Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
DIRITTO PENALE, DIRITTO ROMANO E POESIA
IL MASSESE GIUSEPPE BRUGNOLI, AVVOCATO, GIUDICE E POETA TRA RESTAURAZIONE E UNITÀ D'ITALIA
Cenni biografici: Giuseppe Brugnoli nacque a Massa il 6 ottobre 1801 e compì gli studi giuridici nell'università di Pisa, dove ebbe modo di ascoltare le lezioni di Lorenzo Quartieri e di Giovanni Carmignani, studiando le loro materie con trasporto e con vero entusiasmo. Qui si laureò il 22 giugno del 1826. Il Brugnoli fa menzione dei rapporti con Quartieri nelle sue memorie, ricordando che il professore al momento del congedo gli diede una lettera da consegnare al governatore degli Stati di Massa e Carrara, Giuseppe Petrozzani, nella quale si tessavano le sue lodi di uomo e di giovane studioso. All'università ebbe anche modo di conoscere Forti. Dopo aver compiuto la pratica forense presso lo studio dell'avvocato Benedetto Agrifoglio a Firenze, rientrò in patria per esercitare la professione e di
Lì a poco fu nominato aiutante dell'avvocato fiscale generale. Dal suo ufficio uscì la raccolta di Leggi del Ducato di Massa anteriori al 1796. Passata Massa sotto il Ducato di Massa, il Brugnoli entrò in magistratura, dal 1833 fu giudice criminale a Carrara, dal 1836 giudicante a Vignola, poi a Scandiano e a Modena. Il 2 novembre 1851 è il giorno della sua destituzione dall'ordine giudiziario per disposto del duca Francesco V. Il suo atteggiamento indipendente gli avrebbe procurato inimicizie in quegli ambienti che avrebbero condotto il duca ad una tale decisione. Rientrato a Massa il Brugnoli si diede ad esercitare l'avvocatura, dalla quale riuscì ad ottenere compensi ben maggiori rispetto ai proventi percepiti fino ad allora come magistrato. Con l'annessione del ducato al Regno di Sardegna, il Brugnoli divenne Regio procuratore al tribunale d'appello di Massa e continuò ad esercitare la professione forense fino al 1866.
quando l'abbandonò definitivamente per dedicarsi agli studi letterari. Gli anni successivi sono quelli della disillusione. Brugnoli si trovò scontento della politica dei governi nazionali e rinunciò ad ogni incarico pubblico, preferendo dedicarsi alla poesia e letteratura e ad affrontare i problemi di salute che cominciavano a presentarsi. Morì a Massa il 28 settembre 1878.
Un pratico a colloquio con i giuristi di scuola: i suoi biografi hanno insistito sui suoi rapporti con Carl Joseph Anton Mittermaier. Il Brugnoli appartenne a titolo pieno a quella pratica forense massese che riuscì a condurre una elaborazione scientifica tutta estranea all'università, ma che fu importante per la costruzione del successivo sistema giuridico, in un momento cruciale per la storia del diritto, quello del passaggio dal sistema dell'ancien regime ai codici.
Della certezza e prova criminale: il trattato Della certezza e prova criminale è l'opera
più importante del Brugnoli. Essa compare a Modena nel 1846 quando l'autore era ancora nei ranghi della magistratura estense. Il libro, suddiviso in 2 parti, la 1° dedicata alla certezza nei giudizi penale e la 2° alla prova, tratta in maniera ampia di argomenti centrali nel dibattito scientifico di allora sul processo penale, avendo presente, oltre alla prassi forense dei tribunali estensi, anche le varie legislazioni degli stati italiani e stranieri. 2 sono i temi che meritano di essere ricordati: quello della rilevanza degli indizi nel processo penale ai fini del raggiungimento della certezza in ordine all'esistenza di un fatto, e l'altro, della comparazione tra modello accusatorio e inquisitorio.
Rilevanza degli indizi ai fini del raggiungimento della certezza: Brugnoli nota come non si debba nei giudizi criminali cercare la certezza assoluta che compete solo a Dio, ma si debba avere attenzione alla certezza della legge e a quella dell'uomo. È la
legge che dà per certo un delitto o l'autore, cosicché al giudice non rimane che verificare che per esempio la confessione sia legittima, che effettivamente i testimoni siano dotati di quelle caratteristiche, che il documento sia autentico, etc. per poi applicare la pena che la legge prevede. Negli altri casi, quando la pronuncia è resa sulla base di indizi ed argomenti, viene meno la certezza della legge e quasi tutto è rimesso all'ingegno al criterio ed all'arbitrio del giudice. Un excursus comparatistico consente all'autore di fare alcune considerazioni sul processo inquisitorio e su quello accusatorio. In Austria e Piemonte, dice, vale solo il criterio della certezza legale, sia che si tratto di confessioni, di testimoni e di documenti, sia che si tratti di indizi, e quasi nulla è lasciato all'arbitrio del giudice. Nella maggior parte delle legislazioni europee invece il criterio della certezza della legge non può
trovare e non trova più applicazione perché si è affermato quello opposto dell'intimo convincimento del giudice. Il Brugnoli al proposito non parteggia apertamente per l'uno o per l'altro sistema processuale, limitandosi ad osservare come vi siano autorevoli sostenitori dell'uno come dell'altro. L'accusatore è tutto in potere dell'uomo, l'inquisitorio della legge. Successivamente il Brugnoli prende in considerazione la certezza morale nei giudizi criminali, alla quale si deve far riferimento nel caso in cui la legge non disciplini tutti i possibili casi anche indiziari e la ravvisa nella persuasione del giudice. Al giudice è rimessa la prudente valutazione degli indizi, dai quali poi determinare la propria convinzione, a lui non è richiesta la certezza assoluta, la verità assoluta, ma quella solo di cui la mente umana è capace e che è valevole a persuadere ogni uomo che sia fornito di ragione.
