Sanità pubblica – Microbiologia alimentare
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Management
Fase 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk )
Rappresenta l’insieme delle attività dell’Autorità Sanitaria Pubblica
(Gestore del Rischio), la quale deve esprimere un giudizio sull’entità del
Rischio, individuare ed implementare le tipologie di intervento.
Rischio non acquisire le migliori evidenze scientifiche;
adottare il principio di precauzione.
del tutto noto
Rischio noto: nessuna azione di intervento.
tollerabile Definire misure di controllo (GHP, GMP,
Rischio noto: HACCP) in funzione dell’Appropriato Livello
elevato di Protezione (ALOP) 11
Fase 2. GESTIONE DEL RISCHIO MICROBIOLOGICO
(Risk Management)
TAPPE ATTIVITA’ CARATTERIZZANTI
(dalle Linee Guida del Codex Alimentarius)
Coinvolgimento di tutte le parti interessate:
Produttori,Trasformatori, Importatori, Distributori, Ristoratori,
Consumatori e loro Associazioni, Università, Enti Ricerca
Identificazione del Gestore del Rischio (Autorità
INQUADRAMENTO Sanitaria, o altre parti coinvolte)
Identificazione dei “Problemi”
DEL PROBLEMA Elaborazione del profilo del Rischio
Definizione degli obiettivi (FSO, ALOP)
Definizione linee di condotta (Commissione)
Considerazione risultati fase precedente
Identificazione livelli Rischio tollerabile (ALR) e
definizione misure di controllo (GHP, HACCP,….)
Identificazione e scelta delle differenti opzioni (per
VALUTAZIONE realizzare gli interventi migliori)
Criteri di Performance
DELLE OPZIONI Criteri di Processo
Criteri Microbiologici
Principio di Precauzione
Selezione delle misure più idonee
In sintonia con tutte le parti interessate, realizzare le
ATTUAZIONE migliori scelte decisionali per un’ottimale Gestione del
Rischio (“Albero delle Decisioni” nel Sistema HACCP)
DELLE DECISIONI Verifica costante dei parametri di controllo con
MONITORAGGIO E l’individuazione dei limiti critici. Adozione immediata di
RIVALUTAZIONE idonei correttivi al loro superamento
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RISK ANALYSIS
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 1 tappa: Inquadramento del Problema
a
“ELABORAZIONE DEL PROFILO DEL RISCHIO”
CHI E’ ? Quale Pericolo microbiologico ha creato il
Problema e quali difficoltà ha generato
DOVE SI TROVA ? Sorgente: intera catena alimentare, ambiente, viaggi,
contagio interumano, eventuale ruolo degli animali
IN CHE DOSE? Concentrazione (ufc) del Pericolo lungo tutta la catena
alimentare
QUANTO E’ GRAVE ? Incidenza e severità della malattia
VERSO CHI ? Popolazioni e categorie di soggetti colpiti
PERCEZIONE Problemi da parte dei consumatori
COSA FARE ? Quali opzioni realizzare per ridurre il Rischio
COSA PUO’ SUCCEDERE ? Eventuali conseguenze degli interventi adottati
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RISK ANALYSIS a
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 1 tappa: Inquadramento del Problema
“DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI”
OBIETTIVI DI SICUREZZA ALIMENTARE (FSOs)
Rappresentano la massima concentrazione (o frequenza) di un pericolo
microbiologico (germe o tossina) in un alimento al momento del suo consumo
(acquisto?), tale da garantire un appropriato livello di protezione della salute.
Gli FSOs sono obiettivi misurabili per le industrie alimentari ai quali esse
pervengono tramite Criteri di Performance, Criteri di Processo, Criteri
Microbiologici. ESEMPI DI FSOs ≤
L. monocytogenes nei cibi da cuocere o da trattare 1000 ufc/gr
≤
“ nei cibi pronti per il consumo 100 ufc/gr
≤
S. enteritidis frequenza di uova contaminate 1/100.000
≤
Salmonelle nel latte in polvere 1/100 gr
spore C. botulinum nei cibi in scatola sterilizzati < 1/10 12
≤
enterotossina stafil. nel formaggio 1 µg/100 gr
≤
aflatossina B1 nelle noccioline 15 µg/Kg
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RISK ANALYSIS
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 1 tappa: Inquadramento del Problema
a
“DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI”
APPROPRIATO LIVELLO DI PROTEZIONE (ALOP)
Rappresenta il numero massimo dei casi di malattia riferibili ad un agente
patogeno/100.000 abitanti/anno.
L’ALOP è un obiettivo dell’Autorità Sanitaria. Il WTO/SPS lo definisce “il
livello di protezione che è ritenuto appropriato dai Paesi Membri per
stabilire una misura di protezione sanitaria o fitosanitaria per la vita o la
salute dell’uomo, degli animali e delle piante all’interno del loro
territorio”.
