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Uno dei problemi che colpisce il neo – critico concerne la forma da usare: si deve usare
la forma personale o quella impersonale? E come si deve rendere lo spettacolo? Il
pubblico è uno spettatore fuori dal comune o è uguale agli altri, ma mascherato da
paladino dell’oggettività? L’enciclopedia dello spettacolo (pag. 58) non ha dubbi a
riguardo: il critico è assolutamente libero di fare ciò che vuole, anche darsi
all’imparzialità. Oggi invece si ha sfiducia nei confronti di uno sguardo oggettivo
(esempi di laboratorio pag. 59). Gli esempi ci dimostrano due modalità di approciarsi
completamente diverse tra di loro. La critica è differenze. Secondo Silvio D’amico (pag.
60) è necessario che in almeno un primo momento il critico prenda distanza dalla sua
stessa persona. Mentre guarda lo spettacolo il critico teatrale stà già pensando a come
mettere in mostra sé stesso nell’articolo che dovrà scrivere. Ma è un male, il critico in
quel momento non deve essere altro che spettatore. Il suo istinto, il suo carattere si
manifesteranno autonomamente nel suo scritto, ma senza imposizioni volontarie,
quasi casualmente. E questo ne costituità il fascino. D’Amico sceglie una soluzione che
stà a metà tra l’oggettività e la soggettività. Ci sono critici che si lasciano andare
durante lo spettacolo, altri che invece prendono nota. Cesare Garboli (pag. 61)
propende invece per un approccio molto più personale. Ferdinando Taviani nota che
nel critico vi è una dicotomia implicita: molti tentano di nascondere la propria
individualità con il classico distacco, come se dovessero giustificare la loro mansione
pubblica. L’oggettività a teatro non esiste senza coinvolgimento, senza prendere la
parte di un punto di vista. È critica – quella teatrale – che si pone come testimonianza,
visto che presto o tardi l’opera d riferimento svanisce.
3.4 tipi di caratteri
Ettore Capriolo analizza diversi tipi di critici: il primo è il critico barometro che respira
contemporaneamente al suo tempo, indaga i rapporti tra società e teatro in un dato
periodo. Il critico temperamento usa la critica drammatica per manifestare sé stesso, il
critico con l’asso nella manica si occupa di demolire le false critiche che colpiscono ciò
di cui deve occuparsi, il critico campione crede in una causa e per lei si batte
strenuamente e infine il critico occasionale che si occupa di teatro, ma non ne fa la
propria attività occasionale. Caprioli vede in G. Bernard Shaw un critico con l’asso nella
manica: è un inventore di teatro (pag. 64). La diaphora tra oggettività e soggettività si
risolve dalle persone capaci di indossare le armi della tendenza per forzare situazioni
immobili, stranite. Un’ulteriore figura da aggiungere a queste è quella del critico
impuro: il critico deve avere il coraggio di mettersi in gioco e il suo sguardo non può
più essere unico, ma deve essere molteplice e camaleontico.
3.5 storie di critici
Quelle che raccontiamo sono storie di uomini che sono inseparabili dal loro modo di
guardare in un dato periodo storico. Marino procede al confronto tra due critici diversi
e al confronto dunque anche della loro storia: uno è Franco Quadri, l’altro è Giovanni
Raboni. Il primo vede un suo essere impuro perché essendo implicato nella direzione
di una rivista era già implicato politicamente. Secondo lui questo sporcare la
concezione critica era inevitabile con l’andare dei tempi. Anche Raboni ha un’idea di
critico che sia militante. Testimonianze pag. 66 e 67
3.6 raccontare per far rivivere
Raboni evidenzia l’importanza di una scrittura che sia lontanaa da quella letteraria,
capace di far vedere ma anche di allontanare le idee. Il critico – dice a pag. 67 – sente
il bisogno di dire ciò che ha visto. Raccontare significa narrrare le proprie emozioni.
Secondo Quadri il critico è colto da un tormento, un senso di inadeguatezza, poiché
non riesce mai a dire ciò che vorrebbe veramente, lo spazio è sempre arido. Siamo
davanti alla solitudine del critico, in rapporto al suo bisogno di narrare per far rivivere
(pag. 68, 69): il critico sa di essere stato comunque riduttivo. Il raccontare per far
rivivere ripaga anche della solitudine. Perché si è soli comunque, anche nonostante i
teatranti. Il critico deve fare la somma e ricapitolare i pensieri, ma lo fa da solo.
3.7 il laboratorio: esercizi di osservazione
Altri esercizi: 1. Leggere le raccolte di qualche critico. 2. Sperimentare le tipologie di
visioni, quelle vicine e quelle lontane all’oggetto (microscopio/ cannocchiale).
Guardare da lontano oppure da molto vicino, quasi coinvolgendosi? 3. Misurarsi con la
propria vocazione attraverso la scrittura.
Capitolo 4: le condizioni del racconto
4.1 cosa guardiamo a teatro
Guardare a teatro implica un’azione complessa. Non è più guardare per giudicare
come lo spettacolo è stato messo in scena. Oggi tutti i confini sono crollati e tutto si è
mescolato. La critica deve ora scavare il processo compositivo dello spettacolo. Il
teatro “dilatato” trova la sua fonte negli anni ’60 e ’70: in Italia in quegli anni si
conosce il Living theatre che fonde insieme improvvisazione con l’utopia di una
comunità creatrice, oppure Grotowski, che scrive tenendo conto del lavoro congiunto
di improvvisazione e intervento registico. importanti i contributi anche
dell’avanguardia italiana (es. Carmelo Bene, Cecchi …). Insomma sono esperienze
eterogenee che non si possono spiegare nella formula canonica della critica teatrale
classica. Bartolucci parla di scrittura scenica (pag. 73): ciò che importa è cogliere e
capire i singoli elementi che fanno una scrittura scenica.
