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III. D EL COMUNICARE
Problematizzare la comunicazione significa interrogare quanto vi è in essa di implicito. Le attuai scienze della
comunicazione tendono a indagare i mezzi, i modi e non tanto i presupposti o i contenuti. Il senso del termine
“comunicazione” è passato da mettere in comune a trasmettere. Infatti il senso di mettere in contatto è ormai scontato e
inflazionato. Pertanto l’ attenzione si focalizza sull’ articolazione e sugli esiti della comunicazione. In generale i
discorsi su tale processo risultano abusati e ridondanti. 2
Si rende necessario riflettere sul trascendentale della comunicazione in absentia o meno. Nell’ epoca attuale ci si divide
tra 1. ossessione per la comunicazione e 2. uso di strumenti che non soddisfano il bisogno reale di condivisione e
partecipazione ad un mondo comune. Il problema del trascendentale della comunicazione è trattato da Umberto Eco in
relazione alla semiotica strutturale e alla filosofia analitica del linguaggio. L’ oggetto comunicato assolve alla funzione
di visione particolare del mondo, per cui la semiotica ha il solo dovere di definire l’ oggetto della semiosi attraverso
categorie semiotiche, dunque non reali/ empiriche. Ciò si traduce in una vera e propria scelta metodologica: la semiotica
si occupa della semiosi ovvero 1. del processo per cui gli individui comunicano e 2. dei sistemi di significazione che
rendono possibile la comunicazione. I soggetti quindi sono solo manifestazioni di questo processo per la semiotica. Per
tale motivo si può affermare che la semiotica presenta una chiusura metodologica, dal momento che considera gli
individui come strutture semiotiche. Dall’ altra parte si ha la filosofia del linguaggio, che è antifenomenologica, in
quanto il significato delle parole è determinato dall’ uso che se ne fa nel discorso e non dal referente nella realtà ed
inoltre l’ esperienza interessa a tale filosofia solo in quanto espressa tramite il linguaggio – Wittgenstein. Per
Wittgenstein, unico oggetto della filosofia analitica sono i giochi linguistici e le loro regole. La pratica del linguaggio
quotidiano richiede solo la corretta applicazione delle regole dei giochi linguistici. In questi le parole assumono il loro
impiego quotidiano per cui la costituzione del loro significato fa capo all’ uso pubblico del linguaggio. Tuttavia tale
filosofia tralascia la riflessione sul trascendentale della comunicazione, necessario alla chiarificazione del linguaggio.
Eco nel suo trattato Kant e l’ ornitorinco fa riferimento a Qualcosa che ci prende a –calci e ci dice parla! Per Eco
indagare il trascendentale della comunicazione significa riproporre la più nuda e semplice delle questioni. Per lui l’
esperienza quotidiana può dare elementi imprecisi ma tangibili per rispondere alla domanda sul trascendentale della
comunicazione. Ricoeur come sappiamo fa ricorso al già la, alla situazionalità del discorso. Dato che spiegare di più
serve a comprendere meglio, l’ arco ermeneutico costituito da spiegare e comprendere diviene un circolo in cui la pienezza
del linguaggio che si manifesta nel simbolo, colora il momento immediatamente precedente alla comprensione e l’
interpretazione vera e propria rifigura la comunicazione.
Discorso e comunicazione
La scienza della comunicazione definisce la stessa come atto primitivo. Tuttavia come voluto da Jakobson, in essa
intervengono un mittente e un ricevente. Tale considerazione ci consente di portare la comunicazione a livello della
parole ma soprattutto permette a Ricoeur di notare che dato l’ assunto secondo il quale nella comunicazione
intervengono sogetti singoli, essi possono essere considerati come monadi interesste dla solipsismo della loro soggettività
trascendentale. Per cui risulta paradossale considerare la comunicazione come atto primitivo, poiché più corretto
sarebbe definire come tale l’ incomunicabilità. Assumendo come punto di partenza, come atto primitivo, l’
incomunicabilità, Ricoeur tenta di individuare la ragione del superamento di tale isolamento solipsistico. Questo
approccio cessa di far considerare la comunicazione come connaturata all’ uomo. La stessa riflessione sul discorso
avviene ad un livello non naturale. L’ analisi è pertanto riportata da Ricoeur sul piano filosofico, azione tacciata di
mentalismo o psicologismo a causa della reintroduzione del concetto di monade.
Per Wittgenstein infatti non ci sono stati mentali che determinano la comprensione del linguaggio poiché questa
dipende solo dall’ uso pubblico del linguaggio e dalle regole che lo determinano. Quindi non esistono processi mentali di
pensiero, credenza etc. ma solo i loro processi di espressione. E questi ultimi non sono che enunciati, che hanno senso
solo se pensati come parti di un sistema linguistico. Quindi la comunicazione è resa possibile solo dal nostro possesso di
una competenza linguistica. Inoltre il significato di un qualsivoglia enunciato va ricercato nel sistema linguistico di cui
fa parte e non altrove.
