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Fisiopatogenesi
Un cuore danneggiato è un cuore rimodellato, che presenterà un deficit di contrattilità
con conseguente riduzione della gittata sistolica e della portata cardiaca. A causa della
riduzione della contrattilità, il sistema tenta di compensare con l’attivazione del RAAS
(perché la riduzione della contrattilità porta a riduzione della perfusione renale) e del
simpatico (perché nonostante la ritenzione idrica c’è ipovolemia vasale). Questi
meccanismi portano ad aggravamento dello scompenso con ulteriore danno del
miocardio. Questa viene definita teoria neuroormonale, secondo la quale vi è uno
sbilanciamento verso i fattori vasocostrittori con conseguente ritenzione di sodio e
acqua e rimodellamento cardiaco, a sfavore dei fattori vasodilatanti e protettivi come
la bradichinina e i peptidi natriuretici. La terapia si basa proprio sul favorire i fattori
protettivi e correggere quelli vasocostrittori.
La performance cardiaca risulta così inficiata, con la possibile comparsa di aritmie.
Terapia
Obiettivi:
aumento della sopravvivenza
riduzione del numero di ospedalizzazioni
miglioramento di sintomi e segni
Che farmaci utilizziamo? Dipende dallo stadio.
Nello stadio A, bisogna correggere i fattori di rischio, ad esempio con un ACE –
inibitore. Questa classe di farmaci blocca l’enzima ACE, con blocco della
formazione di angiotensina 2 che reagisce con i recettori AT1 e AT2. E’ il
farmaco di prima scelta sia perché blocca il RAAS, sia perché aumenta le
bradichinine per inibizione dell’enzima che le degrada (sfruttando questa
azione, si sfrutta l’azione vasodilatante di queste molecole). In questo modo
riducono il precarico e il postcarico, ma anche le ospedalizzazioni, i sintomi e la
mortalità perché bloccano il rimodellamento cardiaco. L’ACE – inibitore si può
usare anche in caso di ipotensione. Si inizia con dosi basse, e dopo 15 giorni si
raddoppia la dose, fino alla massima dose tollerata (questo vuol dire che si
usano alti dosaggi anche nei normotesi). Tra questa classe annoveriamo il
Captopril (meno utilizzato per la sua breve emivita), il Ramipril (si inizia con
2,5 mg, poi dopo 2 settimane si controlla la pressione arteriosa, e si arriva fino
alla massima dose tollerata, ovvero 10 mg), l’Enalapril, il Fosinopril. Se il
paziente ha effetti collaterali a causa degli ACE – inibitori, ovvero una tosse
secca per accumulo di bradichinina, si passa ai sartanici che non sono di prima
scelta ma che bloccano in ogni caso il RAAS (il Valsartan è il più utilizzato). Le
linee guida ci dicono che bisogna darli a tutti i pazienti classe 2°, 3°, 4° NYHA
con una frazione di eiezione <40% in associazione al β-bloccante. E le linee
guida ci dicono che è sempre meglio utilizzare anche basse dosi dell’ACE-
inibitore, invece che non usarlo affatto.
Le controindicazioni degli ACE-inibitori sono:
Stenosi bilaterale dell’arteria renale (ce ne accorgiamo valutando un
o aumento della creatinina, che dimostra un’insufficienza renale, che ci fa
sospettare una stenosi bilaterale dell’arteria renale. Contestualmente
monitoriamo anche i valori del potassio che se sono superiori a 6 mmol/l
dobbiamo ridurre l’ACE-inibitore, ed in caso sospenderlo per evitare
l’ipokalemia).
Gravidanza
o
Le interazioni degli ACE-inibitori sono con:
FANS
o Farmaci nefrotossici
o Sulfametoxazolo + Trimetropin (Bactrim)
o
Se si ha un’ipotensione grave e sintomatica dobbiamo sospendere l’ACE-
inibitore e sostituirlo prima con i nitrati (vasodilatatori venosi) e poi con i
vasodilatatori arteriosi, che hanno un effetto principalmente sul pre-carico. Però
dobbiamo comunque ricordarci di cercare di tenere gli ACE-inibitori per il
maggior tempo possibile.
Nello stadio B, l’ACE – inibitore si associa al β – bloccante (ovviamente il β -
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selettivo). Ciò significa che la terapia comincia già dai primi stadi, anche in
assenza di danno strutturale. Questi vengono associati agli ACE-inibitori,
quando la frazione di eiezione scende al di sotto del 40%. Il β-bloccante riduce il
lavoro del cuore, ed ha effetto riducendo anche la mortalità e le
ospedalizzazioni, perché blocca il rimodellamento cardiaco. Ad alte dosi, la
selettività si perde, infatti i β -selettivi andranno a bloccare anche i recettori β . I
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β-bloccanti più utilizzati sono: Bisoprololo, Carvedilolo, Metoprololo,
Nebivololo (quest’ultimo, in particolare, libera anche NO, e quindi determina
vasodilatazione). Vanno iniziati sempre con una dose bassa (per gli effetti sia
sulla pressione, ma anche sulla pompa cardiaca), ed è bene darli quando il
paziente si è già stabilizzato, per cui dopo almeno 4 settimane dalla scomparsa
dei segni di congestione, ed è una terapia che va continuata a vita. Quindi
iniziamo con una dose bassa e dopo 2 settimane si aumenta fino ad arrivare alla
dose massima tollerata.
Le controindicazioni del β bloccante sono:
Blocchi atrioventricolari
o Bradicardia estrema
o Asma bronchiale (ma considerando il rapporto rischi/benefici, risulta
o essere una controindicazione relativa)
AOCP
o
I β-bloccanti non dovrebbero essere dati in concomitanza a farmaci che
riducono la frequenza
cardiaca e che hanno effetto inotropo negativo:
Ca-antagonisti non diidropiridinici
o Digossina
o Amiodarone
o Ivabradina (utilizzato nello scompenso cardiaco, agendo sul nodo del
o seno, bloccandone la depolarizzazione spontanea).
