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Il consorzio è una particolare forma di aggregazione interaziendale che si realizza
quando due o più imprese decidono di disciplinare e svolgere in comune determinate
attività. Può parteciparvi chiunque (e non c’è limite di numero) purchè non usufruisca
di contributi pubblici. È espressamente vietata la distribuzione degli avanzi e degli utili
di esercizio. Le imprese che partecipano al consorzio devono essere omogenee a
livello strutturale, organizzativo e finanziario. Il consorzio eroga servizi di base
all’esportazione (traduzioni, assistenza legale, doganale, fiscale ecc), servizi di
consulenza e supporto per la realizzazione delle strategie, servizi di collegamento con
le istituzioni pubbliche e private, servizi promozionali quali allestimento di fiere, azioni
pubblicitarie, ricerche di mercato ecc, servizi di intermediazione commerciale, e servizi
vari come l’allestimento di showroom, di formazione imprenditoriale ecc. Aderire ad un
consorzio comporta svariati vantaggi quali la riduzione dei costi per l’attività
internazionale (tramite lo sfruttamento di economie di scala), la possibilità di realizzare
progetti particolarmente complessi a livello tecnico/economico per una singola
impresa, la possibilità di ampliare la gamma di prodotti offrendo prodotti
complementari che meglio coprono la domanda, e in più risulta più facile accedere a
finanziamenti. Possiamo distinguere due tipologie di consorzi: promozionali e di
vendita. Quelli promozionali non effettuano azioni di acquisto e vendita in proprio ma
si limitano ad offrire dei servizi a sostegno delle attività esportative degli associati,
mentre quelli di vendita si occupano della commercializzazione dei prodotti delle
imprese nei mercati esteri.
Counter trade
È lo scambio di merci contro prodotto/servizi, senza trasferimenti di valuta. Ha
raggiunto la quota del 20% del commercio mondiale, e viene utilizzato in casi di
austerità, o per l’aggiramento dei controlli del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Il
counter trade presenta delle problematiche: i rischi nelle transazioni aumentano,
vengono scoraggiati gli scambi, potrebbero esserci discrepanze di valore nei prodotti
scambiati o difficoltà di valutazioni corrette, e infine i governi potrebbero osteggiare la
pratica in qualche modo. La pratica del counter trade si è diffusa così tanto perché le
imprese l’hanno reputato utile per l’inserimento in nuovi mercati o per il
mantenimento della posizione in mercati importanti. Può inoltre rappresentare un
possibile ponte tra l’inserimento commerciale e le strategie di investimento, e c’è un
rafforzamento del legame nelle joint venture. Si divide a seconda degli scopi se
commerciali (barter, compensation, counterpurchase) o se scopi industriali (buyback,
offset, bot).
Il Barter, è il cosiddetto baratto. È lo scambio diretto di prodotti tra due partner, senza
trasferimento alcuno di denaro, e la transazione riguarda unicamente i due paesi
interessati. L’utilizzatore finale del prodotto venduto dal paese che ha chiesto il
baratto può anche non essere noto. Nella sua forma più pura viene usato raramente,
in quanto presenta forti rischi per le imprese occidentali, in quanto la qualità dei
prodotti non è sempre costante e questo crea difficoltà quando le consegne vengono
diluite nel tempo. Inoltre si fa ricorso ad un prezzo di riferimento (per valutare le
quantità da scambiare) che può essere diverso da quello che gli stessi prodotti hanno
sui mercati mondiali.
Nella compensation (compensazione) il venditore di un paese occidentale accetta
come pagamento (parziale o totale) un prodotto o una materia prima da parte di un
paese dell’Est europeo o di altro paese in via di sviluppo. È diverso dal baratto perché
l’accordo comporta fatturazioni da entrambe le parti, che tuttavia non danno luogo a
pagamenti effettivi, ma a debiti o crediti in un “conto di compensazione” detto anche
clearing. È diverso anche perché l’esportatore del paese occidentale può trasferire ad
una terza parte i prodotti ottenuti in compensazione. Dopo che l’accordo viene
stipulato, i rischi maggiori sono a carico dell’impresa occidentale: se trova un
compratore per i prodotti importati o lo trova in ritardo, l’operazione può risolversi in
un disastro o comunque in una perdita. Il paese in via di sviluppo non corre invece
rischi, e anche per questo motivo le trading companies occidentali non trattano
volentieri scambi in compensazione.
Il counterpurchase (controacquisto) è la forma più diffusa di countertrade. Viene detto
anche commercio parallelo o reciproco, e con questo tipo di accordo un esportatore si
impegna a comprare (o a trovare una terza parte che lo farà) i prodotti forniti dal
paese al quale si vuole vendere. L’acquisto può essere pari al valore delle consegne
fatte oppure pari ad una certa percentuale delle consegne stesse. Si differenzia dalla
compensazione in quanto il controacquisto è costituito da 2 contratti separati, seppur
collegati tra di loro. Il primo riguarda la vendita di prodotti occidentali e il secondo
riguarda gli impegni che l’esportatore occidentale prende riguardo l’acquisto/ricerca di
colui che lo farà, per una durata che va in genere tra i 6 e gli 8 mesi. Inoltre con il
controacquisto l’esportatore ha il vantaggio di ottenere in breve tempo il pagamento a
fronte della sua fornitura oppure di ottenere un credito. Risulterà obbligato ad
acquistare i prodotti (da scegliere tra una certa gamma offerta) solo quando ha trovato
quelli più adatti ed ha firmato il contratto di acquisto. Vi sono 2 tipologie frequenti di
controacquisto: nel primo, l’impresa accetta in cambio una specifica quantità di
materie prime o semilavorati che può utilizzare direttamente, nel secondo l’impresa
accetta in pagamento prodotti che sceglie in una lista prestabilita e che deve
importare entro un determinato periodo, in genere si tratta di prodotti difficili da
collocare, visto che i migliori spariscono subito da queste liste.
