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LINGUE BALTICHE E SLAVE
Lingue baltiche: Nel I millennio aC le tribù baltiche occupavano Lituania, Lettonia,
Polonia settentrionale, Bielorussia, Russia e Ucraina. Delle numerose parlate delle
diverse tribù solo tre hanno conosciuto la scrittura: il prussiano antico, il lituano e il
lettone. Il testo più antico in antico prussiano è il Vocabolario di Elbing, del XIV secolo; il
lituano è documentato dal XVI secolo da un catechismo di ispirazione protestante
pubblicato a stampa a Konigsberg nel 1547. Le parlate lituane si distinguono in alto
lituano e basso lituano. Il pià antico documento in lingua lettone è il Catechismus
Catholicorum, pubblicato a stampa a Vilnius nel 1585.
Lingue slave: l'espansione dei popoli slavi doveva essere compresa nell'area
dell'Europa orintale che va dalla Vistola al Dnieper. Agli inizi dell'VIII secolo gli slavi
penetrarono nella penisola balcanica, occupando Russia e Bielorussia. La continuità
territoriale delle aree slavizzate si ruppe quando nell'896 i magiari, che parlavano una
lingua non indoeuropea appartenente alla famigla ugrofinnica, invasero l'Ungheria,
interponendosi tra gli slavi della penisola balcanica e gli slavi dell'Europa nordorientale.
Le lingue slave si suddividono in tre gruppi: meridionale, occidentale e orientale. Sono
meridionali lo sloveno, il serbocroato, il macedone e il bulgaro. Sono occidentali il
polacco, il ceco e lo slovacco. Sono orientali il russo, il bielorusso e l'ucraino. La prima
produzione scritta in lingua slava compare nel IX sec; nell'862 il monaco Costantino il
Filosofo (il futuro san Cirillo) fu inviato in Moravia dall'imperatore di Bisanzio con
l'incarico di preparare una traduzione slava della Bibbia e della Liturgia. Costantino
conosceva bene lo slavo parlato in Macedonia e per questo utilizzò nella sua traduzione
uno slavo di impronta macedone. Costantino inoltre creò un nuovo alfabeto, sul modello
di quello greco, denominato glagolitico. Con la caduta dello stato di Moravia per gli
attacchi di germani e magiari, il centro culturale si spostò in Bulgaria. La lingua letteraria
di queste fasi antiche è dunque di tipo meridionale. Per essa si utilizzano le
denominazioni "antico slavo ecclesiastico" e "antico bulgaro". Nella fase bulgara
l'alfabeto glagolitico venne abbandonato in favore dell'alfabeto cirillico, tuttora utilizzato.
Baltico e slavo presentano una serie di innovazioni comuni:
• ̥ ̥ ̥ ̥
*r, *l, *m, *n
le sonanti in posizioni di apice sillabico hanno gli esiti in ir, il, im, in o
pa-mętĭ, ricordanza, (con ę da *in) <
ur, ul, um, un ( lit. mintìs, pensiero, asl.
̥
i.e *mn-tis )
• le consonanti geminate vengno semplificate.
• ōd
l'ablativo dei nomi in -o- (con terminazione i.e *- ) funge anche da genitivo.
• il genitivo singolare dei pronomi personali funge da base per la formazione di altri
mànei mīně
casi: ad esempio le forme di dativo lituano e antico slavo , a me,
sono fatte sui gentivi lit. manè, asl. mene, di me (cfr. av. mana).
• ā
il pronome dimostrativo che continua l'i.e *so(s), *s , *tod forma il nominativo tŭ
maschile e femminile singolare dal tema t- anziché dal tema s- (lit. tàs, tà; asl. ,
ta)
Altra innovazione comune sarebbe l'allungamento vocalico: baltico e slavo
confondono le sonore e le sonore aspirate indoeuropee; le sole sonore i.e avrebbero
prodotto però sia in baltico sia in slavo l'allungamento della vocale precedente (Legge di
Winter).
