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-NOTE ESTETICHE SULLE ARTI-TERAPIE.
L'arte deve avere proprietà esterne all'oggetto-opera. L'arte contemporanea (dice il critico
Rosenberg) definiva oggetti ansiosi, oggetti che fanno breccia nella sfera emotiva.
Spesso il problema delle arti visive viene liquidato con il fatto di indicare la prerogativa di
mobilitare emozioni,o di esprimere ciò che la parola tace. E' limitante questo.
I processi invece che hanno luogo nella arti-terapia mirano alla ri-creazione del soggetto grazie alle
potenzialità trasformatrici della creazione.
Già le pratiche '800 mettevano in mano ai folli matite e pennelli e riproponevano la questione dei
rapporti tra genio e follia.
Questi lavori rimasero nei cassetti degli ospedali, ma cominciarono ad essere vendute cosi
l'indifferenza del tempo lasciò il posto ad una comprensione eccessiva del fenomeno.
Perchè?
Secondo le arti-terapie quello che emerge dall'inconscio è per sua virtù potenzialmente creativo e
quindi artistico.
Quando venne promossa negli anni '40 la definizione di arte-terapia si trovò subito una cornice di
tipo pisocoanalitico , fondata sulla rapresentazione di contenuti rimossi, con i valori spontanei dei
simboli, con purificazione.
Questa posizione assume poca rilevanza al carattere estetico del simbolo. (l'arte-terapia non è arte, il
valore estetico è all'ultimo posto, è una proiezione libera che esclude la ricerca estetica).
Nel 1995, MACLAGAN scrive un libro polemico dove ci si chiede se l'estetica sia diventata un
ospite non gradita nelle arti-terapia e sostiene che le arti-terapia non diano importanza all'estetica.
Maclagan ci mette in guardia che le opere nata nelle arti-terapie sono soltanto espressioni, sarebbe
l'interpreta ad essere al centro dell'attenzione non l'opera.
Viene da pensare se le arti-terapia sono rimaste troppo legate al mito dell'istinto e dell'inconscio.
Ma parlare di svincolamento dei canoni delle arti-terapie è qualcosa di riduttivo.
Lo stesso Freud si guardava all'eccesso di inconscio in riferimento all'arte e perché ci sia opera deve
soltanto esserci una velatura di inconscio.
La follia dell'artista deve soddisfare le esigenze severe della bella esagerazione, alle norme che
definiscono il capolavoro rispetto a tutte le altre opere comuni.
Spesso il problema delle arti-terapia è esasperato dal fatto che i suo diversi approcci, diagnostico,
terapeutico e estetico sembrano escudersi.
L'arte-terapia è utile alla comunicazione tra il malato e il terapista, cioè l'artista e il suo interprete o
il processo creativo costruisce già per di se una terapia? A quale universo dovrà fare riferimento, a
quello estetico o clinico?
Il linguaggio non può esprimersi in maniera diretta, tale forma sarebbe del linguaggio non artistico.
Sul piano del paziente le arti-terapia permettono di gettare un ponte, tra rappresentazione verbale e
non verbale, connessione tra la parola scritta e una dimensione comunicativa. Immagine come
mediazione cosi riuscirà ad esprimere l'emozione che l'autore intende comunicare, e l'obiettivo
terapeutico ed estetico sarà raggiunto.
L'interpretazione è talvolta vissuta con resistenza dal pazienze/artista, ma è parte dell'opera e
costruisce una trama di particolare intimità.
Il linguaggio terapeutico che estetico dovrebbe guardarsi dagli irrigidimenti semantici, ma non è
sempre in grado di farlo. (giudizio estetico nei confronti dei prodotti nati in altri contesti artistici, e
invece di avvicinare i sui linguaggi ne sottolineano la distanza es”guarda sembra Picasso”).
Emerge il problema dei prodotti considerabili opere d'arte perché conformi ed etichettabili all'arte
contemporanea ci ha abituati a considerare tali.
Notando le opere nate nelle arti terapia notiamo somiglianze con quelle prodotte delle correnti di
arte contemporanea, ma le opere di un grande artista richiedono un momento di riflessione in più,
un filtro di reinterpretazione .
Sul piano creativo, è innegabile che la malattia interferisca sulla comunicazione, che talvolta si
esprima in un linguaggio ritenuto incomprensibile. Ma dovranno comunque essere enunciati che
hanno valore di per se stessi, altrimenti non potranno vivere di vita propria ed esporsi ad altri
sguardi senza che uno spettatore ne sia catturato unicamente dall'illusione di appropriarsi di ciò che
non è stato confessato.
TICHY, come immortale sempre donne ma non in ambienti domestici. Le sie foto assumono
proposizioni senza precedenti).
-SCRIVERE LA PROPRIA IMMAGINE, RIFLESSIONI SULL'AUTOBIOGRAFIA COME
MAGNIFICA FINZIONE.
Scrivere la propria immagine è impossibile, la scrittura non può scrivere immagini, sa soltanto
evocarle in chi le traspone dal pensiero al cervello.
Un autobiografia è sempre e soltanto scrittura di se, tutte le esperienze vissute rimpicciolite in un
quaderno, un libro che può essere impubblicato. Ogni autobiografia è sintesi di una sola storia di
vita, è un surrogato di noi. La scrittura è stata la pratica comunicativa più democratica ed oggi è
assai in rischio per l'oralità di ritorno.
