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IL RUOLO DELL’EPIGENETICA
A puntare l’accento sull’idea che i geni si esprimono in un determinato contesto ambientale
c’è l’epigenetica, cioè lo studio delle influenze ambientali che determinano il fatto che i
geni siano espressi o meno, e il grado in cui lo sono senza la presenza di modificazioni
della sequenza di basi del DNA, cioè senza alterazione della struttura del gene.
A seconda delle condizioni ambientali, un gene può avere espressione o meno, senza che
ci siano alterazioni del codice del DNA, l’ambiente può influenza l’espressione genica
attraverso i segni epigenetici, cioè modificazioni chimiche del DNA che possono attivare o
disattivare i geni, due fra i vari segni epigenetici sono oggetto di studi intensi:
- La metilazione del DNA, che implica l’addizione di un gruppo metilico alla sequenza
di basi del DNA, per mezzo di speciali enzimi, nonostante l’addizione di questo
gruppo chimico non alteri la sequenza delle basi del DNA, rende però inattivo il
gene che viene metilato.
- La modificazione degli istoni, che implica l’addizione di modificazioni chimiche alle
proteine, dette istoni, che contribuiscono alla spiralizzazione nei cromosomi del
DNA, la modificazione istonica può sia attivare che disattivare i geni, ma al pari
della metilazione, anche questa, non modifica la sequenza delle basi del DNA.
Esperimenti condotti sui ratti hanno evidenziato che metilazione del DNA e modificazione
degli istoni hanno un importante ruolo nella memoria e nell’apprendimento, un altro studio
rivela un’associazione tra i livelli di metilazione del DNA e le esperienze vissute nei primi
anni di vita, rilevando differenze in coloro che erano cresciuti in famiglie benestanti e
coloro cresciuti in condizioni di povertà, quindi questi due fattori hanno un ruolo chiave
negli effetti a lungo termine delle prime esperienze, sia nei ratti che negli esseri umani.
IL RUOLO DEI FATTORI AMBIENTALI
Dai geni dipende la gamma delle possibilità osservabili in una popolazione, ma all’interno
di questa le caratteristiche individuali dipendono dall’ambiente e dall’esperienza.
I genetisti del comportamento usano calcoli basati sul grado di parentela per quantificare
l’ereditabilità dei comportamenti.
L’ereditabilità è una misura della variabilità, riconducibile a fattori genetici, tra individui
relativa ai tratti comportamentali.
Il concetto dell’ereditabilità si è rivelato utile per comprendere le influenze dell’interazione
genetica/ambiente sul comportamento, esistono comunque quattro importanti punti da
prendere in considerazione riguardo all’ereditabilità:
- L’ereditabilità è un concetto astratto, non dice nulla su geni specifici che
contribuiscono ad un tratto comportamentale.
- L’ereditabilità è un concetto che si applica alla popolazione, non dice nulla sui
singoli individui
- L’ereditabilità dipende dall’ambiente, come il comportamento si esplica in
determinati contesti
- L’ereditabilità non è un destino ineluttabile, non è utile per determinare in che modo
gli individui risponderanno a trattamenti particolari o in determinati contesti.
EPIGENETICA ED EFFETTI PERSISTENTI DELLE ESPERIENZE PRECOCI
Una serie di esperimenti dimostra il ruolo cruciale dell’epigenetica negli effetti a lungo
termine delle esperienze vissute in età precoce.
I primi studi riguardavano il comportamento materno dei ratti, recentemente le ricerche
sono state estese agli esseri umani, in particolare alla persistenza degli effetti prodotti nei
casi di abuso infantile.
Gli studi suggeriscono che gli effetti epigenetici delle esperienze vissute nell’infanzia non
siano limitati ad un unico gene, ma influenzano un vasto repertorio di geni e che il ruolo di
queste influenze sia decisivo per comprendere gli effetti delle esperienze sul successivo
sviluppo e comportamento.
COME SI ESPLORA IL CERVELLO
Gli scienziati si servono di un vasto repertorio di metodi per comprendere in che modo il
cervello influenza il comportamento.
LO STUDIO DELLE LESIONI CEREBRALI
Gran parte della ricerca neuroscientifica mette in relazione la perdita di specifiche funzioni,
percettive, motorie, emozionali o cognitive con specifiche aree cerebrali, studiando i casi di
lesioni cerebrali, i neuroscienziati sono in grado di formulare teorie sulle funzioni svolte di
norma dalle aree colpite.
La nascita delle moderne neuroscienze può essere fatta risalire a Paul Broca.
LE FUNZIONI EMOZIONALI DEI LOBI FRONTALI
I lobi frontali del cervello umano rappresentano un notevole avanzamento evolutivo, la
psicologia cominciò ad intuire alcune possibili funzioni dei lobi frontali grazie ad una
persona comune, il giovane Phineas Cage, che lavorava alla costruzione della ferrovia.
Mentre stava sistemando una carica esplosiva, la polvere esplose e una barra di ferro,
lunga 1 metro e di più di 7Kg di peso, gli attraversò il cranio ad altissima velocità, Cage
riuscì, incredibilmente a sopravvivere, ma la sua personalità subì un cambiamento
significativo.
Prima dell’incidente era un ragazzo tranquillo e coscienzioso, dopo l’incidente divenne
irrequieto, irritabile e incline alla bestemmia.
Il suo caso consentì di indagare, per la prima volta, l’ipotesi del coinvolgimento del lobo
frontale nella regolazione delle emozioni e la comprensione di come amigdala, ippocampo
e le strutture cerebrali correlate interagissero con la corteccia.
