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RIEDUCARE LO SGUARDO PER OSSERVARE E RIQUALIFICARE LE CITTÀ PUBBLICHE
Città pubblica chiamata anche edilizia popolare. Interventi edilizi e urbani promossi e
realizzati da attori pubblici (sono stati spesi soldi pubblici per realizzare tali città). Fatto
in maniera articolata in Italia.
Paolo Fanfani propone il suo piano con obiettivi relativi all’aumento delle opportunità
lavorative per gli italiani nell’immediato dopoguerra costruzione di case per i
lavoratori.
L’edilizia è il campo del lavoro in cui la manodopera può essere utilizzata.
Fanfani tenta di incrementare l’occupazione operaia costruendo case per i lavoratori:
vuole risolvere due problemi in uno.
350000 alloggi in tutta la penisola. 10% di tutte le giornate operaio lavorate in quel
periodo. Ogni settimana in media il piano realizza 2800 alloggi. 20000 cantieri hanno
impegnato 17000 architetti e ingegneri, un terzo dei quali coinvolto in questo piano.
C’erano anche molti che non volevano collaborare a questo piano.
Legge 167 del 1962: introduce i cosiddetti piani per l’edilizia economica e popolare.
Possibilità di espropriare dei terreni per la realizzazione di questi piani.
Piani GESCAL (GEStione Case per i Lavoratori): fondi con cui venivano finanziati
cooperative o privati. I soldi venivano raccolti tramite una detrazione dagli stipendi dei
lavoratori. Ciascun lavoratore contribuiva a questo fondo a cui avrebbe poi potuto
avere accesso. Tutte le case popolari costruite con i fondi gescal sono ora private,
riscattate dagli inquilini.
Dalla fine dell’800 in poi si è sempre più differenziata dalla città storica per:
- Unità dell’intervento complessi edilizi omogenei al loro interno che
comprendevano edifici, spazi aperti ecc. realizzati secondo progetti accentrati.
Naturalmente la città che ospita questi interventi è cresciuta in maniera più
articolata.
- Caratteristiche fisiche dello spazio urbano e dell’alloggio
- Connotati sociali degli abitanti: fortissima unitarietà sociale.
- Immaginario collettivo dell’abitare che implicitamente ha promosso. Cambia
l’idea collettiva di città, fatta di parti estremamente connotate e omogenee che
si oppongono alla città storica. Città fatte da pari autonome e concluse in sé
stesse, anche se sempre parte di un complesso più grande.
Nel tempo questa città sarà sempre più una città “nascosta”, che entra
nell’immaginario della città in una posizione favorita.
Dagli anni ’50 agli anni ’60 cambia la proporzione degli interventi: anni di massima
costruzione della città pubblica (es. Gratosoglio/Gallaratese).
2005 promossi 8 interventi attraverso l’iniziativa “abitare a Milano”: con un fondo
apposito 6 di questi furono realizzati. Dalla città dell’isolato urbano, dove ogni edificio
coincide con l’isolato e le strade sono “corridoi”, si passa alla città dello spazio aperto.
Gli edifici abbandonano la strada e sono disposti secondo l’asse eliotermico.
La città pubblica è fatta di spazi, oggetti diversi tra loro.
Anni ’20:
- Disegno urbano fondato sull’isolato
Anni ‘30
- Stesso principio ma isolati molto più grandi, all’interno dei quali abbiamo isolati
collettivi, condominiali
- Milano Lorenteggio sempre fondato sulla ripetizione. Maggiore permeabilità
dell’isolato ma
comunque spazio recintato
Anni ‘50
- Edifici slegati dal disegno urbano degli isolati. Si allontanano dalla strada.
- Grandi isolati tutti recintati per separare la città urbana dal resto della città
- Architettura “organica”: mima la casualità con la quale si costruisce la città
storica (es. Milano Vialba).
- Volontà di costruire un paesaggio urbano che ne raccolga anche la storia:
abbiamo sia il “fronte strada”, sia delle corti interne che comprendono spazi
verdi e servizi.
- Compaiono anche delle idee unitarie: grandissimo recinto che racchiude uno
spazio aperto con anche dei servizi. Grande oggetto articolato che comprende
spazi verdi. Compresenza di modalità e pensiero circa lo spazio abitabile.
BBPR stecca e torre. Edifici staccati della strada, compresi in un grande spazio
aperto. Tendono a cogliere il sole nella maniera più opportuna.
Sant’Ambrogio: edifici molto lunghi in uno spazio molto aperto e permeabile
Quartiere san Leonardo: introduce il Gallaratese. Spina centrale di servizi su cui
affaccia un sistema a pettine.