La scrittura è una delle tecniche più accolte nella natura umana possiamo rappresentarci come
individui e storie. Le scritture possono anche essere condivise e rispecchiare pensieri collettivi, però
è impossibile che una mano si sovrapponga all'altra (se non con la dettatura, che non è libertà
personale che la scrittura difende).
La scrittura è un punto di vista soggettivo, non si può chiedere l'oggettività perché è come
pretendere addomesticarla alla leggi delle omologazione.
La scrittura non ha nulla a che vedere con il vedere. Già far parte dei racconti degli altri è un
esistere ( quando ci sembra di aver smarrito la capacità di darci da soli una forma accettabile,
qualcuno disposto a prestarci un'immagine di noi, dove ci identifichiamo momentaneamente , ci
aiuta a traghettare verso una riconfigurazione più autonoma del nostro esistere).
L'idea di immagine personale ci serve per orientarci nel mondo, produciamo immagini su ogni cosa
o persona dipendenti da quelle che abbiamo di noi. In scrittura il lettore più vede trasformarsi le
parole in immagini nella sua mente e più è avvinto dal racconto, viceverse quando queste figure
risulteranno confuse e sfogate e più ne resterà disorientato.
Italo Calvino “possiamo distinguere due processi immaginativi, quello che parte dalla parole e
arriva all'immagine visiva e quello che parte dall'immagine visiva e arriva all'espressione verbale. Il
primo è quello che avviene con la lettura, il secondo ha a che vedere con una immagine di fantasia
che può prendere forma attraverso la scrittura.
Cosa intendeva Calvino quando affermava :”a volte mi sembra che un'epidemia abbia colpito
l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, nell'uso della parola, una peste del linguaggio che sola
la letteratura può creare anticorpi.
Una pesta che oggi comprendiamo, a 25 anni di quelle parole, una pesta fatta di immagini
videodinamiche, videoelettroniche, viviamo sotto una pioggia ininterrotta di immagini, i media
trasformano il mondo in immagini.
Per tale motivo, la letteratura personale (amatoriale) diventa oggi un impegno civile e non solo
autodifesa.
-UN ANTIDOTO.
La scrittura diviene intima, resistenza alle immagini, una fisionomia dispersa soffocata da troppo
esibizionismo, facendo credere che la propria immagine abbia un senso simile a quello degli altri.
La scrittura come posibilità di ritrovamento della propria immagine infettata da tutto questo, dove si
riconquista maggiore autenticità.
Cosa significa scrivere in senso letterale la propria immagine? (è impossibile)
Cosa sta facendo e perché uno scrittore noto o ignoto, che non aspira ad alcun riconoscimento
pubblico? Perchè tante persone si sentono costrette a scrivere?
-LA SCRITTURA SI COMMENTA DA SOLA, IL POTERE METALINGUSTICO.
La scrittura prosegue la trasmissione di idee a proposito del sé e delle vita, e si può fare a meno di
utilizzare icone di sostegno perché la scrittura ha una sua sufficienza dinamica.
Lo scrittore agisce come se passasse la penna al suo lettore, ha un destino di incompiutezza.
Un autoritratto si presenta in quanto tale ed è esposto ad interpretazioni i guidizi. L'opera
iconografica non riesce a commentarsi, ha bisogno della conclusione the end.
Il quadro e il film dipendono dai loro autori, uno scritto no, si dissemina per una folla sterminata
che inventeranno altri nuovi mondi.
La descrizione anche la più accurata di una casa o di un corpo non restituisce una supposizione del
vero, è simbolica. Il suo fine è produrre astrazione più che immagini definite.
Le immagini non sono visibili e non potranno mai essere copiate ma trasfigurate e riportate da un
pittore, fotografo, regista. La scrittura è un compromesso tra una libertà e ricordo.
Certo scriviamo per illustrare, descrivere fatti, ma non ci si riesce mai.
ESEMPIO IMMAGINE PAG 59 Rapporto descrizione scena casa con forno e disegno (di
CHAGAL).
Le immagini però non riescono a restituirci nel profondo qualcosa che ci appartiene come riesce la
scrittura.
Le pagine si tengono in un cassetto, creando meno complicazioni pubbliche, l'autore potrò
distruggere o modificare il suo lavoro, consapevolmente che quella esperienza rimarrà dentro di lui.
CASO CLINICO DELLA CREATURA.
Siamo sempre in scena e recitiamo nell’illusorio tentativo di conquistare un brandello di realtà. E’ la
scena che determina il rapporto del soggetto con il reale.
I maestri psichiatri riconducevano la struttura psicopatogena dell’isteria ad una semplice
recitazione, ma dopo Freud che è stato capace di individuare un nuovo vertice di ascolto e ha
individuato lo spazio dell’inconscio. Come dice Freud:
Fu necessario superare un errore non bisogna prendere i resoconti dei pazienti come fatti reali, non
corrispondono alla realtà. Cosi Freud torna al rischio di tornare al pregiudizio della finzione (freud:
non credo più ai mie pazienti).
Freud scrive: sto lavorando all’ipotesi che la psiche è fatta da eventi che si sovrappongono nel
tempo, e la concatenazione di questi eventi articola la realtà del soggetto.
Il materiale dei ricordo viene sottoposto a nuova sistemazione in base con gli avvenimenti recenti,
mediante un PROCESSO DI STRATIFICAZION, in un continuo ricollocazione dei ricordi che la
realtà impone.
Nella testa nella creatura il passato diventa il