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ME SOLET PENITERE.
L’unico caso in cui l’impersonalità non passa su un verbo servile è il caso di VOLO, NOLO,
MALO perché in questo caso il verbo si mantiene così com’è (VOLO, NOLO, MALO) quindi
se devo dire “io voglio pentirmi” devo mettere una proposizione infinitiva: VOLO ME
PENITERE.
Normalmente, quando in dipendenza da un verbo fraseologico , servile, in latino, c’è un
infinito che si accompagna, il cui soggetto è il medesimo del verbo reggente si mette solo
l’infinito, non si mette l’infinitiva. Mentre in questo caso bisogna farlo perché il verbo non
ha soggetto perché è impersonale: quel ME è la persona in accusativo del verbo penitere.
- TE TIBI: poliptoto che serve a calcare la mano sul riferimento continuo al TU dialogante.
- BONAE MENTI: fa parte del linguaggio senecano.
- CONFERRI, DIFFERRI: composti di FERO.
- POSSIT: perché in questa relativa è presente il congiuntivo? Qui la sfumatura è di tipo
eventuale: destinare alla bona mens quegli unici momenti che eventualmente non possono
essere destinati ad altro. 25
- INCIPERE: verbo particolare perché è un composto di CAPIO.
INCIPIO qui è usato perché non si può usare CEPI che i latini preferivano di gran lunga ma
che era un verbo difettivo dei tempi derivati dal tema dell’infectum (proprio perché non ha
l’infectum) e quindi non poteva essere usato per indicare un infinito presente.
Dal momento che si tratta di un perfetto storico e non logico, cioè di un perfetto con valore
passato, non si può usare come si fa con ODI, MEMINI…per indicare un’azione che è
cominciata nel passato ma le cui risultanze sono attive ancora nel presente. Quindi in
questi casi si deve usare INCIPIO.
- DESINENDUM EST: perifrastica passiva impersonale. Si tratta di un verbo intransitivo che
può essere fatto al passivo solo mediante un passivo impersonale. In questo caso i valori
sono due: quello del passivo impersonale e quello della perifrastica con valore di dovere,
bisogno, necessità.
- MORTALITATIS: genitivo oggettivo.
- VELLE: VOLO, VIS, VOLUI, VELLE. L’infinito VELLE presenta un’assimilazione progressiva
perché originariamente il tema VEL si è legato alla desinenza originaria dell’infinito che era
SE = VELSE= l’assimilazione ha portato la S della desinenza ad assimilarsi alla L del tema.
Al contrario di quanto è accaduto a POSSE dove si è verificata un’assimilazione regressiva
perché POT + SE = POSSE quindi la modificazione non ha toccato la desinenza ma ha
toccato il tema.
[4] “Vedrai sfuggire dalla bocca di uomini potentissimi altolocati delle parole con le quali
desiderino, lodino, preferiscano ad ogni loro bene, il tempo libero (il riposo). Desiderano, di tanto in
tanto, scendere da quel loro pericoloso piedistallo, se lo si possa fare in sicurezza, infatti,
quandanche nulla di esterno (dal di fuori) colpisca o turbi (la sorte), la sorte stessa rovina su di se.
Il divo Augusto, al quale gli dei assegnarono di più che ad ogni altra persona, non mancò di
augurarsi il riposo e di aspirare alla libertà dagli impegni politici. Ogni suo discorso fu sempre
rivolto a questo argomento: la speranza dell’ozio.
Alleviava le sue fatiche con questa consolazione dolce, pur tuttavia, anche se falsa, cioè che una
volta o l’altra sarebbe vissuto per se stesso.
