vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Ruolo del privato rispetto alla nuova fattispecie art 319 quater cp.
Prima della legge n. 190/2012, la concussione, in entrambe le forme, era riferibile sia al pubblico
ufficiale che all’incaricato di pubblico servizio e non prevedeva per nessuna di esse la punibilità del
soggetto privato perché considerato vittima della condotta illecita del pubblico ufficiale. In
particolare, è stato richiesto al legislatore italiano di operare in modo da evitare che l’applicazione
della fattispecie della concussione potesse essere funzionare quale strumento di possibile esonero
da responsabilità per la corruzione internazionale; questione che si palesa già a livello del
rapporto “Greco” ha segnalato la necessità di evitare che la previsione di cui al precedente art.
317 c.p., non conosciuta nelle restanti codificazioni europee, consentisse al corruttore di sfuggire
alle sanzioni presentandosi come vittima di concussione. La ratio dell’introduzione del nuovo art.
319-quater c.p. sta proprio nella esigenza , più volte manifestata in sede internazionale, di evitare il
più possibile gli spazi di impunità del privato che effettui dazioni o promesse indebite di denaro o
altra utilità ai pubblici funzionari, questione che si palesa già a livello del comma 2 dell’art 319
quater ,adeguandosi a prassi di corruzione diffusa in determinati settori.<Ciò si veda in relazione
al fatto che la fattispecie in esame punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio
che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere
indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.>Si ricordi che la concussione per induzione
- art 317 cp - poteva anche manifestarsi in via implicita, attraverso il riferimento ad una
convenzione tacitamente riconosciuta tra le parti, che il pubblico ufficiale sfrutta ed il privato in
posizione di inferiorità non può che accettare, consapevole di non avere alternative,questa
tipologia concussione è definita concussione ambientale in cui “il pubblico funzionario non pone
in essere una precisa ed esplicita condotta induttiva nei confronti del privato, ma tiene un contegno
volto ad irrobustire nel privato, attraverso comportamenti suggestivi, ammissioni o silenzi, la
convinzione già insorta per effetto di una prassi consolidata, della ineluttabilità del pagamento”,
tutto ciò in relazione all’interno di un rispettivo iter amministrativo. infatti si consideri che non
sussiste la fattispecie in questione nei casi in cui il privato si inserisca in un sistema nel quale il
mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della “tangente” sia costante, atteso che in tale
situazione viene a mancare completamente lo stato di soggezione del privato, che tende ad
assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch’egli
protagonista del sistema.”
In relazione alla distinzione tra le teorie della concussione e della corruzione si sono previste tre
teorie:secondo la teoria dell’iniziativa si è sancito che le due fattispecie in questione differiscono a
livello del fatto che nella concussione è sempre il funzionario a prendere l’iniziativa, attivandosi
per conseguire l’illecito vantaggio; nella corruzione, invece, il rapporto si instaura ad iniziativa del
privato. questa differenza è stata superata dopo l’introduzione dell’art. 322, che, ai commi 3 e 4
prevede il delitto di istigazione alla corruzione attiva (cioè la sollecitazione rivolta dal pubblico
agente al privato di promessa o dazione di denaro o altra utilità) tipizzando così un’ipotesi di reato
ricollegata al fenomeno corruttivo e connotata dall’iniziativa dell’agente pubblico. Pagina 2 di 7
L’altra teoria fonda sull'accordo delle volontà e del metus publicae potestatis, in relazione a
questa teoria si sancisce che secondo tale visuale sussiste corruzione quando il pubblico ufficiale e
il privato si trovano in una situazione di sostanziale parità e addivengono ad un pactum sceleris
attraverso una libera contrattazione.Nella concussione, al contrario, la volontà del privato non è
libera, ma coartata dal pubblico ufficiale mediante violenza, minaccia, inganno.A differenza che
nella corruzione, dunque, nella concussione, che è reato mono soggettivo, dominus dell’illecito è il
pubblico ufficiale il quale, abusando della sua autorità o del suo potere, costringe il privato a
sottostare all’indebita richiesta, ponendolo in una situazione che non offre alternative diverse dalla
resa.A riguardo si precisava, però, che lo stato di soggezione della vittima, tipico della fattispecie
concessiva, può assumere molteplici aspetti, non essendo elemento essenziale del reato un effettivo
metus publicae potestatis, ed essendo invece indispensabile che il privato, a seguito e per effetto
dell’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale, sia costretto o indotto alla
prestazione indebita, “e ciò anche qualora il privato acconsenta alla richiesta non per timore del
pubblico ufficiale, ma esclusivamente per evitare maggiori danni e per non avere noie”,infatti
secondo indirizzo delle Corte di Cassazione si è previsto che il mero connotato della fattispecie di
concussione è l’esistenza di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione
psicologica del privato nei confronti del pubblico ufficiale, esercitata mediante l’abuso della sua
qualità o dei suoi poteri”. Infatti se il privato si determina alla promessa o alla dazione al fine di
evitare un danno ingiusto (certat de damno vitando) sarà vittima di concussione; se invece tende a
conseguire un vantaggio ingiusto (certat de lucro captando) sarà punibile per corruzione.
