Semiologia del cinema - Bordwell storia del cinema
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anche in altro generi. Realizzò solo un altro Western nel decennio, I tre furfanti .
Altro regista che esordì negli anni Dieci, dirigendo western a asso costo u Borzage. Tra questi The gun
woman, storia di una scafata proprietaria di una sala da ballo, la Tigre, che uccide l’uomo che la ama pur
di non lasciarlo partire per diventare un bandito. Oggi il nome di Borzage è spesso associato al
melodramma, come Homoresque, la vicenda sentimentale di un violinista ebreo ferito durante la prima g.
mondiale; ma alcuni dei suoi lavori migliori appartengono ad altri generi. The Circe, è una commedia
romantica, mentre Lazybones è una commedia sulle gesta di un giovane indolente senza particolari
obiettivi, che finisce pe sacrificare la sua già compromessa reputazione allevando il figlio della sorella
della donna che ama.
In seguito alla proiezione di Il gabinetto del dottor Caligari negli Stati uniti, il cinema dell’orrore divenne
gradualmente un genere popolare. La prima casa a puntarvi fu la Universal, sfruttando l’attore Loan
Chaney, “l’uomo dalle mille facce”, che fu Quasimodo di Il gobbo di Notre Dame, e il protagonista di Il
fantasma dell’opera; ma i film più emblematici vennero interpretati dall’attore sotto la direzione di Tom
Browning. Nel film Lo sconosciuto interpretava Alonzo, un lanciatore di coltelli che finge di essere senza
braccia; la sua stupenda partner nutre una paura psicologica di essere toccata da qualsiasi uomo, e si
fida solo di Alonzo. Per conquistare il suo amore, Alonzo, decide di farsi amputare le braccia, ma tornato
al circo scoprirà la donna con un altro uomo.
Il genere gangster non fu importante fino alla metà degli anni Venti: pochi film avevano per soggetti le
vicende delle bande criminali tra cui il The Musketeers of Pig Alley di Griffith e Rgeneration di Walsh. Un
film che fu importante per fissare gli elementi del genere fu Le notti di Chigago.
La comicità negli anni Venti
Durante gli anni Dieci molti film comici erano basati sul gag fisiche, il cosiddetto “slapsitck”. Di solito si
trattava di cortometraggi che venivano proiettati prima di film importanti.
Negli anni Venti, i lungometraggi comici diventarono più comuni. Le star già note come Chaplin, Keaton e
Lloyd si forzarono di costruire storie più solide e convincenti.
Harry Langdon fu impegnato in numerosi lungometraggi realizzati per Mack Senett. Langdon
• colpiva per il suo volto e la sua espressione infantile, unita a un carattere ingenuo che reagiva
placidamente a quanto accedeva intorno a lui. I suoi primi lungometraggi furono Di corsa dietro
un cuore, La grande sparata e Le sue ultime mutandine. Il suo fascinò resto principalmente legato
a una comicità che si esprimeva soprattutto visivamente.
Charles Chaplin era apparso in un primo lungo metraggio comico, Il romanzo di Tilli e nel 1921
• ottenne un grande successo con Il monello, da lui stessi diretto e in cui recitava insieme al attore
bambino Coogan, nel ruolo del trovatello allevato dal personaggio di un vagabondo interpretato
da Chaplin. L’entusiasmo con cui il film fu accolto aumentò le ambizioni di Chaplin che realizzò La
donna di Parigi, satira amaramente ironica dell’alta società, in cui egli appariva in una parte
secondaria.
Lloyd sfruttò la voga dei lungometraggi, facendo del personaggio occhialuto da lui creato, il
• protagonista di Sailormade man, la storia di un giovane impetuoso che si guadagna l’amore
attraverso una serie di avventure. Lloyd viene ricordato soprattutto per i film in cui è presente
una componente di suspance, come in Preferisco l’ascensore, dove crea un delle scene comiche
più memorabili della storia del cinema, penzolando appeso a un orologio posto in cima ad un
edificio. Alcuni dei film da lui interpretatati lo raffigurano come il giovane ragazzo di paese che
diventa eroica davanti a una sfida, come il Girl Shy o Viva lo sport.
Buster Keaton è ricordato soprattutto per il soprannome di “faccia di pietra” attribuitogli a causa
• della mancanza assoluta del sorriso sul suo volto. Il suo gusto per un umorismo bizzarro lo portò
a una comicità al limite del surreale. Il primo film di successo fu The Navigator, la storia di una
coppia di sconosciuti alla deriva sull’oceano a bordo di un trasnstalantico. Keaton esplorò spesso
la possibilità del mezzo cinematografico come in La palla n. 13 (Sherlok junior) del 1934, che
contiene un film nel film: il protezionista sogna mentre la sua immagine entra nel film che viene
proiettato nella sala. Forse la sua opera meglio riuscita è Il generale, la storia di un rischioso
salvataggio durante la guerra di successione.
Malgrado tutti i principali attori comici si confrontassero con i lungo metraggi, i film comici brevi rimasero
sempre presenti nei programmi delle proiezioni. I maggiori produttori del genere rimasero Roach e
Sennett. Sotto la loro guida emerse una nuova generazione di star. I due nomi più importanti son quelli
di Stan Laurel e Oliver Hardy (Stanio e Olio),
Nuovi investimenti e film campioni d’incasso
Alla metà degli anni Venti, gli investimenti di Wall Street nell’industria cinematografica, accrebbero le
possibilità di produzioni con budget elevati. La MGM fu particolarmente impegnata nella realizzazione di
pellicole prestigiose, come Ben Hur, di Fred Niblo; le riprese cominciarono ad effettuare in Italia. Per
poter filmare la corsa delle bighe fu necessario un set enorme, lungo il quale furono sistemate diverse
cineprese che riprendevano la scena dai vari angoli possibili, e che permisero in sede di montaggio, di
dare un ritmo travolgente all’intera sequenza. 20
Un altro film di rilievo, prodotto dalla MGM, fu un’opera pacifista sulla prima G.Mondiale, La grande parata
di King Vidor, che girò anche Il vino della giovinezza, la storia di tre generazioni di donne: la nonna
saggia, ma impotente di fronte al minacciato divorzio della figlia e la nipote, convinta da questo episodio,
di poter trovare l’amore fuori dal matrimonio. La grande parata, invece, fu un progetto molto più
ambizioso che aveva tra i suoi protagonista John Gilbert, l’idolo romantico per eccellenza dopo la
scomparsa di Rodolfo Valentino. Nella prima parte del film, il ricco e giovane personaggio, interpretato da
Gilbert, partito volontario per la prima g.Mondiale, intreccia una relazione con una contadina francese, ma
in seguito, la storia si sposta bruscamente su epiche scene di guerra. Tuttavia, l’importanza del film
risiede proprio in questo, poiché ancora meglio di I quattro cavalieri dell’Apocalisse, La grande parata,
descrive gli orrori della guerra, rappresentando i soldati tedeschi, anche esse vittime dei combattimenti;
da solo nella trincea faccia a faccia, con un giovane tedesco in fin di vita, invece di finirlo, il protagonista
li accende una sigaretta. Altri film di guerra degli anni Venti e Trenta, seguirono questo modello,
mostrando la ferocia e l’inutilità della guerra.
Un film del tutto diverso fu La folla realizzato da Vidor, storia di una coppia appartenente alla classe
lavoratrice, il cui matrimonio entra in crisi dopo la morte, in un incidente stradale, di uno dei figli.
Come la MGM, anche altre case di produzione si lanciarono nei film ad alto budget. Nel 1927 la Pramount
distribuì Ali, un altro racconto agrodolce sulla prima G.Mondiale. i due protagonisti del film, Jack e David,
sono entrambi piloti ed innamorati della stessa ragazza; la vicina di Jack, Mery è a sua volta innamorata
di lui, tanto da seguirlo al fronte come infermiera della crocerossa. L’interprete di Mary, Clara Bow,
conobbe un momento di celebrità a cavallo degli anni Trenta, diventando il simbolo della ragazza
disinibita, nella “età del jazz”; il suo più famoso film, Cosetta, le guadagnò il soprannome di It-girl,
eufemismo di sex appeal.
Come accedeva in La grande parata, Ali, combinava il romanticismo dell’intreccio con spettacolari
sequenze dei combattimenti. La ricercatezza nei particolari, l’uso del montaggio contiguo, l’illuminazione
direzionata e i movimenti di macchina, fecero di Ali la sintesi dell’ultimo periodo del cinema muto
hollywoodiano.
Un cinema a basso costo e non convenzionale
Non tutti i film di valore realizzati in quegli anni furono campioni d’incasso. Le Cinque Piccole e numerose
ate compagnie indipendenti realizzo produzioni a medio e basso costo per le programmazione nelle sale d
perfiferira e di provincia.
Accanto a opere non convenzionali, ma realizzate con grandi ambizioni, com Rapacità o La folla, esisteva
una produzione marginale originale e autonoma, che annoverava tra i suoi autori William C. DeMille,
fratello del ben più noto Cecil B. William diresse alcuni film interessanti, spesso incentrati su peronsaggi
disadattati. In Conrad alla ricerca della sua giovinezza un soldato inglese ritorna dall’India e scopre di non
avere uno scopo nella vita; cercando di ricreare il clima della sua adolescenza, riunisce intorno a se i
cugini in una divertente sequenza dove i cibi e i giochi cercati per assaporare le antiche gioie non
riescono però ad eliminare il clima di malinconia. Miss Lulu Bett è la storia di donna semplice rimasta
nubile, che per potersi mantenere assume un ruolo servirle nella famiglia della sorella. Dopo essersi
ribellata a un falso matrimonio, con un bigamo, sposa felicemente il maestro del paese.
Un altro notevole talento isolato di questo periodo fu Karl Brown, che nel 1927 diresse per conto della
Paramount, Amore nudo e crudo, un film fuori dal comune per il suo realismo. Girato internamente in
Noth Carolina, con attori non professionisti, questo dramma rurale contravveniva alle norme stereotipate
del periodo, raccontando la storia di una società arcaica che opprime le donne. Un giovanotto del luogo,
che vorrebbe proseguire gli studi, rinuncia ai suoi soldi, per mandare al college una giovane amica;
quando il brutale padre di lui decide di sposare la ragazza, lei riesce a difendersi con un ascia, e a
scappare con il suo compagno da quel mondo primitivo. La carriera registica di Brown fu molto breve e
presto tornò a fare l’operatore. REGISTI STRANIERI A HOLLYWOOD
Prima del 1920, gli autori provenienti da altri paesi avevano lavorato solo occasionalmente per l’industria
americana; i due nomi più noti erano stati quelli dell’inglese Chaplin e il francese Tourneur. Ma negli anni
Venti le case di produzione americane, iniziarono la caccia per scovare talenti stranieri e l’impatto dei
registi immigrati sulla cinematografia hollywoodiana si fece rilevante.
Lubitsch arriva a Hollywood
Il flusso regolare di taenti europei verso Holywood cominciò dopo la distribuzione negli Stati Uniti di
Madame Dubarry di L. rappresentato con il titolo di Passions. Sia la star del film, Pola Negri, chiamata
subito dalla Paramount, sia L. che la seguì negli States, cominciarono la loro carriera a H. L. imparò
subito ad armonizzare il suo stile con quello classico Hollywoodiano. Pickford volle L. per decidere la sua
produzione Rosita. Il film tuttavia, non incontrò il favore dell’attrice e dunque L. non proseguì la
collaborazione con la United Artists. La Warner Bros, invece, a sorpresa ingaggiò L. facendone il suo
autore di punta. Sotto influenza di La donna di Parigi di Chaplin, L. diresse una serie di commedie
sofisticate che analizzavano la società dell’epoca. Le ingegnosità con cui L. riusciva a suggerire le appetiti
sessuali e le rivalità sotterranee che si nascondeva tra le pieghe delle buone maniere erano già tipici di
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quello che verrà definito “il tocco di L.”. questo “tocco” si esprimeva anche attraverso un estrema fluidità
del racconto, capace di indicare gli stati d’animo dei personaggi, semplicemente dal modo in cui
cambiavano posizione all’interno della scena o dalla direzione dei loro sguardi da un’inquadratura all’altra.
I principali film realizzati da L. per la W.B furono: Matrimonio in quattro, Il Ventaglio di Lady Windermere
e La vita è un Charleston.
I registi scandinavi in America
Anche i più importanti registi scandinavi degli anni Dieci e dei primi anni Venti giunsero a Hollywood,
lavorando soprattutto per la MGM. Tra i primi vi fu Benjamin Christensen, il cui esordio americano con Il
Circo del diavolo, recuperava un genere tipico del cinema scandinavo degli anni Dieci, i film sul circo. C.
realizzò diversi film di suspance, il più riuscito dei quali fu Sette passi verso Satana.
Il regista svedese Mauritz Stiller e la sua scoperta Greta Garbo furono abbinati per la realizzazione di Il
Torrente; ma l’eccentricità e l’incapacità di S. di adattarsi ai rigidi metodi di lavorazione Hollywoodiani,
causò la sua rapida sostituzione. Il produttore tedesco Erich Pommer, lo chiamò per la regista di L’ultimo
addio, interpretato da Pola Negri. Fu questa la più importante produzione hollywoodiana di S. da ricordare
anche per la presenza di alcuni movimenti di macchina nello stile del cinema tedesco, con la macchina da
presa posta su elaborati ascensori.
Victor Sjostrom, modificò il proprio nome in Victor Sistrom realizzò La spada della legge, che nonostante
lo stile piuttosto accademico conteneva diverse sequenze di paesaggio che richiamavano la sensibilità per
la natura. Il suo film successivo, Quello che prende gli schiaffi, ambientato nel mondo del circo, costituì
un trampolino di lancio per Lon Chanej che guadagnò una notevole popolarità. Fu poi la volta di La lettera
rossa, con Lylian Gish, che aveva da poco abbandonato la collaborazione con Griffith ed ero
sottocontratto per la MGM; altro film fu Il Vento, la storia di una donna che si reca nel selvaggio West
desolato e spazzato dal vento, per raggiungere il suo futuro sposo. Costretta a uccide e seppellire un
uomo che la vuole violentare, diventa quasi folle, in preda a visioni del cadavere dissepolto dal vento.
Registi europei alla Universal
La Universal diede presiglio alle sue produzioni con il regista portoghese Paul Fejos, con The last moment,
che mostrava le visioni di un uomo che stava annegando. Primo amore, era invece la semplice storia di
una coppia di lavoratori. In seguito F. girò uno dei primi musical Broadway; il set del film fu realizzato in
stile espressionista , utilizzando una gigantesca gru per realizzare audaci movimenti della macchina da
presa attraverso la scena.
Paul Leni produsse L’uomo che ride; il protagonista era un inquietante personaggio condannato da un
taglio sulla bocca a un continuo, ghigno grottesco.
L’influenza di Murnau alla Fox
M. si recò ad Hollywood per girare con un enorme budget Aurora (sunrise). Sceneggiato da Mayer, la
storia racconto un dramma psicologico semplice ma intenso: un pescatore dopo aver meditato l’uxoricidio
per poter fuggire in città con la sua amante, deve riguadagnarsi la fiducia della moglie. Il film risultò
troppo sofisticato per diventare veramente popolare e la fortuna di M. subì un rapido declino.
Nonostante la scarsa popolarità, Sunrise ebbe un forte impatto sui registi americani, in special modo su
Ford e Borzage. Ford girò un dramma sentimentale sulla prima guerra mondiale, Four Sons e aveva
alcuni punti in comune con il cinema francese.
Borzage, in Settimo Cielo, utilizza la falsa prospettiva, tipica di M.
INNOVAZIONE TECNICHE E STILISTICHE
Nuovo approccio alla fotografia: alcuni autori iniziarono a sistemare davanti all’obiettivo tessuti
• trasparenti o filtro, per creare immagini indistinte. Lenti particolari, inoltre, potevano mette a
fuoco l’azione in primo piano a discapito dello sfondo. il risultato fu il soft style dell’immagine;
Introduzione delle nuove pellicole pancromatiche, in sostituzione di quelle ortocromatiche. Queste
• ultime erano sensibili solo a certe porzioni dello spettro visivo, e cioè al viola, al blu e al verde;
diversamente, le parti in giallo e in rosso apparivano quasi nere. Le pellicole pancromatiche,
registravano invece l’intero spettro dei colori con un’intensità costante. Erano comunque molto
costose, facili a deteriorasi e richiedevano una maggiore esposizione alla luce per ottenere
un’immagine soddisfacente. Dal 1925 Eastman Kodak introdusse nel mercato versioni sempre più
sensibili, stabili e a prezzi contenuti.
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INTRODUZIONE DEL SONORO PP
la maggior parte dei film muti era accompagnata da musica dal vivo, dal semplice pianoforte fino ad
intere orchestre, e spesso all’azione sullo schermo venivano sommariamente sincronizzati effetti sonori.
Si conviene di solito che l’anno di introduzione del suo sincronizzato sia stato il 1927, quando la Warer
Bros, di distribuì Il cantante di jazz. Il sonoro portava con sé implicazioni economiche e tecnologiche, ma
influenzò anche lo stile. 22 S U
IL SONORO NEGLI TATI NITI
Dei tre paesi che avrebbero dominato la conversione del mondo al sonoro- gli Stati Uniti, la Germiana e
l’URSS- l’industria cinematografica americana fu la prima a compiere il passaggio con successo.
Lee DeForest presentò il suo Phonofilm nel 1923. Questo brevetto di pellicola sonora, convertita l’audio in
onde riprodotte su una normale pellicola a 35mm, su una striscia ricavata a fianco del fotogramma.
Durante gli anni Dieci e i primi anni Venti la western Electric aveva sviluppato sistemi di registrazione,
amplificatori e altoparlanti. Nel 1925 la W.E. mise in vendita il suo sistema di registrazione su disco.
La Warner Bros. Era in piena espansone e i fratelli W. Vedevano il sonoro soltanto come un’alternativa
economia all’intrattenimento dal vivo che accompagnava la programmazione cinematografica. La W.B.
collaudò il medito Vitaphone in una seri di cortometraggi. La prima proiezione pubblica, il 6 agosto 1926,
si apriva con otto cortometraggi, tra cui un discorso di Will hays e un’aria da I pagliacci; seguiva il film
Don Giovanni e Lucrezia Borgia, accompagnato da musica registrata ma senza dialoghi.
Nel 1927 ebbe luogo la prima di Il cantante di Jazz di Alan Crosland. La maggior parte delle sequenze
aveva solo un accompagnamento musicale, ma in quattro scene la star del vaudeville, Al Jolson cantava e
pronunciava anche qualche parola. Dopo qualche altra pellicola parzialmente sonorizzata, il 1928 vide
l’uscita trionfale de primo “sonoro al 100%” con The Lights of New York.
Mentre la Western Electric sviluppava il suo sistema a dischi, due ingegniei- Theodo Case e Earl
Sponable- avevano creato un sistema di pellicola basato in parte su quello di DeForest. La Fox Film
Corporation investì nel loro sistema. La Fox ribattezzò il lor sistema in Movietone e nel 1927 lo
sperimentò con brevi film.
Altro importante sistema di sonorizzazione era basato su un nuovo tipo di pellicola sonora sviluppata dalla
RCA 8radio Corporation of America): il Phonophone.
Le Cinque Grandi nel 1927 firmarono l’accordo di scegliere insieme il sistema sonoro più adatto e alla fine
optarono per il sistema della Western Electric.
Le compagnie di Hollywood continuarono per alcuni anni a distribuire la maggior parte dei film in doppia
versione, su dischi fonografici e una con pellicola sonora.
Una volta scelto lo standard da adottare, gli studios di H. iniziarono rapidamente ad installare le
apparecchiature nelle sale. I cinema indipendenti do solito sceglievano uno dei sistem più economica, ma
spesse le sale più piccole non potevano permettersi apparecchiature sonore.
Anche se molti dei primi film sonori erano stati e pieni di dialogo, alcuni cineasti risposero in modo
creativo attraverso il genere del musical, che offriva buone possibilità per l’uso ingegnoso del sonoro
come La canzone di Broadway o l principe consorte.
La tecnologia sonora degli inizi e lo stile classico
All’inizio del sonoro l’industria cinematografica si trovò di fronte a numerosi problemi di stile: i primi
microfoni erano direzionali e captavano qualsiasi rumore del set, per cui dovevano essere sistemati in
cabine insonorizzate; tutti i suoni di una singola scena andavano registrati nello stesso momento, data
l’impossibilità di mixer e se nel film era presente un’orchestra, questa doveva essere presente durante le
riprese; la sistemazione del microfono limitava l’azione poiché spesso veniva sospeso a pesanti
impalcature.
I cineasti erano riluttanti a rinunciare alla flessibilità e all’enfasi che il montaggio aveva offerto loro
nell’era del muto. Per poter alternare totali, piani ravvicinati e controcampi senza perdere tra uno stacco
all’altro il sincrono tra suono e movimento delle labbra, utilizzavano la tecnica della cinepresa moltiplica:
la scena veniva ripresa contemporaneamente da più angolazioni strategiche.
