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Terza questione:
quelle stabilite dalla direttiva di cui trattasi.
è possibile che risultino accettabili norme nazionali che limitino la libertà di circolazione
Quarta questione:
per tutelare la salute nel caso in cui il diritto comunitario non preveda norme armonizzate, ma in questo
caso sulla tutela della salute è già stata fatta un’armonizzazione.
la direttiva 77/728/CE non ha efficacia diretta poiché il termine di 24 mesi per la sua
Quinta questione:
attuazione non è ancora scaduto:
à
notifica: 9 novembre 1977 termine scade: 9 novembre 1979.
si rimarca la giurisprudenza precedente: le direttive possono avere efficacia diretta; le direttive
Conclusioni:
il cui termine di attuazione non è scaduto non possono essere fatte valere dai singoli. Ma dopo la scadenza
del termine stabilito per l'attuazione di una direttiva, gli Stati membri non possono applicare la propria
normativa nazionale non ancora adeguata a quest'ultima — neppure se vengano contemplate sanzioni
penali — a chi si sia conformato alle disposizioni della direttiva stessa.
problema dell’efficacia verticale e orizzontale delle direttive
6) Sent. Marshall/causa C-152/84: Corte di giustizia - 1986
Soggetti: Marshall vs ASL inglese (Southampton and South-West Hampshire Area Authority Teaching)
Oggetto: la sig. Marshall lavorava per la ASL come dietologo superiore, 1980: quattro settimane dopo
aver compiuto i 62 anni viene licenziata, pur avendo espresso l’intenzione di continuare a lavorare fino
all’età di 65 anni (fino al 1983). Motivo del licenziamento: Marshall è una donna che ha superato l’età di
pensionamento stabilita dalla ASL per le donne.
La normativa sulla pensione nel Regno Unito (SDA) stabilisce che gli uomini vanno in pensione all’età di
65 anni, le donne a quella di 60, ma tale normativa non impone ai dipendenti l’obbligo di andare in
pensione a tale età. La ASL deroga alla politica generale di pensionamento, consentendo alla sig. Marshall
di lavorare per due anni ancora dopo aver raggiunto l’età di 60 anni.
La ricorrente sostiene di aver subito un danno pecuniario (differenza fra quello che avrebbe guadagnato
se fosse rimasta in servizio e la pensione) e di essere stata privata della soddisfazione che le dava il lavoro.
Questioni: ci si chiede
1. se il licenziamento sia una discriminazione vietata dalla direttiva sulla parità di trattamento:
direttiva 76/207;
2. in caso affermativo, se la direttiva sulla parità di trattamento può essere fatta valere dinanzi al
giudice nazionale, nonostante il contrasto tra la direttiva e l’art.6 del SDA.
In diritto:
Prima questione:
- Art.2 direttiva (già citato in Tanja Kreil): principio della parità di trattamento;
- Art.5 comma 1 direttiva: l’applicazione del principio della parità di trattamento per quanto
riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che
siano garantite agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul
sesso.
Una politica generale in fatto di licenziamenti, la quale implichi il licenziamento di una donna per il solo motivo che essa
ha raggiunto o superato l’età alla quale ha diritto ad una pensione statale, età che, a norma delle leggi nazionali, è
diversa per gli uomini e per le donne, costituisce una discriminazione in base al sesso vietata da detta direttiva.
una direttiva sufficientemente chiara e incondizionata può essere fatta valere dinanzi ai
Seconda questione:
giudici nazionali. Deve però avere efficacia verticale: riguardare un rapporto tra privato e potere
pubblico. Il soggetto passivo in questione è un soggetto pubblico: una ASL, ma non è un tenuto a dare
applicazione dalla direttiva. Tuttavia la Corte allarga la gamma di soggetti tenuti a dare attuazione alle
direttive: tutti i soggetti pubblici devono far valere una norma.
la direttiva 76/207 può essere fatta valere nei confronti di un ente statale che agisca in qualità
Conclusioni:
di datore di lavoro per impedire l’applicazione di qualsiasi disposizione nazionale non conforme all’art.5
comma 1 della direttiva. Solo il dipendente di un ente pubblico può chiedere l’applicazione di una direttiva, ma se è di
una clinica privata non può. Tuttavia lo stato inglese dice che questa è una discriminazione, e la Corte risponde che la
colpa è degli stati che non applicano le direttive: se lo stato le avesse applicate non ci sarebbero state differenze.
