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Anche il cinema dell'istituzione, però, si è sviluppato assieme ad altre forme istituzionali attraverso

rapporti intermediali. Esso si realizza prima di tutto attraverso lo sfruttamento dei “generi”, intesi come

serie culturali che nascono attraverso il tramite necessario della sua materializzazione in quel o in

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quell'altro medium. In questo caso medium e serie culturale possono entrambi essere considerati

istituzioni, ma in senso diverso: il medium, infatti, è un'istituzione in quanto «fascio di determinazioni

che regola la produzione di senso selezionando, gerarchizzando e strutturando i modi di produzione di

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senso che saranno messi in opera» ; il genere come serie culturale, invece, è piuttosto un «modello

istituzionale di produzione di senso» (Denis Simard).

Cineasti o cinematografisti?

Alle problematiche connesse alla cinematografia dei primi tempi citate in precedenza, si aggiunge la

forzatura comune di circoscrivere i primi cinematografisti come Porter, Méliès o Lumière nella

fatto che il termine “cineasta” appare, in

definizione di cineasti. Questa forzatura non dipende solo dal

realtà, solo verso la fine degli anni Dieci, affermandosi, in ogni caso, molto più tardi, ma anche dal

fatto che il significato della parola “cineasta” risulta estraneo alle istanze filmiche nell'epoca della

cinematografia-attrazione. Il termine che ricorre più spesso agli inizi per designare l'operato dei primi

cinematografisti è piuttosto quello di “operatore”: inizialmente la parola designava l'istanza

responsabile della messa in film mentre successivamente, quando i film hanno cominciato a diventare

più complessi poiché composti da molteplici piani, quando il metraggio è aumentato etc., le operazioni

si sono moltiplicate perciò la fabbricazione di vedute animate ha richiesto una maggior numero di

interventi, si è affermata l'espressione metter en scène che, partita da un significato assai ristretto

(indicante esclusivamente il lavoro di regolazione dell'azione da filmare), ha finito poi con l'espandersi,

acquisendo la sua pienezza di significato nell'epoca della cinematografia-attrazione.

I campi dell’intervento cineastico

Per realizzare un film sono necessarie una serie di operazioni che l'autore del libro chiama “campi

dell'intervento cineastico”, ovvero: il profilmico, il filmografico/riprese e il filmografico/post-riprese.

Queste tre operazioni si realizzano attraverso la manipolazione di tre dispositivi che corrispondono

ciascuno a un campo di attività legato alla produzione del film:

1) il dispositivo profilmico, che si può identificare con la messa in scena;

2) il dispositivo di ripresa, che si identifica con la messa in quadro;

3) il dispositivo di trattamento delle immagini (già girate), che si identifica con la messa in catena.

L’arte del cinema, l’arte al cinema e un nuovo ordine proto-istituzionale

Un'altra questione è capire se la cinematografia-attrazione possa essere considerata un'arte. Essa, in

quanto non ancora istituzione, non ha né legittimazione artistica, né riconoscimento sociale, pertanto

non può essere ritenuta una forma d'arte. D'altra parte, nell'epoca delle vedute animate, l'unica

istanza riconosciuta non è né l'attore, né il film o l'autore, ma l’“esibitore”, il suo “autore secondo” che

mostra agli spettatori il programma che ha preparato l'autore secondo una pratica che non ha valore

artistico o che non è mai stata riconosciuta socialmente come tale. In questo senso, per far sì che il

cinema acquisisca valore artistico, sono necessari tre aspetti che esso acquisterà durante il processo

d'istituzionalizzazione, ossia: la stabilità, la specificità e la legittimità. La stabilità consiste nella

regolamentazione e nel consolidamento dell'istituzionalizzazione al livello delle relazioni tra i diversi

attanti; la specificità consiste nella selezione di pratiche proprie al medium in questione, che

permettano di differenziarlo dagli altri mentre la legittimità costituisce l'instaurazione di discorsi e

approche historique. De l’intéret du dialogue, “Ars semeiotica”, vol.

1 R. Odin, Approche sémio-pragmatique,

XVII, n. 1-4, 1994, p.28. 4

meccanismi che sanzionino queste relazioni e queste pratiche. La costituzione di un nuovo ordine

proto-istituzionale risale al 1914-1916, mentre il processo che porta a questa istituzionalizzazione

comincia più o meno nel 1907-1908, attraverso una serie di condizioni oggettive quali: la creazione di

giornali corporativi dedicati esclusivamente alla cinematografia; il passaggio che porta dalla vendita

dei film al loro noleggio e la fondazione di alcuni organi di controllo nazionali e internazionali che

agevolano l'unificazione e la standardizzazione.