Oltre l’ostacolo della lingua
Il cinema sonoro creò un serio problema a tutti paesi produttori: l0stacolo della lingua rischiava infatti di
costituire un limite alle esportazioni. Per i film muti era sufficiente tradurre le didascalie, ma per il parlato
la faccenda era un po’ più complessa.
Le prime proiezioni di film sonori tentarono diverse soluzioni al problema. A volte i film venivano mostrati
all’estero senza alcuna traduzione: dato che il suono era ancora una novità, la cosa poteva talvolta
funzionare.
Poiché mixare era impossibile, doppiare una colonna sonora in una lingua straniera era costoso. Molti
produttori erano giunti alla conclusione che l’unico modo per continuare a raggiungere i mercati stranieri
fosse quello di girare ogni film in più versioni.
10 – Lo studio System a Hollywood – 1930-1945
Tra il 1930 e il 1945 gli Stati Uniti attraversarono una durissima Depressione a cui seguì, durante la
seconda guerra mondiale, una ripresa altrettanto spettacolare. Il mercato finanziario toccò il suo punto più
basso a metà del 1932, subito prima delle elezioni presidenziali, nelle quali Franklin D. Roosevelt
conquistò la prima di quattro vittorie scaricando la colpa del disastro su Herbert Hoover. Il nuovo
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presidente si mosse subito a sostegno dell'economia: la National Recovery Administration, avviata nel
1933, guardava con una certa indulgenza a concentrazioni e oligopoli, dimostrando nel contempo
un'inedita tolleranza nei confronti dei sindacati operai: due politiche che ebbero su Hollywood un impatto
fondamentale. La ripresa avvenne in modo diseguale, con l'ulteriore complicazione di una nuova - anche
se meno grave - recessione tra il 1937 e il 1938. Nel 1938, comunque, l'accresciuto intervento
governativo stava conducendo il Paese fuori dalla Depressione. Il dilagare della guerra in Europa accelerò
il processo. L'America si erse ad "arsenale della democrazia", vendendo armi ai suoi alleati in giro per il
mondo e poi potenziando le sue stesse risorse belliche. La crescita della produzione assorbì gradualmente
la forza lavoro disponibile.La guerra permise l'espansione dell' economia americana: un boom condiviso
dall'industria cinematografica grazie a un'impennata dell'affluenza degli spettatori.
LA NUOVA STRUTTURA DELL'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA
All'epoca del muto, l'industria del cinema di Hollywood si era sviluppata in un oligopolio di società unite
nello scopo di chiudere il mercato alla concorrenza; ma anche se questa struttura rimase relativamente
stabile negli anni Trenta, l'avvento del sonoro e l'inizio della Depressione provocarono qualche
cambiamento. La sola grande società nata come conseguenza diretta dell' introduzione del sonoro fu la
RKO (abbreviazione di Radio-Keith-Orpheum), fondata allo scopo di sfruttare il sistema della RCA, il
Phonofilm. La Fox conobbe una notevole espansione sul finire degli anni Venti, ma l'inizio della
Depressione la costrinse a ridurre gli investimenti: la società dovette vendere alla Warner Bros. la sua
quota di controllo della First National recentemente acquisita. Così la Warner, fino ad allora una piccola
società, crebbe fino a diventare uno degli studios più grandi degli anni Trenta. Nel 1930 l'oligopolio di
Hollywood si era assestato in una struttura che per quasi vent'anni non avrebbe conosciuto grandi
cambiamenti. Otto grandi società dominavano l'industria: le prime cinque - le " major", dette anche le
cinque grandi - erano la Paramount (già Famous Players-Lasky), la Loew's (nota generalmente con il nome
della sua filiale produttiva, MGM), la Fox (che divenne 20th Century-Fox nel 1935), la Warner Bros. e la
RKO. Le major avevano una struttura a concentrazione verticale, disponendo ciascuna di una sua catena
di sale e di un' apparato distributivo internazionale. Le "minor", o le "tre piccole" - compagnie minori prive
o povere di sale -, erano la Universal, la Columbia e la United Artists. Esistevano inoltre diversi produttori
indipendenti, alcuni dei quali realizzavano film costosi, o di "serie A", paragonabili a quelli delle major. Le
società che (come la Republic o la Monogram) facevano solo film più economici, o di "serie B", erano note
come "Poverty Row”.
Paramount La Paramount nacque come società di distribuzione e iniziò la sua espansione acquistando
una quantità di sale. Questa strategia fu efficace negli anni Venti, ma la morsa della Depressione ridusse
di molto i proventi della società costringendola ad accendere pesanti ipoteche sui suoi cinema. Nel 1933 la
Paramount dovette dichiarare fallimento e sotto amministrazione controllata subì una drastica
ristrutturazione: continuò a produrre film ma senza riuscire a ricavarne profitti. Nel 1936 Barney Balaban,
il direttore delle sale Paramount, divenne presidente dell'intera società e la portò nuovamente in attivo,
con tale successo da fargli mantenere l'incarico fino al 1964. Nei primi anni Trenta la Paramount era nota
per le produzioni di stile "europeo": Josef von Sternberg vi girò i suoi film esotici con Marlene Dietrich, e
una delle star principali era il francese Maurice Chevalier. Si faceva molto affidamento sui comici della
radio e del vaudeville. Nella seconda metà del decennio, Balaban diede alla Paramount un indirizzo più
apertamente americano: Bob Hope e Bing Crosby, stabilmente assestati tra i principali campioni
commerciali del periodo della seconda guerra mondiale, furono due pilastri dello studio assieme al duro
Alan Ladd e all'attrice comica Betty Hutton. E Cecil B. DeMille continuò negli anni Trenta e Quaranta a
sostenere la compagnia che aveva contribuito ad avviare con una serie di film storici ad alto budget.
Loew’s/MGM Tra il 1930 e il 1945 la MGM se la cavò molto meglio: la sua piccola catena di sale
imponeva oneri ridotti facendone lo studio con gli utili più alti d'America. Parte del merito era della guida
tranquilla di Nicholas Schenck, che si occupava della Loew's da New York. I produttori più in vista, come
Louis B. Mayer e Irving Thalberg, dirigevano gli stabilimenti sulla costa occidentale con una politica di film
d'alto profilo e alti budget. I film della MGM avevano spesso un aspetto più sfarzoso di quelli degli altri
studios e inoltre la MGM si vantava di avere sotto contratto «più stelle le di quante ce ne sono in cielo.»
Tra i registi importanti che lavoravano stabilmente per essa spiccavano George Cukor e Vincente Minnelli.
La scuderia comprendeva divi come Clark Gable, Spencer Tracy, Mickey Rooney e Judy Garland. Greta
Garbo negli Stati Uniti valeva più per il prestigio che per il suo valore commerciale, ma i suoi film
andavano bene in Europa; allo scoppio della guerra, quando i mercati europei si chiusero ai film americani,
la MGM non esitò a scaricarla. Durante la guerra, nuove star di prima grandezza emersero nello studio, tra
cui Greer Garson, Gene Kelly, e Katharine Hepburn - quest'ultima in coppia con Spencer Tracy.
20th Century-Fox. Anche a causa della sua rapida espansione nell'era del sonoro la Fox affrontò la
Depressione in condizioni peggiori di qualsiasi altra major. I guai della società proseguirono fino al 1933,
quando Sidney Kent, già capo della distribuzione per la Paramount, ne prese le redini e riuscì a rimetterla
in sesto. Fondamentale fu l'unione, nel 1935, con la più piccola Twentieth Century, un accordo che
comportò la nomina di Darryl F. Zanuck a capo degli studi della Costa Occidentale, che lui diresse
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con polso di ferro.
La 20th Century-Fox aveva relativamente poche star: il comico Will Rogers fu popolarissimo fino alla sua
morte nel 1935, mentre la star del pattinaggio Sonja Henie e la cantante Alice Faye mantennero per
qualche anno una certa fama. Ma l'attrazione principale dello studio fu la piccola Shirley Temple, che
detenne il primato assoluto degli incassi dal 1935 al 1938. Con l'adolescenza, la sua popolarità cominciò a
sbiadire e i maggiori profitti della 20th Century-Fox in tempo di guerra vennero dai musical con Betty
Grable. Tra i principali registi che lavoravano per la Fox in questo periodo vanno ricordati Henry King,
Allan Dwan e John Ford.
Warner Bros. Come la Fox, subito prima dell'inizio della Depressione anche la Warner Bros. aveva chiesto
prestiti per espandersi: per far fronte ai debiti fu necessario liquidare alcune proprietà e tagliare le spese.
Harry Warner dirigeva la società da New York, perseguendo una politica di profitti modesti ma sicuri
generati da un numero relativamente alto di progetti a basso budget. Gli effetti sui film erano evidenti.
Anche se quanto a risorse la Warner non avrebbe avuto nulla da invidiare alla MGM, i suoi set erano molto
più piccoli e la sua scuderia di attori popolari - James Cagney, Bette Davis, Humphrey Bogart, Errol Flynn
e altri -lavoravano in un maggior numero di film. Spesso i soggetti venivano riciclati e lo studio si
specializzò nel creare generi popolari per poi spremerli a fondo: il musical alla Busby Berkeley, il gangster
movie, il film impegnato basato su fatti d'attualità, la biografia. Quando iniziò la guerra, la Waner fu la
prima a lanciarsi con successo sul film bellico. Il fatto che tante produzioni Warner di quel periodo siano
oggi dei classici testimonia l'abilità dei registi dello studio a raggiungere buoni risultati con risorse limitate.
RKO. Tra tutte le major fu quella dalla vita più breve. Nel 1928 la Radio Corporation of America (RCA) non
riuscì a convincere nessuno studio ad adottare il suo sistema sonoro, così decise di passare essa stessa
alla produzione cinematografica senza però mai riuscire a tenere il passo con le altre major. Nel 1933 la
società fallì e non fu riorganizzata fino al 1940: a quel punto la prosperità generale dell'epoca bellica aiutò
la RKO a tornare in attivo - anche se i problemi si ripresentarono poco dopo la fine della guerra. La RKO
non aveva una politica stabile, e non disponeva di grosse star. Ci furono successi isolati come King Kong
ma gli unici a garantire incassi sicuri erano Fred Astaire e Ginger Rogers, i cui musical tennero banco dal
1934 al 1938. In definitiva, i magri profitti della RKO provenivano soprattutto dalla distribuzione dei film
animati prodotti dalla Walt Disney. Un giovane e discusso produttore teatrale assunto in questo periodo fu
Orson Welles: il suo Quarto potere sarebbe stato ricordato come il film più importante della RKO, anche se
all'epoca fu un investimento deludente. Durante questi anni, sotto la supervisione di Val Lewton, il settore
"serie B" della RKO produsse alcuni tra i film a basso costo più creativi dell'epoca dello studio system.
Universal. Pur avendo un esteso sistema distributivo ed essendo la maggiore delle "tre piccole", la
Universal ebbe problemi economici per rutto il periodo 1930-1945: senza star importanti, la società
vedeva i registi migliori passare a studios più grandi. La strategia iniziale della Universal fu di lanciare
nuove star in film horror visivamente sorprendenti; si imposero così Bela Lugosi con Dracula, Boris Karloff
con Frankensteine Claude Rains con L'uomo invisibile. Dopo il 1935, la Universal si dedicò ancora di più al
pubblico di provincia, trovando una nuova star adolescente nella vivace cantante Deanna Durbin. La serie
B era la risorsa più importante per lo studio, come dimostrarono negli anni Quaranta i film di Sherlock
Holmes con Basil Rathbone e la serie slapstick di Abbott e Costello (Gianni e Pinotto).
Columbia. Sotto l'attenta direzione del capo dello studio Harry Cohn, la Columbia attraversò la
Depressione con i conti in attivo. I bassi budget non le impedirono di produrre film popolari, spesso con
star o registi presi in prestito da studios più grandi (evitando così il costo di tenerli sotto contratto). Frank
Capra, il regista più importante della Columbia, vi rimase per tutti gli anni Trenta. Le star del suo Accadde
una notte (lt Happened One Night, 1934) erano Claudette Colbert (presa in prestito dalla Paramount) e
Clark Gable (della MGM): film, regista e attori vinsero tutti l'Oscar, e il film fu uno dei maggiori successi
della Columbia.
Anche se diversi registi importanti lavorarono brevemente alla Columbia - in particolare, John Ford per
Tutta la città ne parla (The Whole Town's Talking, 1935), George Cukor per Incantesimo (Holiday, 1938),
e Howard Hawks per Avventurieri dell'aria (Only Angels Have Wings, 1939) e La signora del venerdì (His
Giri Frida)l, 1940) -, nessuno vi si fermò. Per rutto questo periodo, le sorti dello studio dipesero in larga
misura dai western di serie B e da altre produzioni a basso costo (tra cui i film dei Tre Stooges).
United Artists. Il declino della UA iniziò all'epoca del sonoro. D.W. Griffith, Mary Pickford e Douglas
Fairbanks si ritirarono tutti nella prima metà degli anni Trenta, e Charles Chaplin dirigeva soltanto un film
ogni cinque anni. La UA fu la sola major a veder scemare i suoi profitti durante il boom degli anni di
guerra. Osservando i film UA di questo periodo la loro diversa provenienza è evidente: il variegato listino
affianca a prestigiose produzioni inglesi come Le sei mogli di Enrico VIII, i musical comici con la popolare
star di Broadway Eddie Cantor, alcuni dei film americani di Alfred Hitchcock, e alcune delle opere migliori
di William Wyler, come Infedeltà e La voce nella tempesta. A differenza di quanto avveniva nel periodo del
muto, la UA dovette anche adattarsi a rimpinguare i suoi listini con film a basso budget o perfino di serie
B. 25
Gli indipendenti. Non si può dire che tra le major, le minor e gli indipendenti esistesse una vera
concorrenza, perché nell'industria ognuno aveva una sua funzione: le major fornivano gran parte dei film
di serie A per i cinema migliori; le minor provvedevano agli altri film necessari per far fronte alle richieste
del mercato e rifornivano sale secondarie. Qualche società indipendente realizzava film di prestigio,
mentre altre, come la Monogram e la Republic, coprivano la seconda parte dei doppi spettacoli con
prodotti di serie B: quasi sempre avventure, western, gialli d'azione e serial. Ancor più lontani dal
mainstream di Hollywood erano gli indipendenti che producevano pellicole a basso costo per specifici
gruppi etnici, ma l'introduzione del sonoro richiese produzioni in una gran varietà di lingue. Nelle città in
cui esisteva un'enclave di immigrati ebrei, ad esempio, c'era una certa richiesta di film in lingua yiddish:
già alcuni film muti erano stati distribuiti anche con didascalie yiddish, ma il parlato produsse negli anni
Trenta una breve fioritura di film ebraici. Ulmer diresse con Prati verdi, 1937 uno dei più fortunati esempi
del genere; altri registi adattarono opere dal teatro popolare. I temi ricorrenti erano crisi familiari e lo
scontro tra la vita moderna nelle città e i valori tradizionali; il tutto corredato da frequenti intermezzi
musicali. Nel 1939 la seconda guerra mondiale spazzò via il cinema yiddish dalla Polonia e nel 1942 la
produzione era ormai cessata anche negli Stati Uniti. Nonostante illimitato successo di alcune forme di
produzione indipendente, per una nuova società - grande o piccola - era praticamente impossibile
ritagliarsi una fetta significativa del mercato cinematografico: le compagnie di Hollywood avevano creato
una situazione protetta all'interno della quale si prestavano le star, ognuna proiettava nelle sue sale anche
i film delle altre e tutte collaboravano fra loro in svariati modi: per esempio creando la Motion Picture
Producers and Distributors Association in risposta alle pressioni per l'introduzione della censura.
LA PRATICA DELL'ESERCIZIO NEGLI ANNI TRENTA
L'introduzione del sonoro e la Depressione cambiarono in modo significativo il modo in cui le sale
presentavano i film. Il controllo creativo della programmazione era stato completamente tolto dalle mani
degli esercenti locali, che ora ricevevano spettacoli completi su pellicola. La Depressione diede un taglio
all' epoca dei cinema di lusso. Molte sale non potevano più permettersi maschere che accompagnavano gli
spettatori ai loro posti. Alla ricerca di nuove fonti di entrate, gli esercenti iniziarono a vendere caramelle,
pop-corn e bevande. Visto che molti spettatori potevano spendere poco, in aggiunta ai consueti
cortometraggi si inaugurò la consuetudine dei doppi e a volte tripli spettacoli: il secondo film era di solito
un serie B a basso costo, ma dava allo spettatore l'idea di "due al prezzo di uno"; soprattutto, il doppio
spettacolo consentiva un intervallo durante il quale lo spettatore poteva consumare bibite e altro. Un altro
trucco degli esercenti per attrarre gli spettatori erano i premi: un'estrazione di biglietti vincenti, oppure un
cuscino ricordo insieme al biglietto. Le iniziative più efficaci erano le "dish night", in cui ogni biglietto dava
diritto a una stoviglia di porcellana, che la sala acquistava all'ingrosso: per completare un intero set di
terraglie le famiglie dovevano tornare ogni settimana. Durante la seconda guerra mondiale l'incremento
del pubblico fece cadere in disuso alcuni di questi incentivi: la produzione di serie B perse importanza, ma
il doppio spettacolo rimase, così come il banco dei rinfreschi. Molte grandi sale si erano deteriorate
durante la Depressione, ma erano ancora pronte ad accogliere le nuove folle di spettatori.
INNOVAZIONE CONTINUA A HOLLYWOOD
L'espansione dell'industria negli anni Venti aveva fatto nascere molte società di servizi tecnici e
moltiplicato i reparti negli studios. La rivoluzione del sonoro era stata il primo frutto della crescita
tecnologica del settore, ma l'innovazione proseguì speditamente anche nel successivo ventennio.
Attraverso gli sforzi degli studios, dei tecnici e di istituzioni di coordinamento come l'Academy of Motion
Picture Arts and Sciences, la tecnica cinematografica divenne più versatile e sofisticata.
Registrazione del suono
I metodi di registrazione del suono subirono un costante miglioramento. I primi microfoni non erano
direzionali e coglievano rumori non voluti prodotti da troupe e macchinari, ma gradualmente furono
sviluppati modelli che si potevano puntare verso la fonte sonora prescelta. Le prime ingombranti aste da
microfono vennero presto sostituite da "giraffe" più leggere e versatili . Sul finire del 1932 i progressi nella
registrazione di più piste audio consentivano di registrare separatamente musica, voci ed effetti che
sarebbero poi stati mixati insieme su un'unica pista .sonora. I numeri musicali venivano di solito registrati
prima delle riprese e gli attori mimavano le parole in playback. Nello stesso anno fu inaugurata anche la
soluzione di stampare numeri identici sui margini dei negativi dell'immagine e del sonoro, permettendo un'
accurata sincronizzazione di inquadrature anche brevi. Mentre il primo cinema sonoro tendeva a evitare
musica d'atmosfera non diegetica, la registrazione su piste multiple favorì l'introduzione di quella che si
sarebbe chiamata colonna sonora, in cui lunghi passaggi musicali accompagnavano l'azione e il dialogo. Fu
soprattutto Steiner a fissare le consuetudini musicali degli studios: la sua enfatica partitura per King Kong
ebbe vasta influenza come uno dei primi esempi di "stile sinfonico". Di solito i compositori cercavano di
comporre musica non invadente: come il montaggio contiguo, la scenografia e le altre tecniche, la musica
doveva servire a sostenere la narrazione senza attirare l'attenzione su se stessa.
Movimenti di macchina 26
Molti dei primi film sonori ricorrevano a movimenti di macchina, anche se ciò richiedeva solitamente di
girare la scena muta e aggiungere il suono in seguito, o di costruire complessi marchingegni per spostare
la pesante cabina di ripresa. Un'inquadratura in movimento spiccava all'interno del film, che era spesso
realizzato a cinepresa multipla, pregiudicando la fluidità della narrazione. Si cominciarono così a usare
rivestimenti che attutissero il rumore della cinepresa, e si crearono versioni perfezionate dei dolly e delle
gru già usati sul finire dell'epoca del muto. Il 1932 fu anche in questo ambito un anno di svolta, con
l'introduzione del Rotambulator di Bell & Howell. Si trattava di un dolly di oltre tre quintali che poteva
sollevare la macchina da presa verticalmente da 45 cm fino a due metri di altezza, permettendo
all'operatore di fare panoramiche, piegarsi in alto o in basso e spostarsi agevolmente su un carrello. Il
Panoram Dolly della Fearless Company (1936) poteva passare attraverso un'apertura di 90 cm. Le
spettacolari carrellate di alcuni film tra il finire degli anni Trenta e l'inizio dei Quaranta, in cui la macchina
da presa attraversa due o più stanze, si devono a questo genere di equipaggiamento. Anche i movimenti
con le gru divennero più comuni. Il famoso dolly all'indietro di Via col Vento di Victor Fleming, 1939
sull'enorme banchina ferroviaria piena di confederati feriti fu realizzato con una gru per costruzioni. Grosse
gru venivano utilizzate anche nei teatri di posa, di solito per le inquadrature spettacolari di epopee
storiche, musical o film fantastici. Nel musical fiabesco targato MGM Il mago di Oz, (The Wizard of Oz, di
Victor Fleming, 1939), la macchina da presa piomba sulla città di Munchkin e sulla Strada dei Mattoni
Gialli. La maggior parte delle gru erano comunque modelli ridotti per movimenti verticali o diagonali meno
vistosi.
