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Le figure di pensiero
Le figure di pensiero sono, in linea di principio, indipendenti dal suono, dal senso e dall'ordine delle parole; riguardano solo i rapporti fra idee. Ma questa definizione delle figure di pensiero antichi finirebbe con l'escluderle dall'ambito delle figure e della stessa retorica, che si caratterizza per l'intimo legame tra lingua e pensiero. Secondo noi, è possibile riconoscere queste figure in base a tre criteri. Innanzitutto, esse riguardano non le parole o la frase, ma il discorso in quanto tale; un calembour si fonda su alcune parole, laddove l'ironia coinvolge l'intero discorso; un libro intero può essere ironico. In secondo luogo, esse riguardano il rapporto del discorso col suo referente; in altri termini, esse pretendono di dire il vero: mentre una metafora non è né vera né falsa, un'allegoria può essere vera o falsa. Infine, una figura di pensiero si può leggere in due maniere: in
senso o inletteralesenso la verità del senso meteorologico comporta la verità del senso umano. Secondo Fontanier, "le autentiche figure di pensiero devonofigurato. Una rondine non fa primavera:trovare la propria consistenza nel 'giro' dell'immaginazione e nella maniera specifica di pensare e di sentire. Di tutte le figure, esse sono pertanto quelle aventi meno rapporticon i tropi". Rispetto a questa definizione, motivata dalla mera distinzione rispetto ai tropi, Fontanier dà un'altra definizione più sistematica, rielaborata sulla precedente con l'aggiunta della distinzione in figure di pensiero per immaginazione, per ragionamento, o per sviluppo.Il proverbio appena ricordato è già un'allegoria. L'allegoria è una descrizione o un racconto che presenta delle realtà familiari, concrete, per comunicarein maniera metaforica una verità astratta. Su di essa si fonda la
struttura del proverbio, della favola, del romanzo a chiave, della parabola. Sequenza di metafore - una rondine per una buona notizia, la primavera per la felicità - l'allegoria non è comunque una metafora, pur continua. Perché? Proprio perché i suoi termini sono metaforici; laddove in una metafora continua, i termini figurati si inseriscono in un contesto di termini propri, sicché il tutto il messaggio non può avere che un solo senso, il senso figurato. La vera allegoria, i cui termini sono tutti metaforici, offre due letture possibili: Pietra smossa non fa muschio. Si può leggere anche in senso figurato: "chi viaggia non si fa degli amici". È per questo che si può non essere d'accordo con Goethe e i romantici che oppongono l'allegoria, figura che avrebbe un solo senso figurato, al aperto, polisemico: vediamo che anche l'allegoria può esserlo. Comunque sia, simbolo, essa ha unaCattiva fama; le si rimprovera di essere ingannevole, creata per le esigenze della causa da sostenere, in sostanza puramente didattica. In tal caso, si tratta di una curiosa didattica, che si riduce a una perdita di tempo. In realtà, se l'allegoria è didattica, non è perché rende le cose più chiare e più concrete, al contrario è perché essa le incuriosisce. L'allegoria della caverna, la parabola del seminatore incuriosiscono i discepoli, che avvertono senza altro che il testo vuol dire qualcosa in più di quanto effettivamente dica, ma senza sapere cosa; attendono dal maestro la spiegazione, di cui non avrebbero avuto bisogno se il maestro gliel'avesse data senza preparveli. Esiste una pedagogia assai antica, quella del segreto, per incitare il discepolo a cercarla, per motivarlo ad apprenderla. È in questo senso che l'allegoria è "didattica".
Da qui anche il ruolo argomentativo: essa informa le persone, nel senso che se accettano il (la lettera), s'impegnano anche ad accettare il (lo spirito). Inclusa da Fontanier con la foro tema personificazione fra i tropi intesi come figure di espressione per finzione, dotate di carattere spiccatamente immaginifico, l'allegoria è definita a prescindere da ogni carattere totalizzante di figura animatrice di un'intera opera, e limitatamente alla sua consistenza espressiva: "Essa consiste in una proposizione dotata di un duplicesenso, di senso letterale e spirituale a un tempo, attraverso la quale venga presentato un pensiero sotto l'immagine di un altro pensiero atto a renderlo più percepibile ed efficace che se fosse presentato in maniera diretta e senza velo alcuno". Nell'ironia, ci si prende gioco degli altri dicendo il contrario di ciò che si vuol lasciare intendere. La sua materia è l'antifrasi, il suo scopo loscherno; essa è senz'altro una figura di pensiero, poiché ha due sensi: si può prendere alla lettera, o ricercarne lo spirito, che qui si oppone alla lettera. Lei è la fenice L'ironia può essere dolce o sferzante, sottile o grossolana, amara o buffa. Che cos'è che la rende "sottile"? Senza dubbio lo scarto fra i due sensi, la lettera e lo spirito. Certo, si può "marcare" l'ironia: col tono di voce, il punto esclamativo, le virgolette, ecc. Ma, se troppo manifesta, diventa facile. L'ironia Ironia pesante è