vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SAMUEL BECKETT E IL TEATRO DEL FALLIMENTO
Teatro di Beckett può essere definito “Teatro del Fallimento”.
Il teatro dell’assurdo non esiste, non è un movimento codificato ma solo una formulazione di Mar-
tin Esslin, un critico che nel 1961 scrive un testo intitolato “The Theatre of the Absurd”, in cui par-
la di vari autori, tra cui ad esempio Beckett e Pinter, che ad un certo punto sembra che abbiano
dei tratti comuni, anche se alla fine ognuno prende la sua strada.
Egli parla di assurdo perché individua in questi autori un profondo senso di angoscia esistenziale
e le accezioni con le quali parla di assurdo le prende da tre autori (che definiscono il termine):
- Adorno (filosofo) che scrive un’opera chiamata “Tentativo di capire il finale di partita” -> testo
complesso in cui dice che dopo la seconda guerra mondiale tutto è distrutto senza saperlo; il
senso di disperazione e la mancanza di senso per le tragedie a cui si è assistito direttamente o
indirettamente ha una portata tale da azzerare qualsiasi tentativo di avere senso e addirittura
anche cercare di trovare un senso nella mancanza di senso è precluso; sostiene quindi che
l’arte (soprattutto quella di Beckett) è come se ci mostrasse la frantumazione, l’assurdo e la
mancanza di senso senza spiegarcelo a parole -> come se mancasse la meditazione cosciente
sulla frantumazione.
- Ionesco afferma che l’assurdo è ciò che è privo di scopo -> poiché sono state recise le radici
religiose (dopo la seconda guerra mondiale), ogni azione umana ora è priva di scopo, ridicola,
inutile, perché non c’è speranza di salvezza.
- Camus -> afferma che l’uomo, in un mondo spogliato di illusioni e di luci, si sente un estraneo
e viene privato dei ricordi di una patria perduta o della speranza di una terra promessa. Questo
“divorzio” tra l’uomo e la sua vita è il senso dell’assurdo.
In generale quindi c’è l’idea che la vita dopo la seconda guerra mondiale abbia completamente
perduto le coordinate nelle quali si può ritrovare una parvenza di senso e quest’idea la si trova
ovunque, in tutte le arti, (es. arte pittorica: basti pensare a Guernica di Picasso -> idea di frantu-
mazione, di qualcosa che si è rotto irrimediabilmente) linguaggio.
Ciò che distingue il teatro di Beckett e il teatro precedente è il Anche il teatro esisten-
zialista o quello delle avanguardie vogliono scardinare l’dea che ci sia un senso (es. opera di Sar-
tre -> storia di dannati. Uno va all’inferno e pensa di trovare fiamme ecc.. vede invece un signore
in giacca e cravatta che porta lui e quelli che arrivano in una stanza ben arredata e tranquilla.
Sono inizialmente tutti contenti ma si crea tra i personaggi una dinamica che fa arrivare alla con-
clusione che l’inferno sono gli altri) -> quindi anche teatro esistenzialista mostra la mancanza di
senso ma la mostra discutendone in termini logici. Quindi se è assurdo ma si può capire non è più
così assurdo perché lo posso afferrare logicamente. Beckett invece opera a livello linguistico mo-
strando le contraddizioni del linguaggio e dell’esistenza non conciliandole, non spiegandole.
Quindi il teatro di Beckett non parla dell’assurdo ma ce lo mostra.
Il teatro di Beckett, poi, è stato accusato di essere un teatro per intellettuali. “Waiting for
Il testo fu scritto nel 1948 in francese, lo tradusse poco dopo in inglese con il titolo
Godot: a tragicomedy in two acts” e fu messo in scena per la prima volta nel 1953 a Parigi.
Quando fu messa in scena per la prima volta quest’opera, la ragione per cui fu scelta (invece ad
esempio di Eleuteria) era perché si metteva in scena con poco, aveva dei costi bassi di produzio-
ne e il teatro dove fu messa in scena stava per chiudere per mancanza di fondi -> si riprese grazie
a Waiting for Godot, che ha stravolto il teatro del Novecento ed è considerato il capolavoro del
Novecento.
Storia della prima messa in scena -> Waiting for Godot nessuno voleva metterlo in scena ma alla
prima messa in scena la gente era fuori in fila per vederlo perché erano tutti abituati alle avan-
guardie -> Parigi grande centro culturale -> Waiting for Godot stravolge tutto.
Esslin racconta di una messa in scena di Waiting for Godot del 1957 nel carcere di S. Quintino (lo
mettono in scena lì per assenza di personaggi femminili) -> carcerati aspettavano che si spegnes-
sero le luci per andare via perché pensavano fosse brutto ma sono stati lì tutto il tempo, lo hanno
capito -> testo che parla a tutti, lo capiscono tutti. Fu messo in scena ovunque, in qualunque si-
tuazione e lingua -> testo che non esaurisce mai i propri significati, è polisemico, poetico e com-
plesso. Il significato profondo del testo sono le attese deluse e tutti ci confrontiamo con esse, per
questo attrae tutti e tutti lo capiscono.
Beckett è un irlandese (Irlanda 1906, Parigi 1989). Studente di lingue e studia italiano e francese.
Negli anni ’20 si trasferisce a Parigi , poi torna per un periodo in Irlanda in quanto era stato assun-
to al Trinity College of Dublin ma si licenzia perché diceva di non poter insegnare quello che non
sapeva, la vita accademica non era per lui. Non si sentiva pronto per quello.