Technicolor
Senza dubbio, l'innovazione più spettacolare dell'epoca fu il colore. Accanto ai vari procedimenti non
fotografici per colorare la pellicola dopo aver ultimato le riprese, il periodo del muto aveva visto anche
qualche tentativo per introdurre sistemi fotografici. Il sistema a doppia pellicola della Technicolor era stato
usato di quando in quando nei film di Hollywood durante gli anni Venti e sopravvisse fino ai primi anni del
sonoro, ma era costoso e produceva colori tra l'arancione rosato e il blu verdognolo. Nei primi anni Trenta
la Technicolor inaugurò una nuova macchina da presa dotata di prismi per suddividere la luce che
proveniva dall'obiettivo su tre diverse pellicole in bianco e nero, una per ciascuno dei colori primari. La
tecnica fu proposta al pubblico da Disney nel cortometraggio animato F lowers and Trees (Fiori e alberi,
1932). La Pioneer Pictures, una piccola casa di produzione indipendente che apparteneva a uno dei
principali azionisti Technicolor, produsse nel 1935 un cortometraggio musicale ripreso dal vivo,
dimostrando che il Technicolor poteva restituire colori vivaci anche in un teatro di posa. I colori chiari e
saturi offerti dalla Technicolor giustificavano per certi film il costo aggiuntivo; le major furono quindi liete
di adottare la novità, e la società ebbe modo di monopolizzare il processo, fornendo le macchine da presa
speciali, offrendo supervisori a ogni singola produzione, sviluppando e stampando la pellicola. Oggi noi
vediamo il colore nei film come un elemento di maggiore realismo, ma negli anni Trenta e Quaranta lo si
associava spesso a fantasia e spettacolo e lo si utilizzava soprattutto per avventure esotiche come Il
giardino dell' oblio o La leggenda di Robin hood o musical come Incontriamoci a Saint Louis di Vincente
Minnelli, 1944.
Effetti speciali
Essendo in grado di garantire praticità, efficienza e sicurezza, gli effetti speciali furono usati di frequente
ed ebbero un impatto notevole sui film di questo periodo. Nell'era del muto, l'operatore si occupava dei
trucchi durante le riprese, ma l'uso della cinepresa multipla e le altre complicazioni del sonoro fecero sì
che il compito fosse affidato a specialisti. Gli studios aprirono reparti dedicati agli effetti speciali che
spesso inventavano e costruivano apparecchi su misura per scene specifiche. Di solito l'effetto speciale
prevedeva che immagini girate separatamente venissero combinate in uno di questi due modi: la retro
proiezione (detta anche proiezione per trasparenza) o la stampa ottica. Nel primo caso gli attori recitano
sul set nel teatro di posa mentre su uno schermo dietro di loro si proietta un'immagine girata in
precedenza da una troupe ridotta, o "seconda unità": un esempio tipico sono molte delle scene in cui i
personaggi sono in automobile, girate su veicoli in studio mentre lo sfondo scorre su uno schermo La
retroproiezione faceva risparmiare poiché attori e troupe evitavano di girare in esterni. La stampa ottica,
offriva più opzioni per rifotografare e combinare le immagini. La tecnica consisteva in un proiettore
puntato nell'obiettivo della cinepresa: era possibile muovere entrambi in avanti o indietro, alternare
diversi obiettivi e mascherare porzioni dell'immagine in modo da poter impressionare di nuovo quella parte
di pellicola; si poteva sovrimprimere un'immagine su un'altra o unire come pezzi di un puzzle parti di
immagini diverse; una singola immagine poteva essere ingrandita o la sua velocità alterata. L'uso più
classico della stampa ottica permetteva di risparmiare sulle scenografie completando quelle effettivamente
costruite in teatro: coprendo una parte del fotogramma con un mascherino, l'operatore poteva lasciare
un'area non impressionata dove il tecnico degli effetti speciali avrebbe inserito in seguito un'immagine
dipinta, "matte painting" Assai più complessi erano i mascherini mobili ("travelling mattes"). Qui
l'operatore degli effetti doveva realizzare due o più mascherini per ogni fotogramma che componeva la
sequenza truccata ed esporre il film due volte, fotogramma per fotogramma, usando a turno le maschere
complementari per coprire una porzione di pellicola. I mascherini mobili erano usati comunemente per
creare tendine (transizione in cui una linea attraversa lo schermo, cancellando un'inquadratura
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gradualmente e facendo nel contempo apparire quella successiva). La stampante ottica era usata spesso
per produrre brevi raffiche di inquadrature che usavano sovrimpressioni di fogli di calendario, titoli di
giornale e immagini simili per suggerire il passaggio del tempo o il corso di un'azione particolarmente
lunga. Altri effetti si ottenevano utilizzando modellini, come nei decolli e atterraggi di aerei in Avventurieri
dell'Aria.
Stili di ripresa
Nei primi anni Trenta gran parte degli operatori usavano un'immagine "sfumata" basata sulla diffusa moda
stilistica degli anni Venti . Ora però l'effetto flou divenne meno estremo e più uniforme: il ricorso a filtri
vistosi o a lastre di vetro unte e distorcenti fu sensibilmente ,ridotto, e i laboratori degli studios
cominciarono a rendere la pellicola più grigia e sfumata nella fase di sviluppo. Nel 1931 la Eastman Kodak
introdusse la pellicola Super Sensitive Panchromatic, adatta alla luce diffusa prodotta dalle lampade a
incandescenza che si erano rese necessarie in seguito all'introduzione del sonoro. Alcuni film sceglievano
un'immagine scintillante e poco contrastata per trasmettere fascino o un'atmosfera romantica; altri
preferivano uno stile meno impastato, pur evitando sempre contrasti eccessivi di bianchi e neri . Una
pratica diffusa tra i registi americani degli anni Trenta era radunare gli attori in un'area relativamente
priva di profondità, per poi passare da uno all'altro alternando campi e controcampi. Altri preferivano
comporre inquadrature più profonde, magari lasciando leggermente fuori fuoco l'area in primo piano
oppure mantenendo a fuoco l'intera immagine. Il regista Orson Welles e l'operatore Gregg Toland
svilupparono il concetto della profondità di fuoco e ne fecero un uso estensivo in Quarto potere. Molte
delle inquadrature in profondità del film sono ottenute con la stampante ottica, combinando piani
nitidamente a fuoco girati separatamente; in alcuni casi certi elementi in primissimo piano sono disposti
molto vicino all'obiettivo e a distanza notevole da quelli sullo sfondo, e tutto risulta perfettamente a fuoco:
l'esempio più spettacolare è la lunga scena della firma del contratto. Welles sperimentò ancora su questa
soluzione nel suo secondo film, L'orgoglio degli Amberson (The Magnificent Ambersons, 1942), per il quale
l'operatore Stanley Cortez ottenne molte inquadrature con profondità di fuoco senza ricorrere a trucchi
fotografici. L'influenza di questi film visivamente innovativi si diffuse presto in tutto il cinema e comporre
inquadrature su piani distanti fra loro egualmente a fuoco divenne pratica comune. Nel complesso,
l'innovazione tecnologica tra il 1930 e il 1945 non cambiò il cinema di Hollywood in modo sostanziale:
l’azione narrativa e la psicologia dei personaggi rimasero centrali e la regola della contiguità assicurò un
orientamento tradizionale nello spazio del film. Suono, colore, profondità di fuoco e altre tecniche
porrarono tuttavia importanti innovazioni nello stile.
REGISTI DI PRIMO PIANO
In aggiunta ai registi affermati che già lavoravano a Hollywood, l'introduzione del sonoro e la difficile
situazione politica nel vecchio continente portarono agli studios molti nuovi registi di formazione teatrale o
di origine europea.
La vecchia generazione
Charles Chaplin fu uno dei più strenui avversari del cinema parlato. Come produttore di se stesso e
•
star di popolarità eccezionale, fu in grado di continuare a fare film "muti" (solo con musica ed effetti
sonori) più a lungo di chiunque altro a Hollywood. La sua produzione, comunque, rallentò in modo
considerevole e si limitò a due lungometraggi senza dialoghi, Luci della città 1931 e Tempi moderni 1936.
Il primo film parlato di Chaplin, Il grande dittatore (The Great Dietator, 1940), una imprevedibile
commedia sulla Germania nazista.
Josef von Sternberg aveva diretto in Germania L'angelo azzurro, il suo secondo film sonoro. Tornato a
•
Hollywood con la star del film, Marlene Dietrich, vi realizzò altri sei film, tutti con la sua attrice, tra cui
Marocco (Morocco, 1930) e Venere bionda (Bionde Venus, 1932). La passione di Sternberg per le ombre e
per le inquadrature barocche divenne ancora più intensa e l'attenzione minuziosa a costumi, illuminazione
e fotografia donò a Marlene Dietrich un fascino raramente eguagliato.
Ernst Lubitsch si adeguò rapidamente al sonoro con Il principe consorte e proseguì realizzando molti
•
musical e popolari commedie. Diresse anche Greta Garbo nel suo penultimo film, Ninotchka.
John Ford continuò a essere notevolmente prolifico, firmando ventisei film negli anni Trenta e molti
•
altri nel decennio seguente, prima di arruolarsi in marina. Attivo soprattutto presso la 20th Century-Fox,
diresse alcune delle star più popolari dello studio; realizzò una trilogia con Will Rogers (Dr. Bull (1933), Il
giudice Priest (1934) e Il battello pazzo), Nonostante la sua propensione per il western, ne girò uno solo
durante questo periodo: ma si trattava di Ombre rosse (Stagecoach, 1939), che divenne un classico del
genere. Il film segue il viaggio di un eterogeneo gruppo di persone attraverso il pericoloso territorio dei
pellerossa; Ford usò qui per la prima volta le irreali formazioni rocciose della Monument Valley, una
scenografia naturale che sarebbe divenuta il suo marchio di fabbrica nei western successivi. Quello stesso
anno Ford diresse Alba di gloria. Com'era verde la mia valle (1941) racconta invece con tono nostalgico la
progressiva disintegrazione di una famiglia molto unita di minatori gallesi. Ford fu in grado di creare
situazioni profondamente commoventi utilizzando il campo lungo o indugiando quietamente su una scena
silenziosa mentre i personaggi riflettono su quanto è accaduto . Nella composizione delle inquadrature e
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nel modo di ripresa, egli fece un uso innovativo delle profondità di campo che avrebbe influenzato Orson
Welles (il quale, prima di fare Quarto potere, studiò con attenzione Ombre rosse).
Howard Hawks, che aveva cominciato la sua carriera a metà degli anni Venti, solo ora potè affermarsi
•
veramente. Come Ford, si cimentò in generi diversi, specializzandosi in un cinema asciutto nel racconto e
nella recitazione e rivelandosi maestro del ritmo veloce e del montaggio contiguo. La signora del venerdì è
il modello della commedia sonora. La divertente sceneggiatura racconta del direttore di un giornale che
cerca di impedire alla ex moglie di rinunciare al giornalismo per risposarsi: l'attira quindi nella missione di
smascherare alcuni politici corrotti che, per assicurarsi la vittoria alle elezioni, vogliono far condannare a
morte un povero diavolo innocente. Cary Grant, Rosalind Russell recitano a velocità vertiginosa un dialogo
scoppiettante, mentre Hawks registra l'azione con campi e controcampi "invisibili" e aggiustamenti discreti
dell'inquadratura. Hawks si dedicò alle avventure in aeroplano con Avventurieri dell'aria, ambientato in un
porticciolo del Sudamerica dove una piccola linea aerea cerca di recapitare la posta al di là di uno stretto
passaggio tra le montagne. Hawks crea un' intensa atmosfera di amore e pericolo con mezzi semplici:
gran parte dell'azione si svolge all'interno e nei paraggi di un unico edificio, immerso nella notte o nella
nebbia, dove i componenti la piccola comunità aspettano il ritorno di ogni volo. Come spesso accade nei
film di Hawks, i personaggi, sia maschili che femminili, devono dimostrarsi abbastanza duri e stoici da
poter affrontare i loro problemi.
William Wyler aveva esordito come regista di western a basso costo sul finire del periodo muto, ma la
•
sua occasione arrivò nel 1936 quando iniziò a lavorare con il produttore indipendente Samuel Goldwyn.
Diresse diversi film degni di nota: tra questi, Figlia del vento, La voce nella tempesta e Piccole volpi. La
fotografia degli ultimi due film è di Gregg Toland, ed entrambi hanno immagini in profondità di campo che
ricordano i film di Ford e di Welles.
Il veterano Frank Borzage continuò a dirigere melodrammi sentimentali. Addio alle armi era
•
l'adattamento del romanzo di Hemingway su un soldato americano e un'infermiera inglese che si
innamorano durante la prima guerra mondiale.
King Vidor continuò a frequentare una varietà di generi, dal western al melodramma. Il suo Amore
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sublime, è un classico mélo e racconta di un'operaia che sposa il figlio del padrone di una fabbrica:
l'incapacità della donna di superare le differenze di classe dovute alle sue umili origini finisce per
minacciare il matrimonio di sua figlia con un giovane della buona società; così preferisce sacrificarsi,
divorziando dal marito e facendo adottare sua figlia dalla nuova e più raffinata moglie di lui.
Raoul Walsh lavorò in svariati generi e realizzò parecchi importanti film d'azione a cavallo tra gli anni
•
Trenta e i Quaranta. I ruggenti anni Venti (The Roaring Twenties, 1939) è un film di gangster che mette a
confronto le vite i tre reduci della prima guerra mondiale. Il film è notevole anche per alcune spettacolari
sequenze di montaggio, tra cui la rappresentazione del crollo dei mercati finanziari con l'immagine di una
telescrivente che si gonfia fino a raggiungere una dimensioone enorme e poi va in pezzi. Una pallottola per
Roy (High Sierra, 1940) è la storia di un assassino (Humphrey Bogart) che fugge tra le montagne per
sottrarsi alla polizia e diventa amico di una ragazza zoppa. Il film segnò una svolta nella carriera di Bogart.
Nuovi registi
L’introduzione del sonoro portò a Hollywood diversi registi teatralida New York. Tra questi George Cukor,
che si specializzo’ in prestigiosi adattamenti letterari lavorando soprattutto alla MGM. Un altro regista
venuto da Broadway fu Vincente Minnelli, che divenne speciaiista di musical. Nel 1940 entrò nella divisione
musical della MGM che, sotto il produttore Arthur Freed, avreb~e presto radunato alcuni dei migliori
talenti musicali di Hollywood, da Judy Garland a Gene Kelly e Fred Astaire. Minnelli curò la coreografia di
alcuni film di Busby Berkeley, tra i quali Musica indiavolata, e fu poi promosso alla regia con Due cuori in
cielo. Il suo film più celebrato del periodo bellico fu Incontriamoci a Saint Louis con Judy Garland.
Altri nuovi registi di questo periodo emersero dalle file degli sceneggiatori. Preston Sturges che aveva
lavorato alla complessa di Quarto Potere passò alla regia. Un altro sceneggiatore passato alla regia era
John Huston, che aveva collaborato a Figlia del vento e Una pallottola per Roy. Il suo film d'esordio, Il
mistero del falco è uno dei primi esempi di film noir. Huston passò gran parte della guerra sotto le armi e
girò alcuni importanti documentari bellici prima del suo ritorno a Hollywood dopo il 1945. Tra i registi
emersi fra il 1930 e il 1945 colui che avrebbe avuto più influenza fu Orson Welles.
Registi immigrati
I cineasti stranieri continuarono ad affluire a Hollywood. Se alcuni erano attratti dai salari più alti o dalla
possibilità di lavorare negli studios meglio attrezzati del mondo, il diffondersi del fascismo in Europa e
l'inizio della seconda guerra mondiale aumentarono il numero di coloro che cercavano rifugio negli Stati
Uniti. Insoddisfatto della sua scarsa autorità in Inghilterra e affascinato dalle possibilità tecniche offerte da
Hollywood, Alfred Hitchcock firmò un contratto con David O. Selznick: il suo primo film americano,
Rebecca, la prima moglie, era una prestigioso adattamento letterario e vinse l'0scar come miglior film, ma
non rientrava pienamente nel genere suspense per cui il regista era famoso. Tra i numerosi film da lui
realizzati durante la guerra c'è L'ombra del dubbio (Shadow of a Doubt, 1943): un uomo che seduce e
uccide ricche vedove è ospitato dalla famiglia di sua sorella in una cittadina pella California; riesce ad
affascinare tutti, finchè la giovane nipote scopre la verità e ne rimane sconvolta. Girando in esterni,
Hitchcock esaltò una quieta atmosfera di provincia che metteva ancor più in risalto i segreti delitti
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dell'assassino. L'esodo tedesco a Hollywood iniziato nell'era del muto accelerò quando i nazisti presero il
potere nel 1933. Fritz Lang arrivò nel 1934; potè lavorare con regolarità (circa un film all'anno fino al
1956), ma di rado ebbe il pieno controllo sui suoi progetti e non raggiunse mai il prestigio che aveva avuto
in Germania. Lavorò in molti generi, realizzando western, film di spionaggio, melodrammi e film di
suspense. Altri due nuovi arrivati furono Billy Wilder e Otto Preminger. Wilder era stato sceneggiatore in
Germania e proseguì la carriera a Hollywood; il suo cupo studio sull'alcoolismo, Giorni perduti (The Lost
Week-end, 1945) ottenne l'0scar come miglior film. Preminger, pur essendo ebreo, si trovò ad interpretare
negli Stati Uniti il ruolo di perfidi nazisti. Riuscì comunque a conquistare la sedia da regista nei primi anni
Quaranta.
INNOVAZIONI E TRASFORMAZIONI DEI GENERI
Molti generi dell'era del muto continuarono a vivere nel periodo sonoro. Tuttavia, i mutamenti tecnici del
settore e più generalmente le trasformazioni sociali provocarono il sorgere di nuovi generi e l'introduzione
nei vecchi di alcune varianti.
Il musical
L'introduzione del sonoro promosse il musical a un ruolo di primo piano. Alcuni dei primi musical "rivista"
si limitavano a cucire insieme diversi numeri musicali; altri, come La canzone di Broadway, raccontavano
storie dietro le quinte di uno spettacolo, giustificando ciascun numero come esibizione dei personaggi.
Esistevano anche musical-operetta - un esempio è Il principe consorte - che ambientavano le storie e i
numeri musicali in luoghi di fantasia. Nei musical "integrati", infine, canti e balli si svolgevano in ambienti
comuni. Presto il musical "rivista" morì, ma tutti gli altri tipi rimasero in auge. Un delizioso esempio del
sottogenere "operetta" fu Amami stanotte (Love Me Tonight, 1932) di Rouben Mamoulian. Il film inizia con
una scena dove si sente l'influenza dei primi film sonori di René Clair: una strada parigina prende vita sul
far del mattino e ogni rumore contribuisce a formare un ritmo che sfocia in un numero musicale. Il musical
"dietro le quinte" fu reso tipico da una serie di film della Warner Bros. coreografati da Busby Berkeley.
Quarantaduesima strada (42nd Street, di Lloyd Bacon, 1933) fissò molte convenzioni del genere: una
ingenua corista diventa improvvisamente una star quando la solista si infortuna alla vigilia della prima di
un grande spettacolo a Broadway. Il regista la incoraggia e naturalmente la ragazza diventa davvero una
star e lo spettacolo sul palcoscenico include alcune delle complesse coreografie di Berkeley, realizzate
montando la cinepresa su una piattaforma sospesa in cima a un braccio meccanico.
I musical con Fred Astaire e Ginger Rogers, coreografati da Hermes Pan, erano tra i più popolari. In Follie
d'inverno (Swing Time, di George Stevens, 1936), Astaire è un ballerino di vaudeville che corteggia vinger
Rogers, istruttrice di danza. Che avessero trame "dietro le quinte" o "integrate", i musical Astaire-Rogers
erano sempre storie d'amore, e molti dei numeri di danza erano parte del corteggiamento della coppia:
nonostante le iniziali incomprensioni e gli antagonismi, l'elegante armonia dei loro movimenti mostra che
sono fatti l'uno per l'altra. Nella stessa epoca anche la MGM diede al genere musicale il suo contributo.
Mickef Rooney e Judy Garland fecero coppia in diversi film centra ti su adolescenti impegnati a "montare"
uno spettacolo, come Musica indiavolata. Judy Garland divenne una star nella sfarzosa fantasia in
Technicolor Il mago di Oz, e uno dei suoi film migliori fu Incontriamoci a Saint Louis di Minnelli. Un'altra
star MGM la cui carriera iniziò in questo periodo fu Gene Kelly, il cui stile di danza era spesso chiassoso e
atletico come nel numero «Make Way for Tomorrow» in Fascino di Charles Vidor (1944).