Il Rapporto “Healthy People 2010” indica come obiettivo della politica
sanitaria in campo alimentare la riduzione nel periodo 2000–2010, del 50%
delle salmonellosi, campylobacteriosi, listeriosi, infezioni da E. coli e
toxoplasmosi. 15
RISK ANALYSIS a
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 2 tappa: Valutazione delle Opzioni
“DEFINIZIONE MISURE DI CONTROLLO” (GHP, GMP, GAP, HACCP)
Per misure di controllo deve intendersi ogni azione o attività che può
essere usata per prevenire o eliminare un pericolo per la sicurezza
dell’alimento, o comunque per ridurlo ad un livello accettabile.
Esempi di misure di controllo (alcune delle quali possono essere espresse dai
criteri di performance o di processo) adottate a livello industriale:
selezionare le materie prime (per esempio, usando ove possibile ingredienti
pastorizzati, oppure selezionando i Fornitori, ecc.);
• vietare alimenti che sono causa frequente di malattia o fonti di
contaminazione (es., vietare il consumo di latte crudo o la raccolta di frutti di
mare cresciuti in acque contaminate, ecc.);
• ridurre il livello di specifici patogeni nella produzione primaria, prevenire in
tutte le fasi della filiera le contaminazioni-ricontaminazioni-contaminazioni
crociate (es., adottando le GAP – Good Agricultural Practice - durante la
produzione di vegetali; prevenire la contaminazione dei prodotti pronti per il
consumo; separare gli alimenti cotti da quelli crudi; ecc.);
• prevenire o ridurre la crescita dei patogeni ricorrendo all’azione (combinata o
meno) di fattori estrinseci (refrigerazione o congelamento) e di fattori intrinseci
(pH, Eh, Aw, additivi, antagonismo microbico) che modulano lo sviluppo
microbico;
• bonificare il prodotto con uno o più sistemi (cottura, irraggiamento,
congelamento nel caso di alcuni parassiti). 16
RISK ANALYSIS
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 2 tappa: Valutazione delle Opzioni
a
“CRITERI DI PERFORMANCE”
Detti anche “Criteri di Efficacia” i Criteri di Performance hanno l’obiettivo di
garantire un prodotto ragionevolmente sicuro in un dato punto della filiera
alimentare.
Utili sia per selezionare le misure di controllo, che per il raggiungimento di
un FSO (Consultazione FAO/OMS, Kiel 10-22 Marzo 2002), essi vengono
definiti come il risultato microbiologico richiesto di una o più misure di
controllo, espresso in termini di cambiamento del livello di pericolo
dell’alimento. ESEMPI DI CRITERI DI PERFORMANCE:
Ridurre di 2 log la quantità di Salmonelle durante l’eviscerazione delle
carcasse di pollo
Ridurre, nella fase di lavaggio delle verdure nelle cucine ospedaliere, le
porzioni di insalate contaminate da L. monocytogenes a meno dell’1%
Quindi possiamo dire che il Criterio di Performance (Cp) per un dato
pericolo è dato da:
Cp=concentrazione iniziale – concentrazione finale
Cioè, se la concentrazione iniziale Ho= 1 milione ufc/gr (10 ) e la
6
concentrazione finale H= 100 ufc/gr (10 ), si avrà che
2
Cp = log Ho - log H
10 10
Cp = 6 log – 2 log = 4 log
Corrispondente ad una riduzione numerica pari a 999.900 ufc/gr.
Qualora le Industrie, tenuto conto delle variazioni in più ed in meno dovute
al processo di lavorazione, si prefiggano un FSO, la formula diventa (van
Schothrst, 1998): ≤
log H0 + log HG + log HR log FSO
10 10 10 10
≤
Concentrazione + Aumento del Pericolo + Riduzione del Pericolo log FSO
10
iniziale del Pericolo dovuto al Processo data dal Processo
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RISK ANALYSIS a
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 2 tappa: Valutazione delle Opzioni
“CRITERI DI PROCESSO”
Sono rappresentati dai parametri di controllo di un processo ad uno
specifico stadio che possono essere applicati per raggiungere un criterio di
performance (es. temperature, tempi, pH, Aw, Eh, ecc.).
I criteri di processo possono essere normalmente costituiti dai parametri di
gestione dei CCP (Punti Critici di Controllo) di un sistema HACCP, purché
sottoposti a validazione.
