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Tra il 1909-1910 K. dà a molte opere titoli musicali. Negli stessi anni è frequente anche in Kupka, Marc,
Macke e Klee. Anche in altre aree d’Europa quelle riferite ad un musicista in particolare sono pochissime.
- “Impressione III (Concerto)”, (1911), Kandinskij [pag.86]: dipinta dopo l’impressione suscitata dal primo
concerto tenuto da Schönberg il 1 Gennaio all’Odeon di Monaco. L’immagine era costituita inizialmente da
un pianoforte e una platea con il pubblico; questi elementi non sono riconoscibili nel quadro, che è giocato
sul contrasto tra la sonorità del giallo e la pausa del nero, mentre i personaggi in ascolto sono ridotti a
rapidi segni arcuati, inclinati verso lo strumento e come risucchiati nella tensione auditiva, in un andamento
diagonale che si ripete spesso in questi anni nell’allusione alla figura umana. La scelta dei due colori per
questa costrizione quasi astratta è inconsueta in questo periodo, in cui predominano accordi cromatici più
complessi, con una prevalenza di toni freddi, mentre il nero raramente occupa uno spazio così esteso sulla
tela. Nel suo saggio, “Sguardi al passato”, parla di astrazione e paura per il nero. Il giallo gli ricorda il
viaggio in Italia compiuto con i genitori a tre anni, il nero la zia che amava (in seguito vedremo come K.
utilizzerà anche il nero per lo sfondo, insieme al bianco). È raro in K. l’utilizzo del giallo, poiché predilige il
BLU, il tipico colore del cielo che possiede il ‘dono della profondità’ ed è dotato di un doppio movimento, di
allontanamento dallo spettatore e verso il proprio centro; al contrario il giallo implica la tensione verso lo
spettatore che può essere accresciuta fino a dar fastidio e possiede un moto eccentrico. L’azione del giallo
si intensifica quanto più chiaro esso diventa, l’azione del blu diviene tanto più intensa quando più scuro
diventa il colore. È il dipinto più chiaramente dedicato ad un’esperienza musicale.
Nel saggio “Sulla composizione scenica”, pubblicato nel 1912, K. esplica la teoria della collaborazione tra le
arti diverse fondata sulla loro identità interiore. Il saggio viene inserito nell’almanacco del “Der Blaue
Reiter”, dove appare anche “Suono Giallo”. Egli riferisce della suggestione provocata da due esperienze
fondamentali che cambiarono la sua vita di artista: la visione del “Pagliaio” di Monet e la rappresentazione
del “Lohengrin” di Wagner, i due poli della sua cultura, quello francese e quello tedesco.
K. apprezza anche i quadri di SCHÖNBERG, realizzati tra 1910-11, che può considerarsi ancora un pittore
simbolista. Anche per lui l’attività pittorica e quella musicale sono strettamente connesse, egli stesso ha
definito la serie degli “Sguardi” come un tentativo di rendere la musica attraverso il colore. Lo sguardo
viene inteso come specchio dell’anima, come mezzo per trasmettere l’interiore. Pur non potendo parlare di
astrazione a proposito di questi dipinti, colpisce il loro costante carattere di ieraticità e la ripetizione
ossessiva dello stesso tema con varianti minime che corrisponde al desiderio di uno scavo interiore sempre
più profondo, attraverso una progressiva dematerializzazione del volto, soprattutto nella parte inferiore.
Nelle versioni più tarde il volto sarà ridotto a una sorta di triangolo quasi eroso dal pennello e stretto da
strane oscure ombre in basso [pag.91-92]. Secondo K. è il ‘movimento’ a creare la sensazione di
immersione nell’immagine, termine che appare spesso nei suoi scritti. La nuova ‘composizione scenica’ non
è semplicemente composta da musica, pittura e danza ma da movimento musicale, movimento pittorico,
movimento della danza come arte. Nei dipinti si tratta innanzitutto del movimento della pennellata, più
lunga o più corta, più densa o più liquida, poi dal continuo mutamento di direzione delle linee e infine dal
dinamismo creato dal contrasto dei colori.
L’avanguardia pittorica verso la riscoperta di Bach
L’interesse per Bach e per l’arte della “Fuga” è accompagnato da una serie di studi in campo musicale che
indicano come stia avvenendo un mutamento parallelo a diversi livelli di linguaggio. Anche se i riferimenti a
Bach sono comuni a molti pittori, diverse sono le interpretazioni e le intenzionalità: particolare distinzione
va fatta tra l’area cubista, l’orfismo francese e i pittori del Blaue Reiter. Bach viene associato a tendenze
propriamente astratte, pensiamo ad opere come “Omaggio a Bach” o “Aria di Bach” [pag.97] di BRAQUE
(rispettivamente cubismo analitico e cubismo sintetico). Da alcuni anni gli strumenti musicali sono un
soggetto diffusissimo nelle opere di Braque e di PICASSO, molto spesso è presente anche lo spartito
musicale. Se il tema degli strumenti si collega all’idea di ‘quarta dimensione’ e all’analisi del rapporto
spazio-tempo, la presenza dello spartito rinvia a quello scambio tra il leggere e il vedere, la parola scritta e
l’immagine. Braque, in un brano scritto nel 1957, considera al centro della sua ricerca l’armonia, l’accordo e
il ritmo. Concepisce la composizione come una ‘melodia’.
Nelle opere di GRIS, lo strumento musicale è spesso associato allo spartito aperto e talvolta a strutture a
scacchiera [pag.99].
