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La sopravvivenza della dottrina classica

La prima cosa che un uomo farà per i propri ideali è mentire, per cui c'è poco da stare allegri sulle conseguenze nella politica di questo principio. Alla fine, il popolo non solleva né decide nessun problema, ma i problemi da cui il suo destino dipende sono normalmente sollevati e decisi per lui.

Ragioni che spiegano la sopravvivenza della dottrina classica:

  1. In qualche modo, essendo stata creata fondamentalmente da antireligiosi, essa ha sostituito la religione, diventando essa stessa oggetto di fede. La volontà popolare ha soppiantato la voce di Dio. Dal cristianesimo ha ereditato il valore dell'uguaglianza di tutti ("ognuno conta per uno, nessuno per più di uno"). Come con il socialismo o con la religione, la critica al modello democratico non crea una contro argomentazione logica, ma uno sdegno morale, come fosse un peccato. Da essere

Un modello razionale per far funzionale meglio il mondo, è diventato un ideale.

Le forme e le frasi della democrazia sono associate in molti paesi a momenti di grande cambiamento, sviluppo, per cui essa viene vista come salvatrice e determinante alla liberazione da regimi spesso in piena decadenza.

Non bisogna dimenticare che esistono società, di norma piccole e/o esenti o quasi da contrasti e difficoltà, in cui con buona approssimazione il modello classico è realizzato. Questo è valido per la Svizzera, piccola e non avente veri motivi di contrasto interno. Lo stesso vale per gli Stati Uniti, prima dell'ingresso nella Grande Guerra, quando l'unico vero interesse dominante era la libertà di sviluppo economico.

Un'altra dottrina della democrazia

La lotta di concorrenza per il comando politica

Esiste un'altra teoria della democrazia, molto più consona alla realtà della vita che salva però molto di

ciò che i teorici classici attribuivano alla democrazia. Definizione: il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare. a. Rispetto alla teoria classica, offre un miglior metro di misura sull'esistenza o meno di democrazia, dando un modus procedendi piuttosto che appellarsi alla volontà del popolo e al suo bene. b. Viene data la giusta importanza all'elemento della leadership. La teoria classica invece attribuiva agli elettori un grado di iniziativa del tutto irrealistica. Anziché supporre la naturale realizzazione della volontà generale, viene esaminato questa sorga, o venga surrogata o contraffatta. La "volontà manipolata" diventa così un'aberrazione della teoria generale piuttosto che un elemento alieno ad essa. c. Quando si presentano

delle autentiche volizioni di gruppo, non risultano più estranee alla teoria, ma piuttosto si inseriscono in essa, magari mediante un leader che le fa proprie.

Esistono in questa teoria politica, come nell'ambito economico, elementi di concorrenza (per il voto libero), che può risultare più o meno corretta. Tra l'ideale concorrenza e l'impedimento mediante l'uso della forza di concorrenza esiste tutta una gamma di variazioni che muovono dalla democrazia perfetta all'autocrazia.

La teoria moderna chiarisce il rapporto tra democrazia e libertà individuale. Quest'ultima non è mai assoluta, ma variabile per gradi nel tempo. La democrazia presuppone comunque un'ideale possibilità di tutti di candidarsi al comando. Inoltre è implicita un notevole grado di discussione. La libertà di stampa, almeno teoricamente, è elemento fondamentale.

Se scopo primo del corpo elettorale è di creare

Un governo, si potrebbe credere che sia implicita anche la facoltà di abbatterlo. Questo non è però il caso se non in occasioni particolari, che risultano comunque contrarie al principio democratico. Viene inoltre risolta un'antica controversia: se la democrazia assicura la realizzazione della volontà della maggioranza, non si tratta più di bene comune o volontà generale, ma soltanto di volontà della maggioranza. Non è vero che la democrazia (la volontà generale) decada nel momento in cui la democrazia stessa viene realizzata, ma bisogna ridefinire la democrazia come potere di colui che riceve la maggioranza del sostegno.

2. Applicazione del principio

In una democrazia la funzione primaria del voto è di creare un governo. Soltanto negli Stati Uniti il voto sceglie direttamente il leader che forma poi il governo. Altrove il voto crea il parlamento, che sceglie il leader il quale crea poi il governo (il parlamento, cioè).

Elegge il governo scelto dal leader, che è colui con il massimo sostegno in parlamento). In Inghilterra il parlamento dà la propria sfiducia a qualunque leader non sia il proprio. Il leader vincente riceve incarico dal re di creare il governo. Il primo ministro scioglie la camera e crea quel governo che i votanti avrebbero scelto.

Nel 1879 era al potere in Inghilterra il governo Beaconsfield (Disraeli), che aveva ogni motivo di credere che il dominio sarebbe continuato. Gladstone riuscì tuttavia a convincere il popolo a sostenere il partito liberale. Quest'ultimo, che lo aveva rimosso dalla leadership tempo prima, fu costretto a rimetterlo al suo posto, visto che era egli ad avere l'appoggio popolare.

