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Spagna le sorti in breve tempo precipitano a seguito dei contrasti e dei cruenti scontri armati che si
ingenerano, al loro interno, tra comunisti di stretta osservanza sovietica e anarchici e trockisti, con
la conseguenza della vittoria dei ribelli franchisti che instaurano un regime totalitario sul modello di
quello italiano, alla guida del generale Franco che assume poteri dittatoriali e si mantiene al vertice
dello Stato per molti anni, praticamente fino al tramonto di questa esperienza politica autoritaria in
Spagna. E’ il 1939: di lì a pochi mesi sta per scoppiare il conflitto mondiale.
Prime fasi del conflitto
La Germania procede incontrastata nella sua politica di annessioni territoriali tendente a una
rapida ricostituzione della potenza militare tedesca e nel far ciò viene paradossalmente agevolata
dalla già accennata politica di concessioni attuata da Francia e Inghilterra. Un accordo col primo
ministro inglese Chamberlain conduce, infatti, Hitler a soggiogare rapidamente la Cecoslovacchia
e ad apprestarsi all’occupazione di Danzica e dell’area che separa la Germania orientale dal resto
del paese. Nell’agosto del ’39, intanto, il “patto di non aggressione” siglato tra le due potenze rivali
di Russia e Germania, toglie a quest’ultima ogni perplessità circa l’aggressione alla Polonia,
evento che non tardò a giungere di lì a pochi giorni, esattamente l’1 settembre del 1939, data che
appunto segna l’avvio della seconda guerra mondiale. La strategia adottata dai generali di Hitler fu
quella della guerra lampo, che prevede pesanti bombardamenti dell’aviazione e la penetrazione
terrestre tramite il coordinamento di speciali divisioni corazzate, strategia che dà rapidamente i
suoi frutti, consentendo a Hitler di passare, dopo l’occupazione della Polonia, alla Norvegia
attraverso la Danimarca. Intanto l’Unione Sovietica, coerentemente agli accordi prontamente
stipulati con la Germania in vista dell’imminente scoppio del conflitto, si impossessa, sia pur
faticosamente, dei territori della Polonia orientale e della Finlandia. Ancora viva è nella memoria di
politici e strateghi europei l’esperienza della Grande guerra: i Tedeschi devono evitare di ritrovarsi
isolati e privi di rifornimenti, mentre Francia e Inghilterra opta per la guerra su fronti immobili,
sceglie,cioè, di riproporre la strategia della vecchia trincea, ormai tristemente entrata
nell’immaginario collettivo legato a quella disastrosa, quanto inutile esperienza bellica, benché tale
strategia sia apertamente deprecata da molti ufficiali francesi tra cui il giovane Charles De Gaulle.
Ma i generali di Hitler rendono vana questa tecnica di combattimento, dal momento che decidono
di penetrare in profondità il fronte avversario tramite l’avanzamento per divisioni corazzate, in
pratica attraverso i carri armati usati non come supporto alla fanteria, come, invece, avveniva
presso Francesi e Inglesi, ma appunto in modo autonomo, quale rapido strumento di sfondamento
delle linee nemiche. Per prevenire l’ attacco, la Francia erige una lunga linea fortificata che si
snoda appunto lungo il confine franco-tedesco, la linea Maginot. Ma la Germania, forte della
lezione della Grande guerra, pensa bene di aggirare il baluardo, penetrando in Francia da nord,
attraverso Belgio e Olanda, paesi che si sono espressi per il non intervento. Parigi non regge
all’attacco nemico e cade dopo appena un mese di assedio, nel giugno del 1940.
Figura L'esercito del Reich fa ingresso trionfale a Parigi (14 giugno 1940)
La Francia, una delle più grandi potenze militari del mondo, si arrende pochi giorni dopo.
L’esponente di punta del conservatorismo nazionalista francese che si è fermamente mantenuto su
posizioni antisovietiche e filonaziste, il maresciallo Henri Petain, viene messo a capo di un governo
collaborazionista con sede a Vichy, comprendente tutta la Francia centro-meridionale; il resto del
paese, corrispondente a circa i tre quinti del territorio nazionale, passa sotto la diretta
amministrazione tedesca. Dall’Inghilterra, il maggior rappresentante dell’antinazismo francese,
Charles De Gaulle, con un proclama indirizzato alle forze democratiche francesi, le esorta alla
resistenza contro l’oppressore. Mussolini che ha seguito entusiasta i successi di Hitler, fiducioso in
una rapida conclusione di un conflitto che si è aperto con i migliori auspici, il 10 giugno 1940, una
data destinata a divenire memorabile, decide l’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania,
nonostante il parere fortemente contrario espresso dai militari e da una parte dei gerarchi fascisti, i
quali, a ragione, reputano inadeguata la preparazione dell’esercito, debilitato dalle recenti imprese
militari in Etiopia e in Spagna. E, infatti, a dare credito alle tante ragionevoli voci ostili a una simile
decisione, interviene presto il dispiegarsi di una serie di insuccessi riportati dalle truppe italiane in
Africa che hanno presto l’effetto della disastrosa perdita dell’impero che il regime si è da poco
costituito, mentre in Grecia i tentativi di occupazione italiana vengono a scontrarsi con la fiera
resistenza della popolazione locale. La “guerra parallela”, trionfalisticamente proclamata da
Mussolini, non tarda, cioè, a rivelarsi un umiliante disastro e richiede l’intervento riparatore tedesco
che procede appunto a soggiogare la Grecia e a stabilire consistenti presidi aerei tedeschi in
Sicilia, per meglio controllare i movimenti dell’aviazione inglese nel Mediterraneo centrale, ma in
ciò ribadendo la sostanziale subalternità militare italiana nei confronti del Reich, che, invece, sul
continente passa rapidamente e inarrestabile di successo in successo.
