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Estratto del documento

Due soggetti a cui erano state date in concessione delle aree demaniali marittime impugnano la sentenza

del Tar che li vedeva soccombenti dinnanzi ad un provvedimento di decadenza di concessione in base

all’art. 47 del codice nav. Per il caso di non uso continuato per il periodo fissato a questo effetto nell’atto di

concessione. L’appellante denunciava il contrasto fra l’art. 47 e il provvedimento di concessione specifico

che non conteneva una clausola che indichi il periodo di non uso continuato che provoca decadenza.

Il CDS risponde che l’art. 47 si limita a precisare la concomitanza del periodo di non uso continuato con

quello della durata della concessione, ma non implica che la decadenza può esserci solo se c’è una clausola

che prevede il tempo, se così fosse sarebbe precluso l’utilizzo dello stesso art. 47, si esclude quindi che il

non uso provochi effetti di decadenza solo se contenuti in una clausola del provvedimento.

Altra censura diceva che l’amministrazione non aveva compiuto un accertamento istruttorio sufficiente, ma

il CDS ritiene che i sopralluoghi sono stati plurimi e sufficienti, in oltre è elemento determinante che in una

concessione demaniale l’amministrazione svolga dei controlli per fornire ogni elemento col fine di

assicurare che lo scopo della concessione sia perseguito.

Non vi è contraddittorietà fra motivazione dei provvedimenti di decadenza ed il richiamo agli accertamenti

perché comunque la decadenza della concessione si giustifica per il mancato raggiungimento dello scopo.

In fine il collegio rigetta anche la violazione di regola procedimentale per l’omissione da parte della p.a.

della comunicazione di preavviso di rigetto in quanto ex art. 21 octies 241 cosi come integrato dalla

15/2005 il provvedimento non poteva aver altro contenuto che quello emanato.

Per tutti questi motivi l’appello va rigettato.

43. Tar Liguria n.10382 del 2010

Una compagnia petrolifera si era aggiudicata la concessione di un’area demaniale e aveva poi affidato la

gestione della stazione di servizio ad un terzo in comodato.

A questo punto l’Autorità portuale di Genova emana un provvedimento di indennizzo pari al 200 per cento

del canone per l’abusiva occupazione di terzi non autorizzato della’area.

La compagnia impugna il provvedimento dicendo che non vi era stata alcuna sub concessione e che questa

gestione riguardava solo un rapporto interno, ma titolare del rapporto restava la società.

Secondariamente contesta la quantificazione dell’indennizzo in quanto essendo solo una sostituzione

parziale le norme decretavano un ammontare del 100 per cento del canone.

Il ricorso è parzialmente accolto nei termini in cui segue: il Tribunale ravvisa che sotto l’articolo 45 bis del

cod. nav. Si possono ricomprendere sia il sub ingresso in concessione(carattere novativo) che la sub

concessione. In tal modo la formulazione che prevede l’affidamento in gestione ad un terzo sottoposto ad

una previa autorizzazione della p.a. resta valido anche nel caso di specie.

Il Tar si lascia andare ad una esplicazione delle due concezioni in tema di concessione, quella più antica

pubblicistica, che vedeva il privato come longa manus dell’amministrazione e quella più moderna votata

alla gestione aziendale e imprenditoriale del demanio. Ma resta comunque la previsione che la gestione di

un terzo deve essere autorizzata dall’amministrazione per la salvaguardia della concorrenza e della pari

opportunità nonché dell’utilizzo del bene.

Prima censura dunque respinta, la seconda viene invece accolta, dice il Tar che l’indennizzo non può di per

se avere natura sanzionatoria e essendo il terzo subentrato con una sostituzione parziale la società deve

al

essere assoggettata ad un indennizzo pari 100 per cento del canone.

44. Consiglio di Stato n. 3073 del 2011

Siamo in tema di provvedimento restrittivi, il comune di Roma aveva deliberato una limitazione del traffico

urbano tramite Ztl in alcuni luoghi del centro storico, stabilendo una apposito tariffario, un soggetto

residente chiede all’Atac un secondo permesso per l’accesso e l’Atac con nota lo nega in vista della

disposizione comunale. Il cittadino impugna la deliberazione comunale a e la nota dell’Atac al Tar Lazio che

accoglie il ricorso per irragionevolezza e non utilità per le finalità pubbliche perseguite.

Il comune di Roma impugna il ricorso dicendo che i primi giudici avevano valutato con superficialità il

ricorso data la complessa normativa in materia di accesso e permesso di transito alla Ztl, normativa che

bilanciava bene gli interessi pubblici e privati in gioco. In oltre rientra nella discrezionalità

dell’amministrazione la disciplina del traffico nell’area del centro storico anche ai fini dell’inquinamento e

non possono essere sindacate dal potere giurisdizionale.

Ricorre anche L’Atac, gli appelli vengono riuniti e il Collegio fa notare come il comune di Roma all’esito di

una attenta istruttoria abbia provveduto al fine di ridurre gli effetti nocivi del traffico nel centro storico e

modulato un sistema tariffario valido che prevedeva in particolare un permesso di accesso per i residenti

abbinato ad una sola targa, il rilascio oneroso di un permesso di transito, ecc.

Quindi il provvedimento era frutto di una scelta discrezionale dell’amministrazione che bilanciava gli

interessi in gioco in modo da rafforzare la tutela dei patrimoni culturali e ambientali di assoluto valore

mondiale ma non prevedeva scelte che prospettavano violazioni.