quella che ci si aspetta. L'ironia è sottile quando il suo vero senso si fa attendere, quando la sua vera vittima se ne rende conto per ultima; quella il cui senso non sarà mai del tutto chiaro, che lascerà sempre un dubbio. Figura del pathos e dell'ethos, l'ironia lo è anche del logos, in quanto fa risaltare un argomento.d'incompatibilità attraverso il ridicolo. Perelman e Tyteca, trattando dell'ironia tra le funzioni argomentative del ridicolo, la definiscono come la figura con cui "si vuol far intendere il contrario di quanto si dice". Altrove poi riservano occasionali accenni alla figura, distinta dall'umorismo in base al carattere di convenzionalità sociale. Fontanier include invece l'ironia tra le figure di espressione per opposizione, un tipo particolare di tropi: "L'ironia consiste nel dire con una battura, piacevole o seria, il contrario di quanto si pensa, o di quanto si vuol indurre a pensare". Lo in retorica, è l'ironia che cade a proposito, la risposta per le rime, di gran lunga la più efficace. Spirito spirito, Non è una specie di ironia; è il contrario dell'ironia. Quest'ultima denuncia la falsa serietà in nome della serietà superiore - quella della ragione, del buonsenso,
Della morale – che pone chi fa dell'ironia ben al di sopra di ciò che denuncia o critica. Nell'umorismo è il soggetto stesso che abbandona la propria serietà, che depone ogni importanza. Il che richiede innanzitutto una certa calma, una padronanza di sé, le quali spiegano che la prima condizione dell'umorismo è una parola serena laddove tutti hanno perso la testa. Antidoto a tutti i fanatismi, l'umorismo tende all'irrazionale e talvolta al nichilismo. Resta fermo che se l'ironia è un'arma, l'umorismo è disarmante.
FIGURE DI ARGOMENTO
Ci sono infine delle figure di pensiero che non possiamo definire adeguatamente senza ricorrere alla nozione di argomento; più di tutte le altre, esse testimoniano dell'intimo legame che c'è fra lo stile e l'argomentazione. "Consideriamo argomentativa una figura se, comportando un mutamento
di prospettiva, il suo uso appare normale in rapporto alla nuova situazione suggerita. Se invece il discorso non comporta l'adesione dell'uditore alla forma argomentativa, la figura sarà sentita come un ornamento, come figura di stile. Essa potrà suscitare ammirazione, ma sul piano estetico, o come testimonianza dell'originalità dell'oratore".
Consiste nel rivolgersi a un uditorio diverso da quello reale per meglio anticipa l'argomento (reale o fittizio) dell'avversario per ripersuadere quest'ultimo. L'uditorio fittizio può essere presente, ma il torcerlo contro di lui. Più delle volte ci si rivolge a un assente: i morti, gli antenati, la patria, gli dèi, insomma a qualunque cosa: Perelman e Tyteca definiscono la prolessi così: "Se per esempio l'oratore introduce nel suo periodo delle obiezioni,
Dove sono io? Che cosa ho visto? Mi ingannate, occhi miei?
Per noi siamo inclini a vedervi una figura di amplificazione, che consente rispondervi egli stesso, siamo in presenza di una figura, ladi andare oltre l'uditorio reale verso un uditorio universale, o all'in- prolessi, che sarà solo una finzione. Le obiezioni possono evi-verso: verso un individuo per personificare l'uditorio universale. Fon- dentemente essere immaginarie, ma può essere importante Apostrofe Prolessitanier insiste sull'aspetto emozionale della figura, classificandola tra i mostrare che si erano intravviste delle obiezioni possibili". Non tropi, in particolare tra le figure di stile costruite su giri di frase: Fontanier afferma che: "L'occupazione, che è detta anche dal "L'apostrofe, che accompagna assai spesso l'esclamazione, è quella im- greco, consiste nel prevenire o nel ripetere in anticipoprolessi, provvisa diversione del discorso per cui ci si distoglie da un oggetto,
un’obiezioni che si potrebbe subire, o che potrebbe dar l’oc-per rivolgersi a un altro oggetto, naturale o soprannaturale, assente o casione di aggiungere nuove ragioni a quelle già allegate.presente, vivo o morto, animato o inanimato, reale o astratto, o per […] L’occupazione può avere grandi effetti, e servire in ma-rivolgersi a sé stessi. Dalla definizione sembra che l’apostrofe possa niera significativa alla convinzione».aver luogo solo in seno al discorso; tuttavia, talvolta si dà anche il casoche possa trovarsi alla fine, e anche, che poi è il caso più frequente,all’inizio».Consiste nel porre il discorso in bocca a un oratore fittizio: gli antichi,i morti, le leggi. Secondo Fontanier che la include fra i non tropi, laè una delle figure di pensiero per immaginazione, e si distin-prosopopeague dalle figure co-occorrenti: «La che non va confusa néprosopopea,con la
Né con l'apostrofe, né con il che quasipersonificazione, dialogismo, sempre la accompagnano, consiste nel mettere in certo qual modo in scena, gli assenti, i morti, gli esseri soprannaturali o anche gli esseri inanimati, nel farli agire, parlare, rispondere secondo le proprie intenzioni. Accumula gli argomenti per una stessa conclusione. Per Fon-zion