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EEG
Le caratteristiche delle registrazioni EEG sono come di seguito descritte.
Le onde si differenziano fra loro per voltaggio, frequenza dell’attività elettrica e vengono
soprattutto dalle cellule granulari del IV strato della cortex
Caratteristiche segnale EEG Definizione
Frequenza Numeri di cicli al secondo (c/s) o hertz
Ampiezza Voltaggio (microvolts)
Morfologia Forma d’onda (aguzza, arrotondata, complessi
K)
Polarità Convenzionalmente positiva (deflessione verso il
basso)
Topografia Aree cerebrali dell’evento elettrico
Simmetria- asimmetria I segnali sono definiti così in base alla sede e alle
caratteristiche delle onde
Sincronia-asincronia Momento di comparsa degli eventi EEG
Ricorrenza Ripetitiva e continua nel tempo (ritmi) oppure
sporadica (fasici o transienti)
Esiste una topologia specifica di applicazione degli elettrodi pena la nullità della rilevazione. La
cute deve essere pulita, il punto deve essere preciso, l’impedenza inferiore a 5-10 KOhms.
La traccia cartacea viene chiamata “poligrafo” o poligrafia (più scritti) e rappresenta la variazione
nel tempo dei fenomeni bioelettrici.
La registrazione prevede
1. rilevazione del segnale bioelettrico (elettrodo)
2. amplificazione del potenziale (anche attraverso l’uso di un conduttore come il gel)
3. registrazione dei potenziali (analogica o digitale su carta o calcolatore)
4. eventuali calcolatori per ulteriori elaborazioni
per quanto riguarda le onde, la loro rappresentazione e la loro frequenza vedi riassunto del libro “il
meraviglioso mondo del sonno”.
10-20
per il montaggio si fa riferimento ai due assi principali, naso –occipite (nasion inion) e linea
mediana delle orecchie, passanti entrambi per il cosiddetto centro del cranio (vertice o Cz).
La regione corticale viene indicata dalla iniziale mentre con i numeri pari si indica l’emisfero dx
con quelli dispari il sinistro.
Le distanze tra gli elettrodi sono del 10 e 20% dell’intera lunghezza di linee ideali di riferimento: la
linea mediana anteroposteriore (nasion inion) e quella coronale latero-laterale
Ogni registrazione è effettuata da una coppia di elettrodi il segnale infatti corrisponde alla
differenza di potenziale tra due punti. Le derivazioni possono essere bipolari (entrambi gli elettrodi
in aree elettricamente attive) o monopolari (un solo elettrodo in una area attiva l’altro in area
neutra).
Artefatti (possono indurre interpretazioni errate)
Si distinguono in fisiologi e ambientali
1. movimenti oculari o delle palpebre
2. attività cardiovascolare, muscolare elettrodermica
3. da movimento
4. da contatto cute elettrodo
5. contatto elettrodo morsetto
6. interferenze elettriche
7. manovre o altri fattori esterni. E ZONE INTERDETTE AL SONNO
9)CANCELLI DEL SONNO
Come dimostrare che la propensione al sonno varia in maniera regolare
nell’arco della giornata? Un modo possibile consiste nel permettere ai soggetti
di addormentarsi molte volte nel corso delle 24 ore, misurando ogni volta
quanto tempo impiegano per addormentarsi. Il primo ricercatore che usò
l’esame della velocità di addormentamento per determinare la propensione al
sonno fu la professoressa CARSKADON: precisamente esaminò i livelli
giornalieri di sonnolenza in soggetti che, sistemati in una stanza buia e isolata
dai rumori, provavano ad addormentarsi ogni 2 ore tra le 10 e le 20. Il test che
usò prende il nome di MSLT (multiple sleep latency test), cioè test multiplo
della latenza del sonno. Dopo un sonno notturno di 7 ore, il tempo impiegato
per addormentarsi era di circa 15 minuti e in molti casi i soggetti non
riuscivano ad addormentarsi. Di contro, i soggetti privati della possibuilità di
dormire si addormentavano molto velocemente nell’arco di 5,7 minuti. Secondo
la Carskadon i soggetti tendevano ad addormentarsi più alla svelta durante il
pomeriggio e incontravano difficoltà nelle ore serali, tuttavia la misurazione
della latenza del sonno ogni 2 ore non bastava a garantire una descrizione
precisa dei cambiamenti che si hanno nella propensione al sonno nell’arco della
giornata. Così Lavie e collaboratori al Technion svilupparono un'altra tecnica
che prese il nome di “esperimento 7/13”:
i soggetti arrivavano al laboratorio di sera e passavano la notte svegli, sotto lo
stretto e costante controllo degli sperimentatori che non li facevano
addormentare. Alle 7 del mattino successivo, venivano condotti nelle camere
da letto, dove dovevano cercare di addormentarsi nel giro di 7 minuti. Durante
questo intervallo, si procedeva alla registrazione completa delle onde cerebrali,
dei movimenti oculari e del tono muscolare. Alla fine dell’intervallo, i soggetti
dovevano lasciare la stanza per 13 minuti, qualunque esito avesse avuto il
tentativo di addormentarsi. Alle 7.20 si ripeteva la prova e così ogni 20 minuti
fino alle 7 del mattino successivo. In questo modo venivano concessi 72
tentativi di addormentarsi durante la giornata, così da poter delineare
l’andamento della sonnolenza quotidiana di ognuno dei soggetti in base alla
latenza individuale del sonno in ciascuno dei 72 tentativi. In base ai risultati si
scoprì che in una giornata vi erano 3 intervalli in cui la latenza del sonno
presentava cambiamenti spontanei: uno nel pomeriggio, uno alla sera e uno di
notte. La sonnolenza manifestava un aumento nel pomeriggio, anche in
soggetti che in genere non dormivano in quelle ore. Il dato sorprendente però
fu il cambiamento del livello di sonnolenza alla sera: nonostante la fatica e
l’accumulo di mancanza di sonno, i soggetti trovavano difficile addormentarsi
di sera. Più precisamente, per alcuni era impossibile prendere sonno tra le 18 e
le 20, ma alle 22.00 si addormentavano nell’attimo stesso in cui chiudevano la
porta della loro stanza. Era come se d’un tratto si fosse aperto un “cancello del
sonno” che era rimasto chiuso per tutta la sera.
