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sopravvivenza. MECCANISMI DI COMPENSO CARDIACI

↑ Volume telediastolico e telesistolico Ipertrofia del ventricolo sinistro

Aumento della spesa energetica del cuore (Legge di La Place)

Riduzione della gittata sistolica

Meccanismi di compenso extra-cardiaci

Il cuore cerca di compensare la disfunzione ventricolare tramite la dilatazione del ventricolo (per

aumentare il suo volume) e l’ipertrofia delle sue pareti (il muscolo che aumenta il suo spessore, è

capace di uno sforzo maggiore). Un altro meccanismo è l’aumento del volume telediastolico; questo

meccanismo è descritto dalla legge di Starling (quanto più è dilatato il cuore alla fine della sistole,

tanto maggiore sarà la forza con cui si contrarrà successivamente). I meccanismi di compenso a

lungo andare usurano il cuore che deve lavorare sempre con uno sforzo maggiore e la portata

cardiaca si riduce ulteriormente; a questo punto intervengono meccanismi di compenso

extracardiaci (la disfunzione cardiaca coinvolge tutto l’organismo, perché quando in periferia arriva

meno sangue, ogni organo è capace di attivare un meccanismo per cui viene garantita almeno

temporaneamente la propria irrorazione).

MECCANISMI EXTRA-CARDIACI: ATTIVAZIONE NEURO– ORMONALE

Il primo meccanismo di compenso è il sistema renina -

angiotensina – aldosterone che determina vasocostrizione

soprattutto a livello renale (angiotensina è un potente vasocostrittore) e la

produzione di aldosterone da parte del surrene che richiama acqua e sodio. Quindi

l’aumento delle resistenze periferiche ed il richiamo di sodio e acqua,

aumentano la perfusione periferica e per un po’ di tempo si compensa la ridotta capacità del cuore di

espellere sangue. L’altro meccanismo di compenso è dato dall’attivazione del sistema nervoso

simpatico, il quale determina anch’esso vasocostrizione. Ad un certo punto però i meccanismi di

compenso vanno a peggiorare la situazione perché comportano un aumento del volume circolante e

quindi del pre-carico cardiaco, e delle resistenze periferiche (post-carico); tutto ciò rende

difficoltoso il ritorno del sangue al cuore e la funzione ventricolare peggiora ulteriormente. Proprio

perché oggi si conosce questo meccanismo, lo scompenso non si tratta più con farmaci che

aumentano la contrazione cardiaca (tranne nella fase terminale in cui usa la “digitale”), ma farmaci

capaci di ridurre l’azione dei due meccanismi compensatori: gli ACE-inibitori per bloccare il

sistema renina- angiotensina- aldosterone e i diuretici; i beta bloccanti che agiscono sul sistema

nervoso simpatico.

Si parte con la congestione del ventricolo sinistro e si prosegue con l’aumento della pressione di

riempimento (aumento della pressione telediastolica del ventricolo sinistro), poi aumento della

pressione nell’atrio sinistro, congestione polmonare e interessamento non solo del circolo sistemico

ma anche di quello polmonare con aumento della pressione nell’arteria polmonare fino allo

scompenso del cuore destro (si nota un anomalo turgore della giugulare). Quando c’è congestione

polmonare il pz ha dispnea perché la patologia comporta un aumento della trasudazione di liquidi

nell’interstizio e difficoltà del polmone ad espandersi. Inizialmente la dispnea si presenta solo se il

soggetto fa uno sforzo, poi nelle fasi più avanzate, anche a riposo; in questo caso il pz deve restare

sempre nella posizione ortopnoica (seduto) con serie difficoltà nella respirazione se si mette supino.

La complicanza più grave dello scompenso congestizio è l’edema polmonare acuto, in cui i liquidi

negli interstizi passano negli alveoli con insufficienza respiratoria gravissima e letale se non trattata.

SEGNI DI CONGESTIONE POLMONARE:

- Rantoli e ronchi: rumori umidi;

- Sibili: rumori secchi;

- Segni di versamento pleurico

Nello scompenso congestizio c’è quasi sempre turgore della giugulare esterna facilmente valutabile.

Normalmente la giugulare non si vede, ma quando ha difficoltà a scaricare il sangue nell’atrio

destro, si rigonfia per l’aumento dello sforzo che compie e per l’aumento della pressione al suo

interno.

APPROFONDIMENTO: Le vene giugulari sono vene che riportano il sangue carico di anidride

carbonica dalla testa al cuore attraverso la vena cava superiore. Ci sono due generi di vene

giugulari:

- La vena giugulare interna è un tronco venoso che origina alla base del cranio in corrispondenza

del foro giugulare. Dall'origine discende nel collo verso la carotide interna e comune e

interiormente alla vena comune con esse forma il fascio vascolo-nervoso del collo. Termina dietro

l'articolazione sterno-clavicolare ove si unisce alla vena succlavia per formare la vena anonima.

- La vena giugulare esterna corre invece più superficialmente sul muscolo sternocleidomastoideo.

La pressione venosa centrale (giugulare) esprime la gravità dello scompenso; esistono nelle terapie

intensive dei cateteri appositi per la misurazione della pressione venosa centrale. Questo parametro

è indicatore della pressione atriale di destra: si fa una puntura percutanea a livello della vena

succlavia o della giugulare e con la tecnica di Seldinger, si arriva all’atrio destro o a livello

dell’imbocco della cava superiore, e si collega poi il catetere ad un manometro. Normalmente si ha

una pressione di 5-6 mmHg, mentre nei pz con scompenso arriva anche a valori di 15-20 mmHg.

SEGNI DI CONGESTIONE ADDOMINALE: ascite, epatosplenomegalia, ileo. L’ascite è più

frequente nella cirrosi epatica, ma in quest’ultimo caso è dovuto a stenosi dei vasi all’interno del

fegato, mentre nello scompenso, l’ascite è dovuto al fatto che le vene cave non riescono a scaricarsi

nella vena cava inferiore. Oggi l’ascite nello scompensato è rara, perché i pz già dai primi stadi

assumono farmaci appropriati.

CONGESTIONE PERIFERICA: Il segno più comune a livello periferico di scompenso cardiaco è

l’edema agli arti inferiori; spesso il pz oltre ad avere questo gonfiore, ha anche sarcopenia, cioè

riduzione della massa muscolare, perché nelle fasi avanzate della patologia, non si muove, si

alimenta male e la massa muscolare perde il proprio tono e il loro trofismo. Quando la sarcopenia

arriva allo stadio avanzato fino a coinvolgere tutto l’organismo, si parla di cachessia che è una

sindrome pre-mortale.

TERAPIA DELLO SCOMPENSO CARDIACO:

• Trattamento delle malattie causali: cardiopatie ischemiche; ipertensione, ecc.

• Trattamento delle condizioni precipitanti che possono peggiorare la patologia: infezioni,

anemie, ecc;

• Terapia specifica:

-Non farmacologica (dieta iposodica e ipocalorica, riabilitazione basata sull’esercizio fisico);

-Farmacologica;

-Trapianto cardiaco;

Dettagli
A.A. 2014-2015
7 pagine
SSD Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Danielanurse92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Medicina interna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Vigorito Carlo.