ESEMPI DI CRITERI DI PROCESSO
i parametri di controllo della pastorizzazione del latte in
strato sottile sono 71,7° x 15 sec.
le conserve acidificate devono avere un pH < 4,4. 18
RISK ANALYSIS
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 2 tappa: Valutazione delle Opzioni
a
“CRITERI MICROBIOLOGICI”
Servono a definire l’accettabilità di un prodotto o di un lotto sulla base della
assenza / presenza qualitativa / presenza quantitativa (ufc, MPN, ecc.) per
unità di massa / volume / area / lotto
di pericoli microbiologici (germi, tossine, metaboliti, parassiti).
Gli elementi che costituiscono un criterio microbiologico sono:
Elenco dei microrganismi scelti ( e relativa motivazione) o loro
tossine/metaboliti
Metodiche analitiche
Piano di Campionamento (che indichi il numero e la dimensione delle Unità
Campionarie ed il numero di quelle che devono essere conformi ai limiti
stabiliti)
Limiti specifici per la tipologia alimentare, nel particolare punto della catena
alimentare
Azioni correttive in caso di non conformità (indagine campionaria, revisione
del processo, respingimento del lotto, ecc.)
Si distinguono Criteri Microbiologici di Processo e di Prodotto
Criteri Microbiologici di Processo:
si applicano a livello dello Stabilimento che realizza il prodotto
(materie prime, semilavorati, ambiente, superfici, ecc.)
Criteri Microbiologici di Prodotto:
si applicano al prodotto finito all’uscita dallo stabilimento e a quello
presente sul mercato (distribuzione, vendita, consumo) 19
RISK ANALYSIS
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 3 tappa: Attuazione delle Decisioni
a
“ATTUAZIONE DELLE DECISIONI”
E’ la scelta e l’applicazione dell’ottica e degli interventi ritenuti più efficaci e
efficienti. Tale momento della fase di Gestione del Rischio, per essere improntato
alla logica della crescita culturale, dovrebbe abbandonare il tradizionale approccio
fiscale e rifarsi al criterio metodologico dell’ “Albero delle Decisioni”, attivato per la
individuazione dei CCP (Punti Critici di Controllo: momento o fase nelle attività di
Filiera in cui è possibile intervenire per eliminare o ridurre un pericolo).
Se ne riporta un esempio: ALBERO DELLE DECISIONI E’ UN NON E’
DOMANDE FASI DEL PROCESSO SI NO CCP CCP
D.1 La materia prima può contenere Vai a
un pericolo a livello di rischio? D.2
D.2 La successiva trasformazione-
preparazione (incluso il corretto
uso del Consumatore) sarà in
grado di rimuovere o ridurre il
pericolo a livello accettabile?
D.3 La formulazione/composizione
del semilavorato o del prodotto
finito sono essenziali per
prevenire un aumento
inaccettabile del pericolo?
D.4 In questa fase del processo di Vai a Vai a
lavorazione è probabile un D.5 D.6
aumento del pericolo? E’
probabile una contaminazione?
D.5 La successiva trasformazione /
preparazione (incluso l’uso
corretto del Consumatore) sarà
in grado di rimuovere il
pericolo?
D.6 Questa fase del processo è
finalizzata all’eliminazione o
riduzione del rischio? 20
RISK ANALYSIS
FASE 2. GESTIONE DEL RISCHIO (Risk Management) - 4 tappa: Monitoraggio e Rivalutazione
a
“MONITORAGGIO”
Monitorare significa misurare e registrare in modo regolare i Parametri di Controllo:
caratteri organolettici (organi di senso), temperature (termometro), tempi (orologio a
scatto o suoneria), pH, Eh, Aw (misuratori), ecc.
Per quanto riguarda la frequenza, il monitoraggio può essere fatto alla fine (es. cottura di
un pollo: 70°C all’interno), e può essere continuo (es. ciclo di pastorizzazione del latte).
Nel monitoraggio continuo è normale registrare delle piccole oscillazioni al cui interno si
scelgono il livello di controllo superiore ed inferiore. Quando l’oscillazione diventa
inaccettabile si parla di deviazione (Codex Alimentarius): il superamento di questo valore
costituisce il Limite Critico, cioè il valore che separa l’accettabilità dalla non accettabilità.
Es.: Temperatura di pastorizzazione del latte = 73°C x 15 sec
livello di controllo superiore = 73,9°C
livello di controllo inferiore = 72,1°C
limite critico = <72°C
Limiti critici possono essere stabiliti per altri parametri di controllo: pulizia (ufc/
superficie), ambienti sterili e scambiatori di calore (sovrapressione), qualità del latte
(antibiotici, ecc.), delle carni (tireostatici, ormoni, ecc.), dei vegetali crudi (residui di
pesticidi, ecc.), ecc. 21
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sanità pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Messina - Unime o del prof Vermiglio Giuseppe.
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