'ultima consiste nell'applicazione di una norma
generale e astratta ad un caso particolare e concreto, soprattutto tramite il cd. SILLOGISMO