Il leader che sale al potere ha un triplo ruolo: è l'uomo di punta del partito in parlamento; diventa al tempo stesso il leader del parlamento, e pure il forgiatore dell'opinione pubblica, che può in qualche modo essere anche indipendente.

dalla pura opinione di partito. Un leader il cui potere sia indipendente dal parlamento e dal proprio partito, ha un'autonomia capace di richiamare all'ordine seguaci recalcitranti e cospiratori. In sintesi, quindi, viene molto limitata la teoria secondo cui è il parlamento a produrre il governo: piuttosto accetta passivamente la proposta del leader.

Il gabinetto è, dal punto di vista del partito, un gruppo di leaders minori; dal punto di vista del premier è invece un piccolo parlamento. I candidati a ministri devono acconsentire a servire sotto X e X deve formulare il proprio programma così da accontentare a sufficienza i propri sottoposti affinché gli rimangano fedeli. Il gabinetto ha un ruolo distinto da partito, parlamento, leader ed elettorato. Ha un rapporto piuttosto lontano dal fare in modo che la volontà del popolo sia eseguita.

Il parlamento oltre a formare il governo, legifera ed amministra. Il bilancio, ad esempio, è

ufficialmente unalegge, ma è in effetti un elemento di amministrazione. Come in una guerra due eserciti conquistano questa o quella posizione per poter vincere e agiscono con unfine ultimo e non per la conquista fine a sé stessa di una posizione, così nella politica le leggi, le problematiche politiche affrontate, sono più dei mezzi per il fine ultimo di conquistare o mantenere il potere, che non fini a sé stesse. Con poche eccezioni, ogni votazione in parlamento è un voto di fiducia o sfiducia nei confronti del governo; un'accettazione o rifiuto di mantenere il potere. Il premier, nel flusso incessante di problemi correnti, sceglie secondo la sua strategia quali elevare a problemi parlamentari e quali invece tralasciare. Ovviamente ogni governo eredita questioni dai governi precedenti. Se un disegno di legge è introdotto dall'opposizione, è sintomo di voler dare battaglia. Se una questione non considerata dal premier vienepresentata da un gruppo del partito di maggioranza, è sintomo di ribellione. Se invece una questione viene presentata congiuntamente da maggioranza ed opposizione, è in gioco una battaglia indecisa oppure una battaglia evitata per ragioni strategiche. Esistono due eccezioni al principio della leadership governativa: a. Non esiste leadership assoluta. Ogni gregario ha diritto ed interesse a prendere il posto del proprio capo. Ciascuno segue un proprio disegno personale, e sceglie di volta in volta in che modo gestirsi in maniera intermedia tra la fedeltà assoluta e la ribellione. Il leader a sua volta sceglie del continuo quanto reprimere e quanto acconsentire. b. Esiste inoltre la possibilità di uomini che scelgano di scendere in campo per risolvere questioni che sentono importanti e ignorate, e che non hanno alcun interesse a mantenere il potere in quanto tale. È cosa rara. In ambito economico è facile comprendere quale sia il fine.dell'attività: il motivo della sua esistenza è il bisogno degli uomini di possedere beni o servizi, per cui l'attività economica sopperisce a questo bisogno, ma il suo fine è il profitto. L'attività politica nasce per il bisogno della società d'essere amministrata e regolata, ma il fine della stessa è l'ottenimento e il mantenimento del potere. La funzione dell'elettorato è di votare secondo le proprie preferenze. I votanti non decidono però su nessuna questione, né tantomeno scelgono in vera libertà chi votare. L'iniziativa parte piuttosto da chi si offre per la leadership. Anche l'iniziativa elettorale insita nella scelta di uno o un altro candidato è ulteriormente limitata dall'esistenza dei partiti. Un partito è un gruppo i cui membri si propongono di agire di concerto nella lotta di concorrenza per il potere politico. Altrimenti sarebbeinspiegabile il fatto che partiti diversi abbiano programmi pressoché identici. Corollario1. Qualche corollario dell'analisi precedente I socialisti sostengono che la vera democrazia sia realizzabile soltanto nel socialismo. In base alla nostra comprensione, invece, le due realtà sono compatibili, ma non si implicano a vicenda. Resta da vedere se nel socialismo la democrazia venga o meno realizzata meglio che in un regime capitalista. a. La democrazia non è governo del popolo, ma soltanto che il popolo può accettare o rifiutare gli uomini che governano. È inoltre necessaria la libera concorrenza tra candidati alla leadership. Molti esponenti della dottrina democratica rifiutano l'idea della politica come professione, ma è soltanto ideologia. Il successo in politica nasce, di norma, da un impegno tale da rendere accessorio ogni altro aspetto della vita del politico. La politica è sempre una carriera. ("Quello che gli uomini

d'affari non capiscono che, esattamente come loro trattano in petrolio, io tratto in voti."

Non c'è motivo di credere che le cose vadano diversamente in un'organizzazione socialista.

L'

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Publisher
A.A. 2010-2011
6 pagine
5 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienza politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Falchi Maria Antonietta.