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Semiotica - Oggetto
È chiaro che la definizione corrente della semiotica come "sistema di segni" non si addice al senso (A), poiché essa presuppone già il riconoscimento* dei segni*: sostituendola con "sistema di significazioni" si introdurrebbe subito il concetto meno impegnativo di "significazione"; sostituendo infine a "sistema" – che è una nozione teorica precisa e limitativa – quello di insieme*, si può proporre di definire, in un primo tempo, la semiotica come un insieme significante che sospettiamo, a titolo di ipotesi*, possieda un’organizzazione, un’articolazione* interna autonoma*. Si dirà anche che ogni insieme significante, dall’istante in cui ci si propone di sottoporlo all’analisi*, può essere designato come una questa definizione è semiotica-oggetto: del tutto provvisoria perché non vale se non nel quadro di un progetto di descrizione.
epresuppone perciò una metasemiotica* che si ritiene se ne farà carico. I concetti di insieme significante e di semiotica-oggetto del resto non sono coestensivi: i risultati dell'analisimostreranno talvolta che solo una parte dell'insieme significante è coperta dalla semioticacostruita o che al contrario quest'ultima rende conto di un numero di grandezze maggiore diquelle inizialmente previste come parte dell'insieme significante (cfr. Campo semantico).
Queste osservazioni preliminari, in apparenza futili, acquistano tutto il loro rilievo quando si tratta di pronunciarsi sullo statuto delle semiotiche dette naturali* e sulla pertinenza della dicotomia fra ciò che è "costruito": tale problema impegna del resto la teoria semiotica nel suo insieme. Si intendono per due vasti insiemi significanti: da una parte isemiotiche naturali linguaggi* naturali, e dall'altra i "contesti* extra linguistici" che noi
Consideriamo come semiotiche del mondo naturale. Esse sono dette "naturali" perché anteriori all'uomo - immerso nella lingua materna, egli è proiettato dalla nascita nel mondo del senso comune - che le subisce, ma non le costruisce. Tuttavia, la frontiera tra ciò che è "naturalmente" dato e ciò che è costruito è sfocata: il discorso letterario utilizza una certa lingua naturale, le logiche prendono come punto di partenza le lingue naturali, eppure si tratta indiscutibilmente di autentiche costruzioni. La semiotica dello spazio trova la stessa difficoltà a dividere lo spazio "costruito" dallo "spazio naturale": il paesaggio "naturale" è evidentemente un concetto culturale e non ha senso se non in rapporto allo spazio informato dall'uomo. Contrariamente dunque a E. de Saussure e a L. Hjelmslev, per i quali le lingue naturali sono delle semiotiche fra le altre,
le lingue naturali e il mondo naturale ci sembrano come vasti serbatoi di segni, come luoghi di manifestazione di numerose semiotiche. D'altra parte anche il concetto di costruzione va rivisto e rivalorizzato in questa prospettiva: nella misura in cui la costruzione implica l'esistenza di un soggetto costruttore, va previsto un posto - accanto ai soggetti individuali - per dei soggetti collettivi (i discorsi etnoletterari o etnomusicali, ad esempio, sono discorsi costruiti, quale che sia lo statuto che l'antropologia genetica può attribuire ai soggetti produttori di tali discorsi). Ci sembra quindi auspicabile sostituire all'opposizione (o "artificiale") quella di naturale/costruito semiotico. Si intenderà qui per semiotica scientifica - nel senso scientifico/semiotico non scientifico - una semiotica oggetto trattata nel quadro di una teoria semiotica, esplicita o implicita (la costruzionedi un linguaggio documentario, ad esempio, si fonda su una teoria, per quanto poco scientifica).
Diventa allora indispensabile precisare lo statuto di quelle che sono le macro-semiotiche lingue naturali (nel senso di "natura" informata dalla "cultura" cosa che le relativizza e permette l'impiego del plurale) all'interno delle quali si organizzano delle semiotiche particolari. In primo piano bisogna registrare le correlazioni* che esistono fra i due insiemi: così l'affermazione secondo cui il mondo naturale è traducibile in lingua naturale deve essere interpretata come la corrispondenza che si può stabilire fra unità che partecipano ai due tipi di semiotica (i femi del mondo naturale corrispondono sul piano figurativo* ai semi* delle lingue naturali; i comportamenti somatici sono "descritti" come processi *linguistici ecc.).
