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P D Q
Nel grafico abbiamo sull’asse delle ascisse la quantità consumata e sulle ordinate il prezzo.
Supponiamo di vedere che rapporto c'è tra prezzo della benzina (bene demeritorio quindi) e
quantità consumata sulla base di due ipotesi estreme:
1. Il prezzo della benzina nasce da un’industria che produce a costi costanti, per cui la curva
dei costi è parallela alle ascisse. Chiamiamo il prezzo di mercato, la cui retta descrive i
prezzi della produzione di benzina;
2. La domanda di benzina è perfettamente rigida, cioè la curva di domande è disegnata
perfettamente perpendicolare all’asse delle ascisse. Questo vuol dire che per qualsiasi
prezzo la quantità di benzina consumata non varia, elasticità della domanda zero.
Dalle ipotesi deriva che la quantità di consumo d’equilibrio della benzina si trova sotto la curva
e il costo da pagare è . Cosa succede se il governo produce un’imposta sulla benzina?
Immaginiamo un imposta con aliquota del 100%, quindi il prezzo della benzina raddoppia, l'offerta
di bilancio trasla del 100% in alto e la nuova curva di costo è denominata cioè prezzo +
tassazione. Quindi da si passa a . Le due rette sono ovviamente parallele e la differenza di
prezzo dipende esclusivamente dall’imposta. Il prezzo dopo l’introduzione dell’imposta raddoppia,
ma la quantità domandata non muta, perché la domanda è perfettamente rigida. Cos’ha causato
l’introduzione dell’imposta? Ovviamente un aumento del prezzo pari a . Ma dal punto
di vista fiscale, come si manifesta l’introduzione di quest’imposta? In una variazione del gettito,
che è esattamente uguale alla quantità domandata per l'altezza dell’imposta. Quindi qual è il
gettito di quest’imposta? È rappresentato graficamente dall’area compresa tra le due rette e
, data la curva di domanda che è perfettamente anelastica. Ma se da un lato si produce un’entrata
per lo Stato, qual è la contropartita? Che cosa si perde? Ci sono dei triangoli di Harberger persi?
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No, in questo caso non c’è perdita secca di benessere, e dal punto di vista della valutazione
standard dell’economia politica, in particolare dell’economia ortodossa, sarebbe una
dimostrazione che quest’imposta è un’imposta ottimale; che inoltre è giustificata dal fatto che si
tratta di un bene demeritorio, quindi in apparenza si potrebbe pensare ad uno Stato benevolo.
Critica dall’approccio costituzionale. Ma quali sono, in prima approssimazione, i beni la cui
domanda è rigida, o più rigida? Qual è il mercato in cui la curva di domanda conta talmente poco
che si usa chiamarla curva di utilità marginale? È il monopolio. Quindi questo è un caso di
monopolio puro. Ora, dal punto di vista politico, si giustifica molto bene la tassazione del
monopolio, in quanto il monopolista si appropria delle rendite dei consumatori, fa degli extra
profitti a danno dei consumatori. Quindi tassare il produttore significa tassare gli extra profitti, la
regolamentazione fiscale è quindi giustificata perché non ci sono triangoli di Harberger persi. Se
fosse tutto qui avremmo trovato il “bang on”, la soluzione: siamo in monopolio e se tassiamo gli
extra profitti non avremo perdita di benessere in quanto non ci sono triangoli di Harberger. Ma
quale potrebbe essere un altro caso in cui la domanda sarebbe ugualmente rigida pur non
trovandoci in monopolio? Qual è il tipo di domanda che voi immaginate che varia molto poco al
variare del prezzo? È la domanda dei beni fondamentali. Ma allora ciò vuol dire che dietro questo
grafico c’è una grossa ambiguità: in caso di monopolio con la tassazione non causiamo grossi
danni e può addirittura essere auspicabile tassare il produttore, ma ciò non si può dire con
riferimento ad un bene fondamentale, in questo caso le cose cambiano e bisogna andare con
molta cautela. Soprattutto bisogna tener conto che stiamo affrontando l’argomento dal punto di
vista dell’economia ortodossa, che tiene conto soltanto del lato del prelievo e, come nel caso
affrontato di imposte progressive che trovano giustificazione in ragioni equitative di capacità
contributiva, non necessariamente lo sono anche dal lato della spesa se questa è diretta in modo
che favorisca coloro che hanno pagato di più, i più ricchi (principio della capacità contributiva),
dunque la distribuzione potrebbe non avvenire o avvenire nel senso contrario: chi paga di più
riceve più di quello che ha pagato, quindi chi paga di meno riceve meno di quello che ha pagato.
Viste tutte queste clausole non possiamo semplicemente prendere per buono quanto appena
detto e visto attraverso il grafico.