di probità e insufficiente capacità. È stato notato che nel medioevo le tensioni della dottrina interna di prova introducono bene al bipolarismo proprio delle concezioni inquisitorie, oscillanti tra ossessiva ricerca della verità e legittimazione di rimedi spregiudicati. Il Brugnoli risolve la questione in un'ottica che tiene conto della tradizione penalistica italiana, riletta però in chiave diversa ed arriva a concludere che la piena certezza del giudice può fondarsi anche sui soli indizi, mettendo in discussione persino l'autorità di Giovanni Carmignani, sostenitore della tesi opposta. Le sue argomentazioni si basano sull'esperienza e sul buonsenso. Il Carmignani nelle varie edizioni dei suoi Elementa iuris criminalis, aveva ripetutamente sostenuto che non potesse darsi la prova di fatto per mezzo di soli indizi. L'eventuale certezza che il giudice avesse raggiunto sulla base di indizi sarebbe stata artificiale e nonavrebbe potuto considerarsi come aventenatura di prova legittima. Nella Teoria delle leggi della sicurezza sociale il giurista pisano aveva ulteriormente ribadito questa sua opinione, esprimendo pure la sua avversione al sistema del libero convincimento ed osservando come la prova indiziaria non trovasse il suo fondamento negli scritti dei giureconsulti romani. Essa infatti, a differenza delle prove legali, non poteva trovare altro criterio che nella convinzione intima di chi giudica, la quale è un interno indefinibile laccio dell'animo che non può parlare né rendere conto di sé, cosicché si era domandato: che diverrà il dritto della difesa innanzi ad un tribunale che punisce e non parla? Se questa era stata la posizione del Carmignani, altri criminalisti erano stati di diverso avviso. L'autore Anton Matthes aveva sostenuto, nel suo trattato, l'ammissibilità della prova indiziaria, criticando le concezioni forensi del suo tempo eaprendo la strada al superamento della concezione inquisitoria del processo, verso forme processuali di stampo accusatorio e pubblico. Anche Francesco Mario Pagano può essere inserito tra gli innovatori. Egli, riprendendo le tesi di Matthes e ritenendo che ogni prova fosse da considerarsi indiziaria perché la verità di ciò che risulta da esse è fondata su argomenti logici, aveva sostenuto che l'opinione che un tempo si insegnò nelle scuole e si adottò nel foro, cioè che l'indiziaria prova non possa far nascere nell'animo la convinzione, era contraria alla ragione e opposta alle leggi e trovava la sua origine proprio dalle tenebre dei barbari secoli, quando barbara e tenebrosa era la ragione. Inquisizione e accusa: la parte 2° dell'opera è dedicata alla prova, necessaria in ogni ordinamento civile per poter condannare qualcuno. È proprio trattando della prova legittima a condannare nel processo.Pubblico e nel secreto, che il Brugnoli ha modo di svolgere alcune ulteriori considerazioni sui sistemi processuali penali in vigore in Europa. Dopo aver ricordato che l'amministrazione della giustizia è attributo della sovranità e che il magistrato non deve omettere alcunché al fine di raggiungere la piena prova dei fatti. Egli osserva che 2 sono i sistemi oggi adottati in Europa, opposti l'uno all'altro, a seconda cioè che trattasi di processo pubblico o accusatorio oppure del secreto o inquisitorio e trascurando il 2° sistema si diffonde ad analizzare gli schemi a lui contemporanei del 1° modello. Il giurista massese ritorna su un tema centrale nella riflessione della penalistica ottocentesca, questa volta osservandolo con riferimento ai 2 sistemi penali presenti in Europa, la formazione del convincimento del giudice, basata alternativamente o sul sistema delle prove legali o su quello delle prove libere, ed accetta la visione favorevole.
alla freie Uberzeugung, formulata da Mittermaier, che proprio in quegli anni andava confermandosi con l'adesione del giurista di Heidelberg all'introduzione anche in Germania dell'istituto della giuria. Una giuria che doveva raggiungere la propria convinzione non arbitrariamente, seguendo le regole della retta logica giuridica e i vincoli che da questa derivavano, secondo il modello consolidatosi nell'esperienza inglese. Secondo lui la prova determinante a convincere e condannare doveva essere quella che fosse sufficiente a far raggiungere al giudice la propria persuasione. Tale persuasione poteva raggiungersi in modo più agevole nei sistemi processuali oggi definiti misti, nei quali si combinano elementi propri del sistema accusatorio con altri derivanti da quello inquisitorio.
Conclusione del libro ovvero della funzione del giudice: Il proseguo dell'opera è dedicato alla trattazione dei singoli mezzi di prova, trattazione ricca di continui riferimenti.
dottrinali e legislativi, ma anche di tantissimi esempi tratti dalla pratica forense. Il Brug