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Il colloquio si gioca in una scena dispari e quindi l’A.S. dovrà cercare una propria misura tra
gestione consapevole del ruolo e delle proprie componenti soggetti e tempi di sviluppo del suo
interlocutore. In questa ricerca gli utenti ci chiedono il rispetto di sé.
Cliente, utente e paziente 3 formulazioni più diffuse dell’interlocutore dell’A.S. e spesso sono
oggetto di ampie discussioni in quanto collocate in una sorta di gerarchia di rispettosità sociale che
vede il termine cliente maggiormente politically correct. La scelta dell’uno o dell’altro termine è
fortemente ancorata al contesto istituzionale di lavoro dell’A.S. e non sempre l’uso di un dato
termine può fare la differenza all’interno di un colloquio.
Dobbiamo comunque ricordare che l’utente farà il suo mestiere nella misura in cui farà sentire i
propri problemi non solo sul piano del contenuto ma anche sul piano della relazione.
Quindi, è bene valutare con attenzione la richiesta che ci porta l’utente considerandola come un
primo modo di provare il servizio, come lo chiede, e considerare il primo colloquio come l’esito di
un primo incontro tra l’utente e l’istituzione.
La relazione con l’utenza rappresenta uno dei luoghi elettivi di apprendimento da parte dell’A.S.
anche di lunga esperienza, ponendosi in un atteggiamento di apprendimento e di ricerca autentica
a partire dall’incontro con un nuovo cliente che si aspetterà di avere davanti a sì un esperto
qualificato ma sarà gratificato dall’idea di aver contribuito ad aggiornare un assistente sociale
capace di apprendere a partire dalle storie che incontra nel corso della sua biografia professionale.
2.3 Focus sul contesto: chiarire il campo di azione
Il colloquio si fonda all’interno di una scena dove entrano in gioco 3 elementi: conduttore, utente e
contesto.
- Contesto familiare: spesso di fronte ai primi colloqui ci si trova con un solo componente della
famiglia. È opportuno coinvolgere gradualmente altri componenti o aiutare l’utente a parlare del
problema cercando di indossare le lenti di altri componenti del nucleo. Nel corso del colloquio può
risultare opportuno invitare l’utente a riflettere su come viene visto da altri componenti del nucleo e
qual è il suo parere rispetto a queste rappresentazioni. In presenza di altri componenti della
famiglia si ha modo di esplorare le diverse rappresentazioni delle interazioni e del problema.
Ovviamente è più difficile esplorare le differenze più sottili, relative alle diverse posizioni dei
componenti.
In tutte queste situazioni una tecnica utilizzata in ambito sistemico comporta la formulazione di
domande circolari dove viene richiesto alla persona di esprime ciò che ha ascoltato, osservato e
raccolto nel proprio familiare nel corso degli anni.
- Contesto istituzionale: l’A.S. deve porsi questioni sul suo ruolo, sulle sue funzioni e sui vincoli
istituzionali. Spesso nei primi colloqui si avvia una relazione che l’utente vive come pseudo-
amicale. Quindi, è opportuno curare con attenzione le comunicazioni relative al chi siamo, evitando
lunghe presentazioni e ricorrendo a formule sintetiche. Ciò che può risultare determinante è la
capacità del professionista di concepirsi come un operatore leggero, ponendo attenzione al fatto
che una certa leggerezza di ruolo non venga fraintesa come un atteggiamento anti-istituzionale o
privatistico.
Altre sotto-declinazioni del contesto come elemento “terzo” nel colloquio di aiuto sono
rappresentate:
• Dal contesto territoriale
• Dal contesto normativo
• Dalla propria comunità professionale
• Dalla propria comunità scientifica
2.4 L’arte di generare buone domande
Durante il colloquio è consigliabile rivolgersi all’utente con domande aperte che consentano di
ricevere risposte ampie che incoraggino a parlare più a lungo.
Questo tipo di domande permette da un lato di assicurarsi che l’utente abbia compreso le
informazioni trasmesse e dall’altro di affrontare i suoi vissuti emotivi.
Per facilitare l’utente a narrare e ricostruire la propria biografia, all’inizio del colloquio è sempre
consigliabile utilizzare domande aperte e adottare in seguito anche domande chiuse per
restringere il campo di discussione. Anche l’intonazione della voce di chi pone le domande in
qualche modo influenza il tipo di risposta che verrà dato.
Affermazioni da evitare: frasi di incoraggiamento, affermazioni che contengono giudizi,
affermazioni atte a cambiare tema, affermazioni stereotipate
Domande da evitare: domande multiple o troppo articolate, chiuse, viziate
Quando si effettuando diversi colloqui con un utente è anche importante dare dei feedback sugli
obiettivi già raggiunti. Dare un feedback negativo può essere più difficile ma necessario per aiutare
la persona a vedere le proprie difficoltà e favorire il cambiamento.
È comunque possibile dare un feedback negativo sottolineando al tempo spesso i progressi
raggiunti.