La screwball comedy
Nella screwball comedy, al centro della trama sono sempre romantiche coppie di eccentrici, ritratti spesso
con toni da slapstick: anche per questo, i protagonisti sono di solito gente agiata, che può permettersi di
comportarsi in modo bizzarro nonostante le avversità della Depressione. La coppia può all'inizio essere
antagonistica, come in Scandalo a Filadeifia di George Cukor, ma non sono rari gli amori che valicano le
divisioni di classe. La screwball comedy fu inaugurata nel 1934 da due film molto diversi. Ventesimo
secolo (Twentieth Century) di Hawks tratta i suoi due protagonisti, Carole Lombard e John Barrymore, con
assoluto cinismo: un impresario teatrale un po' gigione trasforma una bellissima commessa in una star e
poi la seduce; ma presto lei adotta nella vita di tutti i giorni gli stessi atteggiamenti
teatrali di lui, e la seconda metà del film - tutta ambientata su un treno – è una rassegna di liti e capricci.
L'altra screwball comedy del 1934, Accadde una notte, di Capra, è più sentimentale. La protagonista
viziata che cerca di sfuggire a suo padre per sposare un superficiale playboy rese popolare il personaggio
della "ereditiera testa matta": un reporter molto più concreto l'aiuta sperando in uno scoop, e i due si
innamorano. L'immagine della donna ricca e viziata sarebbe stata portata agli estremi in Susanna
(Bringing Up Baby, 1938) di Hawks. Il genere si sviluppò rapidamente, e Capra restò uno dei suoi
esponenti migliori. I primi film del genere parlavano della Depressione, ad esempio in Accadde una notte,
il reporter vuole scrivere un articolo sull'ereditiera fuggitiva per riguadagnarsi il lavoro. Più in là nel
decennio, comunque, le trame di molte screwball comedies abbandonarono i problemi sociali dell' epoca,
specialmente quello della disoccupazione. La screwball comedy fiorì tra il 1934 e il 1945. Sturges vi
contribuì anche con il tardo e più amaro Infedelmente tua (Unfaithfully Yours, 1948), in cui un direttore
d'orchestra si convince che sua moglie ha un amante e durante un concerto fantastica di ucciderla in tre
modi diversi, ognuno legato a un brano musicale appropriato. Anche Hawks realizzò due screwball
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postbelliche: in Ero uno sposo di guerra (un ufficiale francese patisce una serie di umiliazioni quando deve
vestirsi da donna per accompagnare la sua fidanzata negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale) e
Il magnifico scherzo (mostra invece i deliranti effetti di un siero della giovinezza su persone
apparentemente rispettabili).
Il film horror
Nell'epoca del somoro l'horror divenne un genere di primo piano. Alcuni film dell'orrore erano stati prodotti
negli anni Venti, perlopiù dalla Universal. Lo schema di molti film futuri fu fissato nel 1927 dal popolare Il
castello degli spettri di Paul Leni, in cui un gruppo di persone si trova in un castello isolato per assistere
alla lettura di un testamento. La Universal rinnovò questi primi successi nel suo filone horror, a cominciare
da Dracula di Tod Browning: anche se tradiva la sua provenienza dalla versione teatrale del romanzo
originale di Bram Stoker del 1897, e pur soffrendo di alcune delle lentezze dei primi film sonori, il film fu
un successo dovuto in gran parte all' interpretazione di Bela Lugosi nel ruolo principale. Poco dopo,
Frankenstein di James Whale trasformò Boris Karloff in una star, grazie all' interpretazione del mostro con
l'aiuto di un pesante trucco. Il ciclo horror della Universal raggiunse il clou fra il 1932 e il 1935: Whale
diresse The Old Dark House (La vecchia casa oscura, 1932), che bilanciava suspense e commedia
intrappolando un gruppo di eccentrici in una isolata casa di campagna nella proverbiale notte buia e
tempestosa; e firmò anche L'uomo invisibile e La moglie di Frankenstein. Uno dei più efficaci ed eleganti
tra questi film fu La mummia (The Mummy), diretto nel 1932 da Karl Freund (l'operatore tedesco di
L'ultima risata e di molte altre importanti opere del muto): la mummia di un antico sacerdote egiziano
torna in vita ai giorni nostri e cerca di uccidere una donna che ritiene essere la reincarnazione della sua
defunta amata. Negli anni seguenti, gli horror della Universal si appiattirono nella reiterazione delle
formule. Una seconda serie significativa di horror fu realizzata nei primi anni Quaranta dal reparto "B"
della RKO per iniziativa del produttore Lewton, che che con un budget ridotto, i film di Lewton evitavano
l'ostentazione visiva di mostri e violenza, concentrandosi invece sulla minaccia di orrori invisibili. In Il
bacio della pantera, la protagonista è ossessionata da una pantera allo zoo e sembra avere il potere
soprannaturale di trasformarsi in una belva assassina.
Il cinema sociale
La Depressione risvegliò l'interesse per i problemi sociali e molti film degli anni Trenta se ne occuparono.
Nel 1934, ad esempio, King Vidor girò Nostro pane quotidiano, ritraendo un gruppo di disoccupati che
organizzavano una cooperativa agricola. La Warner Bros. era particolarmente impegnata nel cinema
sociale. Fritz Lang fece uno dei migliori film di argomento sociale, Furia (Fury, 1936), sul tema del
linciaggio: mentre è in viaggio per recarsi dalla sua fidanzata, il protagonista viene arrestato in una piccola
città e accusato ingiustamente di omicidio; i cittadini danno fuoco alla prigione e lui viene dato per morto.
In realtà è salvo, ma è amareggiato al punto da permettere quasi che i suoi aggressori vengano
condannati per la sua morte, prima che la protagonista lo persuada a farsi avanti. John Ford contribuì al
cinema sociale con Furore 1940, un adattamento del romanzo di John Steinbeck sui contadini del-
l'Oklahoma rovinati dalla Depressione. Dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti, l'incremento
dell'occupazione e la ritrovata prosperità ridussero la produzione di film sociali: il genere sarebbe
resuscitato nel dopoguerra.
Il film di gangster
Il genere gangster era legato in qualche modo al cinema sociale. Anche se all'epoca del muto il cinema si
era occupato sporadicamente delle bande di strada, il primo film importante imperniato su un gangster fu
Le notti di Chicago di von Sternberg. Il genere guadagnò prestigio nei primi anni Trenta con Piccolo
Cesare, Nemico pubblico e Scarface (di Howard Hawks, 1932): si trattava di film d'attualità, che traevano
ispirazione dal crimine organizzato cresciuto durante il Proibizionismo (1920-1933). I film di gangster
erano centrati sull'ascesa al potere di criminali senza scrupoli, una progressione scandita da vestiti sempre
più costosi e automobili potenti. Il Codice Hays proibiva di raffigurare in maniera positiva i criminali, ma i
produttori si difendevano sostenendo di limitarsi a esaminare un problema sociale.Tutti i protagonisti
muoiono violentemente nel finale, così che gli studios potessero sostenere di aver dimostrato che il delitto
non paga. Tuttavia, i gruppi di opinione insistevano sul fatto che questi finali non fossero sufficienti a
cancellare la raffigurazione del crimine come uno stile di vita movimentato ed eccitante: per queste ragioni
l'uscita di Scarface fu ritardata e i produttori furono obbligati a inserire scene - non girate da Hawks - con
poliziotti e politici che denigravano la forza e la violenza delle bande. Gli studios si sforzarono di evitare la
censura senza dover rinunciare all'eccitazione che il genere poteva garantire: ad attori strettamente iden-
tificati con ruoli criminali, come James Cagney e Edward G. Robinson, venivano affidati anche ruoli di
poliziotti duri e violenti.
Il film noir
In qualche misura la narrazione cinica e violenta del film di gangster fu raccolta dal film noir. Nel 1946
questo termine fu assegnato dai critici francesi a un gruppo di film americani girati durante la guerra e
distribuiti all'estero in rapida successione dopo il 1945: "noir" significa "nero" o "scuro" ma può anche
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voler dire "tenebroso". Per convenzione si ritiene che il noir, più simile a uno stile e a una tendenza
narrativa che a un genere vero e proprio, nasca nel 1941 con Il mistero del falco di Huston o, ancor prima,
col B-movie Lo sconosciuto del terzo Piano. La maggioranza dei noir raccontano delitti, ma la tendenza
scavalca i generi e comprende opere di impegno sociale e spy stories. Il noir deriva dal romanzo poliziesco
hard-boiled americano, le cui origini risalgono agli anni Venti. In romanzi scabri e sensazionalistici come
Piombo e sanglle (Red Hat"Vest, 1929) Dashiell Hammett si era contrapposto ai classici gialli inglesi e alle
loro atmosfere posate, ambientate tra personaggi di classe elevata e in eleganti dimore di campagna; altri
importanti autori hard-boiled erano Raymond Chandler, James M. Cain e Cornell Woolrich. Così come i loro
modelli letterari i noir si rivolgevano soprattutto a un pubblico maschile: gli eroi sono quasi sempre
uomini, di solito investigatori o criminali, caratterizzati da pessimismo, insicurezza o da una visione del
mondo fredda e distaccata. Le donne sono seducenti ma traditrici, spingono i protagonisti nel pericolo o li
usano a fini egoistici. L’ambientazione classica è la grande città, specialmente in scene notturne:
marciapiedi lucenti e bagnati di pioggia, vicoli oscuri e bar equivoci sono i luoghi tipici. Lo stile abbonda di
angolazioni dall'alto o dal basso, luci soffuse, forti grandangoli e riprese in esterni, anche se capita che
alcuni film noir contengano pochi di questi elementi. Il mistero del falco fissò molte delle convenzioni del
noir. Humphrey Bogart divenne una star di prima grandezza nel ruolo di Sam Spade, un investigatore
privato che deve decidere se denunciare o meno l'infida donna fatale che lo ha assunto e che lui (forse)
ama: in una lunga inquadratura lui le spiega amaramente perché deve mandarla in prigione e promette di
aspettarla durante gli anni che dovrà scontare; la donna viene portata via dalla polizia in ascensore,
mentre sul suo viso si disegna un'ombra che la marchia come il prototipo della dark lady.
Il debito del noir nei confronti del cinema tedesco degli anni Venti può essere in parte spiegato dal fatto
che quattro registi europei furono tra i principali esponenti del genere. Il dottor Mabuse di Lang aveva
anticipato il noir, e la sua carriera americana sviluppò questa tendenza e portò ad altri due notevoli noir
del periodo bellico: La donna del ritratto (Woman in the Window, 1944) e La strada scarlatta (Scarle!
Street, 1945). Un altro immigrato tedesco, Otto Preminger, raggiunse la fama con un imponante noir:
Vertigine (Laura, 1944) racconta di un poliziotto frustrato che indaga sull'omicidio di una sofisticata
dirigente pubblicitaria e si innamora di lei attraverso il suo diario e il suo ritratto. I flashback, le vivide
scene oniriche, i colpi di scena, furono un caso estremo di narrazione noir.
L'esempio forse migliore del noir di epoca bellica venne da un altro immigrato; La fiamma del peccato (di
Billy Wilder, 1944). I noir erano l'unico genere di Hollywood che consentisse finali non lieti, anche se a
volte si aggiungeva un lieto fine improvviso - e spesso poco convincente. La fiamma del peccato rispettò le
convenzioni anche nelle luci, con le immagini spesso solcate da ombre di veneziane e di altri elementi
della scenografia.
Il film di guerra
Tra il 1930 e il 1945 i film di guerra subirono grandi cambiamenti. La disillusione seguita alla prima guerra
mondiale era sfociata in un pacifismo che dominò i film di tutti gli anni Trenta, e fino a Pearl Harbour la
maggioranza dei cittadini americani si oppose all'entrata in guerra. Dopo Pearl Harbour, comunque, il
cinema sostenne la causa bellica fino in fondo. I film di guerra erano vivaci e spesso mostravano americani
di varie origini etniche uniti nel combattere l'Asse: in Arcipelago in fiamme (Air Force, di Howard Hawks,
1943), uomini provenienti dall'Europa orientale, dall'Irlanda, ebrei e altri, sono membri dell'equipaggio
dello stesso bombardiere. Molti film di guerra sui nazisti si limitavano a rappresentarli come assassini a
sangue freddo; la propaganda' contro i giapponesi; però, spesso aveva toni più razzisti, e sfruttava
immagini stereotipate: in Obiettivo Burma! (Objective Burma, di Raoul Walsh, 1945), ad esempio, il
protagonista conduce una squadra di paracadutisti a liberare una parte della Birmania dai giapponesi, i
quali a un certo punto vengono definiti "scimmie".
Uno dei pochi film di guerra a mostrare meno entusiasmo fu I sacrificati di Bataan (They Were
Expendable, di John Ford, 1945), storia dell'equipaggio di un torpediniere che combatte valorosamente ma
viene sconfitto nelle Filippine: alcuni soldati vengono tratti in salvo ma altri, incluso uno dei protagonisti,
devono restare indietro ed affrontare la cattura o la morte. Ford, che era stato in Marina ed era stato ferito
mentre riprendeva materiale per il suo documentario The Battle of Midway (La battaglia delle Midway,
1942), realizzò per I sacrificati di Bataan molte scene realistiche di combattimento.
L'ANIMAZIONE E LO STUDIO SYSTEM
Prima del 1910 i film di animazione avevano costituito una novità; arrivati agli anni Trenta, però, la
generale adozione di metodi di lavoro più razionali li aveva resi comuni in quasi tutti i programmi
cinematografici. Sia le major che le minor distribuivano regolarmente disegni animati producendoli nei
propri dipartimenti di animazione. Alcune di queste serie erano altamente standardizzate, sfornate con
efficienti sistemi da catena di montaggio; la Universal distribuì film di Walter Lantz dal 1929 fino al 1972;
il personaggio più famoso di Lantz, Picchiarello (Woody Woodpecker), debuttò nel 1941. Inoltre vi erano
le serie prodotte dallo studio Walt Disney, una casa indipendente dedita esclusivamente all'animazione.
Nel 1928, l'enorme successo di Disney con Steamboat Willie, un cartone animato di Topolino (Mickey
Mouse), aveva traghettato l'animazione nell' era del sonoro, dandole notevole rispettabilità. Lo studio
proseguì con disegni animati di Topolino. Nel 1932, la Disney abbandonò la Columbia per affidare i suoi
film alla prestigiosa distribuzione United Artists; la critica mondiale iniziò all'improvvviso a salutare nei
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suoi cortometraggi, dai movimenti fluidi e con il dialogo ridotto al minimo, la risposta ai problemi dei film
sonori troppo parlati. Lo studio fu anche tra i primi ad adottare il Technicolor a tripla pellicola. Disney
dominò gli Oscar nella categoria riservata ai cartoni animati con film come I tre porcellini. La società
investiva molto sui suoi prodotti, mettendo al lavoro un enorme staff di disegnatori in grado di creare
sfondi dettagliati e ombreggiati e una quantità di disegni in movimento dai colori brillanti. Nel 1937 la
Disney passò a farsi distribuire dalla RKO, risollevandola da una situazione traballante con l'uscita di
Biancaneve e i sette nani, il primo lungometraggio americano di animazione. Bambi del 1942 sviluppò la
naturale propensione per gli sfondi realistici, con morbidi dipinti a pastello per le ambientazioni naturali. Il
film fece anche ampio uso della nuova cinepresa multiplane un elaborato banco di animazione che
permetteva di distribuire gli ambienti e le figure su cels posti su vari livelli: ognuno di questi livelli poteva
essere spostato fotogramma per fotogramma a varie velocità avvicinandolo o allontanandolo dalla
macchina da presa, dando così allo spettatore l'illusione di attraversare uno spazio tridimensionale. Nel
1927, la Paramount iniziò a distribuire film di Max e Dave Fleischer: il duo introdusse Betty Boop, una
ragazza sexy e innocente che passava per una quantità di avventure, spesso incontrando fantasmi e
mostri. Betty dovette smorzare di molto i toni dopo che nel 1934 fu imposto il rispetto del Codice Hays;
una figura secondaria apparsa per la prima volta in Popeye the Sailor (Popeye il marinaio), un cartone di
Betty Boop del 1933, divenne così la star principale dello studio. I Fleischer distribuirono illungometraggio
I viaggi di Gulliver che dava al personaggio movimenti realistici realizzati col rotoscope, riservando ai
lillipuziani un aspetto più caricaturale. Nel 1930 la Warner Bros aprì un reparto animazione nei suoi studi
a Hollywoode e anche i loro cortometraggi furono costruiti su canzoni popolari, tratte dai musical dello
studio: la serie fu battezzata "Looney Tunes" ("Melodie sciocche"). Il sistema Warner era più elastico di
quello degli altri studios: nacquero così superstar come Porky Pig, Daffy Duck, Bugs Bunny e Elmer Fudd.
Il gruppo Warner non aveva le risorse per creare sfondi dettagliati o figure animate ai livelli dei prodotti
Disney: il loro marchio di fabbrica divenne la velocità, il riferimento all'attualità e un umorismo
demenziale che contrastava con il sentimentalismo e la carineria della maggior parte degli altri cartoni. I
cortometraggi della Warner piacevano agli adulti quanto ai bambini e divennero enormemente popolari.
12 – URSS, GERMANIA E ITALIA
I :
TALIA PROPAGANDA CONTRO IL DIVERTIMENTO
Per tutti gli anni venti il fascismo non si diede troppo da fare per mettere i media sotto controllo; l’unico
sforzo che il governo fece per centralizzare la propaganda fu la costituzione dell’ Unione Cinematografica
Educativa (LUCE) allo scopo di controllare documentari e cinegiornali. Le ragioni di questo disinteresse
sono attribuibili all’ideologia fascista, molto più vaga di quella comunista o nazista, che pur cercando di
disciplinare la vita pubblica, badava a non toccare troppo gli interessi privati e a dare assistenza
all’industria piuttosto che nazionalizzarla.
Tendenze dell’industria
Alla fine degli anni venti l’imprenditore Stefano Pittaluga cercò di rianimare l’industria cinematografica
italiana creando una società a concentrazione verticale. Acquistò anche il vecchio studio della CINES e lo
riaprì nel 1930; per qualche anno dominò la produzione italiana, ma non poteva risanare da sola l’intera
industria in crisi; la concorrenza dei film stranieri era ancora troppo forte e l’avvento del sonoro accelerò
il declino della produzione; nel 1930 si produssero solo 12 film italiani. Tra il 1931 1 1933 il cinema fu
oggetto di una serie di leggi protezionistiche; il governo garantì una serie di sussidi, obbligò le sale a
proiettare un dato numero di film italiani e tassò i film stranieri. Venne anche inaugurata nel 1932 la
Mostra del Cinema di Venezia, ideata come vetrina internazionale per i film italiani. Al declino della nuova
CINES corrispose quindi la nascita di nuove altre case di produzione (LUX,MANENTI,TITANUS,ERA) e alla
fine degli anni trenta la produzione poteva contare cu circa 45 film all’anno, ma purtroppo la maggior
parte dei film non avevano successo commerciale. Nel 1934 il governo intervenne in maniera più
33
decisa, creando la Direzione Generale per la Cinematografia diretta da Luigi Freddi, che si distinse subito
nel nuovo incarico per un atteggiamento stranamente liberista; era convinto che gli spettatori italiani
avrebbero rifiutato film pesantemente propagandistici e si affiancò ai produttori per incrementare un
cinema di “distrazione” vicino allo spirito hollywoodiano (il cinema italiano non divenne mai un cinema
politico standardizzato, lo stesso Mussolini di rado vietava film anche se li vedeva tutti in anteprima come
Stalin). Questo punto di vista portò il governo a una serie di nuove scelte; nel 1935 nacque l’ Ente
Nazionale delle Industrie Cinematografiche (ENIC) cui fu data autorità per intervenire in ogni settore del
cinema. L’ENIC rilevò la società di Pittaluga, ma nel 1935 gli studi della CINES furono distrutti da un
incendio; iniziò la costruzione di Cinecittà sovrintesa da Freddi, un moderno complesso di teatri di posa
statali alla periferia di Roma. Venne fondata anche una scuola di cinema, il Centro Sperimentale di
Cinematografia , che ben presto iniziò anche pubblicare la rivista “bianco e nero” che prosegue anche
tuttora le pubblicazioni. L’investimento del Governo nella cultura alimentò il prestigio internazionale,
l’Italia aveva l’aspetto di un paese moderno e cosmopolita, e registi stranieri venivano a girare nella
penisola. Anche la legislazione si fece più incisiva: una legge garantì finanziamenti statali per i film ad
alto budget, la legge Alfieri commisurava stanziamenti ai film in base al numero di biglietti venduti e
quindi favorendo i film che piacevano al popolo, e la legge sul Monopolio diede all’ENIC il controllo di tutti
i film importati. Il risultato di tutto ciò fu che nel 1941 la produzione era raddoppiata; 83 lungometraggi
prodotti.
