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Gesù. Si contrappone questa mormorazione della gente, un segno forte di cambiamento della vita; ma via via matura

nell'incontro con Gesù. Zaccheo si alza e dice a Gesù la sua decisione, una decisione che nessuno gli aveva chiesto,

che nessuna legge ebraica gli aveva imposto. Prima, aveva preferito vivere diversamente, inseguire i propri interessi,

ingannando gli altri. Ora invece, incontrando Gesù, scopre il senso vero di quella norma che prima non aveva capito

realmente. Questo senso è possibile per sé ed è un vero compimento della vita. Non rubare era legato al fatto che

questa norma permette all'uomo di vivere umanamente. Zaccheo supera la norma, restituendo il quadruplo; sa di

essere ricco e sa che ci sono dei poveri, quindi decide di dare oltre ogni misura. La conversione diventa possibile

nell'incontro con Gesù, gli permette di rinascere veramente; Gesù viene accolto in modo incondizionato, gratuitamente,

dando la possibilità alle persone di rinascere, riscoprire la propria vita, il coraggio. Accende in Zaccheo il desiderio di

vivere come Gesù, di riscoprirsi, dare un senso alla propria vita. Facilmente si può confondere il bene con il benessere:

mentre il bene conduce l'io fuori da sé, porta la persona a donarsi per quel bene; il benessere conduce l'io a girare

attorno a se stesso, immettendolo in una vita priva di senso; il bene dà un orientamento mentre il benessere no. Il bene

aiuta la persona ad uscire da se stesso, a donarsi, mentre la ricerca del proprio benessere, immette l'io in questo

vortice, privo di senso che diventa asfissiante, toglie il respiro. In Zaccheo si vede il passaggio dalla coscienza

psicologica alla coscienza morale; nessuno è libero/responsabile, risponde ai poveri dando la metà che possedeva.

Coscienza morale nella Bibbia e nei Vangeli. La definizione della coscienza morale è legata al riconoscimento della

libertà religiosa. La Bibbia usa raramente il termine specifico coscienza, cioè il termine greco “syneidesis” mentre in

ebraico non c'è una parola che significa coscienza. Nell'antico testamento ricorre una volta il termine e si trova nel libro

della sapienza, un libro che ha subìto forte influenza ellenistica: "la malvagità condannata dalla propria testimonianza è

qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà"; c'è anche una spiegazione del termine, si

parla alle volte di cuore, rene, spirito. La coscienza è sempre vista di fronte a Dio, una questione sempre religiosa.

L'uomo sta davanti a Dio, è santo e diventa consapevole di aver agito bene o male. Non c'è ancora l'idea che possa

esistere il cuore come un’entità autonoma all'interno dell'uomo. La coscienza o il cuore appare definita in Dio, è

presente anche in coloro che non credono, è qualcosa di autonomo e che ha come limite Dio stesso. Un'altra

caratteristica dell'antico testamento è che nell'atto della coscienza è coinvolto tutto l'uomo, non è un atto a parte.

Parlando del cuore non vuol dire parlare di organo ma significa sempre parlare di tutto l'uomo. Non c'è ancora l'idea

dualistica dell'uomo, si parla di un aspetto indicando sempre tutto l'uomo.

Nei 4 vangeli, il termine coscienza non si trova mai, ma il fenomeno è ben presente (es. Zaccheo). Per es. si parla di

cuore cioè dal cuore degli uomini escono i propositi dell'uomo. Sono presenti anche esperienze della cattiva coscienza,

es. nella parabola del figliol prodigo: il figlio minore si allontana dalla casa, ma poi rientra in se stesso e torna; ha dei

sensi di colpa e ritorna. Es. Pietro dopo il rinnegamento, prima è pronto a morire per Gesù, poi rinnega 3 volte, poi si

pente e piange amaramente; è la cattiva coscienza che rimprovera. Un aspetto importante è che i Vangeli attribuiscono

più valore alla rettitudine dell'intenzione che alla correttezza dell'agire esteriore, ciò mette in risalto implicitamente

l'importanza della decisione di coscienza e della fedeltà ad essa. Un’azione può essere buona ma avere cattive

intenzioni dal punto di vista morale; così come un'azione può essere insignificante ma avere buone intenzioni. Nel

nuovo testamento invece il termine coscienza ricorre ben 30 volte.

La coscienza, l’uomo e gli idolotiti secondo Paolo. Nelle lettere e nei testi di Paolo, c’è il termine "coscienza".

Anche negli atti degli apostoli, questo termine viene usato da san Paolo; infatti, questo termine è esclusivo dei testi

paolini. Paolo aiuta a comprendere il senso della coscienza e dell’interiorità dell’uomo. La coscienza non è una realtà

legata unicamente alle persone credenti, ma anche i pagani (coloro che all'epoca erano considerati non credenti) hanno

una coscienza: Paolo li rimanda alla legge naturale, che trova espressione anche nel decalogo, una legge che si trova

in ogni uomo. Nella lettera ai romani, si fa riferimento alla persona che ha agito secondo coscienza oppure no:

l’atteggiamento era positivo ma l'intenzione non era buona. Es. vedova che da poche monete contro i ricchi che danno

tante monete, ma lo fanno solo per farsi vedere cioè l'intenzione non era buona. Così come apparentemente ci sono

atteggiamenti negativi ma partiti da un'intenzione buona.