Tuttavia Ricouer riconosce che quando tale chiusura metodologica della semiotica viene applicata ci si rende conto della
necessità di considerare fattori psicologici come credenza, desiderio ed impegno. Questi modellano il messaggio al pari
della grammatica e della sintassi e causano l’ attivazione necessaria dell’ ermeneutica e della competenza linguistica. In
questa ottica la comunicazione rimane comunque apertura al prossimo e paura di fraintendimento. Ammettendo quindi
che il discorso sia incomunicabilità superata, una teoria del discorso rivolta alla comunicazione titubante e non
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trionfante, non dovrebbe riportare l’ analisi sulla condizione monadica iniziale di incomunicabilità? In questa ottica
allora il motore primo della comunicazione e la volontà di superamento di una distanza, quella generata dalla
mancanza di comunicazione.
Quale linguaggio?
Analizzare il passaggio che conduce dalla langue alla parole ci consente di capire il cambiamento dal sistema al
processo, dal potenziale all’ attuale. Da questo punto di vista risulta interessante l’ analisi di Emile Benveniste che
infatti parla di linguistica del discorso e conduce la sua indagine in modo parallelo ma opposto a quella Saussuriana di
langue. Il discorso per Benveniste è attuale, diversamente dal sistema virtuale della langue Saussuriana. L’ unità del
discorso è la frase e non il segno. Infatti nel discorso, che per questo è attuale, si designano referenti reali. Il segno può
essere unità di un codice semiologico, non di un contesto semantico. La parola compone la frase ma il suo significato
deriva dall’ uso che se ne fa, ovvero dal contesto in cui è inserita (= pragmatica). Con lo shift da segno a frase si passa
dalla lingua come sistema di segni alla lingua come mezzo di comunicazione. I due livelli della lingua quindi ( langue e
parole) coincidono rispettivamente al semiotismo per il quale la lingua è un sistema e al semantismo che specifica le
articolazioni del discorso e fonda la comunicazione. Per Ricoeur il discorso è antecedente alla langue, che ne viene fatta
derivare per astrazione e soprattutto si oppone alla staticità sincronica di quest’ ultima. Pensare il discorso come un
evento, il cui senso permane anche dopo il suo “essere accaduto” grazie all’ intento per cui lo stesso è stato pronunciato,
consente di annotarlo tra la serie di eventi che costituiscono un particolare individuo e di non trasferirlo ad altri
insieme monadici. Eppure se si prende l’enunciato passare la parola, esso esprime un evento come “passare il Rubicone”,
tuttavia a differenza del primo, il secondo è trasferibile da un individuo ad un altro. L’ incomunicabile è reso
comunicabile, trasferibile grazie al senso al semantismo. Gli ambiti semantico e semiotico sono dunque stati individuati
all’ interno del linguaggio. Non per questo però va annullata la differenza tra linguaggio ed esperienza che pur co
appartenendosi, poiché l’ esperienza si carica di senso se attraversata dal linguaggio, non coincidono. Il senso è quanto
ci consente di muoverci tra le monadi, non il semiotismo, che invece codifica il senso tramite il linguaggio, al fine di
produrre un discorso.
Ora possiamo analizzare le forme di attuazione del discorso, ovvero le forme preposizionali attraverso le quali il
discorso viene prodotto, i contesti di enunciazione etc. Per Ricoeur l’ elevazione dell’ evento senso è fondamentale per
la comunicabilità. La teoria degli enunciati è indispensabile poiché enuclea il fondamento logico del discorso. La forma
dell’ enunciato è la forma in cui l’ evento si plasma nel senso, ovvero il configurarsi sintattico grammaticale del senso.
Secondo la teoria logica, il senso è reso comunicabile dalla universalizzazione che lo abita, di contro alle riduzioni
psicologiche a cui si oppongono anche Russel, Husserl e Frege. Il loro intento sta nell’ elevazione del logico sullo
psicologico. Tuttavia il discorso è per un verso volto a comunicare l’ identico –senso, dall’ altro le referenze
situazionali dell’ hic et nunc. Frege da parte sua distingue tra significato e senso. Il primo esprime il momento
referenziale del discorso, il secondo rende lo stesso un evento reale.
Allo stesso modo Husserl conduce un’ indagine sul senso in cui i vissuti e l’ intenzionalità sono determinanti della
costituzione dello stesso. Per mantenere la distinzione tra oggetto ed atto, Husserl fa ricorso alla nozione di
intenzionalità, per cui l ‘ atto è reale mentre oggetto è ideale, è il coglimento di un’ essenza e designa il permanere di
qualcosa oltre i profili in cui quel qualcosa si dà e soprattutto oltre l’ atto di cogliere quel qualcosa. Quindi il senso che
permane anche dopo l’ enunciazione di una proposizione è quanto di fisso permane nell’ insieme dei miei vissuti. Il
percepire presenta una faccia sensibile che esperisce il mutevole, che è penetrato tuttavia da una struttura permanente,
eidetica che rende riconoscibili i fenomeni con cui vengo a contatto. In questo senso Husserl parla di orizzonte dei
vissuti, da cui scaturisce il senso identico, condiviso da tutti partecipanti alla comunicazione. Un linguaggio univoco
come quello delle scienze, basato sul riferimento agli identici, tuttavia non è pensabile al di fuori dell’ ambito
scientifico. Wittgenstein tentava di costruire un linguaggio di questo tipo, perfetto, etico poiché privo di
fraintendimenti. Nel II Wittgenstein si ha invece una riflessione sull’ uso regolativo del senso identico, che infatti non
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elimina la polisemia, ma la regola. Si tratta infatti della polisemia causata dall’ uso contestuale del linguaggio,
diversamente