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Contrasto tra regolamento tributario italiano e regolamenti comunitari in materia di agricoltura
La controversia riguardava un regolamento tributario italiano del 1978 che prevedeva delle agevolazioni fiscali sui dazi doganali pagati per l'importazione di cereali dal Canada, in contrasto con quanto stabilito dai precedenti regolamenti comunitari che non prevedevano alcuna agevolazione fiscale in materia di agricoltura.
Il Tribunale di Genova (giudice a quo), chiamato ad applicare quel d.P.R., ne constata la difformità rispetto al regolamento europeo e, perciò, solleva la questione di illegittimità invocando la violazione dell'art. 11 della Costituzione.
La Corte Costituzionale, chiamata a giudicare questo conflitto, dichiara che non vi è alcuna violazione della Costituzione e che, in questo caso specifico, prevale il diritto europeo sull'interna a favore dell'agricoltura.
nazionale.della norma comunitaria La motivazione data dalla Corte Costituzionale si articola in 4 punti:- L'ordinamento italiano e quello comunitario sono due sistemi normativi distinti e autonomi, ognuno dotato di proprio sistema di fonti (teoria dualista).
- Nonostante questo, i due ordinamenti sono coordinati con una ripartizione di competenze: il legislatore italiano riconosce, per determinate materie, la competenza alla Comunità Europea di emanare norme giuridiche che si impongono direttamente nell'ordinamento italiano.
- Tuttavia, la normativa comunitaria non entra a far parte del diritto interno dello Stato, ogni norma è valida e efficace nel proprio ordinamento.
- Di conseguenza, se si crea un contrasto su materie di competenza europea, la norma italiana non può essere resa inefficace (abrogata, modificata o derogata), piuttosto la norma italiana permane in vigore ma nelle parti in contrasto si applica la norma europea, disapplicando quella italiana per
Sentenza 10741/2009
La controversia riguardava un errore terapeutico compiuto in sede di gravidanza: ad una gestante era stato somministrato un medicinale che si scopre poter produrre danni ai feti. Il neonato nasce affetto da una patologia grave che è strettamente riconducibile al trattamento terapeutico sulla somministrazione di quel medicinale. I genitori agiscono per ottenere il risarcimento di due tipi di danni: quello subito dalla gestante e consistente nel non essere stata messa a conoscenza delle controindicazioni del medicinale; e quello subito dal concepito.
La Corte di Cassazione motiva il
Il risarcimento del danno alla salute del concepito può essere garantito grazie ad alcune disposizioni normative, tra cui:
- L'art. 1 del c.c., che riconosce la possibilità del concepito di essere destinatario di diritti;
- La legge 40/2004 sulla fecondazione assistita che si pone a tutela della vita sin dalla sua origine;
- La legge 194/1978 che attesta che il concepito è protetto dal 90° giorno in poi dal suo concepimento.
Per quanto riguarda il mancato esercizio dell'interruzione di gravidanza, non può configurarsi un danno al nascituro, poiché significherebbe definire un "diritto a non nascere".
Come parlare delle sentenze:
- Caso concreto;
- Regola enunciata dalla corte;
- Giustificazione di questa regola.
Questa sentenza venne emanata nel 1984 ma il caso è di ben 12 anni prima: infatti, nel 1972 l'impresa italiana Granitàl ebbe una vertenza con la dogana italiana, in merito all'importo da pagare.
per l'importazione dell'orzo canadese.Infatti un ipotetico diritto a non nascere sarebbe un diritto sorto prima che il titolare venga ad esistere, e inoltre sorgerebbe già lesivo al momento della nascita; poiché nessun diritto si acquisisce già lesivo, il "diritto a non nascere" non esiste.
Appunti sulla base del Bessone e delle lezioni del Prof. Piraino a cura di Riccardo Di Pasquale
Sentenza 9700/2011
Morte del padre
La controversia riguardava la morte di un uomo per incidente stradale, sposato con una moglie incinta. La moglie agisce in giudizio e ottiene il risarcimento del danno per perdita del congiunto, e agisce anche in nome e per conto della figlia perché questa è stata privata del concepito.
La Corte di Cassazione ammette il risarcimento del danno a favore anche della figlia, reputando che si tratta di un danno che si è verificato nel momento in cui lei è.
venuta ad esistenza, perché non appena nata è diventata un soggetto privo di uno dei due genitori. In questo caso il nascituro va risarcito, ma questo risarcimento non presuppone di riconoscere al concepito lo status di centro di imputazione giuridica, perché quello che conta è che il danno si verifica concretamente quando il concepito viene all'esistenza.