Paolo affronta la questione degli idolotiti in 2 lettere. Alla sua epoca, i cristiani si confrontavano con questa situazione:

c'erano delle carni che erano state immolate agli idoli, si trattava di carni che avevano attraversato questo rito. I cristiani

quindi si chiedevano se potevano mangiare di queste carni oppure no e se potevano essere invitati a dei banchetti dove

si mangiava questa carne. Paolo viene interpellato e in queste 2 lettere propone ai cristiani come agire di fronte a tale

situazione.

Antropologia di Paolo: come Paolo vede l'uomo. Bisogna tener presente che Paolo era molto attento al fenomeno

umano, nei confronti di tutto quello che riguardava l'uomo; mentre invece per le piante ad es. aveva un interesse

minore. Questo interesse gli è stato promosso a Tarso perché lì esisteva una scuola filosofica fiorente e Paolo ebbe la

possibilità di frequentare queste scuole teologiche e filosofiche, ottenendo una formazione colta. Conobbe le correnti

filosofiche del tempo (es. quella stoica). Per lui, l'uomo coincide con il cristiano, cioè vivere come cristiano significa

vivere come uomo autentico; Gesù quindi è l'uomo per antonomasia. In Paolo troviamo questa riflessione sull'uomo

visto all'interno della relazione con Dio ed anche i pagani vivono questa relazione. Paolo usa vari termini per parlare

dell'uomo; il termine fondamentale è "anthropos", ma questo termine funge da ombrello per altre designazioni, cioè:

corpo, cuore, anima, carne, spirito, intelletto e coscienza. Se parla di corpo, non intende la stessa cosa che

intendevano i greci (il corpo come parte inferiore dell'uomo); Paolo li riempie di novità ed indica il corpo come l'uomo

nella sua concretezza relazionale. Il termine anima, per i greci è la parte superiore dell'uomo, per Paolo è la vitalità

terrena dell'uomo. Per Paolo, il peccato è ciò che non permette di vivere a pieno, che non permette di esprimere

all’uomo a pieno la sua umanità. Peccare è umano o no? È umano, perché l’uomo fa questa esperienza di andare

contro la propria coscienza, questo male che lo rende vittima ma anche responsabile di quello che fa, ma è anche vero

che peccare non è umano nel senso che l'uomo non è chiamato a questo, il destino ultimo dell'uomo non è quello di

continuare a peccare. Dunque se si parte da quello che è il senso dell'uomo, vivere a immagine di Dio ecc, allora si

vede che peccare in realtà non è umano. Peccare è un'esperienza comune a tutti, è un'esperienza che ogni uomo fa

ma comunque non è umano; l'uomo deve tirare fuori il meglio di sè, è Gesù che rivela veramente chi è l'uomo, la sua

grandezza non ci sta nel peccato.

Paolo nei suoi scritti ripercorre la dinamica positiva dello spirito e quella negativa della carne tenendo conto del

discernimento cioè come fa l'uomo a capire cosa è bene e cosa è male. Il cuore per Paolo è dove Dio riversa il suo

spirito, ottiene cose potitive, c'è tutto un processo di discernimento e si arriva alla coscienza, che per Paolo è il luogo

dove l'uomo arriva alla sicurezza, che quella proposta operativa che aveva colto, corrisponde al Vangelo. Dice che

anche quando l'uomo ha una proposta buona, deve capire se è veramente buona, saper discernere. Paolo riconosce

che il cristiano maturo è colui che ha i frutti dello spirito (amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, mitezza,

dominio di sè); questi dicono come bisogna vivere una relazione, sottolineando la struttura relazionale dell'uomo.

Paolo sarà il primo a riconoscere che il Vangelo è per tutti. Anche per Pietro non era scontato che il Vangelo fosse

anche per i pagani, ma anche lui diviene sempre più cristiano. Pietro era ebreo ed era vietato per gli ebrei entrare nella

casa di un pagano, lui però entra lo stesso; dice che la fede cristiana scenderà anche su di lui ma viene rimproverato

dalla sua comunità: Gesù non fa preferenze rispetto agli uomini, Dio abbatte le barriere di separazione.

Nel primo concilio: alcuni ebrei diventati cristiani dicevano che i pagani che volevano e potevano diventare cristiani,

devono farsi circoncidere mentre Paolo invece aveva intuito che il Vangelo non era legato ad una particolare cultura. I

pagani non dovevano diventare prima ebrei e poi cristiani e quindi si apre il primo concilio; dopo un confronto, si

concluse con l’affermazione che non era necessario circoncidere i pagani per diventare cristiani. L'importante è credere

in Gesù. Questa apertura di Paolo nei confronti dei pagani deriva dalla coscienza cioè una realtà/caratteristica che tutti

gli uomini hanno. Anche i pagani pur non credendo nello stesso Dio, riconoscono la legge naturale, che trova forma nel

decalogo: è una sua espressione, si trova in ogni uomo questa legge naturale.

Per quanto riguarda la questione degli idolotiti, essa indica i sacrifici imolati agli dei ed erano i pagani che imolavano le

carni agli dei. La questione sorge ai cristiani dell'epoca di Paolo che si trovavano a Roma (lettera ai romani) così come

a Corinto (lettera ai corinzi). Paolo si chiede: per un cristiano maturo, gli idoli esistono o non esistono? La risposta è che

non esistono, ma esiste solo un Dio, il Dio di Ges&u

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
21 pagine
6 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Meteoropathic di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Varsalona Agnese.