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CAPITOLO 2: LO STATUS CIVITATIS NELLA COSTITUZIONE ITALIANA.
La nostra Costituzione non dedica all’istituto una disciplina normativa organica, ma opera
solamente con continui riferimenti alla cittadinanza al fine di definirne la sfera dei diritti e
dei doveri che ne caratterizzano la condizione e definirne i termini di accesso =>
l’identificazione dei titolari dello stato di cittadinanza è contenuta unicamente in norme di
legislazione ordinaria.
La costituzione quindi si occupa di definire i contorni della cittadinanza, quando è poi un
sottostante rango normativo a stabilirne i presupposti e definirne i canali di accesso.
La cittadinanza integra un fatto essenzialmente politico in quanto attiene alle scelte
generali con le quali la comunità interpreta i legami tradizionali ed i profili evolutivi che
connotano o meno l’essere parte integrante della stessa.
La problematica relativa al “chi siamo” si colloca alla radice stessa del potere costituente
ed alla base del potere costituito.
La delimitazione della sfera dei consociati rappresenta, sia nel momento genetico
dell’ordinamento, che in quelli successivi un fatto politico canonizzabile nelle forme più
varie, ma essenzialmente radicato più che su basi giuridiche ispirate da forme e ragione,
sul consenso politico che ne è alla base.
Art. 2 Cost. => “La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Riferimenti alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) “gli uomini
nascono liberi ed uguali nei diritti” e alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
(1948) “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e nei diritti”. Questi diritti
sono solo riconosciuti, garantiti e protetti in quanto già preesistenti all’ordinamento stesso
ed, essendo riconosciuti nel singolo quanto nel gruppo, richiamano il concetto aristotelico
secondo il quale l’individuo si realizza attraverso la sua collocazione trai propri simili in
quanto “animale sociale”. Quest’articolo richiama anche il concetto di solidarietà come
chiave del concetto “diritti-doveri”, richiamando quindi l’individuo al rispetto di una serie di
doveri la cui scaturigine etica è primariamente rappresentata dall’appartenenza alla
medesima associazione => l’osservanza di questi diritti viene richiesta all’uomo, non al
solo cittadino e al massimo vengono graduati a seconda del vincolo che lega il soggetto
alla comunità. Gli obblighi di solidarietà possono variare a seconda del contesto sociale.
La Costituzione riconosce e protegge i diritti fondamentali e comuni a tutti gli
uomini come anche i diritti che sorgono in ragione dell’appartenenza degli individui
alle diverse forme del pluralismo sociale.
Sorge quindi un problema che si basa sulla possibilità di configurare lo status civitatis
quale “vincolo di appartenenza” alla Repubblica intesa anch’essa come formazione sociale
e le condizioni di accesso a quest’ultima, la cui formazione avviene su base volontaria =>
l’istituto della cittadinanza può essere interpretato secondo un concetto elettivo, non
etnico, legato quindi all’effettiva partecipazione dell’individuo alla comunità nel quadro dei
principi da essa condivisi. In base a questo ragionamento anche lo status civitatis può
essere considerato come gruppo sociale formatosi su base anche consensuale e come
titolare dei propri diritti.
Ritornando sul problema della “titolarità” dei diritti inviolabili, non si fa nessuna distinzione
tra cittadini e non cittadini (Corte Costituzionale). La distinzione sta nella misura del
godimento di tali diritti => riconoscimento della titolarità dei diritti inviolabili, esclusivamente
in misura corrispondente al loro nucleo minimo e irrinunciabile.
Possiamo quindi dire che non è la cittadinanza a delimitare la sfera concettuale e
giuridica all’interno della quale sono riconosciuti i diritti fondamentali ma sarebbero
questi ultimi ad assorbire quei tratti che tradizionalmente avevano in passato
caratterizzato la cittadinanza.
Interrogativi circa la natura del rapporto tra individuo e comunità e la natura stessa
dell’uomo.
La cittadinanza è un diritto inviolabile? => nei termini di rapporto individuo-autorità, la
cittadinanza rappresenta il veicolo attraverso il quale i poteri dello Stato sarebbero indotti a
rispettare e garantire i diritti dell’individuo. Se si accetta l’idea che la cittadinanza
rappresenti la condizione giuridica, attraverso la quale tutelare i diritti fondamentali,
non si potrà escludere che la cittadinanza debba rifluire tra i diritti fondamentali.
Art. 15 “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” => “Ogni individuo ha diritto ad
una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua
cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza” => ogni Stato deve creare un processo
politico istituzionale atto a codificare un apparato di norme giuridiche volto ad introdurre
strumenti positivi di effettiva garanzia e protezione di questi diritti.
Art. 22 Cost. => “nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica
della cittadinanza, del nome” => la cittadinanza viene paragonata al nome e alla capacità
giuridica e quindi considerata come uno dei diritti inviolabili.