Sant’Ambrogio 2: ripropone spazio aperto con servizi interni ecc.
Tutt’oggi questi quartieri sono spazi abitati con problemi analoghi.
Il più delle volte abbiamo un paesaggio molto unitario.
Nonostante le buone intenzioni al momento della costruzione, si sono create una serie
di questioni.
Modelli insediativi:
- Progressiva dilatazione dello spazio aperto
- Irrigidimento dei tipi edilizi degli alloggi (spesso non sono stati in grado di
rispondere al cambiamento dei nuclei famigliari, prima molto più allargati)
frazionamento dei grandi alloggi per ricavarne di più piccoli (es. in Svezia). Non
si può pensare che le domande della città rimangano invariate. Così come non
si può pensare che un investimento fatto nel passato su un tipo di quartiere
possa valere anche nel futuro.
- Crescenti specializzazioni funzionali e sociali di ampie parti di città che hanno
favorito la marginalizzazione e la conflittualità locale
La graduatoria per l’assegnazione degli alloggi crea quartieri dove si creano situazioni
problematiche, famigliari, di salute ecc. la concentrazione di queste situazioni porta
alla formazione di “sacche” di degrado che sono poi molto difficili da trattare.
- Separazione tra pratiche abitative e domestiche, collettive (legate al consumo e
alla socialità), relative al lavoro
- Marginalizzazione di quelle parti di città dalla struttura urbana (es. esistono dei
quartieri che sono completamente sconosciuti), sia della popolazione dai
processi di costruzione dell’identità collettiva.
Anni ‘70
- Pruitt-Igoe: grande progetto urbanistico di Yamazaki. Si costruisce un grande
quartiere che ha il compito di dare uno spazio abitativo alle sezioni più povere
della società. Il quartiere viene realizzato in una periferia degradata con
un’adesione un po’ acritica alla progettazione urbana. Durante la costruzione è
stato rivisto il progetto e, per mancanza di fondi, sono stati utilizzati materiali
economici e scadenti. Ospitava 11mila persone. Le condizioni di vita del
quartiere, già dopo 5 anni dalla costruzione, cominciavano a degradare. 20 anni
dopo la costruzione si comincia a demolire il quartiere perché considerato un
problema non trattabile. Il fallimento del progetto è diventato una sorta di icona
perché, essendo strettamente connesso al movimento moderno, ha provocato
una forte discussione politica. Per molti la demolizione del Pruitt-Igoe coincide
con la morte dell’architettura moderna.
Si verifica un processo di alienazione e di vendita di queste proprietà pubbliche. In
tutto il mondo si verificano una serie di pentimenti e ripensamenti:
- Combattere monofunzionalità: rendere il quartiere una zona frequentata, non
solo dalla popolazione del quartiere.
- Modificare taglio degli alloggi per adeguarli ai nuovi nuclei familiari
- Aggiungere elementi di densificazione lungo assi infrastrutturali o corroborando
assi già esistenti nei quartieri
- Ridefinire disegno e caratteri dello spazio collettivo per favorire pratiche di
aggregazione sociale.
- Ridefinire principi insediativi (demolizioni selettive/nuove costruzioni) non
sempre gli edifici sono permeabili a tutte le novità
- Demolizione totale e sostituzione come “estrema ratio”
- Promuovere diversificazione profili sociali e/o etnici
- Promuovere politiche di valorizzazione di risorse locali. Capacità degli abitanti di
autorigenerarsi promuovendo iniziative ecc.
Spesso questi progetti di rivalorizzazione hanno avuto degli insuccessi che limitano lo
sguardo. Situazioni problematiche di valore multisettoriale. Il quartiere può essere
valorizzato sia grazie a fattori esterni, sia l’esterno può avere risvolti positivi dalla
rivalorizzazione dell’interno.
La città che si trova vicino alla città pubblica è stata oggetto di qualificazione. Ora
molte città pubbliche sono raggiungibili facilmente e sono estremamente servite.
Inoltre lo spazio aperto è prossimo, spesso interno alla città pubblica.
Sistema delle centralità a Milano è cambiato radicalmente nel corso degli anni.
Luoghi centrali = luoghi che attirano persone (es. cinema).
Quanto più i quartieri pubblici erano marginali, in luoghi lontani dal centro al momento
della costruzione, tanto più ora hanno utilizzato tali caratteristiche a proprio vantaggio
per la rivalorizzazione.
È mutata la mobilità all’interno della città. Per svariati motivi oggi molti quartieri della
città pubblica oggi fanno parte dell’immaginario collettivo della società.