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FASE DECISORIA:
Provvedimenti a contenuto decisorio che possono essere emessi già in corso di causa:
Si tratta delle cd ordinanze decisorie, indicate dal primo e dal secondo comma dell' art 423 cpc e
alle quali il terzo comma conferisce efficacia esecutiva (per sospenderla, dice Verde deve fare
opposizione all' esecuzione ex art 615 cpc):
(primo comma) “ il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone il
– pagamento delle somme non contestate [186/2 cpc].” → ordinanza per il pagamento di
somme non contestate (= come l' aer 186/2 per il rito ordinario). NB: situazioni di
contumacia del convenuto non possono essere considerate come non contestazione ai fini
della concessione dell' ordinanza perché l' art 115 cpc, che costituisce la disciplina generale
della non contestazione, ribadisce che questa può riguardare solo la “parte costituita”.
(secondo comma) “ egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza di parte,
– disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il
diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova” →
ordinanza provvisionale ( = ben diversa dalla condanna provvisionale ex art 278 sia per la
natura dell' accertamento, che qui si fonda su una cognizione sommaria; sia per la forma del
provvedimento: qui è ordinanza, lì è sentenza). NB: per questa ordinanza il quarto comma
dispone che essa “ è revocabile” ma solo con “ la sentenza che decide la causa”( non invece,
come di solito avviene, con la sopravvenienza di un elemento nuovo), infatti al secondo
comma si parlava di di “diritto accertato”.
Modello di decisione:
L’art. 429 cpc sancisce che “Nell'udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le
conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo
e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”: questo modello è simile a
quello previsto dall’art. 281/6 cpc per il rito ordinario nel caso in cui a decidere sia un giudice in
composizione monocratico ;l’unica (importante )differenza sta nel fatto che l' art 429 cpc prevede la
possibilità, in caso di particolare complessità della controversia, che il giudice fissi nel dispositivo
un termine non superiore a 60 gg, per il deposito della sentenza (= formazione diacronica del
dispositivo e della motivazione/NB: secondo Auletta questa variante è positiva perché consente alla
discussione finale di avere un qualche rilievo cosa che invece non si ha quando si applica il 281/3
perché il giudice deve rendere l' intera sentenza all' esito dell' udienza; così facendo il 281/3 svilisce
l' importanza della discussione).
La sentenza completa di dispositivo e di motivazione deve poi a norma dell’art. 430 cpc , essere
depositata in Cancelleria entro 15 giorni dalla pronuncia: il cancelliere ne dà quindi, immediata
comunicazione alle parti.
Esecutorietà della sentenza:
Art 431 primo comma cpc : le sentenze valgono come titolo esecutivo(sono provvisoriamente
esecutive) ma solo se pronunciano condanna a favore del lavoratore e abbiano ad oggetto crediti
derivanti dai rapporti di cui all' art 409 cpc + al secondo comma sancisce che : all' esecuzione si può
procedere sulla base del solo dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza →
da queste norme è sorta la necessità di consentire al datore di lavoro di utilizzare immediatamente
dopo l' inizio dell' esecuzione il cd appello con riserva dei motivi (= inibizione dell' esecuzione
forzata fondata sul solo dispositivo): in particolare, l' istituto nasce perché dato il possibile schema
di formazione diacronica della sentenza potrebbe non esserci ancora la motivazione e
conseguentemente sarebbe impossibile per il datore indicare i suoi motivi di doglianza (NB: non va
considerata impugnazione perché ciò che ha deciso il giudice non è ancora motivato e quindi non
può essere censurato.).
NB: il quinto comma dell' articolo sancisce che : “Le sentenze che pronunciano condanna a favore
del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli artt 282 e
283.” → questo comma è stato aggiunto dalla l 353/90 per cercare di coordinare l' art 431 col nuovo
282 che sempre essa aveva introdotto: tuttavia mentre per chi ritiene che quando l' art 282 parli solo
delle sentenze di condanna, questa norma non appare altro che una conferma della sua teoria, per
chi sostiene invece che il 282 si riferisca a tutte le sentenze di primo grado che determinino una
qualche conformazione della realtà al comando del giudice trova strano che l' art 431 primo comma,
sia riferito alle sole sentenze di condanna in favore dei datori di lavoro.