Un cinema di evasione
Questa relativa autonomia dell’industria cinematografica non rendeva il cinema immune dalla
propaganda; documentari e cinegiornali del LUCE magnificavano il regime di Mussolini e non mancarono i
film esplicitamente fascisti come Camicia nera di Gioacchino Forzano del 1932 e Vecchia guardia di
Alessandro Blasetti DEL 1933. Le politiche fasciste furono glorificate in modo più indiretto in spettacoli
storico patriottici come 1860 Blasetti e Scipione l’Africano di Carmine Gallone (1937). Nonostante l’odio
per il comunismo erano apprezzati dagli intellettuali fascisti anche i film sovietici e speravano in un
cinema di propaganda nazionalistica; questi ”fascisti di sinistra” apprezzavano lo spettacolo epico, masse
in marci a sull’Etiopia, battaglie, ed elefanti di Roma lanciati contro le orde pagane. Comunque fino alla
seconda guerra mondiale il cinema propagandistico non emerse e la norma fu quella di un cinema di
evasione. Il periodo vide fiorire diversi generi popolari, commedie o melodrammi drammatici ambientati
tra gente ricca e ambienti sfarzosi (da qui il nome film dei telefoni bianchi). Un prototipo fu La canzone
dell’amore di Gennaro Righelli del 1930 e T’amerò per sempre di Mario Camerini del 1933. il cinema
sonoro diede rapidamente il via alla produzione di commedie romantiche costruite su melodie di successo
e incoraggiò l’umorismo dialettale e molti comici popolari come De Sica e Totò. De Sica recitò nella
commedia romantica in film CINES che lo resero celebre come Gli Uomini che mascalzoni del 32 e Il
Signor Max del 37 entrambi di Camerini. Più tardi De Sica divenne uno dei registi più importanti e
l’accoppiata Aldo Fabrizi e Anna Magnani anticiparono con la commedia popolare successi del calibro di
Roma città aperta. La varietà della produzione italiana è esemplificata nell’opera di Alessandro Blasetti
che passò dal successo critico di Sole a Resurrectio (1930), un melodramma romantico in cui combinava
il montaggio rapido e i complessi movimenti di macchina tipici dello stile internazionale del muto con
tecniche sonore sperimentali. Blasetti sosteneva che gli artisti dovessero l’ideologia fascista in modo
creativo. Con l’imponente 1860 il regista portò il dialetto nel film storico e ricorse al simbolismo eroico del
cinema sovietico; firmò anche film dei “telefoni bianchi” , drammi psicologici e una commedia importante
come Quattro passi tra le nuvole (1942) da un soggetto di Cesare Zavattini.
Un nuovo realismo?
Tra il 40 e 42 i successi bellici dell’Italia diedero forza anche al cinema e la nuova Cines, riportata in vita
da Freddi, produsse più film di qualsiasi altra società, e questa impennata avviò la carriera di registi
giovani che sarebbero diventati famosi nel dopoguerra. Tra i giovani intellettuali si stava intanto una
coscienza antifascista, atmosfera che favoriva la nascita di nuove tendenze artistiche. Una di queste detta
“calligrafismo” per i suoi impulsi decorativi, tornava alle tradizioni teatrali del XIX secolo; esempi tipici
sono Un colpo di Pistola di Castellani e Via delle Cinque Lune di Chiarini. Ma una generazione più giovane
stava già discutendo i meriti dell’arte realistica; influenzati da Hemingway ed altri autori americani, alcuni
scrittori invocavano al ritorno del naturalismo e al Verismo di Verga e allo stesso modo sulle pagine di
“Cinema” e di “Bianco e Nero” i critici invocavano un cinema che parlasse di gente vera in ambienti reali.
Gli aspiranti registi intanto subivano l’influenza dei film della scuola sovietica e del realismo poetico
francese. Nel 1939 Michelangelo Antonioni sognava un film ambientato sul fiume Po e che raccontasse la
vita lungo la riva e nel 1943 venne realizzato in un cortometraggio dal titolo Gente del Po. Durante gli
anni della guerra uscirono nuovi film che esprimevano una nuova fiducia nei dialetti, nelle riprese in
esterni, e negli attori non professionisti. La nave bianca di Roberto Rossellini del 1941 puo’ essere
considerato come uno dei precursori di questa nuova tendenza, ma a muoversi con decisione verso un
nuovo realismo furono tre film dei primi anni 40:
- Quattro passi tra le nuvole (1942) di Blasetti racconta di un commesso viaggiatore che frustrato
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da una vita noiosa accetta di fingersi il marito di una ragazza incinta e ripudiata dalla famiglia. È
una commedia populista su argomenti come la maternità extramatrimoniale, che conferì al
genere una melanconia quietamente ironica.
- I Bambini ci guardano (1943) è il quinto film di De Sica, e il regista spinge il melodramma
sull’orlo della tragedia descrivendo una donna tentata dall’abbandonare marito e figlio per
un’amante; situazione famigliare che De Sica e lo sceneggiatore Cesare Zavattini complicano
adottando il punto di vista del bambino; nell’impressionante finale il bambino rifiuta il bacio della
madre che ha spinto il padre al suicidio. Anche se la famiglia dei protagonisti è benestante viene
evitata l’eleganza dei “telefoni bianchi” a favore di una forte critica sociale.
- Ossessione (1943) fu la più audace manifestazione della tendenza al realismo, tratto dal romanzo
di James M. Cain Il postino suona sempre due volte. I movimenti di macchina di visconti sono
articolati come quelli di un film Hollywoodiano ma la messa in scena è sorprendentemente
scabra; ambientato nella pianura padana arida e battuta dal sole e gli attori indossano vestiti
sudati e sporchi. Oltre ad affrontare un tema proibito come l’adulterio, Visconti aggiunge al
romanzo di Cain anche il tema dell’omosessualità; dopo alcune discusse proiezioni Ossessione fu
tolto dalla circolazione.
La produzione italiana subì un precipitoso arresto e non si riprese fino al 1945 quando i ricordi della
Resistenza e l’impegno di descrivere la vita quotidiana sarebbero state le fonti di ispirazione primaria del
neorealismo.
13 - (INCOMPLETO)
IL REALISMO POETICO E IL FRONTE POPOLARE
Realismo poetico
Il realismo poetico non è un vero e proprio movimento come l’impressionismo o l’avanguardia sovietica, è
piuttosto una tendenza generale, un genere in cui i protagonisti sono figure ai margini della società che
trovano un’occasione di riscatto in amori intensi ma che si risolvono in un’ultima, definitiva, sconfitta.
Avvisaglie del realismo poetico le troviamo già in film come Le petite Lise di Jean Grémillon del 1930 e
Pensione Mimosa di Feider del 1934. Fu però a metà degli anni trenta che il realismo poetico si affermò
perentoriamente, con autori come JULIEN DUVIVIER, MARCEL CARNE’ E JEAN RENOIR. Il principale
contributo di Duvivier è Pepè le Moko, storia di un gangster c he si nasconde nella Cashbah di Algeri e
che si innamora di una Parigina, e quando tenta di fuggire con lei viene arrestato e poi si suicida. Pepè è
interpretato da Jean Gabin, uno degli attori più popolari dell’epoca, perfetta incarnazione dell’eroe
disperato; bello abbastanza da poter interpretare sia drammi che commedie ed plausibile anche come
esponente della classe operaia, fu protagonista di Il porto delle nebbie e Alba Tragica, i due principali
contributi al realismo poetico di Marcel Carné. Il più significativo dei registi francesi degli anni trenta fu
pero’ Jean Renoir, la cui carriera si estende dagli anni 20 agli anni 60. Il suo primo film sonoro La Purga
al Pupo fu solo una farsa con lo scopo per ottenere finanziamenti per altri progetti; il film seguente, La
Cagna del 1931, è infatti ben diverso e può essere considerato un preludio al realismo poetico, oltre ad
introdurre molti elementi che caratterizzeranno lo stile di Renoir, come virtuosistici movimenti di
macchina, scene in profondità di campo e improvvisi cambiamenti di tono. Anche se lo stile del è
realistico, Renoir lo apre e lo chiude col sipario di un teatrino di marionette, quasi a suggerire che si
tratta solo di una recita. A metà degli anni trenta realizzò alcuni film sotto l’influenza dei progressisti del
fronte popolare. Fece però anche Une partie de Campagne nel 1936, un breve film non politico in delicato
equilibrio tra ironia e tragedia. Durante un picnic in una locanda di campagna una famiglia parigina
incontra due giovani che seducono la moglie e la figlia, per la gioia della prima e la diperazione della
seconda, visto che tra lei e il suo seduttore nasce un amore senza speranza. Per tutto il film Renoir
esprime il piacere della vacanza e il senso di perdita che la seguirà. A causa del maltempo il film non potè
essere ultimato e fu distribuito solo nel 1946 con 2 didascalie per riassumere le parti mancanti. Con La
grande Illusione del 1937 Renoir assunse una posiszione pacifista nel momento in cui la guerra con la
Germania sembrava imminente. Ambientato in un campo di prigionia tedesco dutrante la prima guerra
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mondiale, il film suggerisce che i legami di classe possano essere più importanti della fedeltà alla propria
nazione; l’ufficiale francese protagonista si capisce di più con l’aristocratico comandante del campo
tedesco che con i suoi uomini; quando egli si sacrifica per favorire la fuga di alcuni di essi il comandante
tedesco (interpretato da Erich Von Stroheim) coglie l’unico fiore della prigione, alludendo all’estinzione
della propria classe. La speranza sorride invece ai sottoposti Maréchal e Rosenthal, un operaio e un
ebreo, che riescono a fuggire. Questo contrasto tra un’aristocrazia in declino e la classe lavoratrice
appare anche nel film con cui Rnoir chiude il decennio, La Regola del Gioco del 1939: durante un grande
ritrovo nel castello di un nobile, un celebre aviatore si innamora della moglie del padrone di casa che a
sua volta sta cercando di fuggire con l’amante. La confusione amorosa trova eco anche nei paralleli
intrghi tra i servitori. Le complicazioni galanti culminano nella lunga e virtuosistica scena in cui i
personaggi entrano ed escono dalle stanze allacciando e sciogliendo i rapporti l’uno con l’altro. Alla fine la
confusione causerà la morte di una persona, fatto che verrà nascosto dal padrone di casa. Per Renoir
nessuno dei personaggi è malvagio, sono solo esseri umani fallibili e che reagiscono l’uno all’altro. In
questo film Renoir impiegò scenografie spaziose e intricate, e ampi movimenti di macchina per esprimere
la continua iterazione tra i personaggi. L’esito de La regola del gioco fu fallimentare; il pubblico non ne
capì la mescolanza di humor e crudeltà e lo concepì come un attacco alla classe dirigente, infatti fu subito
proibito.
Breve interludio: il fronte popolare
La sinistra francese non fu mai una forza compatta fino al 1934 quando la paura del fascismo e i problemi
economici dovuti alla depressione diedero vita un partito di coalizione di sinistra che comprendeva il
Partito comunista francese (PCF), i socialisti e i radicali socialisti moderati. Questa coalizione vinse le
elezioni del 1936 e il socialista Léon Blum divenne capo del Governo. Il fronte popolare era compatto solo
sulla carta, infatti dissensi interni sul modo di condurre il paese i blum fecero cadere il Governo nel 1937.
Per quanto breve il periodo del fronte popolare aveva però avuto sul cinema un impatto visibile; il fronte
popolare formò a gennaio del 1936 il gruppo Ciné-Liberté, finalizzato alla produzione di film e alla
pubblicazione di una rivista. Il gruppo produsse La vie est à nous (1936), un lungometraggio di
propaganda per le imminenti elezioni di primavera al quale seguì due anni dopo La Marsigliese (1938).
Renoir fu scelto per supervisionare la realizzazione collettiva di La vie est à nous e per dirigere l’epico La
Marsigliese. Il Fronte popolare fu ispiratore di numerosi film commerciali, tra cui due di ambiente
proletario Il delitto del Signor Lange del 1935 di Renoir che parla della vicende in un caseggiato che
ospita una lavanderia, appartamenti e una casa editrice. L’editore Batala sfrutta i suoi dipendenti,
amministra male gli affari e seduce una giovane lavandaia. Costretto a fuggire le redini della società
vengono prese dal caporedattore Monsieur Lange e tutto prende una piega diversa, prosperosa e felice.
Quando Batala tornerà Lange per preservare quello che aveva costruito lo uccide e fugge con la sua
amante. Fu il primo film più apertamente di sinistra e costituì uno dei motivi per cui al regista fu affidata
la supervisione di La vie est à nous. La Bella brigata del 1937 di julienm Duvivier è invece la storia di 5
operai disoccupati che vincono alla lotteria e aprono un locale, il Chez Nous, sul fiume vicino a Parigi.
IL CINEMA DEL FRONTE POPOLARE: LA VIE EST A NOUS E LA MARSIGLIESE
Queste 2 produzioni nacquero al di fuori dei canali tradizionali. La vie est nous fu finanziato in gran parte
da offerte raccolte dal PCF e sia attori che tecnici vi lavorarono gratis. Fu un’opera collettiva, Renoir
coordinò la produzione e diresse solo alcune scene , altre scene furono realizzate da Brunius, Le Chanois
e Becker. Il film era innovativo e mescolava scene ricostruite e riprese dal vero. Il film utilizza anche
immagini fisse, didascalie, cinegiornali. Dopo le elezioni il film sparì dalla circolazione e solo nel 1969 ne
fu ritrovata una copia.
Del tutto diverso è La Marsigliese, film epico che rievoca i fatti della Rivoluzione Francese. Realizzato a
sostegno del Fronte Popolare era previsto che il film sarebbe stato finanziato con i proventi delle
sottoscrizioni del sindacato dei lavoratori, ma i soldi non bastarono e Renoir fu costretto a fondare una
società effimera della durata di un film. Il film risultò però impopolare, forse anche perché Renoir non
volle trasformare Luigi XVI e la sua corte in un covo di malvagi. Il regista preferì glissare eventi cruciali
della rivoluzione e concentrarsi su un gruppo di soldati che marciava da Marsiglia alla volta di Parigi
cantando la canzone che diventerà l’inno nazionale.
15 - IL CINEMA AMERICANO NEL DOPOGUERRA 1946 – 1967
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Gli Stati Uniti uscirono dalla seconda guerra mondiale in condizioni di prosperità, mentre i paesi europei,
vinti e vincitori, dovettero affrontare la ricostruzione. L’America assunse il ruolo di superpotenza
mondiale, aiutando i propri alleati e gli ex-nemici. L’Unione Sovietica intanto affermava la propria autorità
e Stalin iniziò a muoversi per mantenere il controllo sui paesi dell’est europeo conquistati durante la
guerra. In risposta il presidente americano Churcil dichiarò che una cortina di ferro divideva l’est
dall’ovest; USA e URSS entrarono in una guerra fredda destinata a durare quasi 50 anni.
L’IMPATTO POLITICO DELLA GUERRA FREDDA SU HOLLYWOOD
Durante gli anni 30 molti intellettuali di Hollywood avevano espresso simpatia per il comunismo sovietico,
al punto che alcuni si erano addirittura iscritti al Partito Comunista americano. Dopo la guerra il ferreo
anticomunismo della politica americana mise molti progressisti in una situazione compromettente; nel
1947 il congresso cominciò a indagare sulle attività comuniste negli USA per conto dello HUAC (comitato
per le attività antiamericane) allo scopo di individuare i presunti sovversivi. Molti si diedero da fare per
collaborare col Governo facendo i nomi delle persone legate ai comunisti; Testimoni del calibro di Jack
Warner, appoggiato da gary Cooper, Ronald Reagan e altre star denunciarono come comunisti diversi
sceneggiatori. Le udienze che la HUAC tenne nel 1947 miravano a dimostrare che i film prodotti a
Hollywood erano inquinati da idee comuniste, da qui l’enfasi sugli sceneggiatori. Alcuni cineasti finiti sulla
lista ner dovettero emigrare per continuare a lavorare o lavorare sotto pseudonimo. Le udienze della
HUAC avevano lasciato un’eredità di sfiducia e talenti sprecati.
IL DECLINO DELLO STUDIO SYSTEM HOLLYWOODIANO
L'industria del cinema doveva affrontare anche problemi economici. Nell'immediato dopoguerra le
prospettive sembravano eccellenti: i reduci dal fronte e i lavoratori ben pagati cominciarono a spendere
e ad affollare le sale cinematografiche. Gli incassi del 1946 furono i più alti nella storia del cinema. Anche
il mercato internazionale di Hollywood si stava allargando. Verso la fine della guerra gli studios
trasformarono la divisione estera della MPPDA in una nuova organizzazione commerciale, la Motion
Picture Export Association of America (MPEAA). Per assicurarsi che Hollywood si presentasse sui mercati
internazionali come un fronte unico. Molti Paesi approvarono leggi protezionistiche che fissavano quote,
sussidi alla produzione e restrizioni all' esportazione di valuta, con esiti alterni. Nel 1947 la Gran Bretagna
impose una tassa addizionale sui film importati e la MPEAA rispose annunciando che le major non
avrebbero più offerto al Paese nuovi film: un boicottaggio che vinse la resistenza in otto mesi, costrin-
gendo il governo inglese a revocare il provvedimento. In altri casi Hollywood spendeva fondi "congelati"
girando film nei Paesi che impedivano l'esportazione di valuta, evitando fra l'altro l'alto costo del lavoro
negli Stati Uniti. Dopo il 1946, però, le fortune di Hollywood sul mercato interno subirono una battuta
d'arresto La produzione e i profitti crollarono e la RKO dovette cessare l'attività nel 1957. I motivi del
declino erano 2: un processo giudiziario che alterò per sempre il modo di fare affari a Hollywood e il
profondo cambiamento nelle abitudini degli spettatori americani.
La decisione Paramount
A partire dagli anni Dieci, gli studios di Hollywood si erano sostenuti a vicenda nella creazione di un
oligopolio, giungendo a controllare di fatto l'intera industria cinematografica. Nel 1938, il Ministero della
giustizia avviò una causa, ricordata come "il caso Paramount": il governo accusava le "cinque grandi"
(Paramount, Warner Bros., Loew's-MGM, 20th Century-Fox e RKO) e le "tre piccole" (Universal, Columbia
e United Artists) di violare le leggi antitrust appoggiandosi l'una con l'altra per monopolizzare il mercato
cinematografico. Le "cinque grandi" possedevano catene di sale, vendevano i film in pacchetti e usavano
altri mezzi illeciti per tenere i film indipendenti fuori dal circuito delle prime visioni; le "tre piccole" non
possedevano sale ma erano accusate di contribuire all'esclusione di altre società dal mercato. Nel 1948 la
Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò le otto società colpevoli di condotta monopolistica e ordinò alle
major di rinunciare alle sale. La Corte diffidò inoltre le società imputate dall'insistere nella politica delle
vendite a pacchetti e in altre condotte che fossero di ostacolo agli esercenti indipendenti.
La nuova politica dell'industria cinematografica sortì prevedibili effetti positivi: le sale indipendenti, che
fino ad allora si erano dovute accontentare di film a basso costo di società marginali, ebbero accesso a
una gamma molto più vasta di materiale (anche se la concorrenza televisiva ne avrébbe presto fatte
fallire parecchie). Con la possibilità di accedere a sale più grandi, anche gli studios minori poterono
produrre film a budget più alto. Infine, il nuovo assetto incoraggiò la produzione indipendente: divi e
registi abbandonarono gli studios per fondare proprie società e fra il 1946 e il 1956 il numero annuale di
film indipendenti fu più che raddoppiato. La sola United Artists, società di distribuzione di film
indipendenti, distribuiva cinquanta film l'anno. Nel complesso, però, la struttura dell'industria non cambiò
in modo sostanziale. I produttori indipendenti non potevano permettersi di avviare grandi circuiti di
distribuzione che avrebbero richiesto una fitta rete di uffici locali e una quantità di spese fisse: di fatto
tutte le società indipendenti dovevano distribuire i loro prodotti attraverso le grandi case di distribuzione.
Dopo la metà degli anni Cinquanta tutte le grandi società di Hollywood avevano nei loro programmi
stagionali di distribuzione una quantità di produzioni indipendenti. Le major e le minor continuarono a
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dominare il mercato.
Mutamenti dello stile di vita e nuovi intrattenimenti
Una seconda causa del declino dello studio system furono i mutamenti sociali e culturali. Negli anni Dieci
e Venti, le sale cinematografiche erano state costruite in zone facilmente accessibili, vicino a linee di
trasporto pubblico nelle zone centrali delle città, ma dopo la guerra molti americani inziaro a trasferirsi
nelle zone suburbane delle città e le famiglie non erano disposte ad affrontare lo spostamento fino al cen-
tro per un film. La gente tendeva a starsene in casa ad ascoltare la radioe ben presto cominciò a
guardare la televisione: e cioò portò nel decennio 1947-57 a un crollo del 74% dei profitti dell'industria
cinematografica. Gli spettatori iniziarono a essere più selettivi e tendevano a scegliere un film
"importante", interpretato da divi celebri o particolarmente ricco nelle scenografie e nei costumi. Per
venire incontro a queste nuove esigenze, le grandi case di produzione ridussero drasticamente il numero
di film distribuiti, e si sforzarono di proporre attrazioni grandiose.
