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IL PROCESSO CLORO-SODA
Dall’elettrolisi delle salamoie, in opportune condizioni, si preparano industrialmente idrossido di sodio o soda caustica,
cloro gassoso ed idrogeno, secondo una reazione complessiva che può essere scritta
2NaCl + 2H2O → H2 + Cl2 + NaOH
Il processo dà luogo alla formazione di tre coprodotti in rapporto fisso e costante, non modificabile. Si tratta quindi di una
tipica produzione a costi congiunti, nella quale l’utile dell’imprenditore deve essere ricavato dalla vendita di tutti i
coprodotti.
La moderna industria del cloro è basata su un sistema di coproduzione elettrolitica che può utilizzare tre diversi tipi di
celle e cioè ad amalgama di mercurio, a diaframma e a membrana semipermeabile.
Per effetto dell'energia elettrica la molecola del sale si scinde, originando sia il cloro che la soda caustica (idrossido di
sodio).
Viste le esigenze di approvvigionamento, molti stabilimenti produttivi sono sorti presso vasti depositi naturali di sale, sia
nel Regno Unito che in Germania e Italia (Rosignano, Gela e Priolo).
La cella ad amalgama di mercurio (che rappresenta ormai un soluzione in via di eliminazione) origina un prodotto di
elevata qualità ma ad alti costi energetici ed ambientali, vista la tossicità del mercurio che viene a disperdersi
progressivamente nell’ambiente, attraverso gli scarichi idrici, le emissioni atmosferiche, i rifiuti. Inoltre risultano
contaminati da tracce di mercurio gli stessi prodotti (cloro, soda, ipoclorito, idrogeno ecc.).
La cella a diaframma di amianto (che rappresenta una soluzione obsoleta in via di abbandono) origina un prodotto
impuro. Pur permettendo un relativo risparmio energetico rispetto quella al mercurio, ha un elevatissimo impatto
ambientale.
La cella a membrana costituita da una resina perfluorurata, è il metodo più moderno e vantaggioso, che permette di
ottenere un prodotto di elevata qualità, a minori costi energetici e con un maggiore livello di sicurezza degli impianti.
PROBLEMATICHE AMBIENTALI (derivanti dal cloruro di sodio)
TRATTAMENTO DELLA SALAMOIA.
Sia la sodiera sia l'impianto cloro-soda (celle elettrolitiche) vengono alimentati con una salamoia (acqua satura di sale)
che proviene dalle miniere di salgemma. Questa salamoia contiene delle impurità, sia solidi in sospensione sia presenti
sotto forma di altre sostanze chimiche disciolte, quali solfati, carbonati, calcio, magnesio e iodio. I requisiti operativi
della tecnologia di elettrolisi a membrana sono molto restrittivi verso tali impurezze, in particolare nei confronti dello
iodio, che può essere tollerato solo a livello di qualche ppb; è stato quindi necessario realizzare una depurazione spinta,
in più fasi.
I REFLUI LIQUIDI.
I reflui sono caratterizzati da elevate quantità di materiali solidi inerti in sospensione di diversa granulometria
(carbonato di calcio, silice, argille ed altri). Le particelle più grossolane, sedimentando in prossimità della costa hanno
costituito nei decenni le caratteristiche “spiagge bianche” Solvay, mentre le particelle più fini, restando sospese, danno
luogo ad una estesa ed evidente torbidità superficiale delle acque marine, tenendo a depositarsi verso il largo
L’AMMONIACA
3.
La chimica dell'azoto in certo qual modo è legata allo sviluppo dell'agricoltura. Dopo che i lavori di Liebig, nel 1840,
dimostrarono che le piante avevano bisogno di elementi inorganici come azoto, fosforo e potassio per crescere, la chimica
dei fertilizzanti ebbe un vigoroso sviluppo.
Prima della disponibilità dei concimi azotati artificiali la fertilizzazione dei terreni avveniva con lo spargimento dello
stallatico che, con l'industrializzazione delle coltivazioni, non fu più sufficiente per le ampie richieste di concimazione.
Verso il 1850 questa necessità rappresentò la spinta per il sorgere dell'industria dei perfosfati minerali e qualche anno
dopo quella dei sali potassici.
I fertilizzanti azotati disponibili verso la fine dell'800 stentavano ancora a coprire il fabbisogno agricolo e l'industria chimica
pensò al recupero dei sottoprodotti.
Questo fu il caso del solfato d'ammonio ottenuto come residuo nelle distillazioni del litantrace. In Italia nel 1886 Magni
realizzò una delle prime società per la produzione di concimi chimici.
Presto anche i recuperi non furono più sufficienti a soddisfare la richiesta di concimi azotati e nel 1898 William Crookes
pensò all'aria come fonte inesauribile di azoto.
In pochi decenni nacquero processi per fissare l'azoto atmosferico la maggior parte dei quali basavano la loro teoria sulle
osservazioni di Cavendish del 1784.
La produzione italiana di ammoniaca sintetica si sviluppò solo dopo il 1920 con procedimenti originali messi a punto da
Luigi Casale a Terni e da Giacomo Fauser a Novara. Un'utilizzazione importante dell'ammoniaca fu quella della
fabbricazione dell'urea che trovò impieghi come fertilizzante, nelle produzioni di materie plastiche, nella farmaceutica,
nella tintura, nell'apprettatura dei tessuti, negli esplosivi, nella detergenza e nella produzione di acido nitrico.
La svolta tecnologica per la fissazione dell’azoto atmosferico si ebbe nei primi del 1900 con il processo Haber.
Il processo Haber-Bosch, noto anche semplicemente come processo Haber, è un metodo che permette la sintesi
industriale dell'ammoniaca su larga scala utilizzando come materie prime azoto e idrogeno in presenza di un catalizzatore.