Questa è l’espressione che Lavie usò per descrivere il repentino cambiamento
da un livello elevato di vigilanza a uno di estrema sonnolenza.
Il periodo che precede l’apertura del cancello, durante il quale i soggetti
incontrano molte difficoltà ad addormentarsi, è detto “zona interdetta al
sonno”: questo periodo è correlato non soltanto con le ore in cui il soggetto
evitava di andare a dormire, ma anche con le ore in cui si ha un minimo di
incidenti stradali legati al sonno.
C’è qualche prova di una correlazione tra l’apertura del cancello del sonno e un
concomitante cambiamento nell’attività cerebrale?
SAPER ha scoperto un meccanismo nell’ipotalamo del ratto che è una sorta di
interruttore principale del sonno. Quando l’interruttore è acceso, tutte le cellule
cerebrali coinvolte nel risveglio sono disattivate, mentre quando l’interruttore è
spento il cervello si sveglia. Il meccanismo funziona e segue la logica del “tutto
o niente”. Quando si somministra nel modo giusto la melatonina forza i cancelli
del sonno a seguire un ciclo giorno-notte.
←
10)L’ADDORMENTAMENTO:
A fornire informazioni utili e attendibili sul processo di addormentamento e sui
cambiamenti che avvengono durante il sonno sono 3 diverse fonti di dati:
8) Le onde cerebrali.
9) I movimenti del bulbo oculare.
10) Il tono muscolare.
Gli elettrodi vengono attaccati:
1. Alla mano del soggetto per registrare le onde cerebrali.
2. Ai lati degli occhi per controllare i movimenti del bulbo oculare.
3. Al collo o al mento per controllare il tono muscolare.
Si registrano anche i movimenti respiratori, il flusso dell’aria attraverso il naso
e la bocca, il livello di ossigenazione del sangue, la frequenza cardiaca e i
movimenti delle gambe.
Già nel 1935, quando si effettuarono le prime registrazioni sul sonno ad
Harvard era noto che durante il passaggio dalla veglia al sonno avveniva un
cambiamento graduale dell’attività elettrica del cervello.
Durante lo stato di veglia, le onde cerebrali sono estremamente rapide: ve ne
sono 15 o più al secondo, caratterizzate da un voltaggio molto basso. Quando il
livello di vigilanza aumenta e l’attenzione si intensifica, le onde cerebrali, note
come ONDE BETA, si fanno più rapide e il voltaggio diminuisce. Nella fase di
preparazione al sonno si ha un primo cambiamento dell’attività cerebrale
mentre il soggetto è ancora in stato di veglia, appena prima che si addormenti.
Una volta spente le luci, dopo che il soggetto si è messo a suo agio, l’attività
elettrica del cervello si modifica: l’attività elettrica veloce e di basso voltaggio
che prevale nei periodi di accentuata vigilanza è sostituita da un’ attività più
lenta, di 8 – 10 onde al secondo. Si tratta delle cosiddette ONDE ALFA
(chiamate inizialmente onde di Berger), caratterizzate da un voltaggio
superiore rispetto a quelle che si hanno durante lo stato di veglia piena. La
configurazione delle onde alfa è regolare e assomiglia ai denti di un pettine.
L’apertura degli occhi o un disturbo qualsiasi della tranquillità causano un’
immediata sparizione delle onde alfa e la ricomparsa delle onde beta (questo è
indice della piena condizione di veglia). Essendo direttamente collegate a uno
stato di rilassamento, le onde alfa si sono guadagnate una grande popolarità;
sebbene molti studi abbiano dimostrato che è possibile raggiungere il controllo
delle onde alfa, non si è mai ottenuta una solida dimostrazione del fatto che
questa capacità contribuisca effettivamente al miglioramento della salute.
Il cambiamento dalle onde beta (rapide e a basso voltaggio) alle più regolari
onde alfa, avviene quando il soggetto riduce la tensione, chiude gli occhi e si
tranquillizza. Il momento preciso dell’addormentamento è molto difficile
identificarlo registrando le onde cerebrali: nella maggior parte dei casi il loro
cambiamento mentre il soggetto passa da una condizione di veglia tranquilla al
sonno è graduale e può durare per parecchi minuti. L’intensa attività delle onde
alfa viene lentamente sostituita da onde meno rapide, con una frequenza di 4 –
7 onde al secondo, le ONDE TETA, che per quanto riguarda l’ampiezza sono
simili alle onde alfa. In molti casi il passaggio dalle onde alfa alle onde teta
dura alcuni minuti e si nota sul foglio di registrazione che sono come 2 forze
che lottano per affermarsi: questo stadio viene detto “STADIO 1 DEL SONNO”,
“mezzo sonno” o “stadio di transizione”. Oltre che dai cambiamenti delle onde
cerebrali, l’addormentamento è accompagnato