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Effetti del trattamento con spironolattone sulla sindrome premestruale
Trentacinque donne affette da SPM hanno assunto giornalmente una compressa contenente 100mg di spironolattone o una compressa placebo, dal giorno 14 del ciclo fino al primo giorno delle mestruazioni per sei cicli mestruali consecutivi. È risultato che il trattamento con spironolattone aveva determinato un miglioramento dei sintomi quali meteorismo, gonfiore, ricerca incondizionata di cibo, irritabilità e depressione. Di conseguenza, rispetto al placebo, tale diuretico si è dimostrato maggiormente efficace nel ridurre alcuni dei sintomi della SPM sia fisici che psichici (Appleton et al., 2018).
Per quanto concerne gli effetti collaterali, alle normali dosi terapeutiche si sono riscontrati episodi di nausea, sonnolenza, cefalea e disturbi gastrointestinali. Inoltre, considerando che lo spironolattone presenta somiglianze con gli ormoni sessuali, si possono osservare effetti antiestrogenici e casi di mastodinia e di irregolarità mestruale (Dickerson et al., 2003).
stesso modo, se lo spironolattone viene assunto per un intervallo di tempo troppo lungo questo può limitare in maniera eccessiva l'escrezione di potassio con un conseguente incremento del rischio di iperkaliemia. Per tale motivo, durante il trattamento, risulta necessario effettuare nelle pazienti un monitoraggio periodico dei livelli plasmatici di potassio (Appleton, 2018).
Terapie ormonali
Una delle ipotesi eziologiche maggiormente comprovate ritiene che alcune donne siano geneticamente più sensibili alle cicliche variazioni ormonali. Con lo scopo di limitare tali fluttuazioni e conseguentemente di controllare i sintomi tipici della sindrome premestruale, sono stati proposti degli approcci terapeutici capaci di sopprimere l'ovulazione.
Contraccettivi ormonali combinati (COC)
I contraccettivi orali sono dei farmaci in grado di interrompere le fluttuazioni ormonali stimolando gli ormoni ovarici. La somministrazione esogena di ormoni steroidei inibisce il rilascio da parte
dell’ipotalamo del GnRH (ormone rilasciante le gonadotropine), con una conseguente inibizione del rilascio degli ormoni ipofisari, importanti nella stimolazione dell’ovulazione.
L’efficacia della terapia contraccettiva nella sindrome premestruale si è dimostrata spesso contrastante. Nelle donne con SPM i contraccettivi ormonali possono migliorare sintomi fisici quali meteorismo, cefalea, dolori addominali e tensione mammaria. D’altra parte, tali disturbi possono essere dovuti all’effetto collaterale indotto dagli stessi (Dickerson et al., 2003). Inoltre i COC non si sono dimostrati efficaci nell’attenuare i sintomi psichici caratteristici della SPM (ACOG, 2000).
Joffe e collaboratori (2003) hanno analizzato la capacità dei contraccettivi orali, rispetto al placebo, di risolvere alcuni disturbi premestruali. Da questo studio è emerso che lo schema terapeutico con 21 giorni di terapia contraccettiva seguita da 7 giorni di intervallo libero da
La terapia (21/7) è inefficace per il trattamento della SPM, considerato che in confronto al placebo non si sono rilevate differenze significative. Un miglioramento dei sintomi è stato invece ottenuto con schemi terapeutici in continuo, ovvero con l'utilizzo di un contraccettivo ormonale per lunghi periodi, dai quattro ai sei mesi, senza intervalli (Coffee et al., 2006; Santagni et al., 2010).
Tra i contraccettivi orali estro-progestinici, Pearlstein e collaboratori (2005) hanno posto una particolare attenzione ad una formulazione contenente 3mg di drospirenone, come progestinico, e 20µg di etinilestradiolo, come estrogeno. In questo studio in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo, è stato osservato un miglioramento significativo dei sintomi sia psichici che somatici nelle donne affette da disturbi premestruali, al contrario del placebo. Il contraccettivo veniva somministrato per 24 giorni con un intervallo libero da terapia ridotto a soli quattro.
giorni rispetto agli usualisette (21/7). In questo modo è stato possibile ridurre l'insorgenza di effetti avversi dovutiad un'interruzione della somministrazione ormonale per un intervallo di tempo maggiore.
L'esito dello studio è risultato positivo: su 64 partecipanti il 61.7% delle donne hadimostrato sostanziali miglioramenti per quanto riguarda i disturbi correlati al DDPM. Ilgruppo placebo, per contro, ha mostrato un'attenuazione del disturbo solamente del31.8%.
Una revisione pubblicata su Cochrane ha valutato cinque studi relativi l'utilizzo di uncontraccettivo orale contenente drospirenone in 1920 donne. I risultati hanno dimostratocome tale formulazione possa essere in grado di ridurre sintomi quali gonfioreaddominale, mastalgia, cefalea, aumento di peso e gonfiore alle estremità (Lopez et al.,2012; Hofmeister et al., 2016).
