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TECNOLOGIA E CAMBIAMENTI SOCIOECONOMICI
Tecnologia e cicli lunghi di sviluppo
La seconda rivoluzione industriale ha inizio nella seconda metà del 1800, e si basa sull'elettricità,
sul motore a scoppio, sulla chimica organica e sulla radio. Elemento fondamentale di questa
rivoluzione fu la necessità di un notevole capitale. Questo spinse alla ricerca di canali finanziari più
grandi di quelli privati, e alla nascita delle grandi imprese.
Una vita sempre più lunga e una famiglia sempre più piccola
Il livello demografico dopo la prima Rivoluzione industriale aumentò notevolmente. Miglioramenti
della scienza medica, della nutrizione e dell'igiene diminuirono il tasso di mortalità, mentre i
vaccini e gli antibiotici hanno aumentato la speranza di vita.
La nascita della grande impresa
La grande impresa nacque per favorire le economie di scala, per rendere più veloce il processo
produttivo e per differenziarlo. Il primo a trovare un rimedio fu Frederick Taylor, che introdusse la
catena di montaggio. Questa richiedeva ingenti investimenti, ma standardizzava il prodotto e lo
rendeva più economico.
Integrazioni verticali e orizzontali fecero cresce le imprese, così il controllo era sempre più
complesso, ed il potere passò alle mani di manager specializzati.
Il nuovo sistema economico è un misto di mercato e di programmazione economica.
In Italia la grande impresa fu ostacolata da storiche tradizioni artigiane.
Evoluzione dei sistemi finanziari
Tutti i paesi che si modernizzavano creavano una banca centrale che aveva il monopolio
dell'emissione di moneta e della fissazione dei tassi d'interesse, e si raffigurava anche come
prestatore di ultima istanza. Quest'ultima funzione era necessari per scongiurare crisi, ed aiutare i
privati. Le banche furono diversificate con la nascita di: Casse di Risparmio, Monti di Pietà e Casse
di Risparmio Postali.
Nello stesso periodo nacquero le prime S.P.A., mentre in Germani nascevano le prime banche
cooperative urbane e rurali.
L'ECONOMIA INTERNAZIONALE ALLA FINE DEL 1800: L'AFFERMARSI DEL GOLD
STANDARD
Mobilità dei beni e dei fattori
Con l'allargarsi del commercio internazionale la sua incidenza sul PIL aumentò, in misura tanto
maggiore quanto più i paesi erano piccoli e potevano specializzarsi in una gamma più ristretta di
prodotti.
I paesi più grandi favorivano il protezionismo per le industrie crescenti, mentre i più piccoli
adottavano completamente il libero commercio.
Per quanto riguarda il capitale, si vide un notevole ingrandimento delle borse, con la nascita delle
multinazionali e l'aumento di flussi di capitale a lungo termine.
Crebbe così l'esigenza di controllare la propria bilancia dei pagamenti, aumentando l'export se non
bastava a finanziare l'import.
Il Gold Standard
La nascita del Gold Standard risale al 1717 quando il responsabile della zecca, Isaac Newton, fissò
il prezzo dell'oro. Cardine del sistema era il diritto di convertire la cartamoneta in oro, con un
continuo controllo per evitare che eccedesse le riserve auree.
Quando una riserva diminuiva il Paese doveva diminuire la circolazione di moneta, con una
restrizione del credito che faceva aumentare l'interesse. Questa operazione faceva diminuire la
domanda interna e diminuiva i prezzi, attirando i capitali esteri, riequilibrando così il sistema.
Il gold standard fu sostenuto dalla sterlina inglese, quindi dalla Bank of England; l'altro gold
standard (gold exchange standard) fu sostenuto dal dollaro. Quest'ultimo però era caratterizzato da
riserve di dollari superiori a quelle di oro.
Nel 1973 vennero aboliti in quanto era evidente che le risorse auree non era sufficienti.
Gli effetti del colonialismo sui paesi d'origine
La Gran Bretagna era l'unica che mantenne uno stretto legame con le colonie fino alla Prima Guerra
Mondiale. Davis e Huttenback cercarono di calcolare il vero costo delle colonie, dichiarando in fine
che le colonie erano state vantaggiose solo fino al 1880, in quanto vi operavano imprenditori inglesi
da monopolisti, mentre successivamente i costi eccedevano i ricavi.
LE CONSEGUENZE SOCIALI ED ECONOMICHE DELLA PRIMA GUERRA
MONDIALE
Problemi generali dopo la guerra
Le finanze dei belligeranti vennero messe a dura prova, e causarono la stampa di molta
cartamoneta, che fece aumentare il debito pubblico e innalzare l'inflazione, e provò l'uscita dal gold
standard.
Inflazione, aggiustamento dei conti pubblici, ritorno a gold standard, reinserimento dei militari nelle
loro attività, conversione delle industrie di guerra in quelle di pace e la riparazione dei danni furono
le principali conseguenze a cui andarono in contro i belligeranti.
Lo smembramento dell'Impero asburgico e la riorganizzazione territoriale dell'Europa
La Germania dovette restituire l'Alsazia e la Lorena alla Francia, e le regioni polacche alla Polonia.
Mentre l'Impero asburgico venne frazionato, con un conseguente aumento delle banche, delle
monete e dei nuovi sistemi fiscali. L'unico aiuto che fu dato arrivò dall'ARA (USA), ma durò solo
pochi mesi.
