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Nel passo, quindi, Gesù va oltre i pregiudizi sulle donne e sui samaritani e chiede un gesto di clemenza
(avere dell’acqua) alla donna incontrata. Nello specifico l’acqua simboleggia la vita e la rinascita che la
donna potrebbe avere grazie a Gesù. Tuttavia, lei rimane sul piano concreto (vede che Gesù non ha un
secchio). La donna, dopo aver ricevuto delle autentiche rivelazioni da Gesù, corre in paese e annuncia a tutti
di aver incontrato il Messia: è qui che si nota la sua nuova vita.
Anche Simon-Pietro fa l’esperienza della coscienza morale attraverso Gesù: sta pescando, ma senza mai
prendere nessun pesce. Ad un certo punto Gesù dice di buttare le reti e Simone esegue ciò gli dice. Vede con
stupore che tutte le barche si riempiono di pesce in pochissimo tempo. Simone allora s'inginocchia e dice di
essere un peccatore e non essere degno di Lui. Tuttavia Gesù non pretende la perfezione da Simone e, anzi,
gli dice che sarà “pescatore di uomini”. In risposta, quegli stessi pescatori ormeggiano le loro barche e
seguono Gesù (avvertono la chiamata).
Simone, infatti, non si limita a ringraziare Gesù per la pesca miracolosa, ma riconosce di essere piccolo
(peccatore) quando capisce che si trova davanti al Figlio di Dio.
Queste persone (Zaccheo, Samaritana, Simone), riconoscendo se stessi davanti a Gesù, fanno l’autentica
esperienza di libertà.
N.B.= i miracoli non mirano solo a far notare la grandezza di Gesù, ma a generare fede e fiducia in Lui.
La Bibbia e la coscienza morale
Nella Bibbia il termine “coscienza” è usato raramente:
1)Antico Testamento: è presente una sola volta nel libro della Sapienza. Tuttavia, implicitamente, la
coscienza ricorre in più punti, come la vergogna provata da Adamo ed Eva dopo il morso al frutto proibito o,
ancora, dopo che Caino riconosce di aver ucciso Abele (si manifesta il senso di colpa).
Altre volte si parla di coscienza positiva, ma il termine è spesso sostituito con la parola “cuore”, come
quando Salomone chiede “un cuore d’oro” a Dio per essere sempre in grado di agire correttamente (più
raramente è utilizzata persino la parola “reni”).
In ogni caso nell’Antico Testamento si parla più di obbedienza di fronte a Dio invece che di coscienza (non
si parla invece mai di coscienza tra uomo-uomo). Inoltre, sempre nell’AT, le varie citazioni della coscienza
comprendono sempre tutto l’uomo (sia anima che corpo), sebbene venga identificata con una parte
dell’uomo (cuore, reni).
La coscienza rimane comunque un tema secondario nell’AT, perché la sorgente di tutto rimane sempre Dio
(compreso l’agire dell’uomo) e l’uomo si limita ad obbedire.
2)Nuovo Testamento: nei Vangeli la parola “coscienza” non è addirittura mai usata (nell’intero NT è invece
usata 30 volte). Ciò nonostante, il fenomeno della coscienza è ben conosciuto, ma anche qui è sostituito con
altri termini, come “cuore”. Anche la coscienza negativa è nominata, come quando Pietro “piange
amaramente” dopo aver capito di aver rinnegato Gesù per 3 volte. Nei Vangeli è data più importanza alle
intenzioni delle persone, più che agli atti concreti: è il caso della vedova che dà la sua offerta al tempio
nonostante sia molto povera (la sua offerta è inferiore ai ricchi cittadini, che però donano il superfluo,
mentre lei dona ciò che le serve per vivere), in cui si capisce che la qualità importa più della quantità.
Nel NT il termine “coscienza” è sempre usato in relazione agli scritti fatti da Paolo o inerenti a lui. La
differenza sostanziale è che nel NT si parla comunque di coscienza uomo-uomo, che si manifesta quando un
uomo agisce (credente o non credente) facendo del bene. La coscienza è qui vista, quindi, come qualcosa di
personale, poiché solo la persona sa in cuor suo se ha agito secondo una buona o una cattiva coscienza. Ciò
che è interessane notare, è che, a differenza delle altre religioni, il Cristianesimo afferma che il peccato nasce
con ciò che esce dall'uomo, non con quello che entra: malvagità, cattiveria, superbia, calunnia, invidia sono
tutte qualità insite già nell'uomo.
La coscienza in Paolo
Paolo s’interessa particolarmente della coscienza umana grazie agli studi filosofici praticati a Tarso.
Considera l’uomo composto da:
1)Corpo: è il mezzo per entrare in relazione con gli altri (a differenza dei Greci non lo condanna, ma lo
nobilita).
2)Cuore: è il luogo della coscienza, cioè l’apice dello spirito.
3)Anima: è la vitalità terrena che contiene l’istinto dell’uomo.
4)Spirito: è il punto di contatto tra l’uomo e la trascendenza.
5)Carne: indica l’uomo egoista che subordina tutto ciò che lo circonda. È ciò che conduce al peccato.