Schermi più larghi e colorati
L'immagine televisiva dei primi anni Cinquanta era piccola, opaca e in bianco e nero e i produttori, nel
tentativo di strappare gli spettatori ai loro salotti e riportarli al cinema puntarono sull'aspetto e sul suono
dei loro film. Il colore era il modo più ovvio per differenziare i film dalla televisione. Molti utilizzavano il
Technicolor, ma il monopolio della Techniolor portò i produttori indipendenti a protestare per l'accesso
privilegiato che la società riservava agli studios: nel 1950 una sentenza obbligò la TechniColor a rendere i
suoi servizi accessibili a tutti. Quello stesso anno però, la Eastman introdusse una pellicola a colori
monostriscia (monopack): l'Eastman Color poteva essere utilizzata con qualsiasi cinepresa ed era facile
da sviluppare e ciò contribuì ad aumentare il numero di film girati a colori, che raggiunsero la totalità nel
1967: la diffusione del TV-color fu decisiva in questo senso, poiché gli studios dipendevano sempre più
dalla vendita dei diritti d'antenna e i network televisivi preferivano trasmettere film a colori. L’Eastman
Color non era di qualità come il Technicolor, ma moti operatori erano convinti che la pellicola monopack
avesse una resa migliore sul formato panoramica. Sfortunatamente i colori dell'Eastman Color tendevano
a sbiadire. All' epoca, comunque, i film a colori offrivano qualcosa di molto diverso dalla televisione. Lo
stesso valeva per le immagini più grandi. Il Cinerama, un sistema a tre proiettori che creava un'immagine
su più pannelli, apparve nel 1952: This ls Cinerama era un documentario che accompagnava il pubblico in
una corsa sull'ottovolante, in un volo attraverso il Grand Canyon e in altre scene da brivido. Proiettato per
altre due anni in un unico cinema di New York con un biglietto d'ingresso particolarmente Costoso, il film
incassò quasi 5 milioni di dollari. Meno complesso era il Cinemascope, introdotto dalla 20th Century-Fox e
usato per la prima volta in La tunica di Henry Koster (1953) che divenne uno dei formati panoramici più
popolari perché utilizzava una normale pellicola 35mm e ottiche piuttosto semplici. Fu adattato
praticamente da tuttia parte la Paramount che insistette con il proprio sistema, il Vistavision. Dopo il
1954 praticamente tutti i film hollywoodiani erano concepiti per essere proiettati in un formato superiore
all' 1,37:1. Per competere con l'America, le principali cinematografie straniere svilupparono i loro propri
sistemi panoramici con lenti anamorfiche, tra cui il Sovscope (in URSS), il Dyaliscope (Francia), il
Techniscope (la Technicolor italiana). Simili immagini richiedevano schermi più larghi, una proiezione più
luminosa e modifiche nella progettazione stessa delle sale. I produttori esigevano anche suono
stereofonico su base magnetica. Durante i prìmi anni Cinquanta, gli studi di Hollywood si convertirono
gradualmente dalla registrazione ottica del suono a quella su pista magnetica, con nastri da un quarto di
pollice o banda magnetica 35mm. Queste innovazioni permisero ai tecnici di esaltare le proiezioni in
formato panoramico con un suono su più piste ma la maggior parte delle copie distribuite utilizzavano la
traccia ottica. Altre innovazioni del periodo furono mode passeggere come film in 3D che lo spettatore
guardava indossando occhiali polarizzati che univano le due immagini in una sensazione di profondità e
ancor meno durò il tentativo di arricchire i film con gli odori.
La crescita degli indipendenti
Con la riduzione del numero di film prodotti dai grandi studios di Hollywood, la produzione indipendente
acquistò uno spazio maggiore. Gli indipendenti assumevano il personale necessario alla realizzazione di
un film volta per volta, creando un "pacchetto" con il quale ottenere i finanziamenti; una volta realizzato,
il film era perlopiù distribuito da una delle "cinque grandi" o delle "tre piccole". Anche le grandi società
avevano scoperto che riducendo il numero di attori e di registi tenuti sotto contratto era possibile ridurre
le spese, e sempre più spesso i loro listini furono rimpolpati dall'acquisto di film indipendenti. All'inizio del
1959, circa il 70% della produzione era costituita da film indipendenti; negli anni Sessanta la percentuale
raggiunse la quasi totalità dei film, mentre gli studios si dedicavano soprattutto a serie televisive. Alcuni
dei progetti messi in campo dai produttori indipendenti erano film ad alto budget, simili a quelli che le
major offrivano ai circuiti di prima visione. Spesso si trattava di film storici o adattamenti di best-seller:
come Spartacus prodotto nel 1960 in Technicolor e Super Technirama 70 da Kirk Douglas e distribuito
dalla Universal; il suo cast di stelle includeva lo stesso Douglas, Laurence Olivier, Tony Curtis e Jean
Simmons. Il regista Otto Preminger, proveniente dalla 20th Century-Fox, si diede alla produzione
indipendente e distribuì con la Columbia e la United Artists riduzioni di best-seller quali Anatomia di un
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omicidio (Anatomy of a Murder, 1959), Exodus e Tempesta su Washington (Advise and Consent, 1962).
Ai più deboli fra i produttori indipendenti restava compito di colmare il vuoto dovuto alla drastica
riduzione della produzione a basso costo da parte delle major. La domanda fu coperta da società
indipendenti specializzate in film di exploitation, produzioni minime che - nell'impossibilità di avvalersi di
divi o autori affermati - si basavano su argomenti attuali o sensazionalistici che potessero essere
exploited, vale a dire sfruttati commercialmente. I film di exploitation esistevano fin dalla prima guerra
mondiale, ma negli anni Cinquanta guadagnarono visibilità e gli esercenti, ora liberi di noleggiare
materiale da chiunque desiderassero, scoprirono che certi prodotti a bassissimo budget offrivano spesso
un profitto più sostanzioso dei colossi degli studios, che pretendevano cospicue percentuali sugli incassi.
Le società dedite all'exploitation sfornavano a due soldi film horror, di fantascienza ed erotici. Tra i più
bizzarri vanno ricordati quelli di Edward D. Wood, che ignorati o presi a zimbello ai tempi della loro uscita,
sarebbero divenuti nei decenni successivi autentici cult movie. Un po' più impegnativi erano i film di
exploitation realizzati dall'American International Pictures (AIP) che sfruttavano la passione dei liceali per
l'horror, la criminalità giovanile, la fantascienza e la musica. L'AIP investì in produzioni più impegnative
come i musical da spiaggia e un ciclo di film horror ispirati a Edgar Allan Poe inaugurato da I vivi e i morti
di Corman. Le pellicole di Corman si distinguevano per il ritmo veloce, l'ironico umorismo e gli effetti
speciali da bancarella, con mostri che sembravano fabbricati con scarti di materiale idraulico e pezzi di
frigorifero. Corman si vanta di aver girato tre commedie nere, A Bucket of Blood (Un secchio di sangue),
La Piccola bottega degli orrori (The Little Shop of Horrors) e Creature from the Haunted Sea (Creatura dal
mare fantasma) (tutti del 1960) nell'arco di appena due settimane e con una spesa complessiva inferiore
a 100.000 dollari, in un periodo in cui il costo medio di un film prodotto dagli studios era di un milione di
dollari. Il ciclo ispirato alle opere di Poe guadagnò al regista qualche apprezzamento critico per l'uso
inventivo dell'illuminazione e del colore, ma i teen-ager apprezzavano soprattutto l'istrionismo di Vincent
Price. Costrette a lavorare con budget ridottissimi, la AIP e altre società specializzate in exploitation
esplorarono nuovi ed efficienti meccanismi di promozione. Alla AIP spesso si ideava un titolo con relativo
manifesto e campagna pubblicitaria e solo dopo averne provato l'efficacia su esercenti e pubblico si
procedeva a scrivere una sceneggiatura. Mentre i grandi distributori seguivano il metodo di avviare la
distribuzione di un film in poche sale selezionate, gli indipendenti spesso praticavano uscite a tappeto
(facendo uscire un film contemporaneamente in molte sale). Inoltre facevano pubblicità in televisione,
distribuivano film durante l'estate (ritenuta fino ad allora una stagione di pochi incassi) e resero i drive-in
locali di prima visione. Tutte queste innovazioni furono gradualmente assorbite dalle major. L'allentarsi
dei controlli censori favorì negli anni Sessanta il diffondersi dell'elemento sessuale: dal mondo dei film
porno 16mm emersero i "nudies", proiettati nei cinema più scalcinati delle grandi città americane.
L'erotismo si mescolava con il gore in Blood Feast (Festa di sangue, 1963) e 2000 Maniacs (1964) di
Herschell Gordon Lewis. Russ Meyer iniziò con i "nudies" prima di mettere a punto la sua caratteristica
mistura di scene di sesso esasperato e parodistico ed esplosioni di violenza estrema (Motorpsycho, 1965;
Faster Pussycat! Kill! Kill!, 1966). I successivi film indipendenti di Engel furono realizzati con una
cinepresa leggera 35mm e suono in presa diretta che 'anticipava lo stile documentario dei cinema diretto.
Jonas e Adolfas Mekas modellarano Guns of the Trees e I magnifici idioti sulle sperimentazioni della
Nouvelle Vague francese. Il membro più celebre di questo gruppo off-Hollywood era John Cassavetes.
Attore di New York dedito al metodo di Stanislavskij, Cassavetes che aveva costruito la sua carrriera sul
palcoscenico e in televisione, riuscì a racimolare donazioni sufficienti a permettergli di dirigere Ombre
(Shadows, 1961), un film la cui radicale scelta estetica si riassumeva nel cartello che lo concludeva: «Il
film che avete appena visto era un' improvvisazione». Il soggetto - due fratelli e una sorella neri
nell'ambiente newyorchese del jazz e dei party - non era mai stato scritto: le scelte creative sul dialogo e
sull'interpretazione furono condivise dal regista con gli attori. Pur scegliendo uno stile semi-
documentaristico, con immagini sporche e sgranate, Cassavetes si affidò anche alla profondità di fuoco e
a interludi di poesia familiare tratti dal cinema hollywoodiano contemporaneo. Ombre vinse premi a
festival e aprì a Cassavetes le porte di Hollywood per un paio di film fallimentari: il regista tornò così al
cinema indipendente, finanziando i suoi film con il suo lavoro di attore in pellicole commerciali.
Cinema d' essai e drive-in
L'esplosione della produzione indipendente era frutto di una strategia più ampia dei produttori, che
rispondevano alla fuga del pubblico concentrandosi su settori specifici della popolazione. Prima degli anni
Cinquanta, la maggioranza delle produzioni degli studios erano pensate per un pubblico familiare: ora
cominciavano ad apparire con sempre maggiore frequenza film destinati agli adulti, ai ragazzi o agli
adolescenti. Puntando su queste ultime due categorie, la Disney avviò la produzione di film con
personaggi reali proponendo classici d'avventura, riduzioni di romanzi per ragazzi e commedie
fantastiche. Relativamente a basso costo, questi film figuravano regolarmente ai vertici delle classifiche
d'incasso. A metà degli anni Cinquanta, quando gli spettatori nati durante la seconda guerra mondiale
iniziarono a far sentire il loro peso ai botteghini, il mercato dei film per gli adolescenti esplose: i musical
rock, le storie di delinquenza giovanile, la fantascienza e l'orrore attiravano i più giovani. Gli studios
risposero con commedie giovanilistiche "pulite" come le storie d'amore con Pat Boone. La fiorente cultura
giovanile americana, centrata su seratine romantiche, musica pop, auto truccate e fast food - cominciò a
essere esportata in tutto il mondo influenzando il cinema degli altri Paesi. Dagli anni Sessanta in poi il
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mercato giovanile divenne il target principale per la maggior parte dei film di Hollywood. La tattica del
target individuato su base demografica fece nascere anche nuovi tipi di fruizione. Anche se fin dagli anni
Venti esistevano piccole sale specializzate in film stranieri, il pubblico d'essai divenne una realtà
considerevole dopo la guerra. Col declino della produzione americana, l'importazione di film offriva alle
sale meno importanti abbondanza di materiale a basso costo: alcune sale indipendenti alle prese col calo
degli spettatori scoprirono un nuovo pubblico proiettando film d'essai e facendo appello al gusto dell'élite
locale. Fra l'altro, i film stranieri non venivano trasmessi alla televisione, e si trattava dunque di una
nicchia di mercato priva di concorrenza che faceva appello a un pubblico istruito. Il flusso delle
imporiazioni iniziò subito dopo la guerra, sulla scia degli alti incassi di Roma città aperta di Roberto
Rossellini, distribuito nel 1946. Amanti perduti di Marcel Carné, 1945 e Ladri di biciclette furono tra i molti
film che abituarono gli spettatori americani ai sottotitolianche se le importazioni erano dominate in gran
parte dal cinema inglese. Negli anni Cinquanta alcuni film stranieri provenienti da Paesi in cui le maglie
della censura erano meno strette fecero del sesso un' attrazione per i cinema d'essai: Piace a troppi di
Roger Vadim rese Brigitte Bardot famosissima negli Stati Uniti. Un'altra interessante alternativa per gli
esercenti in crisi erano i drive-in: il proprietario non aveva bisogno di un costoso edificio ma soltanto di
uno schermo, di un altoparlante da due soldi per ogni posto macchina e di un banchetto per le bevande e
della biglietteria. Il terreno agricolo costava relativamente poco e il fatto che di solito il drive-in sorgesse
subito fuori città lo rendeva accessibile alla popolazione della periferia. Ora la gente che frequentava di
rado le grandi sale del centro poteva vedere un film senza tanti problemi. Il biglietto era a buon mercato,
dato che i film erano spesso seconde e terze visioni e l'idea incontrò il favore del pubblico giovane.
Sfide alla censura
I film di exploitation, quelli di importazione e gli argomenti "adulti" prescelti dai produttori indipendenti
non potevano non sollevare problemi: spesso i film non riuscivano a ottenere il visto delle commissioni
locali di censura. La svolta si ebbe quando Il miracolo di Rossellini fu vietato perché giudicato blasfemo
dalla Commissione statale di censura di New York. La Corte Suprema dichiarò che i film erano protetti
dalla libertà di espressione sancita dal Primo Emendamento. Successive sentenze chiarirono che i film
potevano essere censurati solo se accusati di oscenità, e anche questa era definita in modo vago e
restrittivo. Molte commissioni locali di censura furono sciolte 'e sempre meno film furono messi al bando.
Anche il meccanismo di autocensura dell'industria, la Motion Picture Association of America (MPAA, già
nota come Motion Picture Producers and Distributors Association), cominciò a incontrare difficoltà nel far
rispettare il suo Codice di Produzione. E i produttori capiro che per competere con la televisione, dove la
censura imperversava, era creare film che contenessero materiale più audace: produttori e i distributori si
spinsero quindi sempre più in là rispetto ai limiti consentiti dal Codice, e quando la MPAA rifiutò di
approvare il pur blando La vergine sotto il tetto di Otto Preminger 1953, la United Artists lo distribuì
ugualmente. Preminger continuò a provocare il Codice: anche il suo L'uomo dal braccio d'oro (The Man
With the Golden Arm, 1955), dedicato al problema della droga, fu distribuito dalla United Artists senza il
visto della MPAA:apparve chiaro che il Codice non solo era ormai inefficace ma costituiva una pubblicità
preziosa per i film che condannavae nel 1966, la MPAA sospese l'emissione dei visti. Da quel momentO, i
film che non si conformavano ai suoi standard portarono l'etichetta «Consigliati a un pubblico adulto» ma
tuttavia anche questo metodo si rivelò inefficace e fu presto sostituito da un sistema di classificazione più
sistematico.
Hollywood si adatta alla televisione
La televisione costituiva una minaccia a diversi punti di forza della programmazione nelle sale: i
cinegiornali scomparvero quasi del tutto quando i telegiornali si dimostrarono ben più efficienti e
immediati. I film a disegni animati furono emarginati più lentamente: per due decenni dopo la guerra i
film continuarono a essere preceduti da un cortometraggio d'animazione e i migliori animatori
continuarono a creare opere di grande inventiva comica e tecnicamente impeccabili (William Hanna e
Joseph Barbera realizzarono con la serie di Tom e Jerry alcuni dei film forse più truculenti della storia di
Hollywood). Il reparto animazione della Warner Bros. divenne ancor più scatenato nelle invenzioni
bizzarre di quanto non fosse stata durante la guerra con The Great Piggy Bank Robbery di Bob Clampett e
What's Opera, Doc?. di Chuck Jones. Walt Disney continuò a distribuire i suoi caitoon attraverso la RKO
fino al 1953, quando aprì la sua casa di distribuzione Buena Vista. Anche se la produzione dei corti
proseguiva, i maggiori profitti venivano dai lungometraggi d'animazione: un catalogo che si arricchiva
regolarmente di novità ma permetteva anche cicli che riedizioni. Si trattava come sempre di versioni
edulcorate di classici per l'infanzia, anche se Alice nel paese delle meraviglie (Alice in Wonderland, di
Clyde Geronimi, Hamilton Luske, Wilfred Jackson e Walt Disney, 1951) sfoggiava una verve slapstick che
mancava in opere più solenni come Cenerentola (Cinderella, di Clyde Geronimi, Hamilton Luske, Wilfred
Jackson e Walt Disney, 1950) e La bella addormentata nel bosco (Sleeping Beauty, di Clyde Geronimi e
Walt Disney, 1959). Lo studio tornò alla sua tradizione di azione dal vivo combinata all' animazione con
l'enorme successo di Mary Poppins (Id., di Robert Stevenson, 1964). Verso la metà degli anni Sessanta,
comunque, i cartoni animati televisivi avevano catturato il pubblico e gli studi principali cessarono di fatto
la produzione dei cortometraggi animati e dal 1969 in poi Bugs, Daffy, Braccio di Ferro e i loro colleghi
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si sarebbero trasferiti in massa dal cinema dietro casa alla televisione del sabato mattina. E tuttavia
Hollywood seppe adattarsi con altri mezzi all'era televisiva, muovendosi rapidamente per trarre vantaggio
dalla sua nuova concorrente. Tanto per cominciare, i network avevano bisogno di enormi quantità di pro-
grammi da trasmettere. Nei primi anni Cinquanta, circa un terzo del materiale teletrasmesso consisteva
in vecchi film delle Poverty Row, ma nel 1955 anche gli studi maggiori iniziarono a vendere i diritti
televisivi dei loro titoli. Inoltre gli studi di Hollywood iniziarono a creare serie televisive. Nel 1949 la
Columbia convertì il suo reparto cortometraggi alla produzione televisiva: tra i suoi prodotti va ricordata
la fortunata serie "Father Knows Best" (1954-1962). Quando nel 1953 i network passarono dagli
sceneggiati in diretta ai telefilm girati su pellicola, la richiesta di matgeriale si intensificò e i produttori
indipendenti furono pronti a soddisfarla con serie come "I Love Lucy" . Col declino della produzione
cinematografica, i grandi studios iniziarono a generare profitti affittando le loro strutture a produzioni
indipendenti, destinate sia al cinema che alla televisione. Forse l'uso più accorto del nuovo mezzo fu
quello di Walt Disney, che rifiutò fermamente di vendere i suoi cartoni animati alla televisione sapendo
che future riedizioni accuratamente programmate avrebbero continuato a produrre profitti. Nel 1954,
Disney si accordò con la ABC per produrre uno spettacolo settimanale di un'ora dal titolo "Disneyland": la
serie ebbe un successo enorme e sopravvisse per decenni sotto nomi diversi. Lo spettacolo, pieno di
cortometraggi e brani scelti nell'archivio dello studio, permetteva a Disney di fare pubblicità ai suoi film
per il cinema e al suo neonato parco dei divertimenti (aperto nel 1955). Nel complesso, dopo qualche
anno di incertezze, le società di Hollywood intese come entità corporative non furono affatto danneggiate
dalla concorrenza televisiva ma, semplicemente, vi si adattarono estendendo la loro attività per coprire le
esigenze di entrambi i mercati. Il declino fu però inevitabile per la parte dell'industria dedicata al cinema:
negli anni Trenta le major distribuivano quasi 500 pellicole all'anno, mentre all'inizio degli anni Sessanta
la media era inferiore a 150. Gli incassi continuarono a calare fino al 1963, quando la televisione giunse a
saturare il mercato americano.