In una lettera inviata al senato, dopo aver promesso che il suo riposo non sarebbe stato privo di
decoro né differente rispetto alla gloria acquisita in precedenza, ho trovato queste parole: “Ma
questi propositi possono diventare fattivi con più soddisfazione che esser promessi (=questi
propositi piuttosto che prometterli è meglio metterli in pratica). Tuttavia, la voglia di un tempo
desideratissimo da me, mi ha spinto al punto che, poiché la gioia della realtà di fatto ancora tarda
ad arrivare, pregusto un qualche piacere dalla dolcezza delle parole.
Il riposo gli sembrò un evento così straordinario da pregustarlo col pensiero dal momento che non
poteva farlo nei fatti (= con l’uso effettivo). Lui che vedeva ogni cosa dipendere da lui soltanto, che
decideva la sorte di uomini singoli e di popoli, con immensa gioia, pensava a quel giorno in cui si
sarebbe spogliato della sua grandezza.
Aveva sperimentato quanto sudore costassero quei beni che risplendevano per tutte le terre e
quante segrete preoccupazioni nascondessero. Costretto a combattere prima contro i suoi
concittadini poi contro i colleghi, in ultimo, contro i parenti, sparse il sangue per terra e per mare.
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Dopo essersi spinto in guerra attraverso la Macedonia, la Sicilia, l’Egitto, la Siria, l’Asia e quasi
tutte le coste, rivolse a guerre contro popoli stranieri gli eserciti ormai stremati dalla strage dei
romani. Mentre pacificava le Alpi e domava finalmente i nemici insediati nel cuore della pax
romana, mentre spostava i confini al di là del Reno, dell’Eufrate, del Danubio, proprio in città (a
Roma) si affilavano contro di lui le spade di Murena, Cepione, Lepido, Ignazio ed altri ancora.
Non era ancora sfuggito alle insidie di costoro ed ecco che la figlia e tanti nobili giovani, legati
dall’adulterio come da un vincolo sacro, atterrivano la sua età ormai spezzata e, in più e di nuovo,
una donna tremenda con Antonio.
Queste ferite sanguinanti le aveva tagliate via proprio insieme alle membra ma altre ne nascevano
immediatamente sotto e il corpo, come aggravato da un continuo sanguinamento, si rompeva
sempre in qualche punto. Proprio per questo motivo desiderava l’ozio e nella speranza e nel
pensiero di questo si rasserenavano le sue fatiche. Questo era il desiderio di uno che era in grado di
esaudire i desideri degli altri”.
- OTIUM/QUIETEM/VACATIONEM/REQUIEM: lessico del riposo, del tempo libero.
- OPTENT: relativa con il congiuntivo con valore di conseguenza.
- FASTIGIO: indica un’altezza pericolosa.
- UT NIHIL EXTRA LACESSAT AUT QUATIAT: proposizione concessiva (UT+ CONGIUNTIVO). A
volte, UT può avere anche questo valore concessivo.
- “DIVUS AUGUSTUS…”: primo exemplum di occupatus.
- DII: utilizzo di uno dei 3 possibili nominativi plurali del sostantivo DEUS. DEUS è una
particolarità della seconda declinazione perché:
1) a differenza di tutti gli altri sostantivi della seconda con uscita in –US, non ha il vocativo
in E: è previsto o il vocativo DEUS o il vocativo singolare dell’aggettivo corrispondente,
DIVUS, A, UM (DIVE). In seguito, verrà usato DOMINE.
2) possibilità di forme diverse nel nominativo, vocativo plurale e nel dativo, ablativo plurale
e nel genitivo plurale.
- PETERE: Seneca lo usa al contrario rispetto all’uso classico. Qui non si aspira ad una carica
politica ma si aspira all’allontanamento dalla carica politica, si aspira alla VACATIO
(liberazione dagli impegni politici).
- A RE PUBLICA: ablativo di allontanamento.
- 2 epesegetiche: 1) UT SPERARET OTIUM è una completiva epesegetica che spiega il
pronome prolettico HOC.
AD HOC: complemento di fine.
HOC SOLACIO: iperbato.
2) ALIQUANDO SE VICTURUM (ESSE): epesegetica infinitiva di HOC SOLACIO.