Lingue baltiche: dešimtìs
Vocalismo: il baltico conserva l'opposizione di quantità vocalica: lit. ,dieci, con
̥
ĕ *dekm
da i.e ̂ sėti , seminare, con ė (e lungo chiuso),
(ampliato con suffisso nominale -tis); ma lit. ́
cfr. lat. sēmen. La vocale i.e *o breve passa ad a: lit. avìs, pecora, cfr. lat. ovis. Le
*ā *ō ā ō mótė, lett. mate ,
lunghe i.e e restano invece distinte: i.e * dà in lituano (lit. ̄
madre < i.e *mātēr ). I dittonghi ej e aj (< i.e *aj e *oj) si conservamo in antico
apr. deiws, lit. diēvas, dio < i.e
prussiano, mentre in lituano mutano entrambi in ie:
*dejwos . Sulle vocali lunghi e i dittonghi il lituano presenta un'opposizione di tono:
ascendente, segnato con l'accento circonflesso, e discendente, con accento acuto. Nel
baltico comune però la distribuzione di questi due toni era probabilmente invertita
rispetto a quella del lituano: dove il lituano ha il tono discendente, il baltico comune
̥ ̥
*r, *l,
doveva vere il tono ascendente e viceversa. Infine sia le sonanti sillabiche brevi (
̥ ̥ ̥ ̥ ̥ ̥
*m, *n *r, *l, *m, *n
) che le lunghe ( ) sono continuate in baltico da ir, il, im, in o da ur,
̄̄ ̄ ̄ ̄
ul, um, un.
Morfologia nominale: degli otto casi originari si perde solo l'ablativo, confusosi col
vilkaĩ
genitivo. La desinenza pronominale di nom. pl. *oj è estesa ai nomi in -o- (lit. ,
lupi). Ai sette casi ereditati si aggiungono in antico lituano tre nuovi casi di luogo, che
esprimono l'opposizione interno-esterno : l'allativo (moto verso l'esterno), l'illativo
(moto con ingresso all'interno di un luogo) e adessivo (stato presso un luogo) .Questi
casi si sono formati dall'univerbazione di sintagmi postposizionali (allativo = gen. + pi: lit.
ó
dievo pi > diev pi, verso dio). Il lituano antico conserva il numero duale sia nel nome
(nelle forme nominativo-accusativo, dativo e strumentale) sia nel verbo. Dei tre generi
solo l'antico prussiano conserva il neutro, che in litutano e in lettone confluisce nel ā
maschile. I nomi sono distribuiti in diverse classi di declinazione: temi in -a-, temi in - -,
temi in -i-, temi in -u- e temi in -n-. I nomi in *-ija- costituiscono una classe a parte. Il
pronome conserva una flessione distinta da quella del nome; tra i pronomi che
tàs, tà šìs, šì ki -
continuano l'i.e menzioniamo i dimostrativi lit. e lit. (i.e * )e
̂
ʷ
kas k o -
l'interrogativo-relativo lit. (i.e * ).
Morfologia verbale: Il sistema verbale delle lingue baltiche comprende un tema di
presente, un tema di infinito e un tema di preterico. Il baltico conserva la distinzione tra
flessione atematica e temaica. Tra i temi di presente si rintracciano forme radicali
ʷ
sek ō
tematiche (lit. sekù, seguo < i.e * , cfr. lat. sequor), forme con suffisso tematico *-
je/o-, che in baltico indica la transitività, presenti con nasale infissa: lit. jùngiu, lego < i.e
*jewg-, aggiogare, cfr. lat. iungo). Il futuro è caratterizzato da un suffisso in -sj- (lit.
dúosiu, darò ā -ē-
); il preterito è formato col suffisso - -o col suffisso . Le desinenze
atematiche principali (i.e *-mi, *-si, *-ti) sono conservate (lit. ant. esmì, sono, esì < *essi,
ēsti, è).
sei, La flessione tematica è caratterizzata dalla scomparsa dell'alternanza e/o,
in seguito all'estensione di o (> baltico a) a tutto il paradigma. Innovazione notevole è
sêka
l'uso di una sola forma per la terza persona dei tre numeri, sicché lit. vale tanto
"segue", quanto "seguono" (pl.) ed "(essi due) seguono", (du.). Rivoluzionato è il sistema
dei modi: il congiuntivo è perduto; alcune forme dell'originario ottativo sono continuate
nell'imperativo; perduta è la diatesi media. Un riflessivo, con valore anche mediale, si
forma posponendo al verbo o al preverbo una particella riflessiva (lit. si/s): lit: sùka-s(i),
si volta; lit. at-sì-mena, ricorda.
