Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
NEET
Povertà in crescita e anche quella minorile in crescita
Working-poor: persone che lavorano in maniera discontinua, che pur
lavorando non riescono a mantenere un tenore di vita accettabile. Questo si
vede anche a San Francisco (è la città simbolo, l’affitto medio per un bilocale
è altissimo, un guadagno medio non basta, perché il costo della vita è
davvero alto). Crescita il fenomeno degli homeless (sia con lavoro che
senza).
Alcuni decidono di pagare l’abbonamento in palestra, e lavarsi li.
Molte proteste a San Francisco.
Sebbene con tendenze non sempre univoche nel corso dei decenni che, per
esempio, hanno visto crescere molto la presenza delle donne nel mercato del
lavoro, attualmente il tasso di occupazione di queste e quello dei giovani
continua ad essere più basso e quello di disoccupazione più elevato
rispetto alla maggior parte dei paesi.
Tre ricerche:
PRIMA RICERCA: lavoro atipico ed autonomia giovanile, l’insicurezza
lavorativa dei giovani
Autonomia abitativa: una delle forme di autonomia più studiata tra le forme
di autonomia. In Italia i giovani escono di casa del genitori più tardi rispetto
agli altri paesi Europeri, anche perché non c’è un modello universitario fatto
di campus universitari. In Italia il modello dell’università è diverso, c’è l’idea
dell’università è periferica, non c’è la logica dello studente fuorisede, non ci
sono i campus dedicati. Questo anche perché ci sono tante università di
centri minori (all’estero ci sono poche grande università in grosse città
attrezzate per i campus), e spesso queste università hanno una qualità
minore rispetto a quelle delle grandi città. Questo sommato a che abbiamo
poche persone che fanno l’università comporta che i ragazzi escono di casa
molto tardi o non escono proprio. In generale si ritarda l’uscita di casa e poi
c’è il fenomeno recentissimo dei rientri a casa (dopo un periodo di uscita
iniziale magari subito dopo l’università o durante i primi lavori). Tutto ciò ha
affetti psicologici e sociologi molto forti.
Tempo fa l’uscita di casa era legata al matrimonio, oggi non è così ma sono
sempre più frequenti i ritorni. Dai noi tutto ciò è legato a vincoli strutturali,
non sono scelte personali dei giovani. La generazione dei nostri nonni era
quella che usciva di casa in conflitto, quella dei nostri genitori usciva ma con
rapporti pacifici e sereni, dalla nostra in giù si stanno creando delle
dinamiche tra genitori e figli anche un po’ morbosi.
L’uscita di casa non è solo più posticipata (come emergeva da precedenti
ricerche in Italia), ma è spostata molto in avanti ed è più “sognata” che
progettata.
Tutto è concentrato sul presente e l’autonomia assume una connotazione
limitata nello spazio e nel tempo, che non porta alla decisione di uscire dalla
famiglia di origine
Questo soprattutto accade per l’instabilità lavorativa (l’autonomia economica
si può perdere e riacquistare più volte). Il lavoro stabile ed un reddito sicuro
sono elementi ritenuti fondamentali per i giovani per poter compiere la
transizione verso la vita adulta. L’autonomia economica risulta fortemente
collegata alle irregolarità dei pagamenti e all’inadeguatezza del reddito, non
compensati da un adeguato sistema di Welfare e da un mancato accesso alla
disoccupazione (il risparmio per temporanee emergenze è possibile sono con
l’aiuto dei propri genitori). Tutto ciò porta ad una perdita sia dell’autonomia
abitativa, che economica.
Anche la famiglia spesso è protettiva nei confronti dei giovani, e ne rafforza
al contempo la dipendenza. Gli intervistati non si sentono emarginati e
continuano ad avere le stesse pratiche di consumo e stili di vita dei coetanei,
inoltre si sentono svantaggiati rispetto alla generazione precedente.
Si sentono esclusi e abbandonati (dalla politica, dal lavoro, dai ruoli adulti,
genitoriali ecc)
Tutte queste dinamiche creano percorsi che schiacciano l’orientamento
temporale, rendono difficile la progettualità, in queste condizioni è più
difficile fare progetti, dobbiamo muoverci su un terreno che cambia in
continuazione, la reazione è fare strategie a breve, perché non si sa cosa
succederà nel tempo.
“L’intrappolamento lavorativo” ha forti conseguenze rispetto ai corsi di vita
degli individui (Il lavoro atipico spesso è diventato una “trappola”)
L’insicurezza lavorativa è vista sia da un punto di vista soggettivo (paura
di non trovare lavoro o perderlo) che oggettivo (difficoltà di entrare nel
mercato del lavoro)
SECONDA RICERCA: la permanenza nel mercato del lavoro degli adulti:
famiglia e lavoro nella transizione alla genitorialità
Ricerca sulle politiche di conciliazione. Ricerca che ha intervistato 17
coppie genitoriali (in cui tutti e due lavorano, con salario dell’uomo
mediamente più alto, nella maggior parte dei casi con una laurea o
un’occupazione qualificata) prima della nascita del bambino e subito dopo
per capire che tipo di strategie e ipotesi di conciliazione avevano fatto prima
della nascita e dopo la nascita.