I RUOLI DISTINTI DEGLI EMISFERI DESTRO E SINISTRO
Per alleviare la gravità delle crisi epilettiche, i chirurghi possono recidere il copro calloso
con una procedura, detta, SPLIT-BRAIN (cervello diviso) o COMMISSUROTOMIA.
In questo modo la crisi epilettica, che inizia in un emisfero, rimane isolata in quell’emisfero,
non essendoci connessione con l’altro.
Studi sul cervello diviso rivelano che i due emisferi svolgono funzioni diverse solo se il
corpo calloso è intatto, un paziente con cervello diviso può adattarsi muovendo un po’ gli
occhi, per permettere alla stessa informazione di entrare in entrambi gli emisferi.
LO STUDIO DELL’ATTIVITA’ ELETTRICA DEL CERVELLO
Altro approccio con cui vengono indagate le relazioni fra comportamento e strutture
cerebrali consiste nel registrare l’attività elettrica dei neuroni.
L’ elettroencefalogramma (EEG) è la registrazione, mediante elettroencefalo, che è un
apposito apparecchio, dell’attività elettrica cerebrale, grazie a questa tecnica i ricercatori
possono misurare la quantità di attività cerebrale durante i diversi stati di coscienza.
I premi Nobel Hubel e Wiesel, tramite l’inserimento di elettrodi nei lobi occipitali di gatti
anestetizzati rilevarono i pattern dei potenziali d’azione dei singoli neuroni, da allora molti
studi hanno dimostrato che i neuroni della corteccia visiva primaria rispondono a particolari
caratteristiche degli stimoli visivi, come il contrasto, la forma e il colore.
Altri studi hanno identificato varie caratteristiche individuate dai neuroni sensoriali, ad
esempio, alcuni neuroni del lobo temporale, coinvolti nell’elaborazione visiva, si attivano
solo nella rivelazione dei volti, di conseguenza danni in questa area provocano l’incapacità
di percepire i volti.
Queste osservazioni ci forniscono la prova del collegamento fra cervello e comportamento.
L’ USO DELLE IMMAGINI PER STUDIARE LE STRUTTURE CEREBRALI E
OSSERVARE IL CERVELLO IN AZIONE
Il terzo importante metodo che consente ai neuroscienziati di indagare il funzionamento
del cervello umano è quello delle tecniche di neuroimmagine, che si avvalgono di
tecnologie avanzate per creare immagini del cervello vivente e sano.
L’ imaging strutturale fornisce informazioni sulle strutture fondamentali del cervello,
l’imaging funzionale fornisce informazioni sull’attività del cervello, mentre il soggetto è
impegnato in compiti cognitivi o motori.
L’IMAGING STRUTTURALE
Una delle prime tecniche di neuroimaging ad essere introdotta è stata la TOMOGRAFIA
ASSIALE COMPUTERIZZATA (CT), nella quale uno scanner ruota intorno alla testa di una
persona, ottenendo una serie di immagini a raggi X da diverse angolazioni, le immagini
acquisite con la CT vengono usate per localizzare tumori o lesioni, che in genere appaiono
scuri, perché sono meno densi della corteccia.
Nella RISONANZA MAGNETICA (MRI) viene sfruttata l’azione di un forte campo
magnetico, per orientare nella stessa direzione i nuclei atomici in particolari molecole nei
tessuti cerebrali, quando le differenti tracce di energia, prodotte al termine di ogni impulso,
tornano ad allinearsi con il campo magnetico di base possono essere usate per rilevare
strutture cerebrali con differente composizione molecolare.
La risonanza magnetica produce immagini dei tessuti molli dotate di risoluzione maggiore
rispetto a quelle della CT, questo consente di ottenere un immagine più chiara della
struttura del cervello, ma non rivela nulla sulle sue funzioni.
La RISONANZA MAGNETICA CON TENSORE DI DIFFUSIONE (DTI) è una versione
della MRI nata di recente, che consente di visualizzare i tratti neurali di sostanza bianca,
cioè i fasci di fibre mieliniche che connettono aree cerebrali sia vicine che lontane fra loro.
Questa tecnica è oggi uno strumento cruciale per mappare la connettività del cervello
umano e ha un ruolo fondamentale nel progetto di ricerca noto come HUMAN
CONNECTOME PROJECT, che ha lo scopo di fornire una mappa completa della
connettività delle vie neurali, quello che viene chiamato, il CONNETTOMA UMANO,
ricercatori e partecipanti al progetto hanno reso pubblico l’accesso ad una parte dei
risultati sul loro sito web, dove è possibile vedere alcune immagini a colori delle vie neurali
finora scoperte.
L’IMAGING FUNZIONALE
Le tecniche di imaging funzionale permettono di osservare il cervello in azione, nella
TOMOGRAFIA A EMISSIONE DI POSITRONI (PET) una sostanza radioattiva innocua
viene iniettata nel circolo sanguigno del soggetto, successivamente, mentre questo è
impegnato ad eseguire un compito percettivo o cognitivo, come leggere o parlare, il suo
cervello viene esaminato tramite sensori che rilevano la radioattività.
La tecnica di imaging funzionale oggi più utilizzata in psicologia è la RISONANZA
MAGNETICA FUNZIONALE (fMRI), basata sulla differenza di risposta che esiste tra
l’emoglobina ossigenata e l’emoglobina de-ossigenata ì, quando sono esposte a impulsi
magnetici.
Sia la fMRI che la PET consentono di individuare, con grande precisione i cambiamenti
che avvengono nel cervello, ma la fMRI presenta alcuni vanta