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GLI ANTROPOLOGI IN CITTÀ: QUESTIONI.LO SLUM

La vita urbana poteva ingenerare sensazioni di spaesamento e render difficoltosa la creazione di legami sociali forti e istillare atteggiamenti di distacco. Negli anni 60 Suttles scrisse "The social order of the slum", in cui riportava i risultati di una ricerca condotta in una zona di Chicago, dove vivevano italiani, portoricani, messicani e afroamericani. Le relazioni tra loro erano di solidarietà e appoggio, anche se i conflitti non mancavano. Le loro istituzioni erano etniche e rendevano coeso il gruppo dei residenti ma lo isolavano dal resto (chiesa cattolica nel caso di italiani o esercizi commerciali). Suttles voleva dimostrare che anche nei quartieri più problematici delle grandi città, i residenti erano capaci di generare un ordine morale; ma ciò entrò in crisi negli anni 70 quando i processi deindustrializzazione incisero sulla vita economica di molte metropoli e il settore secondario si contrasse.

e aumentò quello terziario (declino delle fabbriche e lotte operaie). Tra gli anni '80 e '90 la vita nei ghetti divenne più dura: Bourgois fece un'indagine di campo nel Barrio, un quartiere degradato di New York in cui vivevano soprattutto portoricani, in cui la violenza pervadeva ogni aspetto della vita quotidiana. I loro tentativi di inserirsi nell'economia legale si rivelarono vani, con il traffico di droga e l'uso di sentinelle. La violenza era usata per guadagnare fama e considerazione. Bourgois cercò di dimostrare che la vita di strada era il prodotto delle contraddizioni del sistema capitalistico, che venivano incorporate dai residenti dei ghetti e si convertivano in comportamenti autodistruttivi. Anderson visse molti anni nel ghetto di Filadelfia e si soffermò sui codici che venivano seguiti dalle famiglie di strada e sui timori delle famiglie decenti verso di loro. Nei ghetti americani c'erano due orientamenti culturali: il primo era incentrato sull'idea di rispetto che doveva essereessere conquistato anche reagendo con violenza a un affronto e silegava alla sfiducia verso le istituzioni pubbliche; il secondo ruotava attorno ai valori della classe media. Predominava il primo e le famiglie decenti dovevano praticare la cultura di strada per stare al sicuro. I dominatori dovevano esibire il loro potere mostrandosi padroni dei luoghi, i dominati invece dovevano agire con circospezione. Famiglie disgregate, genitori disattenti, illegalità, incitamento alla violenza. L'INSICUREZZA URBANA: gli autori della seconda metà del Novecento descrissero le lotte per assumere il controllo degli spazi pubblici; le aree più problematiche erano quelle al confine tra ghetto e quartiere benestante. Negli Usa erano soprattutto gli afroamericani a vivere negli slum, più inclini ad aderire a una cultura di strada (colore della pelle = tempra morale di una persona). Anderson ha descritto la saggezza di strada della quale si doveva far conto per evitare i rischi (indossare gioielli, evitare di mostrare segni di ricchezza, ecc.).

cane, saluto). Lo stereotipo del nero criminale non era tollerato soprattutto dai neribenestanti che vivevano vicino al ghetto e per discostarsene adottarono emblemiculturali (vestito elegante) per dimostrare l'adesione alle convenzioni sociali della classe media.

Sally Engle Merry s'incentrò sulla gestione culturale dell'insicurezza, frequentando un quartiere di una grande città americana dove vivevano afroamericani, cinesi e bianchi. Ogni residente usufruiva di una propria rete sociale e ogni gruppo nutriva una visione stereotipata delle altre etnie. Il senso di sicurezza dipendeva dal gruppo culturale cui si apparteneva, dal numero di anni trascorsi nel quartiere e dalla percezione della propria forza fisica. I cinesi temevano gli afroamericani e guardavano con sospetto i bianchi; bianchi e neri consideravano i cinesi degli invasori. Solo col tempo vennero meno i sospetti. Bisognava frequentare solo i luoghi più familiari, anche se ci sono molti reati.