Sentenza 16754/2012
Risarcimento del La controversia riguardava il caso di una madre che aveva esplicitamente chiesto al sanitario, in servizio presso l'Unità Sanitaria Locale di Castelfranco Veneto, di fare danno per tutti gli accertamenti malformazioni diagnostici necessari per escludere patologie gravi del feto, condizionando ad esse la pre-esistente non prosecuzione della gravidanza. Il medico, invece di prescriverle un farmaco che avrebbe diagnosticate; permesso di scoprire la sindrome di Dawn (da cui era affetto il nascituro), le aveva prescritto lesione del un altro, senza informarla della.
scarsa debolezza statistica. diritto ad interrompere la gravidanza; La gestante, se fosse stata a conoscenza della sindrome di Dawn, non avrebbe proseguito la gravidanza. Chiede il risarcimento del danno per la lesione del diritto di "autodeterminazione gravidanza". La Corte di Cassazione stabilisce che:
- per il danno cagionato al feto (es: per somministrazione di un farmaco tossico per la salute del feto), possono agire per chiedere il risarcimento del danno:
- la madre, per lesione del diritto ad interrompere la gravidanza (tutelato dalla legge 194/1978 sull'interruzione di gravidanza, che attesta che il concepito è protetto dal 90° giorno in poi dal suo concepimento);
- il concepito, in virtù della legge 40/2004 sulla fecondazione assistita, che si pone a tutela della vita sin dalla sua origine.
- per il danno cagionato per malformazioni pre-esistenti non diagnosticate, possono agire per chiedere il
risarcimento del danno:- la madre, per lesione del diritto ad interrompere la gravidanza; lesione del "diritto a non nascere"4- il concepito, per .
Sentenza 500/1999
La Corte di Cassazione a sezioni unite ha riconosciuto che il cittadino ha diritto, nel caso di lesione dell'interesse legittimo, non solo a chiedere l'annullamento dell'atto amministrativo dell'interesse ma anche a ottenere il risarcimento del danno, secondo le regole della responsabilità extracontrattuale.
Dunque, anche nel caso dell'interesse legittimo è possibile subire un danno ingiusto.
Sentenza 174/1971 (o sentenza Meroni)
La controversia riguardava la mancata prestazione sportiva di un calciatore del Torino Calcio, da parte di un investitore per la lesione del suo diritto di credito, nel caso del calciatore in questione morì dopo essere stato investito da un'auto; la società Torino Calcio.
casosoggetto terzo, e agisce in giudizio nei confronti successivo specifico il diritto di ottenere dal calciatore la sua prestazione professionale calcistica. Risarcimento del La morte del calciatore ha leso in maniera irreversibile questo diritto di credito, e la Corte di danni subito dal Cassazione ha condannato il terzo al risarcimento del danno nei confronti della società creditore da sportiva per lesione del suo diritto di credito. A quanto previsto dall'orientamento consolidato della dottrina, secondo il quale al concepito non si può 4 In opposizione rispetticonoscere un diritto a non nascere se non sani. Tra l'altro, la stessa Corte di Cassazione (a sezioni unite) nel 2015 ha ritenuto quell'orientamento consolidato contrario all'ammissibilità corretta proprio della legittimazione ad agire del nascituro. 2 Appunti sulla base del Bessone e delle lezioni del Prof. Piraino a cura di Riccardo Di Pasquale parte dello A partire da questa storicaLa distinzione tra diritti assoluti (che tutti devono rispettare) e diritti relativi (nei quali invece la tutela è solo nei confronti della controparte) svanisce, e il creditore ha così diritto alla tutela non solo nei confronti dell'inadempimento, ma anche nei confronti di atteggiamenti di terzi che impediscono la realizzazione dell'interesse del creditore.
La sentenza Scordino del 2006 ha abbracciato due temi molto importanti: la quantificazione dell'indennità di espropriazione e l'occupazione acquisitiva della Pubblica Amministrazione.
La controversia riguardava l'ammontare dell'indennità di espropriazione stabilito dal comune di Reggio Calabria per un territorio all'interno del quale si trovava il fondo di proprietà del Sig. Scordino.
Il Sig. Scordino, infatti, aveva adito la Corte per contestare l'espropriazione ingiusta e l'occupazione in mala fede.
d'appello di Reggio Calabria chiedendo che il valore dell'indennità di espropriazione del terreno fosse stabilito in base al valore di mercato del terreno stesso. Non ottenendo quanto chiesto, gli eredi ormai sopraggiunti si rivolsero alla CEDU, contestando:
- la quantificazione dell'indennità di espropriazione: l'art. 5bis della legge 359/1992, fino a quel momento vigente e confermato legittimo da una successiva sentenza del 1993, fissava l'indennità di espropriazione pari alla media tra reddito dominicale e valore venale abbattuta del 40% in caso di mancato accordo tra la P.A. e il privato. Questa misura era ritenuta ingiusta, poiché comportava una somma pari a poco più del 30% del valore venale del bene.
- l'occupazione acquisitiva sono presenti i presupposti per l'espropriazione della P.A.: ma questa viene attuata prima che il procedimento espropriativo venga portato a termine. Questa occupazione di un fond