Secondo Paolo la coscienza si compone di carità, speranza e amore su modello della vita di Gesù, come ogni
cristiano dovrebbe vivere, anche se ognuno deve agire secondo la propria coscienza (tutto ciò che non viene
da essa è peccato). Per esempio, Paolo si occupa degli idolititi, cioè coloro che adorano gli idoli e offrono
loro della carne. Per i Cristiani non era per forza immorale mangiare della carne sacrificata dai pagani: se il
Cristiano è consapevole che questi idoli non esistono, allora è lecito mangiare quella carne; se, al contrario, i
Cristiani non erano ancora del tutto convinti della nuova religione (per esempio gli ex-pagani da poco
convertitisi), allora potevano realmente dubitare della giustizia del Cristianesimo. Per questo motivo era
comunque sconsigliato mangiare carne immolata, poiché l’atto poteva scandalizzare i nuovi fedeli e farli
dubitare (è un gesto di carità).
Alla base della questione vi è comunque la libertà di coscienza: se non ci si scandalizza, si può anche
mangiarne, ma se l’atto è motivo di scandalo, allora è il caso di evitare. Infatti, se chi già tentenna, arriva a
mangiare quella carne, allora sarà colpevole perché dubiterà di ciò che è giusto.
In altri testi aventi collegamenti con Paolo, la coscienza ha una connotazione esplicitamente positiva:
coscienza buona, pura, bella, irreprensibile.
Il Concilio Vaticano II (1962 – 1965)
Indetto da Giovanni Paolo XXIII e terminato da Paolo VI, rappresenta il XXI Concilio Vaticano, ma è stato
un passo importante per il vero e proprio “aggiornamento” nella Chiesa per rispondere alle problematiche
attuali del mondo. Sono 3 le particolarità di questo Concilio:
1)Mondiale: mentre negli altri erano presenti prevalentemente vescovi europei, in questo partecipano per la
prima volta tutte le autorità religiose a livello mondiale. Anche il tema che tratta, il rinnovo della Chiesa, è
rivolto a tutto il mondo, e non solo ai Cristiani.
2)Motivo: non ve n'è uno chiaro come le altre volte. In passato, infatti, i Concili erano indetti per contrastare
eresie (come il Concilio di Trento del 1545-1563).
3)Aggiornamento (svolta copernicana): prima del Concilio, la Chiesa si considerava come entità perfetta
accanto al resto del mondo. Chi apparteneva alla Chiesa era giusto, gli altri sbagliati (dualismo platonico). Si
trattava di una relazione unilaterale: la Chiesa perfetta fornisce verità assolute a un mondo passivo che si
limita a ricevere.
Nel Concilio, invece, si parte dalla figura di Gesù: è una figura di dialogo, non di verità assoluta fornita
dall'alto. Proprio per questo la Chiesa compie un atto di umiltà e si apre alle altre religioni e agli atei (tanto
che è pubblicato il "Dignitatis Humanae", ossia il decreto sulla libertà religiosa) cercando un dialogo
costruttivo, poiché dietro alle credenze vi sono comunque delle persone, cioè figli dello stesso Dio della
Chiesa. Inoltre, gli atei spesso diventano tali perché hanno osservato comportamenti incoerenti o sbagliati
dei Cristiani stessi (è quindi necessario anche un esame di coscienza prima di puntare il dito sugli atei).
La Chiesa non era stata infatti creata a fini autoreferenziali, ma per camminare insieme a tutti gli uomini alla
ricerca della verità. Di tutto ciò si ha una prova con la costituzione pastorale "Gaudium et spes: la Chiesa nel
mondo contemporaneo" (gioia e speranza), che prende atto del cambiamento del mondo, ma esorta tutti, in
primo luogo i laici, a portare avanti i principi da tutti condivisi di giustizia, pace e libertà fondamentali in
nome di Dio. È la prima volta che la Chiesa si rivolge all'umanità intera, anche a chi non è Cristiano, in
nome dei valori universali.
Nel testo si scrive, infatti, che ogni uomo ha a che fare con la propria coscienza, a prescindere dalle sue
credenze: la coscienza è quella voce interna (Dio) che ci fa stare male se facciamo del male e ci rasserena
però con il bene.
Come può essere la coscienza attuale?
Vera: ha dei sani principi che il Cristiano rispetta senza sforzo perché li riconosce come giusti.
Falsa (erronea): è quella coscienza che poggia sulle convinzioni umane errate (un cristiano che ha
uno schiavo perché crede sia giusto). È falsa anche quella coscienza dovuta invece alla scarsa
informazione della persona, che invece deve documentarsi a dovere prima di agire.
Buona (retta): è quella che porta l’uomo ad essere più autentico perché ricerca il bene oggettivo
rendendo la società più umanizzata e responsabile.
Cattiva (viziosa): è quella pigra e accondiscendente che è ormai insensibile ai valori morali. Si
concentra esclusivamente sul proprio ego distruggendo ciò che la circonda. A differenza di quella
falsa, la persona è qui consapevole di non comportarsi in maniera corretta.
Certa: è una coscienza che può anche essere falsa (un buon cristiano che possiede però uno schiavo).
La coscienza è certa quando la persona è sicura di star compiendo del bene che, tuttavia, potrebbe
essere solo apparente. Ciò accade perché non è una certezza matematica, ma soggettiva e cambia da
persona a persona.
Dubbiosa: è quella coscienza che dubita costantemente di se stessa e delle scelte prese dalla persona.
Ciò porta a scelte affrettate e spesso sbagliate. È il caso del cacciatore che insegue la lepre: questa
sparisce, ma si muove il cespuglio. Il cacciatore, allora, pensa che vi sia la lepre dietro, anche se
pensa che potrebbe pure essere una persona. Se spara, pur non essendo certo di cosa