Gli effetti positivi dei contraccettivi ormonali a base di drospirenone sono riconducibili alla componente
Il drospirenone è un analogo dello spironolattone e possiede un profilo biochimico e farmacologico particolarmente simile al progesterone endogeno. È dotato di attività antiandrogenica ed antimineralcorticoide, distinguendosi dagli altri progestinici di sintesi utilizzati nei preparati estroprogestinici. I comuni effetti avversi frequentemente osservati con i COC, come l'aumento di peso e della pressione arteriosa, possono essere limitati dai COC contenenti drospirenone. Infatti, l'azione antimineralcorticoide permette di inibire la ritenzione idrica indotta dagli estrogeni, con una conseguente diminuzione di sintomi quali gonfiore e tensione mammaria. L'attività antiandrogenica, invece, inibisce la produzione di testosterone limitando episodi di aggressività e di irritabilità caratteristici della sindrome premestruale (Krattenmacher, 2000). Nonostante l'efficacia, l'utilizzo di tali preparazioni contraccettive non
Risulta essere privodi effetti collaterali. In uno studio effettuato su 326 donne il 71% (230/326) ha riportato almeno un evento avverso mentre il 6% (20/326) ha dovuto sospendere il trattamento per l'insorgenza di effetti collaterali quali labilità emotiva, cefalea, nausea, dismenorrea, sanguinamenti intermestruali e depressione (Parsey et al., 2000; Krattenmacher, 2000).
In un altro studio, su 64 donne, il 48.2% ha manifestato effetti avversi simili ai precedenti (Pearlstein et al., 2005). Una crescente preoccupazione è rivolta anche alla possibilità, da parte dei COC, di aumentare il rischio di tromboembolismo venoso (TEV) in donne già predisposte. Per tale motivo, sebbene i dati siano contrastanti, è opportuno che la paziente riceva una consulenza appropriata prima di iniziare una terapia contraccettiva (Appleton et al., 2018).
Gonadotropin-releasing hormone (GnRH) analoghi
I GnRH-analoghi, detti anche bloccanti ipotalamici, costituiscono dei potenti
mezzi di inibizione dell'ovulazione nonché delle cicliche produzioni ormonali da parte delle ovaie (Appleton et al., 2018). Per il loro meccanismo d'azione, possono essere considerati degli agenti terapeutici utili per il trattamento della SPM e del DDPM. Sopprimendo l'ovulazione eliminano infatti la sintomatologia premestruale caratteristica della fase luteale. Inizialmente gli agonisti del GnRH svolgono un'attività simile a quella dell'ormone di rilascio delle gonadotropine: stimolano le cellule ipofisarie provocando la secrezione dell'ormone follicolo-stimolante (FSH) e dell'ormone luteinizzante (LH). Un continuo utilizzo determina invece una down-regulation dei recettori ipofisari del GnRH (desensibilizzazione ipofisaria) con una conseguente diminuzione dei livelli circolanti di gonadotropine. Ne deriva una inibizione della produzione di estrogeni e di progesterone. In uno studio in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo,è stata valutatal’efficacia di un’agonista del GnRH (buserelina) dopo somministrazione di basse dosi in 27 donne affette dalla forma più severa della sindrome premestruale. In seguito a due mesi di terapia, le donne che avevano assunto buserelina hanno dimostrato un miglioramento superiore al placebo. Sintomi premestruali quali depressione e irritabilità sono stati significativamente attenuati assieme ad altri sintomi somatici come gonfiore e cefalea. Al contrario, dolori correlabili alla tensione mammaria sono rimasti inalterati. Inoltre, nonostante l’utilizzo di basse dosi di buserelina (100µg), il 19% delle pazienti ha mostrato un’anovulazione cronica durante tutto il periodo di trattamento (Sundström et al., 1999). Gli agonisti del GnRH sono quindi farmaci estremamente efficaci ma sono gravati da importanti effetti collaterali che ne compromettono l’uso. I GnRH-analoghi possiedono effetti ipoestrogenici che possono portare.all'insorgenza di una serie di sintomi caratteristici del periodo menopausale come diminuzione della libido, cefalea, alterazioni a livello del metabolismo osseo e del sistema vasomotore. Un utilizzo prolungato, per più di sei mesi, può incrementare di conseguenza il rischio fratturativo e cardiovascolare (Dickerson et al., 2003; Hofmeister et al., 2016). Per prevenire tali effetti collaterali è stata proposta una concomitante somministrazione di un progestinico in associazione con un estrogeno (add-back therapy). Gli estrogeni permettono di mitigare i disturbi comportamentali e vasomotori tipici della menopausa e possono preservare la salute ossea e cardiaca (Appleton, 2018). Si è visto però che l'add-back therapy, per l'effetto avverso indotto dal progestinico utilizzato, può favorire in alcune donne la ricomparsa dei sintomi premestruali (Leather et al., 1999; Appleton, 2018). Per i numerosi effetti avversi e per gli elevati costi, iGnRH-analoghi vengono dunque impiegati come terapia di terza linea per il trattamento della sindrome premestruale, dopo gli SSRIs e i contraccettivi orali (Yonkers et al., 2018). BIBLIOGRAFIA: - American Congress of Obstetrician and Gynecologyst (ACOG), 2000. Premenstrual Syndrome: Evidence-based Evaluation and Treatment. Clinical Obstetrics and Gynecology, 61:1, 52-61. - Appleton SM. (2018) - Efficacy of selective serotonin-reuptake inhibitors in premenstrual syndrome: a systematic review. The Lancet, 356:9236, 1131-1136. - Dimmock PW, Wyatt KM, Jones PW, O'Brien PM. (2000) - Premenstrual Syndrome and Premenstrual Dysphoric Disorder. American family physician, 94:3, 236-240. - Marjoribanks J, Brown J, O'Brien PM, Wyatt K. (2013) - Selective serotonin reuptake inhibitors for premenstrual syndrome. The Cochrane database of systematic reviews, 7:6, 1-159. - Gracia CR, Freeman EW, Sammel MD, Lin H, Sheng L, Frye C. (2009) -Allopregnanolone Level