Conosce e frequenta Joyce, fa parte del circolo di giovani intellettuali che lo circondano e lo aiu-
tano nella stesura di Finnegan’s Wake.
La frequentazione con Joyce ad un certo punto si interrompe perché la figlia di Joyce, Lucia, s’in-
vaghì di Beckett ma lei era schizofrenica e aveva frainteso l’atteggiamento gentile di Beckett -> a
causa della figlia, quindi, la frequentazione tra Joyce e Beckett si riduce o interrompe.
La produzione artistica di Beckett è molto vasta. Inizia scrivendo saggi, poesie, racconti, romanzi
(in francese e in inglese), teatro, plays per radio e tv e un film.
Nel 1969 -> premio Nobel per la letteratura.
Beckett è un autore bilingue: dal 1945 al 1958 scrive in francese e dà una serie di ragioni per que-
sto. A lui serve quel tipo di disciplina e insicurezza rispetto a una lingua che lo rende cauto, atten-
to e controllato. Ha quindi la necessità di prendere le distanze dagli automatismi e di essere così
controllato nella scrittura. Nella sua lingua madre aveva scritto talmente tanto che ora preferiva
distanziarsi da essa per non cadere nella retorica, che è una caratteristica tipica di chi sa scrivere
bene nella propria lingua. Il bilinguismo letterario è un fenomeno che esiste dall’antichità classica,
non nasce con Beckett.
Egli poi è uno dei pochissimi autori ad avere un corpus quasi interamente bilingue e autotradotto.
Egli ricomincia a scrivere in inglese quando si accorge che a causa della sua totale immersione
nella lingua francese sia come scrittura sia come vita quotidiana (vive a Parigi con la compagna
francese) l’inglese gli è diventata una lingua in un certo senso estranea.
Le novità che, secondo Esslin, Beckett introduce con il suo teatro, che per certi aspetti è una for-
ma teatrale completamente nuova (con Waiting for Godot, infatti, Beckett stravolge il teatro) sono:
• Di solito le rappresentazioni teatrali (soprattutto il Well-made Play) hanno sempre una storia ben
costruita, con un plot molto chiaro, mentre in Waiting for Godot non c’è trama. Così com’era per
i romanzi modernisti, la trama ora scompare completamente (è la prima volta che scompare nel
teatro);
• Nel teatro precedente a Beckett i personaggi, poi, erano ben caratterizzati anche in senso psi-
cologico, cosa che in Beckett manca: i suoi personaggi non sono caratterizzati dal punto di vi-
sta psicologico ma sono come delle marionette; infatti, in Waiting for Godot ci sono continua-
mente delle note che indicano il modo (tono) in cui devono essere pronunciate le battute;
• Nel teatro tradizionale c’è un tema ben definito e una risoluzione finale (incipit, crisi, svolgimento
e risoluzione che può trasformare il tutto in commedia o tragedia), mentre in Beckett non c’è un
vero e proprio inizio proprio come non c’è una vera e propria fine. In Waiting for Godot è tutto
lasciato molto vago, non ci viene data nessuna informazione cronologica né spaziale.
• Nel teatro tradizionale viene rappresentata la realtà sociale del secolo mentre, dice Esslin, Bec-
kett è come se volesse ritrarre una sorta di incubo, cioè la mancanza di senso e di punti fissi,
come se fosse tutto distrutto e l’autore ritraesse il suo senso di smarrimento.
• Altra caratteristica del teatro tradizionale è quella del dialogo brillante (soprattutto nel Well-made
Play), in Beckett invece i personaggi spesso usano un linguaggio molto più quotidiano che, in
quanto tale, è costituito da esitazioni, fraintendimenti, false partenze, balbettii incoerenti, ecc…
Il Bertinetti si concentra invece sui seguenti punti:
• Beckett mette in scena il fatto teatrale rivelandone la natura di rappresentazione teatrale, ovvero
è presente in Beckett l’elemento metateatrale, quindi non è un teatro di tipo mimetico, naturali-
stico -> è assolutamente antinaturalistico, in quanto, con Beckett, la natura della rappresenta-
zione teatrale viene continuamente esibita e ci impedisce quella sorta di identificazione mimeti-
ca con quello che avviene sul palco, non si può far finta che sia qualcosa di reale (quindi, non si
può avere la Suspension of Disbelief).
• In Beckett ci sono spesso forme di spettacolo basso, popolare (Cabaret, musical, cinema muto),
all’interno di un genere (letterario d’autore) alto -> commistione di generi teatrali;
• Nel teatro tradizionale, la conversazione dei dialoghi del teatro tradizionale è sempre funzionale:
i personaggi dialogano e da ciò ne consegue lo sviluppo del plot. I dialoghi, quindi, servono
come motore per l’azione e lo sviluppo della trama. Beckett, invece, riduce la conversazione a
qualcosa che è fine a se stessa, che non porta a niente. È semplicemente un riempitivo di qual-
cosa che angoscia il personaggio, cioè l’offesa. I personaggi quindi, mentre aspettano, chiac-
chierano non dicendo cose significative, con un senso, dal punto di vista della trama -> grande
novità a teatro. La funzione significante del dialogo, quindi, con Beckett viene azzerata. Beckett
distrugge il dialogo: prende la parola e la svuota, conferisce ad essa un significato diverso ri-
spetto a quello che le aveva dato la precedente tradizione teatrale.
Un tratto caratteristico di Beckett è la distruzione del linguaggio. In una citazione Beckett dice che
questo fa parte della sua poetica, che il