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Umberto II, sbloccando parzialmente la questione monarchica, e si approva la prima Costituzione provvisoria, con
cui si stabilisce che verrà convocata l’Assemblea costituente che deciderà la forma di Stato. Questa fu una conces-
sione alle sinistre per non aver rotto l’unità del CLN, che non volevano che la forma di Stato fosse decisa dal popolo
perché (specie Togliatti) sapevano che il rischio che vincesse la monarchia sarebbe stato molto alto. Un’ulteriore
conseguenza della svolta di Salerno e della successiva liberazione di Roma è il passaggio dai governi Badoglio e
Bonomi di unità nazionale ai governi antifascisti, che saranno espressi dagli equilibri dei partiti dell’esarchia.
Secondo periodo, 1945-47. Nel 1945 la liberazione è completa, e viene istituita la Consulta Nazionale per affiancare
il governo nell’esercizio delle sue funzioni, ma nel dicembre 1945 gli equilibri del CLN sono di nuovo in crisi per via
della caduta del governo Parri. La caduta è dovuta sostanzialmente a due questioni: l’eccessivo spostamento a
sinistra della linea politica e l’ordine pubblico, perché secondo gli oppositori (PLI, più a destra) Parri non è in grado
di gestire il disarmo dei partigiani. La crisi si risolve con la nomina a capo del governo di de Gasperi, mantenendo
invariata la maggioranza di governo che aveva Parri e impedendo al PLI di uscirne spostando troppo gli equilibri a
sinistra; per la prima volta diventa Presidente del Consiglio il segretario di uno dei tre grandi partiti antifascisti, e
tutto questo dà l’avvio alla repubblica dei (grandi) partiti delle masse lavoratrici (Scoppola), mettendo fuori gioco
le forze più piccole (DL e PdA scompaiono nel 1946). Negli ambienti del PdA viene elaborata un’altra lettura più
critica della svolta del 1945, come una vittoria delle forze moderate contro l’affermazione delle forze progressiste
e rivoluzionarie, tradendo il mito della Resistenza e dell’antifascismo. Quando viene nominato capo del governo de
Gasperi sceglie di lasciare la segreteria del partito, per evitare che la responsabilità di governo, sicuramente pesanti
vista la situazione, ricadano integralmente sul partito, e per la sua concezione liberale delle istituzioni di tipo pira-
midale, per cui il parlamento è il centro della vita politica e di compensazione di interessi confliggenti e al cui vertice
c’è il governo che mette in atto il compromesso così raggiunto; di questa piramide i partiti sono solo la base, in un
rapporto gerarchico, e non devono intaccare i ruoli delle istituzioni sovrastanti. Un primo momento di svolta negli
otto anni (fino al 1953) dei governi de Gasperi è il 1946, con il referendum istituzionale e le elezioni per la Costi-
tuente, in cui per la prima volta i partiti si rendono conto di qual è il loro peso relativo: contrariamente alle aspet-
tative delle sinistre, il primo partito del Paese è la DC, e il PSIUP è il secondo (e non il PCI come ci si aspettava, che
invece è terzo). Erano molto importanti le incognite del voto delle donne e dell’affluenza alle urne, i cui timori
nascono dalla lunga parentesi del ventennio che potrebbe riflettersi in disimpegno della popolazione completa-
mente diseducata alla democrazia; inoltre, la resistenza aveva mobilitato gran parte del proletariato, convinti che
le brigate partigiane fossero un preludio alla rivoluzione comunista. Importante citare il Movimento dell’Uomo
Qualunque (Giannini), che manifesta il disagio politico di quella parte d’Italia turbata e sospettosa di fronte all’ac-
cordo dissonante delle voci antifasciste; dopo vent’anni di dittatura non è facile accettare il pluralismo della demo-
crazia, ed è evidente la nostalgia per l’ordine e la stabilità assicurate dalla dittatura, condensata nella formula qua-
lunquista “si stava meglio quando si stava peggio”. Uscendo dalle consultazioni elettorali, l’equilibrio della coali-
zione è molto spostato verso il centro rispetto alle aspettative, perché i voti di PSIUP e PCI insieme non raggiungono
comunque quelli della DC, segnando una prima sconfitta per la sinistra. Due mesi prima del referendum viene ap-
provata la seconda Costituzione provvisoria, che stabilisce, contrariamente alla precedente, che ad esprimersi sulla
forma di Stato sarà il popolo e non la Costituente. Un grosso errore del PSIUP è stato quello di interpretare il bipo-
larismo mondiale in termini non di un conflitto tra un blocco democratico e uno dittatoriale, ma tra il potere del
proletariato e la patria del capitalismo; le agitazioni dei socialisti durante il governo monocolore di De Gasperi non
fanno altro che favorire il premier, perché la loro posizione critica verso il Piano Marshall (a sfavore dei cittadini
stremati) e le agitazioni da loro promosse fanno riemergere la paura della rivoluzione, e fanno stringere le forze
politiche intorno a De Gasperi. Il secondo governo de Gasperi inaugura la stagione del tripartitismo (non più governi
antifascisti), con governi sostenuti dalla maggioranza di DC, PCI e PSIUP.