Il buyback è la forma di counter-trade a scopo industriale che maggiormente si è
diffusa negli ultimi anni. È ormai la regola per il pagamento di forniture di “progetti
chiavi in mano” all’Est europeo, alla Cina e ad altri paesi in via di sviluppo. Con questo
tipo di accordo il venditore di impianti, attrezzature o tecnologie accetta come
pagamento di essi (parziale o totale) un prodotto fabbricato con le medesime
attrezzature/tecnologie appena vendute. Spesso l’accordo di buyback è gestito da
un’impresa occidentale come “general contractor”, ha quindi “imprese subcontraenti”
e “imprese licenziatarie”. Vista la complessità dell’operazione e vista la lunga durata
che può comportare la realizzazione dell’accordo, il buyback risulta rischioso e difficile
da gestire. Può assumere 3 forme a seconda che il pagamento sia rappresentato da
prodotti legati al settore in cui opera il fornitore occidentale (e che quindi possono
essere utilizzati da questi al proprio interno), oppure che sia rappresentato da prodotti
non legati al settore in cui opera il fornitore occidentale (e quindi destinati ad essere
rivenduti) oppure che sia rappresentato da combinazioni sia di prodotti ottenuti dagli
impianti forniti, sia da prodotti non ottenuti da essi. Il buyback può comprendere
anche la fornitura di servizi, quelli che il fornitore dell’impianto/tecnologia/attrezzatura
si impegna ad acquistare dal paese compratore. L’impianto è realizzato nel paese
estero utilizzando quindi anche subcontraenti locali. Tutto ciò fa aumentare
ulteriormente i rischi dell’operazione soprattutto per quanto riguarda le tempistiche
delle forniture e la qualità dei servizi forniti.
L’offset è la forma più utilizzata nel commercio internazionale dei prodotti per la difesa
e delle opere di ingegneria. L’esportatore è tenuto a realizzare o a procurare un
vantaggio ulteriore all’importatore rispetto alla sola disponibilità del prodotto.
Sfruttando il potere contrattuale esercitato su molte aziende a volte gli esportatori
spingono i loro fornitori ad acquistare prodotti dai paesi importatori. L’offset può
essere diretto o indiretto. In quello DIRETTO la cooperazione richiesta riguarda le
attività direttamente correlate all’oggetto del contratto principale. In quello INDIRETTO
la cooperazione riguarda attività non direttamente collegate all’oggetto del contratto
principale e quindi si riferisce a contratti nei quali il fornitore accetta di effettuare
acquisti reciproci dei prodotti esportabili dal compratore o di impegnarsi in joint
venture con le imprese locali. Solitamente i governi indicano una lista di beni ammessi
per un impiego nelle liste di compensazione che riguardano le aree produttive più
deboli.
Il BOT (Build Operate and Transfer) è un’applicazione più complessa del buyback e
dell’offset. Col termine BOT vengono identificate quelle operazioni di “ingegneria
finanziaria” relative a forniture di impianti chiavi in mano o di lavori pubblici (che
vengono di solito aggiudicati a seguito di gara) e che coinvolgono l’operatore in una
plurarità di funzioni di tipo tecnico, commerciale, finanziario e gestionale, con
assunzione di particolari impegni, da parte del fornitore, anche per quanto attiene il
reperimento dei fondi necessari al ripagamento della fornitura stessa.
DDP (Delivery Duty Paid), incoterms
Il DDP (reso sdoganato) è uno dei 3 incoterms appartenenti al gruppo D (delivered,
consegnato). In questa tipologia di incoterms il venditore consegna la merce
sdoganata all’importazione e non scaricata dal mezzo nel luogo di destinazione.
L’acquirente avrà il rischio di perdita e danneggiamento a carico quando la merce sul
mezzo di trasporto sarà arrivata a destinazione, oppure alla fine del tempo limite di
presa consegna, se l’acquirente non comunica di aver effettuato il ritiro al venditore.
Differenza agente diretto e indiretto
L’agente diretto è quello che opera nell’esportazione diretta, si può avere un venditore
dipendente o una collaborazione autonoma. Il venditore dipendente raccoglie gli
ordini, individua nuove esigenze ecc, ed è tipico l’utilizzo di questo venditore per le
esportazioni ad alto contenuto tecnologico o di impianti dove occorre un controllo
diretto dell’operazione. Di contro però, presenta costi elevati. Nella collaborazione
autonoma, che è tipica delle PMI, si usa l’immagine dell’agente che dovrà promuovere
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