Dunque l’appello può ritenersi accolto e la sentenza di primo grado andrà riformata.

45. Tar Sicilia n. 14299 del 2010

La questione nasce da un’ordinanza del sindaco di Trapani che limitava con Ztl il traffico nella zona storica,

impedendo l’accesso anche ai residenti eccetto situazioni qualificate di necessità.

Una donna non potendo accedere alla zona, ove per giunta aveva un garage, per assistere una donna

disabile, componente del suo nucleo familiare, ricorre al Tar.

I motivi di ricorso sono eccesso di potere per irragionevolezza e grave ingiustizia manifesta; eccesso di

potere per violazione della delibera della giunta che invece aveva previsto l’accesso ai residenti possessori

di garage, nonché per la salvaguardia degli invalidi; carenza di motivazione.

Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello date la ragioni di incolumità e sicurezza

pubblica negli orari di maggiore afflusso alla zona che giustificavano l’atto.

Il Tar risponde che questi provvedimenti limitativi che riguardano la circolazione sono scelte discrezionali

che presuppongono un equo bilanciamento di interessi di valori costituzionali.

Nel caso di specie ravvisa il Tar, l’amministrazione non ha correttamente bilanciato gli interessi

contrapposti, per garantire la pubblica sicurezza ai cittadini si potevano predisporre soluzioni alternative

alla totale chiusura del centro storico, e che l’impedimento anche ai residenti e proprietari di garage

comprimeva troppo la libertà di circolazione, in oltre la deroga era formulata in termini tropo ristrettivi.

Per tutte queste ragioni il ricorso va accolto e l’atto annullato.

46. Consiglio di Stato n. 9372 del 2010

Il caso nasce da una delibera regionale con cui è stato approvato il p.r.g. del comune di Lecce, all’interno del

quale risultano alcuni territori di proprietà di privati gravati da vincolo a verde pubblico.

Passati cinque anni i privati, presupponendo la natura espropriativa del vincolo, chiedono al comune la

riqualificazione urbanistica dell’aera.

Passato un triennio da tale richiesta essi ricorrono avanti al Tar Puglia per ottenere la condanna del comune

alla riqualificazione urbanistica e ad ottenere i danni per la compressione del diritto dominicale.

I ricorrenti sostengono l’applicabilità e la violazione dell’art. 25 l.u. in quanto il vincolo a verde pubblico

avrebbe ecceduto gli standard da questo imposto; la violazione di corrispondere l’indennizzo sancito dallo

stesso 25 l.u. ; e l’obbligo scaduto il termine di cinque anni di tipizzare nuovamente le aree. Il Tar respinge

la domanda ritenendo l’obbligo inesistente e decretando l’inapplicabilità nel caso di specie dell’art.25 l.u.

I proprietari non si danno per vinti e impugnano la sentenza al Consiglio di Stato riproponendo gli stessi

motivi di ricorso.

Il Consiglio risponde che l’individuazione dei vincoli espropriativi, sottoposti a temine quinquennale, la cui

reiterazione da luogo a indennizzo è utilizzato in maniera rigorosa e restrittiva, nel senso che avrebbero

carattere non espropriativo ma solo conformativo e quindi non soggetti a decadenza quinquennale né

all’obbligo di indennizzo, tutti i vincoli di identificabilità imposti dal p.r.g. a qualsivoglia titolo per ragioni

ambientali.

Quindi il potere ablatorio dell’art. 25 l.u. non deve essere confuso col generale potere conformativo

dell’amministrazione di destinare talune aree a verde privato.

L’art. 25 l.u. sarebbe per la Corte applicabile solo quando lo strumento urbanistico generale imponga, con

riferimento ad una singola area edificabile, un indice di fabbricabilità inferiore rispetto a quello fissato per

la medesima zona omogenea, e non quando, in relazione ad una intera zona omogenea, venga apposto un

divieto assoluto di edificabilità nell’ambito del quale si puntualizza la funzione a verde privato di singoli

lotti.

Per queste ragioni non può ravvisarsi nessun obbligo del comune a provvedere alla riqualificazione, né al

pagamento dell’indennità, l’appello è infondato e va respinto.

47. Consiglio di Stato n. 4457 del 2010

Una società aveva impugnato al Tar una deliberazione della giunta municipale di Ariccia, in base alla quale

si ritenevano inclusi alcuni terreni di proprietà della stessa società nell’elenco dei soprassuoli percorsi da

fuoco nell’ultimo quinquennio. Il problema è che in base alla l. 353 del 2000 le zone di incendi boschivi,

aree buscate e pascoli percorsi dal fuoco non possono cambiare destinazione per quindici anni.

Il Tar accoglie il ricorso della società avverso alla deliberazione comunale affermando che dai rilievi era

incerto se questi terreni erano stati percorsi da incendi e che comunque il limite posto dalla 353 riguardava

le sole zone boscate ed pascoli percorsi da incendi cosi come letteralmente si leggeva dall’art. 10 e non

riguardava le zone arborate come l’uliveto del caso si specie. Il CDS non è dello stesso avviso, innanzitutto

dice che dagli accertamenti non risultano dati certi per escludere che tali aeree siano state coinvolte da

incendi, a maggior regione data la certezza del coinvolgimento dei terreni limitrofi.

Secondariamente il CDS effettua una val

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Publisher
A.A. 2012-2013
48 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vale315 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Torchia Luisa.