ORFISMO: termine coniato da APOLLINAIRE alla fine del 1912, dopo la mostra alla “Section d’Or”, in
relazione alle tendenze al tempo stesso astratte e musicali della nuova pittura. La definizione deriva dal
nome di Orfeo e dalla tradizione dei misteri orfici; il mito di Orfeo è diffusissimo nelle poetiche simboliste,
egli riusciva a trascinare, con il canto e il suono della lira, gli animali e le piante e di vincere le tenebre e la
morte.
Il tema musicale in DELAUNAY si collega a quello della ‘simultaneità’, intesa come dinamismo non
meccanico ma interno ai contrasti cromatici e al tema cosmico (“Finestre” [pag.101]).
KUPKA Il rapporto con il tema cosmico è evidente nel dipinto “Amorpha, Fuga a due colori”, esposto a
Parigi al Salon d’Automne del 1912. È in questa occasione che Apollinaire è colpito dalla pittura di Kupka: il
dipinto è costruito sulla contrapposizione tra il rosso e il blu e tra il bianco e il nero (il massimo e il minimo
della luce). È costruito inoltre sul ritmo puro della linea curva che ritorna su se stessa intersecandosi e
creando una composizione geometrica asimmetrica, ma armoniosamente equilibrata. Per quanto riguarda
il titolo il primo termine potrebbe riferirsi a una ‘non-forma’ e sottolineare quindi il livello di astrazione
raggiunto, oppure può implicare un’assonanza con il termine Orfismo. Quanto al termine Fuga esso si
riferirebbe alla riscoperta di Bach. Egli avvicina la musica e la pittura come arti del tempo e dello spazio,
intendendo superare la separazione tra le due categorie, in una concezione che sembra inglobare la
simultaneità e la compenetrazione di movimento psichico dell’artista e ambiente. È evidente che Kupka
rifiuti un’analogia tra le due arti sulla base di un comune simbolismo dei colori e delle note musicali, mentre
accetti la stessa analogia sulla base di una sorta di danza delle forme, di un comune impulso dinamismo
corrispondente al c.d. ‘ritmo cosmico’ (cfr. “Notturno”, “Tasti di pianoforte”).
si
PICABIA stacca dal Cubismo per passare al Dadaismo tra 1912-13, dedica molte opere al tema della
danza. Nella prima e nella seconda versione più astratta della “Danza alla sorgente” [pag.102] troviamo
un’interpretazione particolare del Cubismo: le forme a nastro, scompaginate, vorticose.
MACKE i suoi pochissimi quadri totalmente astratti, di tendenza ancora piuttosto vicina ai Fauves, hanno
titoli musicali come “Composizione colorata I (Omaggio a Bach)”.
MARC è stato uno dei primi pittori a notare l’affinità tra pittura e musica, come si legge in due lettere
indirizzate a Macke nel 1911. È estraneo alle sperimentazioni musicali contemporanee. In una lettera del
1914 il riferimento a Bach appare almeno tre volte e paragona la sua musica all’arte gotica, inoltre afferma
che la musica può essere musica pura nonostante il riferimento a un testo e allo stesso modo la pittura può
essere pura nonostante il riferimento ad un contenuto. Secondo Marc, nel quadro e nel brano musicale, c’è
sempre un contenuto ed è sempre chiaro e inequivocabile, anche se non espresso con mezzi esteriori.
In una lettera del 27 Marzo 1915, Marc contrappone la musica di Bach a quella di Wagner e di Schönberg,
indicando di preferire il primo agli altri due e fa risalire a lui la concezione che un’opera abbia vita
autonoma, indipendentemente dall’ascoltatore e dall’artista.
KLEE è anche un musicista e ama dipingere mentre la moglie suona il violino. Anche per lui, come per
Kandinskij, il fondamento dell’analogia ‘tecnica’ tra le arti è nell’ordine del cosmo, è in un punto originario
della creazione in cui egli ravvisa le ‘formule’ di uomini, animali, piante e minerali. I dipinti in cui è presente
un diretto riferimento a Bach sono: “Nello stile di Bach” (1919) [pag.109], in cui presenta una
sovrapposizione di immagini archetipiche (falci lunari, forme stellari) geometrizzate secondo il
procedimento tipico della stilizzazione infantile.
“Fuga in rosso” (1921) [pag.109] è riferita più esplicitamente a Bach, e si può leggere come la trasposizione
di quattro voci in variazione di intensità cromatica.
“Ad Parnassum” (1923) [pag.110] rappresenta una stesura di tasselli colorati regolari, strutturati
regolarmente, si distingue la sagoma del Monte delle Muse. È stata giustamente individuata, qui,
l’aspirazione a realizzare un modello di sintesi delle arti ispirato ai principi enunciati dal pittore
precedentemente, dove il pittore sosteneva che al quadro non è estranea la dimensione temporale poiché
il quadro stesso richiede del tempo per essere realizzato e perché si costruisce pezzo per pezzo come
un’architettura. Dunque la pittura può considerarsi come risultato della sintesi tra architettura e musica.
Il silenzio e il rumore
Il rapporto tra pittura e musica elaborato dai Futuristi diverge dalle problematiche svolte in Francia e in
Germania, ma vede anche dei parallelismi. Nell’ambiente italiano non hanno importanza il fenomeno del
wagnerismo e della riscoperta di Bach, né lo stesso passaggio dal primo al secondo.
Il linguaggio di tutte le arti appare do