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In particolare nelle fasi di governo diviso, il successo presidenziale nel campo del
law-making conoscono un notevole ridimensionamento. Basterebbe considerare gli
eventi più recenti per accorgersi delle difficoltà incontrate da Barack Obama, sia nella
realizzazione dei punti più importanti del suo programma politico sia nel rispondere ad
alcune emergenze sorte nel suo mandato. La sua elezione è stata circondata da
un'altissima attenzione mediatica livello globale: l'ascesa del presidente sarà
interpretata come l'inizio di una nuova era, con importanti ripercussioni sia per la
politica interna che tra gli equilibri mondiali. Ben presto, però, l'uomo più potente della
terra è sembrato sguarnito del necessario appoggio congressuale. La riforma della
sanità, un punto centrale nell'agenda di Obama, ha trovato approvazione
parlamentare solo dopo febbrili trattative parlamentari. Anche in campo economico le
risposte sono state rallentate poi concordare con le camere. Ha destato ampia
attenzione mediatica il discorso pronunciato nel settembre del 2011 per
l'approvazione di un pacchetto di misure per la ripresa economica nel quale il
presidente ha richiesto per ben 16 volte al plenum assembleare di approvare il
provvedimento: la frequenza dell'espressione “ pass this bill” è stata interpretata
come la prova evidente della fragilità del leader americano nell'indirizzare il
congresso.
Nel regime presidenziale statunitense la divisione dei poteri è dettata innanzitutto
dalle modalità delle consultazioni americane che, non prevedendo la contestualità del
voto del presidente del parlamento, conducono spesso la formazione di una
maggioranza congressuale di colore politico diverso rispetto al capo dell'esecutivo. Il
controllo del Parlamento da parte del presidente difficile dalla destrutturazione del
quadro partitico americano e dalla scarsa disciplina dei parlamentari. A partire dai
primi decenni del 20º secolo, le primarie hanno stimolato un processo di
frammentazione dei partiti, spingendo spesso i candidati a ricercare le risorse
necessarie per la vittoria nel sostegno di gruppi di pressione. I partiti sono diventati
allora aggregati poco cui essi di esponenti locali. Tanto che la stessa preminenza del
presidente della forma di governo ha dovuto sempre più fare i conti con la 13
conseguente frammentazione e personalizzazione delle istituzioni rappresentative.
Capitolo 3: i decreti legge.
I decreti legge sono stati considerati già a partire dagli anni 80 come un termometro
molto sensibile delle relazioni tra governo e Parlamento, e dello slittamento del
baricentro decisionale in capo all'esecutivo. Negli ultimi decenni il loro utilizzo è stato
giudicato anomalo: in primo luogo, sorprenderò la loro quantità, la progressione della
decretazione. Si segnalavano, inoltre, le modalità della loro adozione, spesso in aperto
contrasto con le indicazioni della costituzione: il decreto-legge era ritenuto il grande
imputato colpevole del capovolgimento delle regole costituzionali che disciplinano
l’istituto. Nonostante la continuità di questo giudizio critico si possono però descrivere
diverse fasi politico istituzionali che i decreti legge attraversano, e che ne
suggeriscono, nel corso del tempo, una diversa interpretazione. Nelle prime
legislature, il decreto sembrava rimanere nell'alveo costituzionale, attribuendo
all'esecutivo la possibilità di dettare l'indirizzo politico in condizione di straordinarietà
e urgenza. A partire dalla quinta legislatura, inizia a manifestarsi sia l'incremento
quantitativo dei decreti legge sia il distacco della fonte dai suoi parametri formali di
riferimento. Per i decenni successivi il decreto-legge si consolida come uno strumento
molto utilizzato, fino ad ingolfare la stessa attività parlamentare quando si affermerà
la prassi della reiterazione.
Nell'assemblea costituente si è discusso a lungo sull'eventualità di includere nel testo
costituzionale la previsione del decreto legge. Era infatti ancora impresso nella mente
dei costituenti l'uso che il regime fascista aveva fatto della decretazione. Il decreto
diviene mezzo normativo privilegiato dell'esecutivo, per agire con pochi ho nessun
limite, ogni qualvolta lo ritenesse utile. Ciò spiega l'orientamento molto cauto
mostrato dall'assemblea costituente. Tale sfiducia indusse i costituenti a porre dei
vincoli procedurali a quell'istituto che aveva manifestato una chiara vocazione a
divenire strumento centralistico e autoritario; fu allora che si fece strada, in funzione
garantista, la necessità di conversione parlamentare dei decreti e del controllo di
costituzionalità operato dal presidente della Repubblica. La prassi ha mostrato però
come il ricorso alla decretazione possa allontanarsi anche in modo notevole dal
modello formale, pur correndo il rischio di semplificare, è possibile evidenziare 4
diverse fasi politico istituzionali del ricorso al decreto:
1)in una prima fase, i decreti sembravano rientrare nei limiti della disciplina
procedurale. Nei primi anni del boom legali gli atti con forza di legge sono stati
utilizzati solo come ipotesi eccezionali e subordinati al rispetto di condizioni precise,
secondo il testo costituzionale. Tale periodo, che corrisponde alle prime 4 legislature
repubblicane, è stato definito la fase classica in cui nella decretazione d'urgenza il
governo è il legislatore: infatti, anche se dal punto di vista dimensionale dei decreti
non raggiungono un alto numero, sono molto limitati gli emendamenti apportati ai essi
in sede parlamentare.