La tassazione nella teoria della regolamentazione
Nell’approccio ortodosso i politici, almeno virtualmente, non hanno interessi privati, esprimono la
voce dell'interesse pubblico e il loro obiettivo è quello di massimizzare la funzione del benessere
sociale. Questo è quello che ci dice l’Economia dello stato del benessere. Basandoci sull’approccio
costituzionale, invece, abbiamo fatto un discorso che pone molti interrogativi e seri dubbi sul
verificarsi di questo nella realtà, cioè il fatto che i politici non abbiano interessi privati e
massimizzano esclusivamente gli interessi della collettività, basta pensare al discorso fatto sui
gruppi di pressione o d’interesse. Ieri dicevamo che le decisioni del Parlamento tengono conto, e a
volte molto conto, degli input che derivano da gruppi di interesse ben organizzati e forti, forti a tal
punto da catturare l'interesse dei politici (rent seeking). Quindi non si può concludere che i politici
massimizzano la funzione del benessere sociale, massimizzano semmai l’interesse dei gruppi di
pressione. Perché i gruppi di pressione hanno interesse a massimizzare i propri interessi, e se, e
nella misura in cui, i decisori dell’economia pubblica vengono catturati da questi gruppi d'interesse
è chiaro che le decisioni del governo sono solo formalmente pubbliche, in quanto nella realtà
rispecchiano gli interessi delle lobbies. Allora, se è vero che i gruppi di interesse, che sono i
controllati, sono in grado di catturare l’interesse dei politici per fini propri, i regolati diventano
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regolatori. Quindi, un modo per spiegare i comportamenti dei governi occidentali, è quello di
leggerli dal punto di vista del fenomeno della cattura.
Vista la presenza di gruppi di pressione in grado di implementare con successo la cattura del
regolatore, come si possono cambiare le leggi a favore della collettività? Perché, ad esempio, da
parecchi anni si parla della collusione delle province ma se ne fanno di nuove? Questo vuol dire
che c’è difficoltà politica. Che cosa vuol dire difficoltà politica? C'è qualcuno che si oppone alle
riforme, perché se c’è qualcosa non funziona non è che non funziona per tutta la collettività, per
qualcuno funzionano benissimo, c’è un conflitto all’interno della collettività. Si pensi alla riforma
del catasto, di cui si discute da anni ma che ancora non è stata definita e approvata. Perché? Il
catasto è un strumento di grandissima attualità a condizione che segua l’andamento del mercato,
se il catasto non viene adeguato all’attuale società allora non tiene conto degli andamenti di
mercato, in questo modo diventa uno strumento a difesa di certi gruppi di pressione, in particolare
quelli le cui proprietà sono tassate dalle vecchie misure di catasto, le cui aliquote sono prossime
allo zero, mentre altri sono tassati molto di più. Per esempio, con riferimento all’IMU, alcuni
comuni come Palermo e Crotone hanno pagato in media un’imposta di 10 euro a persona, mentre
a Milano, Roma e Bologna la media è molto più alta. Ovviamente perché sono più ricche, in parte
potrebbe essere pure così, ma che questa non sia la spiegazione si vede esaminando quello che
succede dentro Roma? Cosa succede a Roma? Che i palazzi che sono stati costruiti qualche
centinaio di anni fa, quindi accatastati con vecchie regole, risultano con valori dell'epoca o poco
più, particolarmente vero è con riferimento alle case popolari, come quelle vicino al Colosseo, che
pagano meno di quelle vicino alla Bufalotta che sono accatastate secondo le regole del catasto di
oggi. Quindi ci sono dei gruppi di pressione che nascono da questi interessi esistenti e che si
alleano affinché fanno sì che la riforma del catasto non si faccia.
Il mercato della regolamentazione (Stigler) 16
Quando esaminiamo gli elementi del mercato e ipotizziamo che gli individui abbiano tutti pari
poteri, e che quindi i voti contino per tutti allo stesso modo, dobbiamo stare attenti perché i voti
contano quando sono aggregati, e con riferimento ai gruppi di pressione i voti sono aggregati ed
ecco perché le lobbies giocano un ruolo fondamentale nel mercato della regolazione. Il primo ad
aver studiato i gruppi di pressione è stato George Stigler. Questo ha immaginato che ci sia un
mercato anche per i gruppi di pressione, come un normalissimo mercato economico, dove si
domanda e offre regolamentazione e il gioco è retto dalle lobbies e dipende da quanto c’è da
guadagnare e quanto da perdere. Allora come si fa in questo modo a massimizzare la funzione del
benessere sociale?! Quale potere hanno i politici e quali obiettivi sociali perseguono, nel momento
in cui sono soggetti a cattura da parte dei gruppi di interesse che, di fatto, divengono regolatori?!
Sono quindi i gruppi di pressone a stabilire quali leggi applicare e se cambiarle o meno. Secondo
Stigler il governo è un intermediario (broker) in un processo che favorisce e penalizza gruppi
diversi.
16 George Joseph Stigler (Seattle, 17 gennaio 1911 – Chicago, 1 dicembre 1991) è stato un’economista statunitense,
figura di spicco della Scuola di economia di Chicago. Ha vinto il Premio Nobel per l'economia nel 1982. Stigler viene
ricordato - oltre che per l'incessante ricerca storica nel campo della storia dell'economia - per il contributo allo
sviluppo della teoria economica sulla regolamentazione secondo la quale i gruppi di interesse e altri operatori politici
usano il potere regolatorio e coercitivo del potere esecutivo per plasmare le leggi e le normative dello Stato in modo a
loro confacenti. Questa teoria è parte integrante della branca economica detta della Public Choice.
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L’approccio costituzionale. Stiamo qui trattando il rapporto tra i governanti e i governati in un
modo molto diverso rispetto il punto di vista degli econo