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Analisi del sacrificio, della rivolta e del mito attraverso le figure di Calvino, Pavese e Furio Jesi
In questo capitolo Belpoliti analizza la questione del sacrificio, della rivolta e del mito attraverso le figure già citate di Calvino e Pavese, ma in particolare attraverso quella di Furio Jesi: un saggista autodidatta morto estremamente giovane ma che ci ha lasciato un vasto repertorio di opere, nelle quali spiccano come punti focali di interesse la letteratura e la mitologia.
Secondo Furio Jesi, la cui tesi è esposta nell'opera Spartakus, la rivolta designa "un movimento insurrezionale diverso dalla rivoluzione; un tempo in cui tutto ciò che si compie vale per se stesso, indipendentemente dalle sue conseguenze ed ai suoi rapporti con il complesso di transitorietà o di perennità di cui consiste la storia. La rivoluzione sarebbe invece interamente deliberatamente calata nel tempo storico." Spartakus prende le mosse dalla rivolta spartachista del 1919 guidata da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht e terminata con la
repressione dell'uccisione dei partecipanti, per mettere a fuoco un tema che si lega agli avvenimenti appena trascorsi ovvero quelli della contestazione studentesca e dell'autunno caldo. Infatti il binomio rivolta-rivoluzione è connesso sì alle vicende politiche, ma anche all'idea di creazione letteraria e nel libro è collegato al tema del sacrificio.
La pattumiera e il delitto Moro
Tra il '74 e '76 Calvino scrive un racconto sui rifiuti domestici; oltre che racconto è anche un saggio antropologico, una storia autobiografica, una riflessione sulle forme del comportamento umano in generale. Egli si sofferma particolarmente sul carattere sacrale dei rifiuti e sul nesso denaro-rifiuto stabilito nelle società moderne del capitale. È centrale il tema della costruzione narrativa e saggistica come dissipazione e sacrificio di sé, come lascia intendere l'emblematica frase finale: "il vivere per l'opera: ci si"
disperde: c'è l'operainservibile, non ci sono più io". Tornano nella narrazione anche le idee sia di Frazer che di Battaille.
La scrittura viene intesa quindi da Calvino come una dissipazione di sé che nonche non porta ad altre realtà; laicismo e materialismo gli impediscono di pensare ad un aldilà della scrittura, ad un aldilà del gesto della propria dissipazione. E torna spesso l'immagine del vuoto anche in altri racconti scritti da Calvino come in quelli del signor Palomar, perché il vuoto è il punto a cui approda l'antropologia calviniana del sacrificio.
Lo capiamo anche dall'articolo scritto dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro; dopo 55 giorni di sequestro l'intellettuale rompe il silenzio ed espone la sua idea sull'accaduto e la conclusione di quell'articolo è il punto decisivo della sua visione del sacrificio: interrogandosi se dal male possa nascere il bene edunque,
se dal delitto Moro possa scaturire qualcosa di positivo, Calvino offre una risposta secca. Non crede alla dialettica e non crede quindi che dal male possa nascere bene anzi: “credo che dal male non venga altro che male; che ‘è una storia del bene, necessariamente mescolata a quella del male, ma sostanzialmente separata, che potrà un giorno di avere il sopravvento, per un fortunato concorso di circostanze, e anche un poco per nostra volontà e intelligenza. Forse.”
Ciò che Calvino non riesce a concepire e su cui l’idea sacrificale è fondata in particolare nella teoria religiosa è il fatto che il bene e il male non sono separati.
I cannibali
Il tema del sacrificio torna nuovamente negli scritti di Calvino, dopo il delitto Moro fuori dall’ambito politico, come discorso sull’eros e dunque sul sacrificio di sé nel rapporto uomo-donna.
Il racconto Sapore Sapere narra di una coppia in crisi che si reca in vacanza
inMessico concentrandosi sull'elemento culinario l'uomo scopre la motivazione della crisi: perché mentre la moglie riesce ad assaporare tutto, a divorare tutto, lui si rende conto di essere mangiato da lei e di essere percepito da lei come "insipido"; ma nel ribaltare la situazione e quindi diventare lui stesso da vittima a carnefice, e iniziare ad divorare lui stesso la moglie, si ritrova finalmente in una situazione di equilibrio coniugale. La storia si conclude con la successione di tre brevi scene: nella prima troviamo i due coniugi di nuovo insieme a letto a segnalare l'avvenuto ritrovamento della passione erotica dapprima smarrita; la seconda ha come protagonista il narratore; nella terza i due protagonisti sono in un ristorante e mentre masticano avviene una metamorfosi attraverso la quale i due protagonisti si trasformano in due serpenti che s'inghiottono una vicenda, immagine simbolica del "processo d'ingestione e di digestione del.cannibalismouniversale che impronta di sé ogni rapporto amoroso e annulla i confini tra inostri corpi.Pol Pot e l'arte della leggerezza
Nonostante Calvino non sia uno scrittore politico è impossibile trovare un solo racconto o saggio che prescinda il contesto socio-politico in cui è stato scritto e pensato; questo non solo negli anni Cinquanta, quando lo scrittore militava attivamente nel partito comunista, ma anche quando prese distanza dalla politica attiva. Calvino resta legato a un'idea di letteratura che dialoga con la società in cui nasce e non può fare a meno di pensare ad una società umana più giusta.