4.2 come guardiamo
Bartolucci dice che per lui ogni lettura di spettacolo è descrizione degli elementi che la
compongono: tali elementi saranno un tuttuno ma anche verranno da esperienze
diverse e lontane tra loro. Bartolucci deve confrontarsi con il teatro reale, affinando
anche i propri modi di guardare e trovando una scrittura che sia adatta ai propri
compiti. La critica – così come lo sguardo – devono aprirsi. Bartolucci inizia il suo
discorso – pag. 74 – dicendo che più di lettura oggi sarebbe meglio parlare di visione:
oggi il teatro è un teatro – immagine. Questi spettacoli si muovono : c’è la successione
delle immagini in cui parole, voci o suoni prendono vita, trovando posto per amalgama
come tensione della scrittura scenica in vista della realizzazione di un prodotto
altamente formalizzato. Ma una visione e una descrizione di queste immagini in
movimento è possibile? E quale esperienza conoscitiva porta con sé? Il critico si trova
in un ambiente profondamente problematico. Bartolucci consiglia di scandagliare
elementi e procedimenti. La vecchia critica è obsoleta ed inutilizzabile. Alla critica
viene chiesto di rinnovare le proprie forme per entrare a fondo in atti che si distaccano
dalle tradizioni della disciplina. Il critico deve affinare lo sguardo in modo da registrare
un teatro molteplice, non più centrato su un supporto materiale fissato in un testo
scritto.
4.3 dove guardiamo
È importante considerare i luoghi e le condizioni in cui si producono, si vedono e si
vendono il teatro e lo spettacolo. In Italia vige ancora il tipico teatro all’italiana: palco
contrapposto alla platea. Al contrario di olti paesi esteri in Italia mancano gli spazi per
il teatro contemporaneo, come vcchi prefabbricati che vengono convertiti in luoghi per
arti sceniche. Capire gli spazi scenici è fondamentale: occorre conoscer eil pubblico
che frequenta gli spettacoli e il progetto nel quale lo stesso spettacolo si colloca. Sono
fattori esterni che però possono condizionare la ricezione. Testimonianza Chinnzari –
Ruffini (pag. 76, 77).
Il teatro rifiuta gli schemi prestabiliti, la gerarchia del testo e addirittura la divisione
dei generi: mette in scena un mix di arti (visive, danza …). Da anche un nuovo senso
agli spazi, avendo come scopo quello di spiazzare la percezione dello spettatore. Ma
persiste comunque la tradizione del teatro stabile, anche se ormai ha perso il suo
senso. Se l’oggetto viene sfocato, il critico dovrà anche stare attento alle zone di
sovrapposizione. Molti elementi che spesso sono superflui per l’arte sono fondamentali
perché indicatori di alcune scelte politiche. Bologna nei suoi teatri presenta diverse
sale tutte rivolte a pubblici diversi. Ci sarà un teatro di tradizione, un teatro leggero e
musicale e in pochi luoghi, molto cautamente, proposte più audaci e contemporanee.
Sarà diverso anche il modo di considerare gli spettacoli o i festival. Questi spesso non
sono solo vetrina di opere ma vogliono esprimere un progetto originale per un
determinato territorio. È importante anche contare la questione dell’accesso al
pubblico. Gli abbonamenti garantiscono un’entrata sicura, ma allo stesso tempo
tradiscono anche una pigrizia nel selezionare il pubblico. Il critico dovrà
necessariamente tenere conto anche di tutte queste informazioni.
4.4 dove scriviamo: il quotidiano e la rivista
Lo sguardo diventa scrittura. Ma deve confrontarsi con i luoghi della comunicazione. È
sui giornali che nasce la figura del critico, ma oggi la situazione è particolarmente
peggiorata: l’articolo critico è stato sostituito da un’intervista o dalla presentazione.
Oggi si propende verso la propaganda, in grado di incuriosire il lettore. I giornali
tendono a seguire una linea comune nonostante le diversità che li contraddistingue
inseguendo gusti e pigrizie del lettore piuttosto che stimolandone la curiosità. Secondo
Mary McCarthy (pag. 80) il lettore viene concettualizzato: è temuto ma tenuto in
grande considerazione, ci si domanda cosa vorranno i nostri lettori.
In Italia le rcensioni sono segregate in spazi claustrofobici o spesso in rubriche
settimanali usate per questioni di spazio. Visto che ogni testata è diversa dall’altra
uno dei compiti di chi fa la critica militante è proprio quello di osservare. Oggi i formati
dei giornali si sono spaventosamente ridotti. E così anche la capacità di incidere e
aprire prospettive.
4.5 trenta, sessanta, novanta righe ed altre importanti minuzie
Un altro fattore importante da considerare è lo spazio in cui ci è concesso esprimere.
Logicamente più spazio ci sarà, meglio riusciremo a dire le cose, mentre uno spazio
minore impone una maggiore sintesi degli argomenti.
Gli articoli di giornale hanno sempre delle misure: infless