Si può avere un peggioramento della dispnea, ed in tal caso non bisogna ridurre
le dosi dei β-bloccanti, ma aumentiamo i diuretici e se la sintomatologia
non è diminuita, allora riduciamo i β-bloccanti. Si possono avere anche:
astenia, ipotensione, bradicardia estrema.
Nello stadio C, i farmaci di prima scelta sono i diuretici, che riducono il
precarico, il postcarico e i segni dello scompenso (dispnea, rantoli, versamenti,
edemi declivi). Il primo diuretico da utilizzare è un diuretico dell’ansa:
furosemide, per os o ev. Si inizia con una dose di 20 – 40 mg, equivalenti a
1 o 2 compresse, fino a 240 mg (con compressore per infusione endovena).
torasemide, solo per os. Si usa il Diuretil, e si inizia con 5 – 10 mg fino ad
un massimo di 20 mg.
Si inizia con la dose iniziale e si aumenta gradualmente, fino alla dose di
mantenimento (per esempio 240 mg per la furosemide) che ha lo scopo di
controllare i sintomi. In alcuni casi è possibile ridurre la dose se il paziente si
mantiene ben compensato.
In caso di congestione lieve si possono usare anche i tiazidici (come
Idroclorotiazide, Clortalidone, Indapamide, Metolazone etc), che sono comunque
di II scelta. Mentre i diuretici dell’ansa hanno un’azione brusca e si esauriscono
più velocemente nel tempo perché hanno un’emivita di qualche ora (e questo
richiede molteplici somministrazioni giornaliere), i tiazidici hanno una cinetica
più lenta ed una emivita di 24 – 48 h, con un’azione più graduale che si
mantiene stabile nel tempo e che permette una monosomministrazione
giornaliera. Di conseguenza, mentre i diuretici dell’ansa sono i farmaci di prima
scelta nello scompenso cardiaco e nelle crisi ipertensive acute, i tiazidici sono i
farmaci di scelta per l’ipertensione grazie alla loro azione duratura. Un'altra
classe di farmaci che possiamo aggiungere sono gli antagonisti
dell’aldosterone (spironolattone) con una dose che va da 25 a 50 mg. Si
danno ai pazienti con frazione di eiezione <35% con segni e sintomi
presenti, iniziando a basse dosi fino ad arrivare alla massima (50 mg).
Riducono la mortalità e le ospedalizzazioni, però possono dare ginecomastia ed
iperkaliemia ed anche in questo caso bisogna evitare la co-somministrazione di
FANS. Bisogna monitorare funzione renale ed elettroliti e sospenderli se il filtrato
glomerulare scende al di sotto di 20 ml/min.
Per verificare se la terapia stia andando bene o meno, bisogna pesare il
paziente, che deve perdere almeno 1 kg al giorno, quindi almeno 2 kg in 2
giorni. Se non perde questo peso, vuol dire che non sta rispondendo all’attuale
dose farmacologica, quindi questa si aumenta gradualmente. Questo approccio
è l’opposto alla cirrosi epatica dove il paziente non deve perdere molto peso.
Eventi avversi dei diuretici:
ipotensione sintomatica, soprattutto se il diuretico è associato ad un ACE –
inibitore o ad un sartano. In questo caso possiamo:
ridurre la dose
o oppure riconsiderare altri farmaci
o
Se l’ipotensione non è sintomatica, non si applica alcuna modifica.
ipokaliemia e ipomagnesemia. In questo caso possiamo:
+
associare un risparmiatore di K
o oppure aumentare la dose di ACE – inibitori o di sartani
o + 2+
oppure somministrare integratori di K o di Mg .
o
risposta inadeguata ad aumento di dose. In questo caso possiamo:
fare lo switch alla torasemide, che ha una potenza maggiore
o oppure aggiungere lo spironolattone
o oppure combinare il diuretico dell’ansa con un tiazidico (Metolazone)
o oppure effettuare una terapia con diuretici dell’ansa per ev. Questo
o tipo di terapia è indicata nell’edema polmonare o nelle riacutizzazioni
dello scompenso. Questo perché nel paziente scompensato, le mucose
sono alterate e, di conseguenza, la biodisponibilità orale diminuisce
oppure l’ultrafiltrazione
o
Peggioramento della funzionalità renale fino all’insufficienza renale, con
alterazione degli elettroliti. Si tratta di una insufficienza renale di tipo
prerenale, quindi basterebbe solo reidratare il paziente e ridurre la dose di
diuretico. MAI usare i FANS, sia nello scompenso, che nell’ascite, perché
riducono la perfusione renale e perché alterano la pompa cardiaca. Inoltre,
possiamo sospendere il tiazidico se usato insieme al diuretico dell’ansa,
oppure ridurre la dose dell’ACE – inibitore/sartano, oppure fare la dialisi.
Un altro farmaco che può essere utilizzato è la digitale, che migliora i sintomi, ed
inoltre è il farmaco di 1° scelta nei pazienti affetti da scompenso cardiaco e
concomitante fibrillazione. Bisogna controllare sempre la digossinemia, perché la
digitale viene eliminata per via renale, e siccome questi pazienti utilizzano anche i
diuretici, in caso di insufficienza renale, la digossinemia aumenta, aumentando anche
gli effetti tossici (comparsa di onde U all’ECG, onde T più basse, e disturbi visivi).
Un altro farmaco è la Ivabradina, che blocca i canali If dei c