Spesso la nascita del primo figlio viene vista come un punto di svolta, intorno
al quale gli individui ridefiniscono priorità, preferenze e propri ruoli circa la
partecipazione e l’impegno del mercato del lavoro.
I risultati della ricerca permettono di capire come le scelte individuali poi si
modificano al confronto con i vincoli della struttura, ovvero prima si vedono
le loro aspettative e poi come si sono trovate davanti ai vincoli strutturali.
Con gli intervistati poi si misurano i gap tra il percorso che volevano
costruirsi e quello che poi hanno fatto realmente a seguito dei vissuti e dei
vincoli ce hanno incontrato.
Utilizzo scarso del congedo parentale da parte degli uomini, c’è l’idea diffusa
che il bambino abbia bisogno della madre nei primi anni di vita.
TERZA RICERCA: l’uscita del mercato del lavoro in Italia
Ricerca che riguarda l’uscita del mercato del lavoro, si sta discutendo ancora la
riforma delle pensioni, i dati ci dicono che le donne a parità di titoli di studio
vanno in pensione più tardi rispetto agli uomini perché hanno avuto più
interruzioni lavorative, ci mettono di più ad accumulare i contributi per la
pensione, ecco perché in alcuni sistemi pensionistici si sceglie un’età minima
inferiore di pensionamento per le donne (ma sarebbe meglio intervenire sulla
maternità piuttosto che generalizzare, non tutte le donne hanno figli)
Donne vanno più tardi in pensione per interruzioni (per maternità o buchi dopo
la maternità)
Al sud il pensionamento avviene più tardi, perché ci sono più discontinuità
lavorative (ma ora la discontinuità è diventata la norma, per questo va
ripensato il sistema pensionistico, che invece è costruito sull’idea di percorsi
lavorativi lineari)
In passato si sono fatte molte politiche che puntavano al prepensionamento:
secondo il principio “giovani dentro, vecchi fuori”, (fino al 1980) ma un
sistema di questo tipo non è in grado di reggere l’enorme spesa sociale,
soprattutto in seguito all’aumento della speranza di vita.
WELFARE STATE: come cambia
Distinzione tra: “Vecchi rischi” sociali e “nuovi”
rischi sociali
PRIMA (vecchi rischi sociali): Erano costruiti sulla struttura del
mercato del lavoro che avevamo. Prima il rischio sociale nella società
industriale era non trovare lavoro oppure perderlo. Sistema di welfare
costruito di conseguenza era basato sul lavoro (tutela della
disoccupazione ad esempio, lo stato interveniva per proteggere a seguito
della perdita del lavoro).
Centralità della produzione industriale e manifatturiera (società
industriale)
I rischi sociali rimandavano a condizioni potenziali di bisogno che
possono emergere nel corso della vita delle persone, e che
risultavano centrali nell’ambito della società industriale. Tali bisogni
spaziano dalla vecchiaia, alla malattia, alla disoccupazione. C’era anche il
welfare universalista che proteggeva in ambito della salute e accesso
all’istruzione (copertura di tutti i bisogni base). Sistema di Welfare basato
in larga misura sul lavoro, la pensione era di chi aveva lavorato, infatti
pensioni di reversibilità
c’erano anche le : la donna muore dopo
(statistiche) e normalmente l’uomo ha lavorato tutta la vita, per questo
c’è questa pensione a favore della donna, dato che aveva lavorato solo
l’uomo. Alla morte di una persona, la pensione pur ridotta c’è per la
donna. Un modello sulla base del quale si sono costruiti i nostri bisogni di
protezione sociale.
Forte stabilità dei nuclei famigliari e centralità del modello men bread-
winner
Lavoro sicuro del capofamiglia maschio che garantiva un reddito per
tutto il nucleo famigliare, divisione stabile dei ruoli famigliari, garanzie di
protezione tramite il welfare
ADESSO (nuovi bisogni diversi): I “vecchi” rischi sociali continuano a
persistere nelle società attuali post-industriali: tuttavia accanto ad essi, si
sono diffuse e sviluppate “nuove” forme di rischio sociale all’interno dei
corsi di vita delle persone.
I nuovi rischi sociali rimandano a condizioni potenziali di bisogno che
possono emergere nel corso della vita delle persone e che si sono
sviluppate a fronte dei profondi processi di mutamento a livello socio-
demografico e socio-economico caratterizzanti il passaggio dalla società
industriale a quella post-industriale es: (a partire da metà degli anni 70)
1. Conciliazione cura-lavoro (a fronte della diffusione di modelli
familiari dual-earner). Conseguenza della partecipazione femminile
al mercato del lavoro (o comunque aumento della propensione
delle donne a lavorare), indebolimento delle reti famigliari,
innalzamento dei livelli di scolarità, nuovi modelli famigliari più
fragili, diffusione di modelli dual-earner o con solo un adulto e un
minore
2. Bisogni di cura delle persone non autosufficienti (conseguente
all’allungamento della vita delle persone)
3. Rischi di intrappolamento in stati di disoccupazione lavorativa (a
fronte di obsolescenza nelle competenze professionali, innovazione
tecnologica, competizione internazionale)
4. Impieghi pr