L'art. 5, n. 1, della direttiva 76/207 del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa al divieto di qualsiasi discriminazione basata sul
sesso per quanto riguarda le condizioni di lavoro, ivi comprese le ipotesi di licenziamento, può essere fatta valere nei confronti di
un ente statale che agisca in qualità di datore di lavoro per impedire l'applicazione di qualsiasi disposizione nazionale non
à
”. La signora potrà continuare a lavorare fino ai 65 anni.
conforme al detto art. 5, n. 1. se la sig. Marshall non avesse lavorato
Con questa sentenza emerge un problema nell’ordinamento comunitario:
à
nella ASL, ma da un privato, non sarebbe stata tutelata c’è discriminazione.
interpretazione conforme
7) Sent. Faccini Dori/causa C-91/92: Corte di giustizia - 1994
Soggetti: Faccini Dori vs Recreb Srl
Oggetto: la sig. Faccini Dori stipulava un contratto con la società avente ad oggetto un corso d’inglese per
corrispondenza. Il contratto era stato stipulato alla stazione centrale di Milano: fuori dai locali
commerciali della società. Qualche giorno dopo la sig. comunicava alla società di voler annullare il suo
ordine: diritto di recesso stabilito dalla direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali,
direttiva 85/577/CE, volta a tutelare i consumatori e porre fine alle disparità esistenti tra le legislazioni
nazionali in merito a detta tutela. La Recreb chiede al giudice conciliatore di Firenze di ingiungere la sig.
Faccini Dori di pagarle la somma convenuta con gli interessi e le spese. Il giudice condanna la sig. a
pagare tali somme. Il giudice sottopone una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.
Questioni: ci si chiede:
1. se le disposizioni della direttiva 85/577/CE riguardanti il diritto di recesso siano sufficientemente
precise e incondizionate;
2. se tali disposizioni della direttiva possono essere fatte valere in una controversia tra un
consumatore e un commerciante (efficacia orizzontale).
In diritto: la direttiva sul diritto di recesso si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che
Prima questione:
fornisce beni e servizi e un consumatore o durante un’escursione organizzata dal commerciante al di fuori
dei propri locali commerciali, o durante una visita del commerciante al domicilio del consumatore o sul
suo posto di lavoro, qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta di quest’ultimo. Il consumatore
ha diritto di revocare il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro 7 giorni. Gli articoli della
direttiva sono incondizionati e sufficientemente precisi per quanto concerne la determinazione dei
beneficiari e il termine minimo entro il quale va notificato il recesso.
nessun provvedimento di attuazione della direttiva era stato adottato dall’Italia all’epoca
Seconda questione:
dei fatti, è solo con il decreto del 1992 che l’Italia ha attuato la direttiva.
Come affermato nella Sent. Marshall: una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un
singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti. La Comunità non ha il
potere di emanare direttive che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico dei singoli, tale
competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti. Ne consegue che, in
assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori non possono
fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali hanno
stipulato un contratto, né possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. Tuttavia
quest’ultimo, quando applica disposizioni di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla
direttiva, ha l’obbligo di interpretarle quanto più è possibile alla luce della lettera e dello scopo della
direttiva.
Il diritto comunitario impone agli Stati membri di risarcire i danni da essi causati ai singoli a causa della
mancata attuazione di una direttiva purché siano soddisfatte 3 condizioni:
1. la direttiva deve avere lo scopo di attribuire diritti a favore dei singoli;
2. la direttiva deve permettere di individuare il contenuto di tali diritti;
3. deve esistere un nesso di causalità tra violazione dell’obbligo e danno.
la direttiva non ha efficacia diretta perché il soggetto passivo è un privato; può sussistere però
Conclusioni:
un obbligo di risarcimento da parte dello Stato. Inoltre sta al giudice nazionale applicare le disposizioni di
diritto nazionale quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva.
responsabilità dello Stato per inadempimento
8) Sent. Francovich/causa C-6/90: Corte di giustizia - 1991
Soggetti: Francovich/Danila Bonifaci e 33 lavoratrici vs Repubblica italiana
Oggetto: il sig. Francovich aveva lavorato per l’impresa CDN Elettronica Snc a Vicenza e aveva ricevuto
a tale titolo solo acconti sporadici sulla propria retribuzione. Fa ricorso al Pretore di Vicenza che
condanna l’impresa a pagare 6 milioni di LIT; pignoramento infruttuoso. Il sig. Francovich ha allora fatto
valere il diritto di ottenere dallo Stato italiano le garanzie previste dalla direttiva 80/987.
Ricorso della sig. Danila e altre 33 lavoratrici dinanzi al Pretore di Bassano del Grappa per aver lavorato
per la ditta Gaia Confezioni Srl, fallita nel 1985, le ricorrenti erano creditrici di oltre 253 milioni di LIT e
dopo il fallimento nulla era stato loro corrisposto. Chiedono al giudice di applicare la direttiva 80/987.
Questioni: ci si chiede
1. se il privato che sia stato leso dalla mancata attuazione da parte dello Stato della direttiva 80/987
pretendere l’adempimento da parte dello Stato stesso delle disposizioni sufficientemente precise e
incondizionate;
2. se lo Stato stesso è tenuto al pagamento dei lavoratori;
3. in caso di risposta negativa, quale sia la garanzia minima che lo Stato deve assicurare al
lavoratore.
In diritto: pone 2 problemi:
Prima questione:
1. efficacia diretta delle norme della direttiva 80/987 che definiscono i diritti dei lavoratori. Affinché
le norme di una direttiva abbiano efficacia diretta devono essere sufficientemente precise e
incondizionate, nel caso specifico devono indicare