Come anticipato, ciò che distingue attualmente la fattispecie di concussione (per costrizione) e la
nuova induzione indebita è la modalità costrittiva della condotta, presente solo nella prima delle
fattispecie citate. tutto ciò in considerazione al fatto che - l’ambivalenza della induzione -
“l’induzione parrebbe situarsi a mezza strada tra coercizione assoluta da un lato, tipicamente
caratterizzante la concussione, e pienamente libera volontà dall’altra, tipicamente caratterizzante
la pari partecipazione all’accordo illecito proprio della corruzione”.
Ulteriore distinzione in relazione al rapporto di questa fattispecie con la truffa in relazione al fatto
nella concussione per induzione, poiché una condotta di coartazione e non mediante artifizi e reagir
i, da parte del funzionario esclude a priori la riconducibilità del fatto all’art. 640 c.p. ulteriore
distinzione tra la truffa aggravata e la nuova fattispecie inserita all’art. 319-quater c.p. dipende
dalla modalità dell’azione posta in essere dal pubblico ufficiale: doveva, infatti, ravvisarsi
concussione tutte le volte che l’abuso della qualità o della funzione assumeva una preminente
importanza prevaricatrice che induceva il soggetto passivo all’ingiusta dazione che egli sapeva non
dovuta; sussisteva invece truffa aggravata quando la qualità o i poteri del pubblico ufficiale
concorrevano solo in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, in
quanto la mera realizzazione della fattispecie in questione si realizzava mediante artifizi o raggiri
ad una prestazione che egli credeva dovuta. la distinzione dipende dal livello di consapevolezza del
soggetto passivo in relazione alle due fattispecie e dal modus operandi in questione ovvero in
relazione al fatto che “la distinzione tra concussione e truffa va individuata nel fatto che nella
concussione il privato mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto,
mentre nella truffa la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la doverosità
promesse”25.
oggettiva delle somme o delle utilità date o
Concussione, confisca per equivalente e profitto della confisca reale: Cass. Sez. Un., 6 marzo
2008, n. 10280.
in merito alla questione alla possibilità di disporre la confisca per equivalente, ex art. 322- ter, co.
1, ultima parte, c.p. non solo del prezzo ma anche del profitto del reato di concussione. Per il primo
indirizzo, l’interpretazione letterale del citato 322- ter, co. 1, ultima parte, c.p. induceva a
riconoscere l’ammissibilità della confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore
Pagina 3 di 7
corrispondente solamente al prezzo del reato, tuttavia nel caso in cui quando la apprensione diretta
dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato non sia possibile, la confisca di beni di cui
il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo, estendendo la possibilità di
attuare la confisca per equivalente anche quindi al profitto del reato di concussione. In piena linea
con l’indirizzo del Convenzione Ocse sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri, che si
inserisce in un trend normativo finalizzato all’ampliamento della tutela reale per equivalente, in
vista della repressione dei reati di particolare allarme sociale e nocività economica e culminata
nell’approvazione della l. 6 novembre 2012, n. 190. Secondo la giurisprudenza di legittimità,
infatti, i beni e le utilità che il concussore riceve per effetto della sua attività di costrizione o
induzione costituiscono, a differenza di quanto deve dirsi per l’utilità ricevuta dal corrotto, il
profitto e non il prezzo del reato.
Secondo le Sezioni unite, invero, il denaro o altro bene ricevuto dal concussore non è altro che il
lucro, ovvero il provento del reato, e cioè il vantaggio economico che si ricava per effetto della
commissione del reato. Nelle pronunce che hanno aderito alla prima e restrittiva opzione, è stata
sottolineata la necessità di una stretta relazione tra il profitto e la condotta illecita, tanto per
evitare una estensione indiscriminata ed una dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio
patrimoniale, indiretto o mediato, che possa scaturire da un reato. Per profitto del reato si deve
intendere quindi il vantaggio di natura economica che deriva dall’illecito, quale beneficio
aggiunto di tipo patrimoniale, di diretta derivazione causale dall’attività del reo, intesa quale
stretta relazione con la condotta illecita. La interpretazione estensiva è fatta propria da Cass., sez.
un., 6 marzo 2008, n. 10280 sancisce che nel concetto di profitto o provento di reato vanno
compresi quindi non soltanto i beni che l’autore del reato apprende alla sua disponibilità per effetto
diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità, che lo s