Nel 1976 Calvino abbozza un bilancio del percorso compiuto da lui e dagli scrittori della sua generazione, "quella che ha cominciato occuparsi di letteratura e di politica allo stesso tempo" constatando che a metà degli anni Settanta erano vittime di una doppia crisi: "il vuoto di un progetto"
."politico in cui io possa credere, il vuoto di un progetto letterario in cui io possa credere". Durante gli anni Cinquanta il romanzo aveva l'ambizione di "rappresentare la coscienza etica e sociale dell'Italia contemporanea", motivo per cui è stato accusato dalla neo avanguardia come "sentimentale, antiquato, ipocrita"; mentre i critici radicali l'hanno tacciato di populismo. Calvino distaccandosi da queste due posizioni radicali preferisce indicare una terza strada: quella del rinnovamento radicale della letteratura italiana attraverso diverse discipline come la linguistica, l'etnologia, la teoria dell'informazione, la psicoanalisi, le correnti critiche del marxismo. Calvino si rende conto che da uno scrittore ci si aspetta oltre che la provocazione (Pasolini corsaro) che egli garantisca "la sopravvivenza di un discorso umano in un mondo dove tutto si presenta in umano: garantire la sopravvivenza di un discorso umano per"
consolarci per la perdita di umanità di ogni altro discorso-rapporto". La più celebre delle Lezioni americane è quella dedicata alla leggerezza che diventa comprensibile solo se letta sullo sfondo delle vicende politiche che Calvino ha vissuto e attraversato. La leggerezza infatti di cui parla lo scrittore non va intesa come elisione del mondo, suo dissolvimento o come fuga o allontanamento dalle preoccupazioni della realtà, quest'ultima intesa come gravità, peso, concretezza. La leggerezza di cui tratta Calvino è la parola chiave della nostra epoca, ma è proprio nel confronto con la gravità della realtà che questa virtù acquista il suo esatto valore. Nell'opera di Calvino, il libro dedicato alla leggerezza è Le città invisibili: leggerezza della scrittura, delle città e della loro forma fisica, della struttura del libro, leggerezza contrapposta alla gravità del mondo. Quest'opera.è il tentativo operato dall’intellettuale di contrapporsi alla gravità di quegli anni e degli avvenimenti politici e sociali che si succedono, dalla sconfitta della rivolta studentesca alla strategia della tensione, dalle bombe di Piazza Fontana al terrorismo. Questi sono gli anni del trionfo dell’ideologia politica, non più di Stalin ma, come scrive Calvino nella recensione a Kundera, di Mao Tse-Tung. Calvino nota che il punto culminante della satira politica operata da Kundera si trova nelle pagine dedicate ai massacri di Pol Pot quando: “ci porta alle soglie del più mostruoso inferno generato dalle astrazioni ideologiche quando diventano realtà”. Il nome di Pol Pot, capo comunista cambogiano, appare in un articolo del 1983 in cui Calvino scrive riferendosi ad un libro di Roberto Calasso, in cui il tema della leggerezza si affianca quello del sacrificio. L’opera di Calasso mette al proprio centro la figura di Talleyrand,
Perché per lui è il simbolo della leggerezza; e Calvino quindi, dopo 15 anni, torna alle questioni della Decapitazione dei capi: il rapporto tra modello sacrificale forma della società mettendo in campo il nuovo tema della leggerezza. Infatti in un mondo che ha perso la sua sacralità, "l'unico valore che si può ancorare riconoscere è la leggerezza". L'affermazione è il traguardo di una lunga riflessione sui disastri prodotti dalle "buone intenzioni", quelle dello stalinismo e del comunismo, delle brigate rosse e di Pol Pot.
I sommersi e i salvati di Primo Levi può essere letto parallelamente alle Lezioni americane, infatti le riflessioni sulla leggerezza di Calvino si specchiano nelle pagine sulla gravità di Levi; entrambi infatti giungono alle stesse conclusioni sulla politica e sulla società lavorando sugli stessi nodi tematici: la memoria, l'oblio, il rapporto tra individuo e società.
La questione che si pone Levi, che poi il suo problema principale, è se la letteratura renda in qualche modo accettabile l'orrore. Calvino invece sembra avere meno dubbi riguardo alla letteratura che per lui è lo scudo per deviare la morte, la vera leggerezza; il vero interrogativo per lui riguarda il rito sacrificale dal punto di vista antropologico. Calvino riassume una novella di un antropologo riguardo all'uccisione rituale dei re: "nel regno africano di Naphta vige la regola che ogni re dopo un certo tempo venga ucciso insieme alle persone a lui più vicine. I sacerdoti scrutano le stelle ogni notte per sapere quale sarà il giorno del sacrificio. Arriva alla corte un narratore orientale; i suoi racconti sono così affascinanti che i sacerdoti trascurano le fatali osservazioni del firmamento; finché il sacrificio rituale cade in desuetudine. Il re vive fino in tarda età; gli succede il narratore. Poi il regno viene invaso dai nemici e...ato di questa frase?