SIBI: dativo di vantaggio.
- Seneca cita, con un espediente tucidideo della ricostruzione di un discorso di una lettera, le
parole di Augusto. È meglio vivere l’ozio piuttosto che continuare a riprometterselo.
- REQUIEM: ci riporta alla famiglia semantica dell’ozio, del riposo, della tranquillità.
- DIGNITATIS: genitivo di privazione. La privazione può essere espressa o con l’ablativo o con
il genitivo con sfumature di significato identiche a quelle dell’abbondanza perché sia per la
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privazione che per l’abbondanza, quel genitivo è un genitivo di appartenenza, di ciò che
non ci appartiene o ci appartiene. Questo non vale per l’ablativo perché, nel caso
dell’abbondanza, l’ablativo è strumentale mentre nel caso della privazione l’ablativo, che si
alterna al genitivo, è ablativo propriamente detto (quello di allontanamento).
- REQUIEM NON VACUAM DIGNITATIS: è un concetto che qui Seneca mette sulla bocca di
Augusto ma è un concetto propriamente ciceroniano (cioè, di un riposo che non fosse
forzato, in cui un politico, un intellettuale avrebbe potuto dare comunque il suo
contributo).
- PRIORE: PRIOR, PRIUS. Il superlativo è PRIMUS, A,UM. Si tratta di forme di comparativo e di
superlativo derivate da un avverbio, PRAE (prima).
Per cui, PRIOR è ciò che viene prima, che precede nello spazio e nel tempo. Che differenza
c’è tra PRIUS e PRIMUS?
PRIOR, essendo comparativo, indica chi viene prima tra 2.
PRIMUS: chi viene primo tra molti.
- FIERI: da FIO.
- SPECIOSIUS: avverbio ma con desinenza IUS, quindi si tratta di un avverbio al grado
comparativo. Questo avverbio originariamente è SPECIOSE. In latino esistono degli avverbi
che non hanno nessuna derivazione aggettivale come per esempio NUNC, ma la maggior
parte degli avverbi è derivata dagli aggettivi della prima o della seconda classe, prendendo
il genitivo singolare maschile dell’aggettivo si toglie la desinenza I e si aggiunge la
desinenza E che serve a formare l’avverbio al grado zero.
Questa desinenza è alternativa ad un’altra desinenza: ITER. Quando dobbiamo formare il
grado comparativo dell’avverbio non facciamo altro che recuperare il comparativo
dell’aggettivo, come ad esempio, SPECIOSIOR, SPECIOSIUS e utilizzarne il neutro singolare
dei casi diretti, SPECIOSIUS.
Mentre la formazione del superlativo degli avverbi avviene con identica modalità del grado
positivo: si prende il superlativo dell’aggettivo SPECIOSISSIMUS, si prende il genitivo
singolare SPECIOSISSIMI, si toglie I e si aggiunge E: SPECIOSISSIME.
Nel caso di comparativi e superlativi particolari, di formazione particolare come ad
esempio, FACILIS, DIFFICILIS…avremo il superlativo in ILLIMUS, A, UM.
Nel caso degli aggettivi che terminano in –UUS, come ANTIQUUS, i latini non usavano la
formazione classica in -IOR del comparativo perché era cacofonica in quanto c’erano
troppe vocali perciò dicevano MAGIS ANTIQUUS, non ANTIQUIOR.
Per gli avverbi vale la stessa cosa.
- MIHI: è da legare a OPTATISSIMI ed è un dativo d’agente.
- UT: introduce una proposizione consecutiva che qui non ha un antecedente così classico
(sic, talis, tam, tantus..) ma l’antecedente è da cercare in OPTATISSIMI “così desiderato da
me che..”.
- PRAECIPEREM: tradotto con indicativo presente per cui la consecutio logica è IMPERFETTO
in dipendenza da un tempo storico pe