Terzo periodo, 1947-53. Nel 1947 si infrange la stagione del tripartitismo. Nell’autunno del 1946 si svolgono le ele-
zioni amministrative in molte città importanti, in cui la DC perde un sacco di voti a favore delle sinistre e delle destre
(PLI), specie di quelle appena nate come MSI e Uq, e per questo comincia a mettere in discussione l’alleanza con le
sinistre. Nel gennaio del 1947 de Gasperi va negli Stati Uniti a chiedere sostegno economico per la ripresa italiana,
e nel mentre il PSIUP si spacca in due tronconi (scissione di Palazzo Barberini): esce dal partito e dalla maggioranza
di governo la componente più riformista di Saragat, perché ritiene che il PSIUP sia troppo schiacciato sulle posizioni
del PCI, e fonda il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), poi Partito Socialdemocratico Italiano (PSD). Quando
de Gasperi torna si vede costretto ad aprire la crisi di governo, ma il governo esito del rimpasto ribadisce la formula
tripartita: non si rompe perché l’Italia deve ratificare il trattato di pace di Parigi e perché la Costituente deve appro-
vare l’articolo 7, che riconosce giuridicamente il Concordato, e de Gasperi vuole che la responsabilità di due atti di
tale importanza critica non sia esclusivamente della DC ma sia condivisa tra i maggiori partiti del Paese. Una volta
approvati questi due atti de Gasperi ha la strada spianata per chiudere la collaborazione, e il processo è accelerato
dallo scoppio della Guerra Fredda, con l’annuncio della dottrina Truman (cortina di ferro) del contenimento delle
mire espansionistiche dell’Unione Sovietica, e dal varo del piano Marshall. Questi due eventi evidenziano la volontà
delle potenze vincitrici di contenere sul piano nazionale l’espansione delle sinistre associate ai partiti sovietici: per
l’attuazione del piano Marshall gli Stati Uniti chiedono governi stabili (non chiedono esplicitamente di escludere le
sinistre), e che gli Stati operino in economie integrate, cioè che gli Stati si impegnino ad utilizzare i fondi ricevuti in
un contesto europeo. Di fronte a queste condizioni de Gasperi ritiene che la maggioranza di governo sia inaffidabile
e quindi instabile, e che quindi l’unica soluzione sia eliminare le sinistre dalla maggioranza di governo, e apre una
nuova crisi di governo a due mesi dalla precedente che risolve con la formazione del IV governo de Gasperi, mono-
colore DC con alcuni tecnici indipendenti, rompendo i governi di solidarietà antifascista (non è un governo centrista
perché è monocolore). Ci sono sei partiti all’opposizione, due a destra (PLI e MSI, anticomunisti) e quattro a sinistra
(PCI, PSI, PSDI e PRI), che sono anche gli antifascisti puri della Resistenza. Stalin si prepara ad affrontare l’Occidente
fortificando le sue postazioni nei paesi dell’Est, trasformati in dittature fedeli a Mosca, e richiamando nel Comin-
form i partiti comunisti operanti negli Stati sotto la sfera di influenza americana, che hanno il ruolo di preziose
pedine nel campo nemico. Nelle elezioni del 1948 la Chiesa ricorre anche alla minaccia della scomunica nei confronti
di quanti voteranno liste socialiste e comuniste, con la famosa formula “Dio ti vede, Stalin no”; in generale nella
campagna elettorale le posizioni intermedie vengono soffocate dallo scontro ideologico esasperato comunismo-
anticomunismo. La DC si fa portavoce della battaglia anticomunista di cui anche Mussolini era stato l’alfiere, e que-
sto costituisce una rassicurante continuità con il passato, quanto basta per far affluire nelle file democristiane tanti
borghesi, ma anche una folla di proletari senza radici politiche spaventati dal presente. Nonostante il 48,5% di con-
sensi ottenuti permetterebbe alla DC di costituire un governo monocolore, de Gasperi decide di governare in coa-
lizione con le componenti moderate delle opposizioni (PLI, PRI e PSD), attuando una politica di mediazione a garan-
zia della stabilità (centrismo); per quanto piccoli, i suoi partner possono convogliare intorno al governo il consenso
di importanti fasce sociali, e sono l’occasione per gettare ponti a destra e a sinistra e per risaltare il ruolo equilibra-
tore della DC e garantirne l’egemonia. Tra le forze politiche democratiche e filoatlantiche si viene così a stabilire
una sorta di conventio ad excludendum che comporta un’esclusione di principio dell’area di governo: l’ingresso è
vietato ai partiti schierati con l’Unione Sovietica, perché potrebbero operare per rompere il vincolo atlantico e por-
tare l’Italia nella sfera d’influenza sovietica; ma non possono far parte degli esecutivi neppure i missini, di cui si
temono manovre per destabilizzare le istituzioni democratiche. Questo veto è alla base di un ulteriore peculiarità
del sistema italiano, in quanto l’area della rappresentanza non coinciderà mai con l’area dei partiti legittimati a
governare. La stagione del centrismo degasperiano dura fino al 1953, e ci sono due logiche fondamentali che la
guidano: una è fare di tutto per assicurare la governabilità del sistema, e cercare di limitare il più possibile l’inva-
denza dei partiti nel sistema. Bisogna riconoscere il ruolo del partito ma evitare che l’alta frammentazione partitica
si traduca in una debolezza del Parlamento e di conseguenza del governo; rispetto alla considerazione di Scoppola
dell’inizio della repubblica dei partiti nel 1945, bisogna precisare che tutta l’era degasperiana è guidata dal principio
del contenimento della partitocrazia, dimostrato dalla scelta di Einaudi come Presidente della Repubblica, perché
non veniva dai partiti. Nel 1953 finisce la guerra di Corea e muore Stalin, permettendo di concludere la Conferenza
di pace di Parigi (che era stata a suo tempo disertata dai russi), e di attivare i pr