Lingue slave.
Vocalismo: le lingue slave presentano la confusione delle vocali i.e di timbro a e o sia
brevi che lunghe. Le vocali i.e *a e *o sono continuate nello slavo comune da o, mentre
*ā e *ō sono continuate da a. Le vocali i.e *i e *u danno come solo esito le vocali ridotte
<ĭ > e <ŭ> ī ū
(ultrabrevi) dette jer. L' lungo i.e dà i; l' lungo i.e dà una vocale centrale
non arrotondata segnata con <y>. Sistematico è il monottongamento dei dittonghi:
• i dittonghi i.e *aj e *oj sono continuati da un e aperto;
• *ej si monottonga in i;
• i.e *aw e *ow sono continuati da u;
• i.e *ew si muta in *ju.
Consonantismo:lo slavo confonde le occlusive sonore e le occlusive sonore aspirate
dell'indoeuropeo in un'unica serie di occlusive sonore. Gli esiti delle palatali i.e sono di
k̂
tipo satem e sono rappresentati dalle fricative dentali sorda s (per i.e * ) e sonora z (per
ĝ e *ĝʰ
i.e * ). L' i.e *s subisce un arretramento del diaframma quando è preceduta dai
suoni RUKI, ossia dalle vocali chiuse i e u. La palatalizzazione di t e d produce esiti
št e žt sl. mežda, confine <
iversi secondo le singole lingue: in antico slavo abbiamo (a
*medjā asl.
). La palatalizzazione delle labiali dà luogo all'emersione di una laterale l (
sŭpljo, dormo < *supjōm
). Caratteristica dello slavo è una profonda ristrutturazione
prosodica dellaparola, orientata all'eliminazione delle sillabe chiuse. A questo scopo
concorrono diversi tipi di mutamento fonetico:
• monottongamento dei dittonghi (sillabe chiuse uscenti in semivocale divengono
sillabe aperte)
• creazione di vocali nasalizzate (sillabe chiuse uscenti in nasale divengono sillabe
aperte con vocale nasalizzata)
• ʰ ʰ
*b ar.d ā , barba > asl.
metetesi o epentesi nelle sillabe uscenti in r e l : i.e
bra.da (con metatesi della vibrante) e in russo bo.ro.dà (con epentesi della
seconda voale o)
• semplificazioni di nessi consonantici interni ed eliminazione sistematica delle
i.e *sup.nos > asl. sŭ.nŭ, sonno.
consonanti finali di parola :
Anche le sillabe inizianti per voale sono tendenzialmente evitate. Le parole inizianti per
vocale possono sviluppare una semiconsonante iniziale, che è j nel caso divocale
anteriore e w (poi v) in caso di vocale posteriore (le parole inizianti per a non ricevono
jesmĭ esmĭ
protesi): ad esempio i.e *esmi > asl. [ ], scritto < >.
Morfologia nominale: il nome slavo conserva l'opposizione dei tre generi maschile,
femminile e neutro. A questa si aggiunge una suddivisione del maschile in due
sottocategorie morfologiche. La prima, riservata tendenzialmente a nomi caratterizzati
da un rango elevato di animatezza (in ordine decrescente: nomi propri di persona,
persone, esseri animati, oggetti inanimati) è caratterizzata dal fatt che la forma del
ad esempio asl. boga acc. e gen. di
genitivo singolare funge anche da accusativo (
bogŭ, dio, con desinenza -a dalla terminazione i.e *-ōd dell'ablativo tematic