ed evitare quelli sconosciuti. Infatti, le percezioni riguardanti la pericolosità dello spazio urbano vengono plasmate dalle storie, dalle info raccolte all'interno della propria rete sociale.
  1. L'ANTROPOLOGIA DELLA CITTÀ
La città non è solo un luogo in cui vivono persone, ma anche un costrutto culturale che propone visioni del mondo, atteggiamenti, idee. Alcuni antropologi si sono soffermati sui luoghi fisici, piuttosto che sui gruppi umani, influenzati da Lefebvre, autore di "La produzione dello spazio", in cui era interessato a cogliere la natura dei rapporti tra persone e ambienti. Setha Low ha svolto una ricerca etnografica su due piazze di San José (Costa Rica), trattandole come esempi di spazializzazione della cultura. Il parco centrale, la prima di queste piazze, dall'800 è il principale luogo d'incontro per le famiglie più in vista del posto, in cui coltivavano i valori della Costa Rica dei proprietari terrieri. Dagli anni

90 del 900 era diventato un luogo eterogeneo, considerato da molti insicuro e conflitto su come doveva essere il chiosco rivelò una lotta più profonda intorno all'uso e i significati di quella piazza (scontro tra classi). Il secondo posto fu la piazza della cultura, completata nel 1982 per celebrare la Costa Rica moderna, su cui si affacciava il teatro nazionale e punti di vendita importanti e la Low riconosce nel suo impianto architettonico l'impronta dell'ideologia politica del Partido Liberación Nacional. Anche Sharon Zukin ha riflettuto sui luoghi pubblici: negli ultimi decenni del 900 si è affermata la società dei consumi e l'economia simbolica e amministratori e cittadini si sforzarono di rendere gradevoli i luoghi che frequentavano e attrarre turisti. Disney World è una delle massime espressioni dell'economia simbolica. "Gentrification" è un termine introdotto da Ruth Glass che indica il processo.

Il cambiamento nei rapporti di genere (entrambi lavoratori) si è ripercosso anche sullo spazio urbano (vivere più vicini al centro).

L'ANTROPOLOGIA URBANA IN ITALIA.

In Italia c'era pregiudizio che vedeva nella città il luogo dello sfruttamento capitalistico e alienazione consumistica e si sviluppò letteratura neo-arcadica che identificava la cultura contadina e recupero radici. Ma negli ultimi decenni numerosa antropologia urbana. Nel 1996 la Signorelli sistemò i contributi prodotti in Italia o esteri sull'Italia. In Usa ciò che contraddistingue una città è densità, grandezza e eterogeneità; in Italia è la presenza di un centro monumentale, in cui si possono incontrare le massime espressioni dell'architettura religiosa e civile di un intero territorio o di particolari epoche. Nel dopoguerra è stato il

capitalismo industriale a plasmare il paesaggio urbano. La Signorelli propone 3 macro-temi: diversità, conflitto e rapporto tra spazi astratti e spazi concreti. Nel 1951 la popolazione italiana che lavorava in agricoltura era il 42% di quella attiva, nel '95 solo l'8%. In questo periodo molti abbandonarono la campagna per andare in città (inurbamento). Un tempo molti piccoli agglomerati erano considerati città, per la presenza di valori civili tipici di un ambiente urbano. La città era il luogo in cui la minoranza dominante riusciva a legittimare la propria posizione di potere praticando uno stile di vita civile. La campagna veniva vista come luogo in cui persistevano superstizione e ignoranza. Herzfeld nel 2009 monografia dedicata all'area Monti di Roma, in cui descriveva i principi di civiltà degli abitanti; distinguendo tra civil (relazioni tra il singolo cittadino e i suoi concittadini, quindi legati alla socialità, buone maniere) e civic (rapporti tra

Il singolo cittadino e le istituzioni statali). A volte mostrarsi "civili" può richiedere la violazione delle regole civiche. In Italia la città si è sviluppata insieme e in opposizione al mondo rurale e per molto la figura del cittadino ha implicato come rovescio quella del contadino.