Figura Il Furher con Mussolini in visita a Firenze.
Il conflitto si estende al resto d’Europa e al mondo
Portata a compimento, con una rapidità che non può non destare meraviglia, l’occupazione della
Francia, ora il Reich punta a stabilire un patto spartitorio con la Gran Bretagna, considerata da
Hitler della stessa razza ariana e conquistatrice e, dunque, non meritevole di una conquista feroce
e violenta, che viene, invece, riservata ai popoli classificati inferiori, in base alle note e aberranti
teorie sulle razze, e, quindi, da ridurre allo stato servile, se non addirittura da cancellare. Ma il
quadro dei rapporti tra i due paesi muta profondamente con l’arrivo alla guida del governo
britannico del nuovo premier Churchill, il quale, conservatore e imperialista, animato da un
profondo spirito antinazista, abbandona la politica dell’accordo ad ogni costo (appeasement) fin qui
praticata dal precedente governo, e stipula un’alleanza con i sovietici, appunto in funzione
antitedesca. E’ a questo punto che la Germania, abbandonati i più miti propositi, decide l’invasione
dell’Inghilterra. Si avvia, così, “l’Operazione Leone marino” che prevede un pesante
bombardamento di Londra e delle principali città inglesi, un bombardamento spietato condotto a
tappeto che, quanto agli obiettivi, è del tutto noncurante della distinzione tra impianti bellici e aree
abitate dalla popolazione civile: è la chiara affermazione di una strategia di guerra nuova che
segna la scomparsa del fronte quale linea di demarcazione tra sicurezza e pericolo e segna
l’ingresso sul palcoscenico della Storia dell’immagine spietata di uomini che agiscono
barbaramente, avvalendosi di armamenti supertecnologici, che aumentano certo il loro potenziale
distruttivo , ma ne abbassano terribilmente il profilo morale, riducendoli allo stato aberrante di
homo homini lupus, in linea col noto passo biblico che, nel narrare l’uccisione perpetrata da Caino
nei confronti del fratello Abele, adombra la spiccata tendenza, fortemente connaturata all’anima
umana, al massacro dei fratelli, aspetto sinistro, questo, che segna costantemente, senza mai
conoscere tregua, tutta la Storia, a partire appunto dai suoi più remoti albori fino ai secoli più
recenti, in cui il progresso tecnologico che apparentemente varrebbe da solo a garantire
benessere e sicurezza, non si coniuga mai a un pari avanzamento dei popoli sul piano etico, il
quale davvero porterebbe alla creazione di un mondo nuovo, rifondato su più solide basi.
La guerra subisce un’ulteriore espansione, allorquando Hitler matura la decisione di aprire un
nuovo fronte ad oriente, con l’obiettivo di attaccare l’Unione sovietica. Questa, infatti, nella
prospettiva ideologica e razziale del fuhrer, condensa l’ideale nazista della guerra da muovere
contro i comunisti, gli Slavi, gli Ebrei. E’ la cosiddetta “Operazione Barbarossa” (giugno 1941) che
prevede un enorme dispiegamento di forze dislocate su un’area vastissima, dal Baltico al Mar
Nero, col coinvolgimento, accanto alle truppe tedesche che rappresentano certo il nerbo degli
schieramenti, anche di quelle italiane, ungheresi, rumene e finlandesi. L’avanzata delle potenze
dell’Asse sembra inarrestabile e si rivela ancora una volta un trionfo, producendo, nei soli primi tre
mesi, ben 3 milioni di vittime e portando alla distruzione di 20 mila carri armati e 15 mila aerei
sovietici.
Figura Soldati tedeschi intenti a liberare un panzer dalla neve durante la gigantesca battaglia di Russia.
Particolarmente atroce è la guerra condotta in Russia dai Tedeschi i quali, col rilievo marcato dato
ai temi razziali, portano a un notevole inasprimento della resistenza sovietica, che viene molto
abilmente ricompattata da Stalin col rilancio dell’antifascismo e del patriottismo russo, che si nutre,
sul piano ideale, di forti referenti culturali, quali le figure storiche degli zar più autoritari e la
memorabile disfatta di Napoleone nella campagna di Russia. Dinanzi all’avanzata dei nemici, i
Russi, come insegna quella gloriosa pagina di Storia nazionale, che aveva garantito al paese la
libertà dalle potenze straniere, fanno terra bruciata. Sia pure faticosamente, Stalin pensa di
spostare le industrie belliche dalle aree periferiche, ove sono senz’altro più esposte ai possibili
attacchi dei nemici, a zone più interne, ove, invece, risultano più protette. Ancora alla metà del
1941, terzo anno di guerra, le sorti sono nettamente favorevoli alla Germania: solo la Gran
Bretagna resiste tenace ai violenti attacchi tedeschi. Tuttavia, alla fine dello stesso anno, le
potenze dell’Asse cominciano a versare in gravi difficoltà per il sopraggiungere dell’inverno russo.
E’ allora che, con la scesa in campo dell’altro componente del patto tripartito, il Giappone, la loro
posizione sembra rafforzata: proprio nel dicembre del ’41 il governo giapponese, dopo aver colpito
le potenze coloniali francese e britannica nei loro possedimenti del sud-est asiatico, decide
appunto l’attacco senza