STORIE, STILI E GENERI
Anche se la base industriale di Hollywood cominciava a sgretolarsi, lo stile classico rimaneva il principale
modello di racconto. La trama di Quarto potere (Citizen Kane, di Orson Welles, 1941) aveva una
complessità rara nel cinema sonoro di Hollywood e creò la moda della tecnica narrativa soggettiva. Film
di questo tipo si basano su tecniche di ripresa e di regia esplorate dall'impressionismo francese e dall'
espressionismo tedesco. Analogamente, la costruzione narrativa divenne più intricata: la struttura
"investigativa" di Quarto potere, interrotta da flashback di persone che rievocano gli avvenimenti del
passato, divenne un modello. Alcuni film introdussero sperimentazioni nell'uso del flashback come Paura
in palcoscenico di Alfred Hitchcock, ad esempio, include tlashback che lo spettatore scopre in seguito
essere bugie. Nessuna di queste innovazioni minò le basi della narrazione cinematografica classica - una
catena di cause ed effetti centrata su un protagonista, un percorso "lineare" verso la coerenza e la
conclusione. Per la verità, il fatto che gran parte di questi esperimenti sul tempo narrativo avessero a che
fare con delitti da spiegare o misteri da sciogliere suggerisce di cercare nelle convenzioni del genere i
motivi della predilezione per strutture complesse. Le acrobazie temporali divennero ancora più estreme
durante gli anni Sessanta nei film influenzati dal cinema d'autore europeo. Altri registi abbracciavano un
nuovo realismo nell'ambientazione, nelle luci e nella narrazione stessa e la tendenza alle riprese in
location continuò nel semidocumentario, di solito un giallo d'investigazione o d'azione che ambientava un
racconto di fantasia in luoghi reali ed era spesso ripreso con le apparecchiature leggere perfezionate
durante la guerra. Questi film, basati su fatti realmente accaduti, erano spesso commentati da una
tonante voce fuori campo che evocava i documentari bellici e e le radiocronache. Una complessa
narrazione a flashback e il sapore semidocumentario talvolta convivevano nello stesso film: Viale del
tramonto di Billy Wilder, la cui trama è raccontata fuori campo da un uomo morto, utilizza le vere
scenografie di Hollywood. Uno degli esempi più articolati di artificio nel semidocumentario è Rapina a
mano armata di Stanley Kubrick, nel quale un gruppo di uomini compie in un ippodromo una rapina
organizzata su un minuzioso calcolo dei tempi. Kubrick ci offre di fatto immagini da cinegiornale della
pista e delle corse, con un'asciutta voce "divina" fuori campo che indica il giorno e l'ora di molte scene,
ma manipola il tempo in modo assai complesso: il film ci mostra una parte della rapina, poi fa un passo
indietro per mostrare gli eventi che hanno portato a quella fase; e, poiché segue l'azione da diversi punti
di vista, il film mostra gli stessi eventi più volte. Quarto potere aveva rafforzato l'uso di inquadrature
lunghe e immagini composte in profondità: queste tecniche, già accolte durante la guerra, divennero
ancor più importanti sul finire degli anni Quaranta e nei primi Cinquanta. Ora si potevano girare scene in
un'unica inquadratura (il cosiddetto piano sequenza) con fluidi movimenti di macchina facilitati dai nuovi
dolly "crab" che consentivano di muoversi liberamente in qualsiasi direzione. Fu inoltre largamente
imitata la vivida profondità di fuoco che era stata un marchio di fabbrica di Welles e Toland. Molte di
queste innovazioni erano associate al noir, lo stile" dark" che continuò a imperare fino alla fine degli anni
Cinquanta. I direttori della fotOografia più audaci spinsero l'illuminazione in chiaroscuro all'estremo. I noir
divennero sempre più sfacciatamente barocchi, con inquadrature inclinate e più livelli di quinte visive. Nei
film drammatici in bianco e nero, l'illuminazione cupa continuò anche negli anni Sessanta, ma i film di
altri generi preferivano un look più chiaro e luminoso: la maggior parte dei melodrammi, dei musical e
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delle commedie degli anni Cinquanta evitavano il chiaroscuro. La fotografia con profondità di fuoco
continuò a essere utilizzata negli anni Sessanta nei film in bianco e nero, ma quelli a colori di solito
sceglievano immagini più piatte; comunque, per qualche tempo, la stupefacente profondità di fuoco di
Welles si rivelò impossibile da ottenere con le lenti anamomche del Cinemascope. A metà degli anni
Sessanta, sotto l'influenza di movimenti come il cinema diretto e la Nouvelle Vague, i direttori della
fotografia iniziarono a usare lenti a focale lunga per appiattire lo spazio dell'immagine e per sfumare e
ammorbidire i contorni. Il teleobiettivo divenne così più comune del grandangolo e i registi cominciarono
a usare un montaggio più spettacolare e veloce: Help! di Richard Lester frantumava i numeri musicali dei
Beatles in dozzine di inquadrature senza continuità. La bizzarra tecnica di Lester derivava dalla pubblicità
televisiva e dalla commedia eccentrica inglese. Il montaggio veloce divenne ancora più popolare con Dolci
vizi al foro sempre di Richard Lester e con Il laureato di Mike Nichols. I film di Lester crearono la moda di
scene non parlate, spesso composte da un montaggio di varie scenette, legate da canzoni pop. L'esempio
più famoso è forse il modo in cui le parole di Simon & Garfunkel nella colonna sonora di Il laureato
commentano lo straniamento del protagonista. L'integrazione di intere canzoni nelle scene d'azione di
praticamente tutti i generi divenne una caratteristica del cinema americano degli anni Sessanta e fecero
delle colonne sonore una nuova fonte di profitti. Questa tendenza sarebbe proseguita fino agli anni
Novanta, quando praticamente ogni film avrebbe obbligatoriamente incluso musica rock, quanto meno
nei titoli di coda.
La nobilitazione dei generi
Le principali case di produzione rinnovarono quasi tutti i generi per offrire sempre qualcosa in più che
consentisse di spiccare sulla concorrenza. I capi degli studios potenziarono la spettacolarità con le star
più famose, con scenografie e costumi sfarzosi, con il colore e con lo schermo panoramico e anche i
generi minori beneficiarono degli sforzi per trasformare sceneggiature di serie B in film di serie A. Il
western del dopoguerra fu incanalato sui binari del "filmone" da David O. Selznick con Duello al sole di
King Vidor (1945): il film ottenne ottimi incassi e fissò lo standard per i successivi western monumentali.
Anche alcuni western più modesti si avvalsero di mezzi sfarzosi, della maturità e varietà di registi e
interpreti, di un nuovo modo di raccontare e di temi complessi. Il genere aiutò John Wayne e James
Stewart a consolidare la loro popolarità nel dopoguerra. Le trame incorporavano tensioni psicologiche e
sociali: un western poteva avere un'anima liberale, patriarcale, giovanilista o psicopatica. La nuova
ricerca di spettacolarità raggiunse anche il melodramma. La figura centrale del rinnovamento del genere
fu Douglas Sirk, un immigrato che negli anni Quaranta aveva diretto film antinazisti e noir. I critici dei
decenni successivi tributarono alla regia di Sirk la capacità di trascendere i traumi da psicologia spicciola
e i finali forzatamente lieti delle sceneggiature. Nessun genere più del musical, forse il più longevo tra i
prodotti hollywoodiani, godette dei benefici di questa generale riqualificazione. Benché frequentato da
tutti gli studios, nel dopoguerra il musical fu appannaggio soprattutto della MGM: le tre unità produttive
dello studio confezionavano di tutto, dalle biografie operistiche alle stravaganze acquatiche di Esther
Williams. Musical "dietro le quinte" come I Barkleys di Broadway (The Barkleys of Broadway, di Charles
Walters, con .Fred Astaire e Ginger Rogers, 1949) erano bilanciati da produzioni "folk" come La canzone
di magnolia (Show Boat, di James Whale, 1951); adattamenti di successi di Broadway (ad esempio
Baciami, Kate!) si affiancavano a sceneggiature originali (come Sette spose per sette fratelli, Seven
Brides for Seven Brothers, di Stanley Donen, 1954). Un film poteva essere costruito su una raccolta di
successi di un'unica coppia paroliere/musicista: Spettacolo di varietà, ad esempio, si basava sulle canzoni
di Howard Dietz e Arthur Schwartz. Il reparto musical più celebrato della MGM era quello controllato da
Arthur Freed, produttore di primo piano fin dai tempi di Il mago di Oz: Freed poteva vantare i talenti
migliori - Judy Garland, Fred Astaire, Vera-Ellen, Ann Miller - e, sopra tutti, Gene Kelly, instancabile e
sorridente ballerino che introdusse alla MGM una coreografia atletica moderna: Un giorno a New York (On
the Town, codiretto da Kelly e Stanley Donen, 1949), storia frenetica di tre marinai con una giornata di
libera uscita a Manhattan, non era il primo film ad ambientare i suoi numeri in luoghi autentici, ma la
coreografia e il montaggio gli diedero un' energia febbrile urbana; Kelly seppe fare del musical il veicolo
di un aspro commento sulle frustrazioni maschili nell' America del dopoguerra. Più leggero era il tono di
Cantando sotto la pioggia (Singin' in the Rain, di Kelly e Donen, 1952), considerato all'unanimità il miglior
musical del periodo. Ambientato durante la transizione al sonoro, il film si fa beffe dell'arroganza di
Hollywood, parodiando lo stile dei primi musical e proponendo gag utilizzando il sonoro fuori sincrono. I
pezzi da antologia includono il convulso «Make 'Em Laugh» di Donald O'Connor, il numero eponimo di
Gene Kelly - che unisce dolly vertiginosi a una coreografia agile fra pozzanghere e ombrelli - e «Broadway
Melody», un omaggio esuberante ai musical MGM delle origini del sonoro. Pur continuando a produrre
musical d'impatto anche dopo la metà degli anni Cinquanta, la MGM dovette da allora subire la
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concorrenza. Bulli e pupe, Cenerentola a Parigi della Paramount, West Side Story (di Robert Wise e
Jerome Robbins) della United Artists e contribuirono anche i cartoni animati Disney. La 20th Century-Fox
basò molti musical su sccessi di Broadway tra cui il grande Tutti insieme appassionatamente di Robert
Wise. La Warner diede il suo contributo al genere con È nata una stella di George Cukor per poi
.dominare gli anni Sessanta con The Music Man e My Fair Lady. Il rock and roll portò al musical del
dopoguerra un nuovo dinamismo. Sia le major che gli indipendenti si lanciarono all'inseguimento dei
giovani compratori di dischi. Elvis Presley propose in dodici anni una serie di trenta musical in una
versione del rock and roll piuttosto edulcorata. Western, melodrammi e musical erano stati i generi
principali per diversi decenni, ma l'inflazione dei valori spettacolari e la scommessa sui kolossal portò alla
ribalta un altro genere. Lo spettacolo biblico si era rivelato proficuo nelle mani di Cecil B. DeMille negli
anni Venti e Trenta, poi nessuno se ne era più interessato finché non fu lo stesso DeMille a riesumarlo in
Sansone e Dalila, il maggiore incasso del 1949. Quando anche Quo Vadis? Di LeRoy e Davide e Betsabea
di Henry King) riportarono a casa enormi profitti, cominciò un ciclo di grandi cavalcate storiche. Le folle
oceaniche, le battaglie colossali e i set grandiosi richiesti dal genere ne facevano l'occasione ideale per lo
schermo panoramico e così La tunica, Ben-Hur, Spartacus e La caduta dell'impero romano sfoggiarono
tutti nuove tecnologie visive. I dieci comandamenti, l'epopea biblica dal successo più duraturo costò più di
13 milioni di dollari, una cifra stratosferica per l'epoca; ma nonostante effetti speciali ambiziosi, come
l'apertura del Mar Rosso, la regia di DeMille riproponeva perlopiù la messa in scena dei suoi film degli
anni Trenta. Ben presto il cinema epico giunse a esplorare praticamente ogni periodo storico: sullo
schermo si alternavano epopee egiziane (Cleopatra, di Mankiewicz), avventure cavalleresche e saghe
rivoluzionarie del ventesimo secolo (Lawrence d'Arabia e Il dottor Zivago entrambi di David Lean). Gran
parte di questi film attraevano il pubblico, ma a causa degli sforamenti di budget alcuni si rivelarono
economicamente poco convenienti. Un altro genere resuscitato dalla nuova attenzione ai film kolossal fu
la fantascienza, che nel dopoguerra aveva goduto di notevole espansione in campo letterario: fu il
produttore George Pal a dimostrare con Uomini sulla luna di Irving Pichel che l'era atomica offriva un
ottimo mercato per il cinema fantastico. La fortuna del film diede a Pal accesso ai budget della Paramount
per Quando i mondi si scontrano e per due prestigiose produzioni tratte da opere di H.G. Wells, La guerra
dei mondi di Byron Haskin (1953) e L'uomo che visse nel futuro di George Pal. Usando il colore e
sofisticati effetti speciali, i film di Pal aiutarono la fantascienza ad acquistare rispettabilità, ma lo sforzo
più riconoscibile in questo senso fu Il pianeta proibito che esibiva musica elettronica, un "mostro
dell'inconscio" e una trama basata su La tempesta di Shakespeare. Alla rinascita del cinema fantastico
contribuì anche 20. 000 leghe sotto i mari della Disney. Film di fantascienza e horror più economici
affrontarono il tema della lotta della tecnologia contro una natura sconosciuta: L'invasione degli ultracorpi
di Don Siegel (1955) racconta di una piccola città invasa da baccelli che clonano i cittadini e li
rimpiazzano con copie prive di sentimenti. All'opposto di queste fantasie paranoiche vi erano quelle ani-
mate da ideali "pacifisti". Gli effetti speciali dominavano i film su esperimenti scientifici strampalati o mal
riusciti, e questi film furono spesso interpretati, alla luce delle caratteristiche di quegli anni, come
metafore della guerra fredda o degli effetti spaventosi delle radiazioni. L'effetto dell'amplificazione dei film
di serie B era forse ancor più visibile nella crescita del cinema di spionaggio ad alto budget. L'eleganite
Intrigo internazionale (North by Northwest, 1959) di Alfred Hitchcock aveva per protagonista un
innocente coinvolto in un intrigo di spie; ma il catalizzatore per la promozione in serie A del genere fu il
personaggio dell' agente britannico ]ames Bond creato da Ian Fleming: dopo i primi due film tratti dai
suoi romanzi, 007 divenne un'inesauribile miniera d'oro con lo strepitoso successo di Agente 007,
Missione Goldfinger. Gli intrighi dei film di Bond erano pieni di erotismo, inseguimenti,armi surreali, ironia
e sensazionali scenografie. I produttori Harry Saltzman e Albert Broccoli proseguiranno la serie per
decenni cambiando più volte registi e protagonisti, facendone la saga forse di maggior successo della
storia del cinema. Per poter competere con i nuovi standard spettacolari, i film a budget ridotto erano
costretti a trovare altrove i loro appigli commerciali: i gialli d'azione divennero più violenti; Un bacio e
una Pistola di Aldrich o La vendetta del gangster. Quando il celebrato Hitchcock girò un thriller in bianco e
nero intitolato Psyco (Psycho, 1960) senza star di prima grandezza e con un budget da serie B, lanciò un
filone che sarebbe proseguito per decenni. Il prestigioso A sangue freddodi Richard Brooks, girato in un
anacronistico bianco e nero, era la riduzione di un best-seller ma cercava un look da noir a basso budget
soprattutto perché lo stile accentuava la brutale amoralità dei due giovani assassini protagonisti. Dopo
aver passato quindici anni a riverniciare le formule dei generi, i registi più importanti procedevano ora a
dar loro una mano di sporco. 43
REGISTI PRINCIPALI: DIVERSE GENERAZIONI
Alcuni autori di primo piano si ritirarono o rallentarono l'attività poco dopo la guerra. Ernst Lubitsch morì,
Josef von Sternbergconcluse la sua carriera con L'isola della donna contesa, Frank Capra diresse il
popolarissimo La vita è meravigliosa, ma i suoi pochi film successivi non ebbero grande eco. Il grande
dittatore aveva segnato l'addio del vagabondo di Charlie Chaplin e i suoi nuovi personaggi, uniti alle
controversie sulle sue idee politiche e la sua vita privata, ne fecero diminuire la popolarità. Nel
complesso, comunque, un certo numero di registi veterani mantennero nel dopoguerra una posizione
importante. Cecil B. DeMille, Frank Borzage, Henry King, George Marshall e altri che avevano iniziato la
carriera durante la prima guerra mondiale rimasero sorprendentemente attivi negli anni Cinquanta e
perfino nei Sessanta.
– Raoul Walsh, ad esempio, continuava a sfornare virili film d'azione.
– Ford, che produceva i suoi film in proprio con la Argosy, era il regista più in vista della vecchia
generazione. Quasi tutta l'opera di Ford nel dopoguerra fu nel genere western. Sfida infernale è
un'ode alla vita di frontiera girata con la profondità e i chiaro scuri che Ford aveva già
sperimentato, dieci anni prima. La sua "trilogia della Cavalleria" (Il massacro di Fort Apache, I
cavalieri del Nord-Ovest, Rio Grande) rende omaggio alla coesione del corpo militare; I dannati e
gli eroi e Cavalcarono insieme sollevano problemi quali lo stupro e l'incrocio delle razze nello stile
dei "western liberali" e ciascuno di essi tenta nuove strade: il primo con una narrazione a
flashback, il secondo con una lunga inquadratura immobile. L'uomo che uccise Liberty Valance,
ampiamente riconosciuto come l'elegia fordiana del mito della frontiera, ha la semplicità di una
favola: il lato eroico del west muore nella corruzione portata dalla ferrovia e dalla politica di
Washington. Il protagonista di Sentieri selvaggi (1956), inconfutabilmente il più complesso dei
western di Ford, si chiama Ethan Edwards e dà la caccia ai Comanche che hanno sterminato la
famigha di suo fratello e rapito sua nipote Debbie: ma il suo compagno d'avventura Martin Pawley
si rende gradualmente conto che Ethan non ha intenzione di salvare Debbie, bensì di ucciderla,
colpevole di essere diventata una sposa indiana. Di rado il western aveva mostrato un
protagonista così complesso, nel quale devozione e orgoglio si scontrano con razzismo e gelosia
sessuale. Nella scena clou del film, quando Ethan sta per uccidere Debbie, i comuni ricordi
dell'infanzia di lei ristabiliscono il legame reciproco purificando Ethan del suo istinto omicida. La
coerenza stilistica di Ford è evidente in Sentieri selvaggi. La struttura cromatica del film riflette il
cambio delle stagioni nella Monument Valley e la profondità di campo fordiana spicca
nell'evocativo ricorrere di figure in controluce riprese da interni; anche il gesto finale con cui John
Wayne si stringe l'avambraccio è modellato su un gesto di Harry Carey in Straight Shooting. Per
molti critici e giovani autori degli anni Settanta, Sentieri selvaggi divenne l'esempio della
ricchezza emozionale della tradizionl hollywoodiana.
– William Wyler diresse drammi prestigiosi e film in studio fino agli anni Sessanta, ottenendo alti
incassi con I migliori anni della nostra vita e Ben-Hur.
– Howard Hawks realizzò commedie e film d'azione e avventura fino al 1970.
– King Vidor passò al grande spettacolo (Guerra e pace, 1956) dopo aver diretto melodrammi
eccessivi e magniloquenti.
– George Stevens diresse alcuni dei maggiori successi dell' epoca, in particolare Il cavaliere della
valle solitaria e Il gigante.
– Vincente Minnelli e George Cukor, registi specializzati in melodrammi, commedie e musical,
spiccano per un uso accorto delle inquadrature lunghe. La macchina da presa di Cukor è
un'osservatrice discreta che permette agli interpreti di dispiegare al meglio le loro performance.
Le inquadrature più distanti di Minnelli enfatizzano l'interazione dei personaggi con l'ambiente
– Jean Renoir e Max Ophuls, tornarono in Europa poco dopo l'Armistizio, ma altri prosperarono a
Hollywood. Il successo maggiore arrise ad Alfred Hitchcock.
– Fritz Lang continuò a realizzare sobri e cupi film di genere che emanavano un malessere al limite
della paranoia come Il grande caldo
– Billy Wilder divenne un regista di primo piano soprattutto per i suoi drammi carichi di ironia (Viale
del tramonto) e per il cinismo delle sue commedie erotiche (Quando la moglie è in vacanza,
L'appartamento, lrma la dolce). Con A qualcuno piace caldo Wilder, meno mordace del solito,
deliziò le platee con le sue gag sul travestimento.
– Otto Preminger, si coltivò un' immagine personalissima sia come attore che come
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regista. Era a favore per la riduzione del tempo delle riprese, spingendo la tecnica del piano
sequenza ancor più all'estremo di Cukor e Minnelli. Benché Preminger componesse in modo
ingegnoso le sue inquadrature in Cinemascope, la maggior parte dei suoi piani sequenza rifug-
gono da effetti espressivi: i movimenti di macchina complessi e i virtuosismi sono rari e la
macchina da presa si limita a osservare personaggi impassibili, gran parte dei quali impegnati a
mentire l'un l'altro. Questa imperturbabilità dona ai noir e agli adattamenti di best seller di
Preminger una suggestiva opacità.
– Orson Welles. Licenziato dalla RKO dopo L'orgoglio degli Amberson divenne un regista errante:
girò film per la Columbia, la Republic e la Universal ma produsse gran parte delle sue opere con
pochi spiccioli, fondi racimolati tramite finanziatori europei e proventi delle sue apparizioni come
attore (ad esempio nel wellesiano Il terzo uomo, di Carol Reed). Come regista e interprete Welles
realizzò riduzioni di classici come Otello ma anche film di spionaggio (Rapporto confidenziale) e
gialli (La signora di Shanghai, L'infernale Quinlan), portando in tutti la tecnica spettacolare che
aveva introdotto in Quarto potere: uso gotico del chiaroscuro, profondità di fuoco, colonne sonore
di devastante potenza, dissolvenze riflessive, improvvisi stacchi, accavallarsi e interrompersi del
dialogo, intricati movimenti di macchina. La scena cruciale di La signora di Shanghai, una
sparatoria in un labirinto di specchi, punta palesemente più a un virtuosistico sfoggio di immagini
spiazzanti che a una soluzione plausibile del dramma ; L'infernale Quinlan, che si apre con uno
dei piani sequenza più barocchi della storia di Hollywood, portò il noir a livelli mai raggiunti prima.