Quando invece sono gli utenti a porre delle domandi personali è importante comprendere il motivo
per il quale il cliente ha posto le domande: talvolta l’utente pensa di essere gentile o educato
ponendo delle domande personali e la risposta non è così importante e può essere sufficiente un
sorriso o un accenno generale di risposta; oppure possono esprimere una curiosità nei confronti di
un operatore con il quale si sta iniziando a instaurare un rapporto di fiducia può essere utile una
risposta veritiera e breve per poi ritornare a parlare dei temi di interesse dell’utente.
CAPITOLO 3 – IL COLLOQUIO COME OGGETTO
3.1 Il colloquio come testo: lavorare con le parole
La materia viva del colloquio sono le parole che vengono scambiate dagli attori presenti sulla
scena dell’incontro e che vanno considerate nella loro dimensione di significato e di significante.
Si possono evidenziare 3 questioni chiavi per chi lavoro con le parole all’interno del contenitore
relazione che è il colloquio.
È importante non sottovalutare la portata simbolica delle parole, anche di semplici modi di dire e
comporta nell’A.S. la ricerca di una certa sensibilità nell’ascoltare le parole che sono proprie di
quell’utente. Nel colloquio l’esperienza dell’ascolto consente di affrontare un
problema, esplorando attraverso le rappresentazioni linguistiche.
Le persone hanno bisogno delle proprie parole, cioè delle proprie rappresentazioni mentali, per
poter capire che cosa succede loro e per sostenere cambiamenti difficili e spesso poco visibili agli
occhi degli operatori.
Possiamo considerare l’ascolto come un lavoro di osservazione, cercando di cogliere l’intreccio tra
gesti, accadimenti e parole. Questo è un punto cruciale per l’A.S. poiché riguarda la traduzione
pragmatica della sensibilità di ascolto che, portata all’accesso, trasformerebbe il lavoro sociale in
training psicoanalitico. Quindi, l’attenzione si deve spostare sul potenziale conoscitivo dell’azione e
sul lavoro di traduzione parole-gesti che costituisce l’essenza del colloquio nel lavoro sociale.
- Individuazione di varianti e di costanti tematiche: leggendo e rileggendo un testo o
comparando il testo di un colloquio con altri testi è possibile rilevare una serie di:
• Costanti tematiche importanti perché costituiscono la struttura comune di colloqui diversi
• Varianti cruciali perché ci consentono di individuare aspetti connessi al cambiamento di
processo in atto
- Modificazione del tessuto dialogico: il testo del colloquio può essere metaforicamente
rappresentato come un copione teatrale i personaggi presenti nella scena presentano copioni
diversi connessi ai ruoli e alle posizioni occupate e la loro storia evolve a partire dal gioco delle
battute e dagli eventi esterni che irrompono sulla scena
- Analisi delle interazioni tra parole e azioni: differenziamo i due termini nella consapevolezza
che anche le azioni possono essere viste come messaggi. La connessione tra parole e azioni ci
forniscono la complessità di un processo di aiuto.
Es. valutazione di un contratto collaborativo: nel corso dei colloqui precedenti sono stati condivisi
alcuni obiettivi e si è focalizzata l’attenzione intorno ad un compito specifico e simbolicamente
rilevante. Se nel corso di questa valutazione emergono differenze tra ciò che è stato concordato e
ciò che è accaduto, occorrerà essere cauti nell’interpretare lo scarto tra parole-azioni come un non
rispetto del contratto.
Attraverso l’analisi che l’A.S. fa sulle difficoltà che vuole comunicare l’utente o con una non-azione
si può ricostruire una punteggiatura del processo di aiuto attenta al farsi di tale processo e
sensibile al work in progress.
3.2 La comunicazione non verbale
L’importanza del ruolo della comunicazione non verbale presenta implicazioni nel lavoro dell’A.S.
soprattutto nella modalità di conduzione del colloquio.
Alcune funzioni della comunicazione non verbale sono le seguenti:
• Può facilitare l’inizio della relazione
• Trasmette informazioni sulla prima idea che ci facciamo dell’altro
• Trasmette informazioni sull’immagine che ognuno ha di se stesso
• Comunica contenuti che rinforzano o contraddicono quanto detto verbalmente
• Regola il flusso dell’eloquio nel corso dell’interazione
• Utilizza gesti condivisi culturalmente per trasmettere informazioni
Anche l’ufficio dove si svolge il colloquio, la disposizione dell’arredamento, l’illuminazione sono
elementi che caratterizzano il contesto fisco dell’interazione con l’utente. Il luogo e il suo
arredamento ci presentano al paziente, quindi è sufficiente una stanza dignitosa, pulita ed
ordinata. Non è utile esporre foto o richiami a idee politiche o religiose personali poiché l’utente
deve sentirsi accolto ed ascoltato.
Quando si parla di comunicazione non verbale ci si riferisce agli aspetti cinesici (riferiti al
movimento) della nostra interazione con l’altro. Tali segnali hanno una funzione metacomunicativa
ed esprimono emozioni e atteggiamenti legati alla situazione di interazione.
La postura è la presentazione di sé ed è legata alla personalità individuale e all’immagine di sé
che si vuole trasmettere agli altri, ma è anche correlata alla cultura di appartenenza. È meno
controllabile di altri segnali verbali e spesso tradisce il reale stato d’animo della persona.
Un’altra sfaccettatura della comunicazione non verbale &egrav