Ne risulta una certa interpenetrazione di frammenti che partecipano delle due semiotiche, riconoscibili
sul piano sintagmatico: ideittici* linguistici rinviano al contesto naturale, i segmenti gestuali rimpiazzano sintagmi verbaliecc. In secondo luogo, l'affermazione secondo cui le lingue naturali sono le sole in cui sonotraducibili le altre semiotiche (mentre l'inverso è impossibile) si spiega con due tipi di ragioni:anzitutto, perchè le figure del mondo naturale sono semanticamente codificate nelle linguenaturali; e per il fatto soprattutto che queste ultime sono le uniche capaci di lessicalizzare e dimanifestare le categorie* semantiche astratte (o gli universali*) che restano generalmenteimpliciti in altre semiotiche.4. Le macro-semiotiche – lingue e mondi naturali – sono così secondo noi i luoghi d'eserciziodell'insieme delle semiotiche.Lingua, Mondo naturaleB. TIPOLOGIA SEMIOTICA1. Se nel senso (A) il termine semiotica serve a designare un insieme significante anteriormentealla sua descrizione, in una nuova accezione vieneimpiegato per denominare un oggetto diconoscenza in via di costruzione o già costituito: si tratterà allora di una semiotica-oggetto considerata sia come progetto di descrizione, sia come già sottomessa all'analisi, sia infine come oggetto costruito. In altre parole, si può parlare di semiotica solo se c'è un incontro fra la semiotica-oggetto e la teoria semiotica che la coglie, l'informa e l'articola. 2. Inscrivendosi nella tradizione di L. Hjelmslev, che è stato il primo a proporre una teoria semiotica coerente, possiamo accettare la sua definizione di semiotica: la considera come una gerarchia (cioè come una rete di relazioni, gerarchicamente organizzata) dotata di un duplicemodo di esistenza, paradigmatica e sintagmatica (e dunque pensabile come sistema o come processo semiotico) e provvista di almeno due piani di articolazione – espressione e contenuto – la cui unione costituisce la semiosi. Ilfatto che le ricerche attuali accentuano, sotto forma di analisi del discorso* e di pratiche semiotiche, l'asse sintagmatico e i processi semiotici, non modifica affatto questa definizione: si può immaginare benissimo che una fase ulteriore della ricerca sia consacrata alla sistematizzazione dei risultati ottenuti. 3. A queste caratteristiche comuni, tentiamo di aggiungere certi tratti più specifici per aprire la strada ad una tipologia delle semiotiche. Al giorno d'oggi sono implicitamente o tacitamente accettati due generi di classificazione: una distribuzione delle semiotiche, fondata sui canali* della comunicazione*, e un'altra, basata sulla natura dei segni riconosciuti. Nessuna delle due corrisponde comunque alla nostra definizione della semiotica. La classificazione secondo i canali di trasmissione dei segni (o secondo gli ordini sensoriali) si fonda sulla presa in considerazione della sostanza* dell'espressione: ora, questa non è pertinente.Per una definizione della semiotica (che è, in primo luogo, una forma*). La distribuzione secondo la natura dei segni, d'altra parte, si basa sulla relazione che questi segni (simboli*, icone*, indici* ecc.) intrattengono col referente*: infrangendo il principio di autonomia* (o di immanenza*) delle organizzazioni semiotiche, stabilito da Saussure, un simile criterio non può essere mantenuto, perché anch'esso non pertinente. Ad ogni modo, ci si può chiedere se nello stato di avanzamento attuale delle ricerche semiotiche qualsiasi classificazione di questo genere non sia prematura.
La tipologia delle semiotiche, proposta da Hjelmslev nei suoi Prolegomeni, è di natura molto diversa. Per evitare qualsiasi confusione, cominciamo così col darne una esposizione succinta, che sarà poi seguita dalle nostre osservazioni. Questa tipologia è fondata su due criteri di classificazione:
- la scientificità* (una semiotica è
Detta scientifica quando è una descrizione conforme al principio d'empirismo*, il numero di piani* (di linguaggio) di cui è costituita una semiotica. Si distingueranno così le b) (o sistemi di simboli*, nella terminologia di Hjelmslev) che sono semiotiche monoplanari scientifiche (esempio: l'algebra), o non scientifiche (esempio: i giochi), le (o semiotiche biplanari semiotiche propriamente dette, per Hjelmslev) che, anch'esse, saranno scientifiche o no, e le che sono semiotiche biplanari in cui almeno uno dei piani è una semiotica semiotiche pluriplanari, (detta semiotica-oggetto): il caso in cui uno solo dei due piani è una semiotica-oggetto è di gran lunga il più frequente. Le semiotiche pluriplanari si suddividono: - a seconda che esse siano scientifiche o no, a) - a seconda che la loro semiotica-oggetto sia scientifica o no. b) Lo schema seguente rappresenta questa distribuzione: Semiotiche pluriplanari (non scientifiche)
(scientifiche)semiotiche connotative metasemiotichemetasemiotiche scientifiche semiologie(la cui semiotica-oggetto (la cui semiotica-oggetto è una semiotica scientifica) non è scientifica)
A questa classificazione vengono aggiunte altre due semiotiche: una e unametasemiologiache hanno rispettivamente il compito di esaminaremetasemiotica delle semiotiche connotative,le semiologie e le semiotiche connotative.
5. Per comprendere, interpretare, e valutare tale tipologia, sono necessarie più osservazioni:
- In rapporto alle classificazioni prima indicate, quella di Hjelmslev si distingue anzitutto per l'introduzione del criterio di scientificità, cioè per la necessità assoluta di disporre, volendoparlare di semiotica, di una teoria* esplicita, chiamata a renderne conto, e – inoltre – per l'utilizzazione, come criterio, dei piani del linguaggio (significante* e significato* presiglobalmente) criterio già compreso nella
Definizione della semiotica, e perciò omogeneo (mentrela sostanza o il referen