2)Una seconda fase vede sia l'incremento dei decreti prodotti sia l'assunzione da parte
del Parlamento del ruolo di co-legislatore. Uno scenario che inizia definirsi a fine anni
60, e si realizza pienamente negli anni 70 per i mutati equilibri di forza tra
maggioranza e opposizione. Quando, infatti, aumentava in Parlamento il peso del
partito comunista, si registrava un incremento dei tempi medi di approvazione delle
leggi ordinarie e di conseguenza 1+ frequente ricorso ai decreti legge. Attraverso i
decreti erano anche approvati più importanti provvedimenti. Del resto la tendenza
all'espansione degli ambiti regolati attraverso i decreti legge coincide con 14
l'ampliamento dei compiti dello Stato, che stimolato verso interventi sempre più ampi
in campo economico sociale deve contare sulla maggior forza degli organi di direzione
politica. Ma non è la crescita quantitativa dei decreti l'elemento che maggiormente
caratterizza questa fase. La novità principale riguarda, infatti, i rapporti tra legislativo
ed esecutivo, che trovavano nel decreto-legge uno strumento di collaborazione. Il
governo non è più il solo protagonista della legislazione d'urgenza, poiché la
decretazione diveniva un punto di contatto tra le volontà dei due rami istituzionali.
3)La collaborazione tra legislativo ed esecutivo nella produzione di decreti non viene
meno nella terza fase, che comprende gli anni 80 fino alla metà degli anni 90. Tale
arco temporale sembra caratteri zar si però per il deciso sviluppo di una vera e propria
anomalia procedurale: la prassi della reiterazione. I decreti non approvati sono
ripresentati alle camere nella stessa forma, allo scadere dei 60 giorni utili per la loro
conversione in Parlamento, così da preservarne gli effetti normativi per altri due mesi.
Nei primi anni 90 l'utilizzo della prassi della reiterazione divenne sempre più
ingestibile. Si può affermare che la procedura della ripresentazione dei decreti
diventava la modalità ordinaria attraverso la quale si producevano norme primarie nel
nostro ordinamento. In questo modo non solo si produceva un'evidente contraddizione
con l'eccezionalità che dovrebbe contraddistinguere la decretazione d'urgenza, ma si
ingolfava no anche le attività parlamentari con un numero abnorme di decreti. Si
scontravano inoltre significative ripercussioni sull'ordinamento giuridico nel suo
complesso. Il sistema della reiterazione voleva produrre solo norme transitorie, legate
alla ripresentazione dei decreti. È questo un altro elemento che porta ad una
differenziazione con la fase precedente: l'ordinamento stesso vive in una sua
precarietà intrinseca. Una simile caratteristica porterà a volte il giudice ordinario a non
applicare per i contenuti dei decreti legge reiterati nelle controversie, secondo un
processo che è stato definito di ribellione organizzata. Tuttavia, nonostante i segnali di
malessere sistemico, la prassi della reiterazione continuerà fino alla metà degli anni
90, quando si interromperà per l'intervento di un organo di garanzia.
4)L'interruzione della reiterazione rappresenta il primo a elemento che caratterizza la
quarta fase della decretazione. La corte costituzionale ha in genere evitato di
esprimere giudizi sui requisiti di necessità e urgenza dei decreti legge: era infatti noto
che la maggior parte dei decreti né fosse sguarnito. La corte si è invece espressa sulla
prassi della reiterazione sul finire degli anni 80, quando questa sembrava raggiungere
i livelli più elevati. Fino a pronunciare voi una sentenza storica nel 96, con la quale gli
vietava la reiterazione dei decreti legge, in quanto tale pratica mostrava di incidere in
maniera significativa sulla stessa forma di governo. Dopo la sentenza della consulta,
inizia un'altra parte dei decreti, che però non ha condotto, a dispetto delle aspettative
diffuse, ad un ridimensionamento quantitativo del ricorso allo strumento. La corte,
infatti, mostrava di soffermare la propria attenzione più sull'anomalia della
ripresentazione dei decreti che sugli altri numerosi aspetti che segnalavano i loro
scostamento dalle disposizioni costituzionali e in primo luogo la perdita del requisito di
necessità e urgenza. La produzione di decreti durante i decenni repubblicani, al netto
di quelli reiterati, resta pressoché costante e si stabilizza attorno ad un numero di 3-4
al mese. Sembra esistere, da questo punto di vista, un tasso strutturale di
decretazione d'urgenza. Se si considera, inoltre, la quantità di legislazione ordinaria
rispetto ad altre fonti, si riscontra la crescita significativa dei decreti legge durante gli
anni 1996-2011, quando questi raggiungono il 17% della produzione normativa. Una
percentuale che è ancora più interessante per l'incremento nello stesso periodo di un
15
altro tipo di decretazione governativa, quella che prende avvio da una delega
parlamentare. I decreti legislativi raggiungono, nei 10 anni considerati, circa il 30%
della legislazione complessiva. I due processi di espansio