Condizioni soggettive e genealogia delle forme filmiche

L'instaurazione di questo ordine istituzionale necessita, però, anche di condizioni soggettive: occorre,

prima di tutto, abbandonare la concezione puramente strumentale del cinematografo, inteso come

semplice apparecchio di riproduzione e registrazione. Un'altra condizione soggettiva importante,

inoltre, è il grado di prossimità nei confronti delle rispettive serie culturali di appartenenza della

kinetografia di Edison (che si situa in continuazione con la cronofotografia) e la cinematografia dei

Lumière (che si situa nell'ambito dell'istituzione fotografica), mentre la pratica di Méliès si situa nel

quadro dello spettacolo scenico. Ciascuna di queste serie culturali ha delle proprie regole e

convenzioni, alle quali Edison, Lumière e Méliès si sottomettono. In tal senso il percorso effettuato dai

fratelli Pathé è del tutto diverso rispetto ai tre sopraccitati: infatti, mentre Edison, Lumière e Mèliès

inscrivono il cinematografo in una serie culturale estranea al cinema, i Pathé si muovono in una

direzione diversa. Essi non avevano alcun legame istituzionale forte con una qualsiasi serie culturale,

pertanto hanno potuto realizzare una specie di laboratorio di sperimentazione e di ricerca, all'interno

del quale hanno sviluppato più liberamente i fermenti dell'istituzione, attraverso nuove proposte

estetiche nel campo della messa in scena, della messa in quadro e della messa in catena.

CAPITOLO II - BRIGHTON 1978, PRIMA E DOPO 5

Il cinema delle origini rappresenta il soggetto di studio che, in ambito cinematografico, riscuote più

interesse da parte dei ricercatori che, riuniti in associazioni internazionali, hanno prodotto numerose

pubblicazioni e organizzato importanti convegni. Dedicati al cinema dei primi tempi sono anche i

festival internazionali sul cinema muto come, ad esempio, le Giornate del Cinema Muto di

Pordenone/Sacile e la preparazione di un'enciclopedia esclusiva in materia.

Il convegno di Brighton del 1978 e il capovolgimento di prospettiva

Punto di partenza di questo interesse è stato, però, il convegno “Cinema 1900-1906”, tenutosi a

Brighton nel 1978, in occasione del quale furono proiettati quasi seicento film, provenienti da una

quindicina di cineteche di tutto il mondo. L'importanza di questo convegno è determinata

essenzialmente da due ragioni: la volontà degli archivisti e dei ricercatori di recuperare dagli archivi

vedute non più proiettate da decenni e la volontà degli stessi di rendere gli archivi più accessibili

rispetto al passato. Ciò ha anche contribuito a mettere in discussione molte idee date ormai per certe

sulla cinematografia dei primi tempi: infatti i ricercatori della nuova generazione cominciano a

schierarsi contro la storia “tradizionale”, caratterizzata da una concezione idealista del cinema, dove

ogni evento è considerato la fase di un modello ideale, sostenendo che tale concezione deformava la

realtà del cinema delle origini. I nuovi ricercatori hanno, pertanto, operato un radicale cambiamento di

prospettiva nell'approccio di studio, adottando come paradigma comune quello del “linguaggio

cinematografico”, la cui definizione si ricava a partire dalla struttura del testo filmico, eliminando i

riferimenti al contesto e gli aspetti normativi che avevano tradizionalmente accompagnato da nozione

di “linguaggio cinematografico”.

Alleanza teoria/storia e archivisti/ricercatori

La ricerca sul cinema delle origini, inoltre, ha operato uno svecchiamento della riflessione sulla storia

del cinema, attraverso la critica del lavoro degli storici tradizionali; in questo senso, i nuovi storici,

contrariamente a quelli della vecchia generazione, non hanno più giudicato il cinema delle origini sulla

base delle norme del cinema narrativo-classico o considerato l'esistenza di un solo codice linguistico

specifico del cinema. Un altro contributo importante è l'alleanza tra gli archivisti e i ricercatori che ha

permesso un rinnovamento sia nel campo degli archivi che in quello della ricerca, dando luogo a una

nuova forma di collaborazione tra questi due ambiti. Un altro fattore determinante è, inoltre,

l'istituzionalizzazione degli studi cinematografici che ha permesso il consolidarsi del sapere sul

cinema, oltre che il suo rinnovamento e la sua specializzazione: i nuovi ricercatori, infatti, sono

particolarmente esigenti riguardo l'affidabilità delle fonti, pertanto si è assistito allo sviluppo degli

strumenti metodologici che ha permesso miglioramenti anche negli archivi e nel lavoro degli studiosi.

Gli storici della nuova generazione, quindi, reinterpretano l'oggetto storico in modo diverso dagli storici

precedenti, adottando nuovi punti di vista in base ai quali considerare i fenomeni.

Problematica della periodizzazione

Questi nuovi punti di vista, allo stesso tempo, delimitano nuovi campi di ricerca e determinano

l'emergere di nuove questioni come, ad esempio, la problematica della periodizzazione, ossia la

tendenza, comune a tutti gli storici delle generazioni precedenti, di conformare la realtà empirica al

ritmo di calendario, collocando gli eventi in una successione di dieci o quindici anni, con mutamenti

che tendono a situarsi proprio nel passaggio ai vari decenni successivi. Numerose le obiezioni che

potrebbero sollevarsi contro tale metodologia: ad esempio, è legittimo chiedersi se lo storico abbia un

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effettivo diritto di decretare, in modo del tutto arbitrario, che un film del 1926 debba situarsi nello

stesso raggruppamento di un film del 1920, mentre un film del 1918, sebbene prossimo al 1920,

debba, invece, essere collocato nella fase o periodo precedente.

La questione della relativizzazione

Un altro aspetto importante ch

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Publisher
A.A. 2013-2014
10 pagine
8 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Valja di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Semiologia del cinema e degli audiovisivi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Mancino Anton Giulio.