In Falstall tratto dalle opere di Shakespeare su Enrico IV, Welles mise in scena la sequenza di
battaglia più cinetica e impressionante dell'epoca. Welles continuò ad assediare gli studios negli
anni Settanta e Ottanta nella vana speranza di completare alcuni suoi progetti di vecchia data.
Orson Welles proveniva dagli ambienti del teatro di sinistra di New York, così come parecchi altri
registi che come lui approdarono a Hollywood.
Durante gli anni Trenta il Group Theatre trapiantò in America il "metodo" naturalistico di recitazione
insegnato da Stanislavskij al Teatro d'arte di Mosca. Il principale allievo del Group era Elia Kazan, che
si impose a Hollywood pur continuando a dirigere a Broadway le prime rappresentazioni di Morte di
un commesso viaggiatore, Un tram che si chiama desiderio e La gatta sul tetto che scotta. Dopo
essersi specializzato in film di spirito liberale sui problemi sociali, Kazan passò rapidamente a
prestigiosi adattamenti cinematografici di opere di Tennessee Williams, Un tram che si chiama
Desiderio (1951) e Baby Dol! (1956), oltre a film di critica sociale come Un volto nella folla che
denuncia gli abusi dell'uso della televisione a fini politici. Dopo la guerra Kazan e due colleghi di New
York fondarono l'Actors Studio, nella convinzione che il "metodo" di Stanislavskij richiedesse all'attore
di radicare la sua performance in esperienze personali: l'improvvisazione era una strada verso una
recitazione naturale, anche se a volte dolorosa e non priva di rischi. La concezione di Kazan trovò in
Marlon Brando il suo principale esponente: una classica applicazione del "metodo" avviene in Fronte
del porto (1954) dello stesso Kazan, quando Terry raccoglie il guanto caduto a Edie e inizia a giocare
con esso. Trattenere il guanto diventa un pretesto per costringerla a restare vicino a lui, ma il fatto di
raddrizzarne le dita, di piluccarne peluzzi e perfino di provare a indossarlo diventano indizi che
esprimono la sua attrazione per lei e offrono un' eco delle burle dell'infanzia che lui ricorda. Il
"metodo" avrebbe avuto un'enorme influenza su Hollywood attraverso Kazan, Brando, James Dean,
Karl Malden e altri membri dell' Actors Studio. Nicholas Ray lavorò col Group Theatre prima di fare da
aiuto regista a Kazan per Un albero cresce a Brooklyn. Esordì nella regia con la dolorosa storia di una
coppia in fuga costretta a una vita da fuorilegge, La donna del bandito. Eternamente ai margini, Ray
si specializzò in film dedicati a uomini la cui durezza nasconde una pulsione autodistruttiva: Diritto di
uccidere (1950) coinvolge uno sceneggiatore di Hollywood in un omicidio e ne rivela la narcisistica
abitudine di sfruttare gli altri; nell'insolito western Johnny Guitar il pistolero stanco è dominato dalla
durissima signora di un saloon e il momento cruciale del film è un duello alla pistola tra due donne; in
Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause, 1954) James Dean è un altro eroe tormentato,
infantilmente passivo e privo di certezze: il film dimostra anche l'uso possente che Ray fa
dell'inquadratura in Cinemascope. Dopo diversi altri "melodrammi virili", Ray concluse la sua carriera
a Hollywood con due kolossal storici, Il re dei re e 55 giorni a Pechino.
Un altro gruppo di registi del dopoguerra emerse dalla sceneggiatura. Samuel Fuller, era
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stato sceneggiatore per un decennio prima di dirigere Ho ucciso Jesse il bandito. Ex reporter per i
tabloid di New York, Fuller portò in tutti i suoi progetti una sensibilità da B-movie: il suo stile faceva
ricorso a intensi primi piani, inquadrature fuori centro e un montaggio shock per sottolineare storie di
tradimento nel sottobosco criminale o di uomini che affrontano la morte in battaglia. Fuller punta
dritto allo stomaco ad esempio durante una scazzottata in Mano pericolosa, un uomo è trascinato giù
per una scala, sbattendo il mento su ogni scalino. Fuller ama orchestrare scene di lotta che assalgorio
lo spettatore: l'inizio di Il bacio perverso (The Naked Kiss, 1963) rivolge la sua furia contro il
pubblico, con una donna che colpisce direttamente la macchina da presa. Robert Aldrich costruì Un
bacio e una pistola e Prima linea sui dialoghi vuoti e il sadismo esasperato della narrativa pulp.
Le nuove leve del dopoguerra, provenivano di norma dal teatro o dallo studio system. La generazione
più giovane, che iniziò a fare film a metà degli anni Cinquanta, aveva spesso cominciato dalla
televisione. John Frankenheimer, Sidney Lumet, Martin Ritt e Arthur Penn arrivarono al cinema dopo
aver fatto la regia di sceneggiati trasmessi in diretta e portarono sul grande schermo un' estetica
"televisiva" di grandi primi piani, set claustrofobici, profondità di fuoco e scentggiature molto parlate.
Tutti divennero figure importanti nella Hollywood dei primi anni Sessanta e furono tra i primi a trarre
ispirazione dal cinema d'autore europeo e dalla Nouvelle Vague in Mickey One di Penn (1965),
L'uomo del banco dei pegni di Lumet e Operazione diabolica di Frankenheimer (1966). Nonostante le
difficoltà dell'industria, registi di generazioni diverse e di diversa esperienza fecero del cinema
hollywoodiano del dopoguerra una forza centrale nella cinematografia mondiale. Il sistema aveva
perduto la sua stabilità economica, ma i generi e gli stili del periodo classico offrivano una cornice
all'interno della quale i registi potevano creare film personali e potenti. Così, anche i giovani e
ambiziosi cineasti che vennero alla ribalta nell'Europa dei primi anni Sessanta trassero spesso
ispirazione dalla Hollywood del dopoguerra.
L'EVOLUZIONE DEI FORMATI PANORAMICI
I formati panoramici introdotti nei primi anni Cinquanta hanno continuato a dominare le sale
cinematografiche, ma le proiezioni sono state oggetto di ulteriori innovazioni tecnologiche. Poiché solo le
sale "road-show" erano attrezzate per il 70mm, i film panoramici erano distribuiti anche in copie 35mm
per le sale di periferia. Con il declino americano del 70mm il 35mm riconquistò il suo dominio. Oggi,
comunque, alcuni film ad alto budget sono girati in 35mm ma distribuiti in 70mm, cosa che permette
eccellenti ingrandimenti e suono migliore. Questo significa che un film in 35mm può essere girato con un
determinato rapporto ma proiettato in un altro. Se un film è girato su 35mm anamorfico, le copie in
35mm saranno di solito proiettate col rapporto 1:2,35, mentre le copie 70mm si vedranno nello standard
1:2,2.. Quando i film sono visti in un' occasione diversa dalla proiezione in sala, appaiono spesso in
standard radicalmente differenti da quelli per cui sono stati concepiti. Una copia in 16mm di un film
Cinemascope può essere anamorfica, può avere un mascherino che la adatta a un formato panoramico
piùangustO dell'originale 1:2,35, o può essere in una versione "normale" che riempie del tutto il
fotogramma a 1,37. Queste ultime due versioni possono essere proiettate senza una lente speciale, ma
tagliano-gran parte dell'immagine originale. Lo standard televisivo, concepito per coincidere con il
rapporto Academy di 1:1,37, mostra abitualmente i film panoramici in versione normale. Per non tagliare
l'azione in un film girato per lo schermo panoramico, i tecnici della televisione hanno escogitato il
processo di pan-and-scan, che introduce movimenti di macchina o stacchi che non sono nell'originale. Per
evitare simili problemi, alcuni operatori girano i film in formato panoramico tenendo presente la futura
proiezione televisiva. Questo è più facile quando si gira utilizzando l'intero fotogramma (vale a dire nel
rapportO 1:1,37). Il formato quadrato è il più adatto a versioni che appariranno in televisione e
videocassetta. Girando con rapporti più ampi, l'operatore può tenere in considerazione il rapporto
televisivo lasciando spazi vuoti nell' inquadratura. Attualmente molti film sono distribuiti su laserdisc nel
formato "letterbox" che si avvicina all'immagine più ampia del grande schermo e anche le stazioni
televisive via cavo stanno iniziando a programmare queste versioni di film classici panoramici.
IL CINEMA DI EXPLOITATION E GLI ESPERTI DI "FILM STRANI"
Fin dagli anni Settanta, i film di exploitation sono divenuti oggetto di culto. Alcuni appassionati trovano
esilaranti i dialoghi interminabili, le interpretazioni legnose e la tecnica approssimativa. Questa filosofia
del così-brutto-da-essere-bello è stata resa popolare da The Golden Turkey Awards di Harry e Michael
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Medved (Putnam, New York, 1980). Altri estimatori considerano i film di exploitation una sfida diretta
all'idea di normalità espressa dalla Hollywood mainstream: nata nell'epoca del Punk e della musica No
Wave, questa concezione della tecnica grossolana e del cattivo gusto come portatori di un potenziale
sovversivo è esemplificata in lanzine come «Film Threat» e «That's Exploitation!». Con la recente
disponibilità in video di materiale di exploitation, una sottocultura "psicotronica" è cresciuta attorno a film
violenti, vecchi o più recenti. 16 – Parte sul Neorealismo
ITALIA: NEOREALISMO E OLTRE
La tendenza cinematografica più importante dell'epoca apparve in Italia negli anni 1945 -1951: il
neorealismo. Esso non fu un movimento così originale o compatto come si è a lungo pensato, ma senza
dubbio creò un diverso approccio al cinema di finzione ed ebbe enorme influenza sul cinema di altri Paesi.
LA PRIMAVERA ITALIANA
Con la caduta di Mussolini, l'industria cinematografica italiana perse il suo centro organizzativo e molte
case di produzione dovettero ridimensionarsi. Mentre le società interne tentavano di sopravvivere, il
cinema neorealista si impose come una forza di rinnovamento culturale e sociale. Durante il declino del
regime fascista era affiorato un impulso realista: Quattro passi tra le nuvole (di Alessandro Blasetti,
1942), I bambini ci guardano (di Vittorio De Sica, 1943), Ossessione (di Luchino Visconti, 1942)
portarono alcuni autori a concepire un cinema nuovo. Dopo la liberazione nella primavera del 1945, la
gente di ogni classe divenne ansiosa di rompere con il passato e i registi furono pronti a farsi testimoni di
quella che fu chiamata "primavera italiana". Il "nuovo realismo" era arrivato e nasceva dal contrasto con
molti dei film che li avevano preceduti: il cinema italiano era rinomato in tutta Europa per le sue
meravigliose scenografie in studio, ma gli studi statali di Cinecittà avevano subito pesanti danni durante
la guerra per cui i cineasti si spostarono nelle strade e nelle campagne. Un'altra novità era l'esame critico
della storia recente. I film neorealisti proponevano storie contemporanee con una prospettiva da "fronte
popolare": la trama di Roma città aperta (di Roberto Rossellini, 1945) era ad esempio ispirata a eventi
reali avvenuti nell'inverno 1943-1944. I protagonisti sono coinvolti nella lotta contro le truppe tedesche
che occupano Roma. Paisà (1946), di Rossellini, offre una visione caleidoscopica dell'entrata degli Alleati
in Italia e mette a fuoco non solo la lotta fra i partigiani e le forze occupanti ma anche le tensioni, le
incomprensioni e le" occasionali affinità che sorgevano tra la popolazione e le truppe americane. Il tema
della differenza tra lingue e culture ha in Paisà la stessa importanza degli eventi storici da esso
raccontati. Ben presto i cineasti passarono dall' eroismo partigiano a problemi sociali contemporanei,
come la divisione della società in fazioni contrapposte, l'inflazione e la disoccupazione crescente. Poche
opere neorealiste rappresentano il dopoguerra in modo più vivido di Ladri di biciclette (di Vittorio De Sica,
1948): storia di un operaio la cui sussistenza dipende dalla sua bicicletta. Il film mostra la brutale
rapacità della vita nel dopoguerra. Il protagonista, Ricci, si rivolge a ogni istituzione ma nessuno è in
grado di recuperare la bicicletta rubata e molti sono indifferenti alla sua tragedia: con il figlio Bruno è
costretto a vagare per la città in un'inutile ricerca. Nel film, a questa critica sociale fa da contrappunto la
disintegrazione della fiducia tra padre e figlio: il momento cruciale si ha quando, in preda alla
disperazione, Ricci cerca di rubare a sua volta una bicicletta e Bruno lo guarda in preda allo shock di chi
vede crollare tutte le illusioni sul proprio padre. A Ricci è risparmiato l'arresto e Bruno, che ora accetta
dolorosamente la fragilità del padre, riafferma il suo amore prendendolo per mano. Lo sceneggiatore del
film, Cesare Zavattini, aveva espresso più volte il desiderio di fare un film che si limitasse a seguire un
uomo per novanta minuti della sua vita: Ladri di biciclette non è questo, ma all'epoca fu visto come un
passo verso l'idea di Alicata e De Santis di seguire il «passo lento e stanco» dell'operaio.
Alcuni film esplorarono i problemi della vita rurale; la più nota è La terra trema di Visconti - libero
adattamento di I Malavoglia di Giovanni Verga - , che ritrae la sfortunata ribellione di un gruppo di
pescatori siciliani contro i grossisti di pesce che li sfruttano. Nel 1948, la "primavera italiana" si concluse
con la sconfitta alle elezioni dei partiti liberali e di sinistra e l'Italia si spostava verso un'economia europea
di tipo moderno. L'industria del cinema scoprì di poter esportare film perfino negli Stati Uniti.
Gran parte dei film neorealisti ritraevano un Paese desolato e colpito dalla povertà e ciò faceva
infuriare politici ansiosi di dimostrare che l'Italia era sulla via della democrazia e della prosperità. La
chiesa cattolica condannò molti film per il loro anticlericalismo e per il modo in cui descrivevano la vita e
le abitudini sessuali della classe operaia, mentre la sinistra ne attaccava la mancanza di un'esplicita
dichiarazione di fede politica. Poche opere neorealiste furono popolari presso il pubblico: gli spettatori si
lasciavano attrarre più volentieri dai numerosissimi film americani in circolazione. Il sottosegretario allo
spettacolo Giulio Andreotti trovò il modo di rallentare l'avanzata dei film americani frenando allo stesso
tempo gli imbarazzanti eccessi del neorealismo: nel 1949, la "legge Andreotti" fissò limiti alle
importazioni, ma pose anche le basi per fornire prestiti alle case di produzione. Per concedere un prestito,
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tuttavia, una commissione statale doveva approvare la sceneggiatura, e i film privi di un punto di vista
politico erano premiati con somme maggiori. Ancor peggio, a un film poteva essere negata la licenza di
esportazione se «diffamava l'Italia». La legge Andreotti aveva insomma creato una censura preventiva.
La mossa coincise con un generale abbandono del neorealismo più "puro” così alcuni autori
cercarono e un'ambientazione neorealista girando melodrammi e storie d'amore tradizionali in regioni
che offrissero un colore locale pittoresco. Emerse anche il "neorealismo rosa", un cinema che inseriva
personaggi della classe operaia negli schemi della commedia populista in stile anni Trenta. In questo
scenario, l'Umberto D di De Sica e Zavattini (1951) - che descriveva la vita solitaria di un pensionato –
non poteva non colpire i funzionari come una pericolosa regressione: il film inizia con una scena in cui la
polizia disperde una dimostrazione di vecchi pensionati e si chiude col fallimento del suicidio di Umberto.
INNOVAZIONI NARRATIVE
All'inizio degli anni Cinquanta l'impulso neorealista era ormai esaurito e presto emersero molte posizioni
critiche. Una corrente vedeva nel neorealismo un' informazione impegnata, un'altra posizione metteva
invece l'accento sulla dimensione morale dei film. Una teoria più astratta, sostenuta dai critici francesi
André Bazin e Amédée Ayfre, si concentrò su come l'approccio documentaristico del neorealismo
rendesse lo spettatore consapevole della bellezza della vita di ogni giorno riprendendo le idee di Cesare
Zavattini, che voleva un cinema che presentasse il dramma nascosto negli eventi quotidiani. Gran parte
degli storici del cinema ritiene il neorealismo un momentO importante non solo per le sue posizioni
politiche e la sua visione del mondo ma anche per le innovazioni nella forma cinematografica. Si ritiene di
solito che il tipico film neorealista sia girato in esterni, con attori non professionisti e inquadrature grezze,
improvvisate, ma in realtà i film con queste caratteristiche sono ben pochi: la maggior parte delle scene
in interni è girata in set ricostruiti in studio e illuminati con cura e il dialogo è quasi sempre doppiato,
permettendo un controllo anche a riprese ultimate. Se alcuni interpreti sono effettivamente non profes-
sionisti, più comunemente si ha quella che Bazin chiama la tecnica dell' «amalgama», in cui attori non
professionisti sono mescolati a divi come Anna Magnani e Aldo Fabrizi e molti film sono montati
rispettando le norme dello stile classico hollywoodiano. Le scene contengono fluidi movimenti di
macchina, un nitore impeccabile e un'azione scandita su più piani. È tipico del cinema neorealista l'uso di
maestose colonne sonore. Le maggiori innovazioni del neorealismo risiedono nell'articolazione del
racconto: un motivo ricorrente è quello della coincidenza. Questi sviluppi narrativi, che rinnegano illogico
concatenarsi degli eventi tipico del cinema classico, sembrano più obiettivamente realistici e riflettono la
casualità degli incontri nella vita quotidiana. A questa tendenza va aggiunto l'uso massiccio dell'ellissi:
i film neorealisti spesso trascurano le cause degli eventi a cui assistiamo. L'allentarsi della linearità della
trama è forse più evidente nei finali volutamente irrisolti: a metà di Roma città aperta, Francesco sfugge
ai fascisti, ma poi non se ne sa più nulla; in Ladri di biciclette, Ricci e Bruno si perdono tra la folla senza
aver ritrovato la bicicletta: come tireranno avanti, il film non lo dice. Il risultato sembra sempre una mera
sequenza di eventi: la scena B segue alla scena A semplicemente per il fatto di essere avvenuta dopo,
non perché la scena A ne sia la causa. Gran parte di Ladri di biciclette ruota attorno alla ricerca della
bicicletta rubata, dal mattino al tardo pomeriggio, seguendo la cronologia della giornata. Anche le
sequenze finali di Germania anno zero (947), il terzo film di Rossellini nel dopoguerra, sono caratterizzate
da questo andamento episodico: il piccolo Edmund - che riassume in sé la confusione morale della
Germania sconfitta - abbandona la famiglia e vaga per le strade di Berlino; gli ultimi quattordici minuti
del film lo seguono attraverso un'unica notte fino al mattino successivo, concentrandosi su avvenimenti
casuali. Edmund guarda una prostituta che lascia un suo cliente, vagabonda tra le rovine degli edifici, fino
a quando si uccide buttandosi dalla cima di un edificio semidistrutto dopo aver visto portare via la bara di
suo padre. Benché il suicidio sia una conclusione narrativa tradizionale, Rossellini ci conduce a esso
attraverso un film fatto di avvenimenti quotidiani, colti quasi per caso. Davanti a una trama che consiste
di fatti privi di un reciproco nesso causale, lo spettatore non sa più distinguere tra "scene madri" e
momenti di passaggio: il racconto neorealista tende ad "appiattire" tutti gli eventi allo stesso livello, In
Umberto D, una scena è dedicata al risveglio della cameriera che inizia il suo lavoro quotidiano in cucina:
Bazin elogiò l'indugiare della macchina da presa su "micro-azioni" insignificanti che il cinema tradizionale
non mostra mai. Il neorealismo si sforzava di descrivere la vita comune in tutte le sue sfumature. In
Paisà scene vagamente comiche o patetiche si alternano a esplosioni di violenza. Probabilmente l'esempio
più famoso di commistione di toni in film dell'epoca è la scena della morte di Pina in Roma città aperta;
Rossellini inizia la scena con una forte suspense quando i soldati tedeschi circondano un blocco di edifici e
iniziano a cercare partigiani nascosti. Il tono cambia di nuovo quando Pina vede che i tedeschi hanno
catturato Francesco, il suo uomo, e lo stanno portando via con un camion. Si libera dalle guardie e corre
dietro al camion. Improvvisamente si sente una raffica di mitragliatrice. Nell'inquadratura seguente, vista
dagli occhi di Francesco, Pina è colpita e cade. Inizia una musica cupa. (In un film più classico, Francesco
avrebbe visto l'assassino di Pina e avrebbe passato il resto del film a cercare la vendetta. Ma qui Pina è
abbattuta da una raffica anonima e l'identità dell'assassino non è mai rivelata. Inoltre Pina è stata
presentata come la protagonista del film e la sua morte improvvisa costituisce una sorpresa alla quale nel
1945 ben pochi spettatori erano preparati). Le soluzioni narrative e stilistiche del neorealismo ebbero
grande influenza sul cinema moderno internazionale che sarebbe sorto di lì a poco.
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