Maggior danno da svalutazione monetaria:
Art 429 , terzo comma: “ il giudice, quando pronuncia la sentenza di condanna al pagamento di
somme di denaro per crediti da lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il
maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito,
condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del
diritto.” → Il maggior danno da svalutazione monetaria è un istituto già rinvenibile nell' art 1224
cc ,secondo comma, cc tuttavia questo ,a differenza del 429, prevede che l' onere della richieste e
della prova spetti a chi voglia ottenerlo: cioè nel rito del lavoro, il lavoratore ha diritto al maggior
danno senza avere né onere della richiesta né onere della prova ( = l' art 429 terzo comma, è norma
che deroga: a) al principio della domanda; b) al principio della prova; c) all' art 1224 cc, che tra l'
altro presuppone la costituzione in mora ). Problema: se il giudice non liquida d' ufficio il maggior
danno si può applicare il principio che il giudicato copre il dedotto e il deducibile(= cioè, si può
ritenere che se il lavoratore non impugna gli si preclude la possibilità di ottenere il maggior danno)?
Per molto tempo dottrina e giurisprudenza, per favorire il lavoratore, hanno sostenuto che l' azione
per il credito da maggio danno fosse possibile anche dopo il giudicato → tuttavia furono sollevate
molte critiche a riguardo, che possono essere riassunte in 3 questioni :1) si consentiva di agire su
una domanda coperta da giudicato; 2) la giurisprudenza di regola preclude il frazionamento del
credito davanti al giudice (cd principio dell' infrazionabilità dei crediti); 3) (ultima ragione in ordine
cronologico) la l 69/09 ha assegnato alla competenza del giudice di pace le cause relative ad
interessi o accessori maturati da ritardato pagamento di prestazioni patrimoniali e assistenziali =
cioè la materia non è più di competenza del giudice del lavoro ma del giudice di pace. → Per questi
motivi oggi la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il lavoratore che non impugna non possa
più ottenere il maggior danno da svalutazione monetaria.
FASE DELL' IMPUGNAZIONE:
Appello:
La legge del 1973 ha dettato particolari disposizioni esclusivamente per l’appello (per il ricorso per
Cassazione l' art 19 ha soltanto previsto l’istituzione di una sezione destinata alla trattazione delle
sole controversie di lavoro/ nulla è previsto invece, per gli altri mezzi di impugnazione). In realtà, la
ragione di un’analitica disciplina dell’appello risiedeva nel suo contenuto fortemente innovativo
rispetto alla disciplina dell’appello ordinario allora vigente: ciò non vuol dire però, che contro le
sentenze del lavoro non siano ammissibili revocazione ed opposizione di terzo. La tecnica della
“novellazione” adoperata dal legislatore del 1973 importa infatti, che le nuove norme si vanno ad
inserire nel sistema previgente, disciplinante anche il processo del lavoro.
Disciplina:l’appello avverso le sentenze in materia di lavoro, cioè quelle previste dall’art. 409
C.P.C., è disciplinato dagli art. 433 e ss cpc .
Oggetto dell’appello: sono le sentenze rese dal tribunale come giudice del lavoro (= decisiva è
dunque la qualificazione che al rapporto ha dato il giudice). L’art. 440 cpc dichiara solo che “sono
inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a 25,82 euro”
(→ per queste quindi sarà possibile ricorrere in cassazione ex art 111, comma 7 cost).
L’atto introduttivo dell’appello è ex art. 434 cpc, un ricorso (sancisce infatti, l’art. 433 cpc che
“L'appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell'articolo
409 deve essere proposto con ricorso davanti alla Corte di Appello territorialmente competente in
funzione di giudice del lavoro”)il quale deve contenere:a) l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi
specifici dell'impugnazione; b) le indicazioni prescritte dall'articolo 414 (= indicazione del giudice
+ nome, cognome, residenza del ricorrente e del convenuto + oggetto della domanda + esposizione
dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni +
indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi ed in particolare dei
documenti che si offrono in comunicazione). Il ricorso deve essere depositato nella Cancelleria
della Corte di Appello entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza (oppure entro 40 giorni nel
caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero).
Il secondo comma dell’art. 433 cpc prevede inoltre, la possibilità di un “appello con riserva dei
motivi”: ciò in quanto nel rito del lavoro, il dispositivo della sentenza è già titolo esecutivo e quindi,
il datore di lavoro potrebbe non conoscere i motivi della sua condanna. Presupposti di tale
impugnazione, concessa solo al datore di lavoro, sono: 1) che il lavoratore sia risultato vittorioso in
primo grado; 2)che lo stesso lavoratore abbia già iniziato l’esecuzione forzata;3)che la sentenza non
sia stata ancora depositata. Scopo dell’appello con riserva dei motivi è quello di investire
immediatamente il giudice di secondo grado della decisione sull’istanza di sospensione
dell’esecuzione: nel caso, infatti, di sentenza di condanna a favore del lavoratore per crediti, la
sentenza (che è esecutiva “ex lege” dal momento della lettura del dispositivo) può essere
immediatamente impugnata dal datore di lavoro con riserva sui motivi dell’impugnazione, che
vengono depositati in