LE DINAMICHE INTERCULTURALI NELLA SCUOLA: UNO SGUARDO ANTROPOLOGICO.

  1. PREMESSA: ALLE ORIGINI DELL'ANTROPOLOGIA DELL'EDUCAZIONE.

Margaret Mead è la pioniera dell'antropologia dell'educazione, ovvero gli studi che si interessano ai processi inculturativi e acculturativi delle società umane: come un bambino è trasformato in un membro a pieno diritto di una società. Durante il 900 attenzione all'infanzia come oggetto di studio delle scienze sociali in cui si esprime la diversità culturale (scoperta dell'infanzia). All'inizio l'antropologia non si interessava di questo tema, sia per motivi teorici (cultura come

totalità oggettivante) che metodologici. Il rapporto adulto/bambino esiste solo nella specie umana, perché ha capacità di trasmettere saperi e valori e di apprendere. L'antro dell'educazione è stata in grado di ricostruire contesti culturali diversi da quelli occidentali e di rendere visibili i processi inculturativi più nascosti. Inculturazione= programma di apprendimento conscio e inconscio per mezzo del quale le generazioni più vecchie inducevano le più giovani a adottare come proprio il repertorio di valori/atteggiamenti del gruppo. L'attenzione della ricerca di campo si dedica alle pratiche di cura, da quelle materiali (igienica, ambienti, allattamento) a quelle educative e di socializzazione. Il maggior contributo risiede nella sua critica alla cultura occidentale e la capacità di comprendere altri stili educativi mostra quanto questa fase di vita incida sulla configurazione complessiva della società. Marcell

Mauss (1967) sottolineò il ruolo del corpo, considerandolo il primo strumento/oggetto di educazione. Csordas con la nozione embodiment ci ricorda che apprendiamo attraverso il corpo.--> Revisione della relazione tra processi inculturativi e corporeità.

2) “SECONDE GENERAZIONI”: PROCESSI MIGRATORI, INCLUSIONE SOCIOCULTURALE E CONTESTI SCOLASTICI.

Studio dei diversi contesti della vita dei figli di immigrati: dai servizi educativi alla scuola, dal dibattito sulla cittadinanza all’inserimento nella vita politica, dal lavoro alle nuove forme di creatività culturale, alla salute, alla sessualità. In Italia lo studio del fenomeno è recente. Uno dei dibattiti è sulla etichetta di “seconde generazioni”: da un lato è diventata la parola chiave per quanti studiano o per i policy makers, dall’altro rischia di alimentare una visione progressiva di cambiamento in senso multiculturale che è deformante.

una soluzione ai problemi che affliggono la società moderna. La società attuale è caratterizzata da una serie di sfide e questioni complesse, come la disuguaglianza economica, l'insicurezza sul lavoro, l'insicurezza alimentare, il cambiamento climatico e molti altri problemi sociali. Per affrontare queste problematiche, è necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse discipline come l'economia, la politica, la sociologia, l'ambiente e la tecnologia. Solo attraverso una comprensione approfondita di questi problemi e una collaborazione tra diverse parti interessate, sarà possibile trovare soluzioni efficaci. Inoltre, è importante promuovere una cultura di responsabilità sociale e sostenibilità, sia a livello individuale che collettivo. Ciò implica adottare comportamenti e decisioni consapevoli che tengano conto degli impatti sociali, ambientali ed economici delle nostre azioni. In conclusione, la rappresentazione della società attuale richiede un approccio olistico e una consapevolezza dei problemi che affliggono la nostra società. Solo attraverso un impegno collettivo e una volontà di cambiamento, sarà possibile costruire una società più equa, sostenibile e giusta per tutti.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
39 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher crazy-5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Giancristofaro Lia.