Storicamente il maggior problema legato alla sintesi dell'ammoniaca è rappresentato dalla difficoltà nello scindere il
legame triplo che tiene uniti i due atomi di azoto per formare la molecola N2 (biazoto)
Le elevate temperature che sarebbero necessarie per attuare tale scissione, d'altra parte non favoriscono
termodinamicamente la reazione di sintesi.
La scoperta e il successivo perfezionamento del sistema catalitico adoperato da Fritz Haber e Carl Bosch ha permesso di
poter utilizzare temperature di esercizio sensibilmente minori.
LA PRODUZIONE DI AMMONIACA
Azoto e idrogeno reagiscono in rapporto 1:3 a temperatura ottimale tra 350-550 °C e pressione ottimale di 140-320 atm
utilizzando magnetite quale promotore della catalisi. La reazione consiste in un equilibrio chimico in fase gassosa descritto
⇄
dall'equazione stechiometrica N2 (g) + 3H2 (g) 2NH3 (g)
La reazione è esotermica e sviluppa 92,4 kJ/mol. Le alte pressioni adoperate e la sottrazione dal reattore dell'ammoniaca
prodotta spostano l'equilibrio verso destra
LE MATERIE PRIME DEL PROCESSO
L'idrogeno si può ricavare dal syngas (o gas di sintesi), ovvero una miscela di gas, essenzialmente monossido di carbonio
(CO) e idrogeno (H2), con la presenza in quantità variabile anche di metano (CH4 ) e anidride carbonica (CO2 ) o per
fermentazione anaerobica, da biomassa o da rifiuti solidi urbani.
L'azoto viene prodotto per frazionamento dell'aria con il processo Linde o con il processo Claude.
La reazione è catalizzata da osmio, uranio e ferro. Normalmente oggi si usa il catalizzatore a base di ferro.
L'ammoniaca, oltre a essere una importante materia prima, ha molte applicazioni anche nella sintesi di altri prodotti tra
cui i principali sono l'acido nitrico e i concimi. Altri importanti composti ottenuti dall'ammoniaca sono anche, per esempio,
i sali di ammonio, ammine, ammidi, idrazine e cianuri
4. L’ACIDO NITRICO
L'applicazione più importante dell'ammoniaca è la produzione di acido nitrico (HNO3) secondo il metodo Ostwald. La
maggior parte dell'acido nitrico (circa il 75%) è utilizzato per la sintesi di nitrato d'ammonio NH4NO3 usato principalmente
per la produzione di fertilizzanti. Altri utilizzi massicci di acido nitrico riguardano la sintesi di vari prodotti chimici, tra i
quali nitrobenzene, nitroglicerina, nitrocellulosa, isocianati. Trova inoltre uso in metallurgia e nella raffinazione dei metalli,
data la sua capacità di reagire con la maggior parte di essi. In miscela 1:3 con acido cloridrico concentrato forma la
cosiddetta acqua regia, uno dei pochissimi reagenti capaci di dissolvere l'oro ed il platino. Insieme all'acido solforico è uno
dei responsabili dell'acidità delle "piogge acide"
L’INDUSTRIA DELLA CHIMICA ORGANICA
Circa la metà dell'intera produzione industriale chimica è dovuta a composti organici. Di questi, circa il 90% proviene dal
petrolio o dal gas naturale. Il resto prende origine dai residui carboniosi delle cokerie, da grassi animali e vegetali, resine,
semi vegetali. Le industrie che producono prodotti organici hanno spesso un elevato grado di verticalizzazione, nel senso
che compiono diversi stadi successivi fino al prodotto finito.
L'etilene e propilene sono due delle più importanti materie prime dell'industria chimica organica e vengono prodotte
come derivati dei processi di raffinazione del petrolio
LE MACROMOLECOLE
Il termine macromolecola indica un notevole numero di composti chimici. Una macromolecola è la risultante di una
riunione ripetitiva, conseguita mediante opportune e specifiche reazioni chimiche, di particolari sostanze dette
monomeri.
Il termine polimero per indicare le macromolecole, benché in certi casi improprio, è ormai di uso consolidato.
Esistono diverse classificazioni delle macromolecole.
Da un punto di vista merceologico hanno rilievo le classificazioni tecnologiche.
1° Una prima classificazione tecnologica distingue le macromolecole in:
PLASTOMERI e cioè macromolecole che hanno scarse proprietà elastiche, una stabilità di forma a temperatura
ordinaria e sotto modeste sollecitazioni, ma diventano plastici sotto pressioni e temperature
sufficientemente elevate
ELASTOMERI e cioè macromolecole caratterizzati da elevate deformabilità ed elasticità ovvero che riprendono
la loro forma iniziale dopo aver subito una deformazione.
FIBRE e cioè macromolecole nelle quali la lunghezza è di gran lunga prevalente sulle altre dimensioni
2° Una seconda classificazione tecnologica basata sul comportamento termico distingue:
Le macromolecole termoplastiche che rammolliscono al riscaldamento per riacquistare consistenza solida a
bassa temperatura, secondo un ciclo che può essere ripetuto infinite volte.
Le
macromolecole termoindurenti che rammolliscono al riscaldamento una sola volta, all’atto della formatura
dei componenti e poi si consolidano definitivamente.
! Inoltre, quando una macromolecola deriva dalla polimerizzazione di un unico monomero si chiama omopolimero.
! Sono detti invece copolimeri quelli che si ottengono polimerizzando insieme due o più monomeri.
Le macromolecole o polimeri possono essere:
➢naturali come il caucciù o la cellulos