Gli altri problemi dei nuovi stati furono:
la riforma agraria: i latifondi dovevano essere frazionati insieme alle terre, e ne conseguiva
• una diminuzione della produttività;
la gestione del commercio: sia interno che esterno;
• la promozione dell'industria: solo la Cecoslovacchia ottenne buono risultati in questo
• campo.
Le riparazioni tedesche
Nei 14 punti del presidente americano Woodrow Wilson che costituirono la base della pace di
Versailles, ve ne era uno sulla somma riparatrice che doveva versare la Germania, oltre ai
pagamenti in natura.
Keynes propose subito agli USA di aiutare la ripresa europea, ma le sue richieste non furono prese
in considerazione, portando in pochi anni allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1921 fu stabilito che la Germania dovesse versare un ammontare pari a 132 miliardi di marchi,
con un tasso del 6%. A causa dei mancati pagamenti, Francia e Belgio invasero la Ruhr due anni
dopo.
La situazione peggiorò: la moneta stampata era eccessiva e portò all'iperinflazione, che distrusse il
sistema monetario tedesco. Nel 1923 Charles Dawes, dopo aver creato il nuovo sistema monetario,
organizzò i pagamenti, dando inizio ad una ripresa.
LE DIFFICOLTà DELL'EUROPA DOPO IL 1920
Germania: dall'iperinflazione alla crisi
La nuova repubblica di Weimar iniziò sotto i peggiori auspici. Quando l'inflazione peggiorò furono
gli industriali siderurgici a prendere il comando. E solo con la nuova riforma monetaria di Dawes si
tornò in un clima stabile, con la creazione del Reichs Mark.
La crisi aveva però penalizzato fortemente la classe media, che andò sempre più schierandosi verso
i partiti estremisti.
Gran Bretagna: primato della sterlina a qualunque costo
La disoccupazione era alta e le esportazioni ristagnavano. Nonostante l'inflazione fosse alta,
rientrando nel gold standard il cambio con il dollaro fu fissato a prima della guerra. Keynes fu il
primo a sostenere che la situazione era instabile, infatti per sostenere quel cambio erano necessari
tassi di interesse molto alti che scoraggiavano gli investimenti e quindi la ripresa economica.
Francia: una stabilizzazione monetaria realistica
La Francia dopo la guerra attuò un piano di riparazione, concentrandosi sull'industria pesante.
Tra il 1924 ed il 1926 si susseguirono ben 11 governi, frutto di una grande instabilità politica.
Passati questi anni salì al governo Raymond Poincarè che, senza danneggiare la democrazia,
ristabilizò il franco e la finanza pubblica.
La Francia non cercò di recuperare il valore del franco prebellico, ed impostò il cambio con il
dollaro a 23,53 (il franco valeva 5,18 dollari prima della guerra). Questa strategia permise
l'accumulazione di oro nel periodo del dopo-guerra, facendo incrementare le riserve dello Stato.
Italia: dalla democrazia alla dittatura
Gli elementi che hanno spinto l'Italia verso la dittatura sono:
la difficile conversione dell'industria di guerra in quella di pace;
• il conflitto sociale causato dall'inflazione e dalla disoccupazione (biennio rosso 1919-20);
• la nascita nel 1919 del movimento fascista di Mussolini;
• l'atteggiamento del re che non bloccò la marcia su Roma del 1922.
•
Mussolini nominò subito ministro delle Finanze il liberale De Stefani, il quale riportò con velocità il
pareggio del bilancio delle Finanze pubbliche. Impose il divieto di scioperare, ma non riuscì a
fermare l'inflazione. Così fu sostituito da Giuseppe Volpi, che riuscì a farsi condonare quasi
completamente i debiti verso gli USA e l'Inghilterra.
Nel 1926 Mussolini fissò la “quota 90” lira/sterlina, lo stesso tasso del periodo della sua ascesa.
Venne consolidato il debito pubblico, e alla Banca d'Italia fu concesso il monopolio dell'emissione
di moneta. Infine si dedicò alla bonifica integrale, con la quale migliorò la struttura agricola.
LA CREAZIONE DELL'UNIONE SOVIETICA
La rivoluzione d'Ottobre
La Russia non era pronta per entrare in guerra, ma volle lo stesso farvi parte. Così nel 1917 ci fu la
“rivoluzione borghese”, alla quale susseguì la deposizione dello zar e l'instaurazione del Parlamento
con il nuovo governo di Kerenskij. Questo governo decise di proseguire la guerra favorendo la
politica socialista di Lenin, e formando i consigli rivoluzionari (soviet). Tutto questo portò alla
presa del Palazzo d'Inverno, a 4 anni di guerre civili e all'imposizione del comunismo di guerra.
La N.E.P.
La nuova politica economica fu varata da Lenin agli inizi del 1921, ponendo fine alla requisizione e
cambiando il mercato con elementi di socialismo. Questo fu il primo esempio di economia mista
che portò cambiamenti positivi nel Paese.
La N.E.P. presentava però alcuni difetti, tra i quali: i prezzi tenuti alti dai trust, che creavano un
disincentivo dei prodotti agricoli; l'assenza di controlli macroeconomici, ai quali era dovuta
l'inflazione e la disoccupazione. Questi fattori fecero aumentare il divario tra l'economia russa e
quella europea.
Tutti questi problemi scaturirono dopo la morte di Lenin, e vennero proposte tre soluzione:
ala sinistra del partito: favorire il settore dell'industria pesante, e lasciare ai privati quello
• dell'agricoltura;
estrema destra del partito: favorire l'agricoltura per far crescere l'industria in modo graduale
• e senza inflazione;
ala destra del partito: crescita sulla struttura della N.E.P.;
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Nel 1927