L’art. 22 pone in atto l’impossibilità di perderla, dandone quindi per scontato l’acquisizione,
senza che esista un diritto soggettivo e inviolabile all’acquisizione della stessa => i diritti di
cittadinanza, e non l’acquisizione della stessa, rappresentano posizioni inviolabili.
Anche i diritti politici si configurano fondamentalmente come diritti per i soli cittadini.
La dicotomia uomo cittadino
Art. 1 Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino => “Gli uomini nascono e
restano liberi ed uguali nei diritti”. Con l’epoca delle Costituzioni liberali ottocentesche si
assiste alla giuridicizzazione di un principio che mai aveva ricevuto un tale riconoscimento.
Art. 3 comma II Cost. => “é compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando, di fatto, la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della personalità umana”=> Con le correnti di pensiero
socialiste e marxiste, si arrivò a concretizzare l’esigenza di realizzare concretamente
l’eguaglianza formale tra cittadini rimuovendo gli ostacoli => eguaglianza sostanziale.
L’articolo richiama direttamente alla figura del Cittadino.
Art. 10 Cost. => “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in
conformità delle norme e dei trattati internazionali.”
Studiando i vari articoli in questione, sembra che il costituente abbia voluto usare di
proposito il termine uomo, cittadino e straniero, nel tentativo di dosare il riconoscimento
delle posizioni giuridiche. Agli uomini sono garantiti i diritti inviolabili. L’eguaglianza tra
cittadini è un principio cardine della democrazia -> l’uguaglianza tra uomini è principio che
qualifica un’intera civiltà.
L’esistenza di diritti naturali dell’uomo rappresenta una consolidata acquisizione della
civiltà giuridica. Tuttavia, permane la necessità che tali diritti, per essere effettivamente
garantiti, siano assorbiti dall’ordine giuridico attraverso la loro canonizzazione normativa
=> necessità di devolvere al potere pubblico la garanzia di questi diritti.
La Costituzione diventa il canale di positivizzazione dei diritti, filtra la densità con la quale
riconoscere la garanzia dei diritti fondamentali valorizzando principi (la sovranità),
posizioni ed interessi, i quali sono stati giudicati di volta in volta prevalenti.
La legislazione ordinaria non sarebbe autorizzata, al di fuori delle divisioni
costituzionalmente autorizzate, a praticarne di ulteriori.
La Consulta si è espressa seguendo l’idea secondo la quale la tutela dei diritti inviolabili
debba essere garantita dalla legge salvo l’apprezzamento di circostanze di fatto che
giustifichino una differenziazione tra cittadini e non cittadini rispetto alla concreta misura di
tali forme di tutela.
Riassumendo: il principio di uguaglianza riferito dalla Costituzione, dev’essere esteso a
tutti i cittadini. Le circostanze in cui è autorizzata una differenziazione sono il caso di
deroghe erogate dalla stessa Costituzioni o differenziazioni fondate su ragioni di fatto (e
non di diritto) che giustifichino le differenze tra cittadino e non cittadino => l’essere
straniero quindi non identifica un elemento di fatto ma una qualificazione giuridica. La
differenza tra le due posizioni si articola sulla natura originaria del rapporto che lega il
cittadino allo Stato ( legame di ordine politico- culturale) => il legislatore ha la
discrezionalità per distribuire diverse posizioni giuridiche, laddove si riflettano sui diversi
presupposti di partecipazione politica dell’individuo. Altra circostanza per differenziare
cittadini e non è la stabilità e la permanenza che caratterizza il rapporto Stato-Cittadino
=> disponibilità dei cittadini a concorrere al progresso materiale e spirituale della società
=> Principio di Solidarietà il quale viene meno in caso di temporaneità ridotta.
Art. 32 Cost. => Diritto alla Salute: diritto fondamentale dell’individuo riconosciuta a tutti
gli individui ed interesse stesso della collettività => La Consulta afferma che “è un diritto
fondamentale della persona, deve essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia
la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso e il soggiorno nello Stato”. Il
legislatore può differenziare la misura delle tutele garantite, infatti, allo “straniero
irregolare” sono erogate gratuitamente solo le prestazioni ambulatoriali, ospedaliere e
farmacologiche che rispondono a criteri di urgenza ed essenzialità.
Art. 34 Cost. => Diritto all’Istruzione: l’istruzione inferiore per almeno 8 anni è
obbligatoria e gratuita e i capaci e i meritevoli, ancorché privi di mezzi, devono essere
messi in condizione di raggiungere i gradi più alti degli studi. L’istruzione viene considerata
indispensabile in quanto fondamentale all’esercizio consapevole dei diritti politici e di
cittadinanza. L’acces