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ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI IN BASE ALLE ATTIVITA’

PRODUZIONE INDUSTRIALE: l’obiettivo è lo scambio per la vendita del output. L’attenzione delle

imprese industriali è posta al mercato dei consumatori-acquirenti a al mercato dei fornitori-venditori

di materie prime e di semilavorati.

Gli economisti classici studiavano l’impresa, l’imprenditore e il mercato. Per esempio, Smith ritiene

che l’equilibrio generale di uno spazio urbanizzato si ha con la naturale distribuzione di mercati.

TEORIA LOCALIZZATIVA TRADIZIONALE: si basa sulla capacità, sulla disponibilità e il costo dei fattori

produttivi poiché l’industria è legata agli input forza lavoro, capitale, materie prime.

LA TEORIA NEOCLASSICA: studia i comportamenti razionali dell’impresa e dell’imprenditore per

ottenere il massimo profitto e il proprio equilibrio generale. Il produttore che gode di una prossimità

fisica più vicina al mercato a più vantaggio competitivo rispetto a quelli più lontani. 7

Von Thunen (‘800) individua un valore superiore a quei terreni più vicini al mercato. I prodotti agricoli

che provengono dai terreni più vicini al mercato possono ricavare una rendita per unità più elevata

rispetto a quelli più lontani a causa dei costi del trasporto.

All’inizio del XX secolo Alfred Weber propone una teoria sulla localizzazione industriale, per spiegare

la scelta localizzativa delle imprese e i processi di agglomerazione industriale presso i centri urbani.

Presupposti:

costi di materie prime e prodotti varino in funzione diretta della distanza;

- costi del lavoro, del capitale e dei terreni siano identici nelle varie località;

- attori economici agiscono secondo un principio di razionalità.

-

Elementi di perturbazione:

La perdita di peso delle materie prime durante il processo di lavorazione;

- il costo del lavoro variabile a seconda delle diverse località;

- le forze di agglomerazione che tendono a ridurre i costi in determinate località.

-

Si presuppone l’esistenza di:

fattori localizzativi, che permettono ad un’impresa un risparmio nei costi di produzione:

- o generali: se agiscono per tutte le industrie;

o specifici: se agiscono solo per alcune industrie;

o regionali: quelli che attraggono l’impresa in una Regione specifica;

o naturali, tecnici, sociali e culturali.

fattori agglomerativi, che permettono alle imprese che accentrano le loro attività in uno stesso

- luogo dei risparmi nei costi di produzione;

Distingue inoltre diversi tipi di materie prime:

ubiquitarie: distribuite ovunque;

- ubicate: distribuite in luoghi definiti;

- pure: non destinate a perdere peso durante il processo produttivo;

- lorde: destinate a perdere peso durante il processo produttivo.

-

Weber classifica anche le industrie, orientate verso:

materie prime: imprese che usano una grande quantità di materie prime;

- fonti d’energia: imprese mirano a localizzarsi in prossimità delle fonti energetiche;

- mercato dei prodotti: imprese che producono beni di consumo finali;

- mercato del lavoro: imprese labour intensive che impiegano manodopera abbondante e

- qualificata.

Il progresso tecnico diventa la causa prevalente della rapidissima accelerazione dei mutamenti

economici. L’impresa si afferma come un istituto destinato a durare nel tempo, a sopravvivere, ma

non in condizioni statiche, né cristallizzate in un equilibrio stazionario e ripetitivo. L’accelerazione del

cambiamento ha acuito anche la necessità e il desiderio di prevederlo, regolarlo, condizionarlo.

MUTAMENTO TECNOLOGICO: cambiamento che si manifesta in modo incalzante in tutti i settori e

che sta sempre diventando una condizione normale di vita

PROGRESSO TECNICO: causa della rapidissima accelerazione dei mutamenti economici e sociali.

Schumpeter considera come innovazione un cambiamento nella funzione della produzione che può

discendere:

a) dalla produzione di un nuovo bene;

b) dall’introduzione di un nuovo metodo; 8

c) dalla scoperta di un nuovo mercato;

d) dalla conquista ex novo di una nuova fonte di materia prima o di semilavorati

e) dall’attuazione di una nuova organizzazione;

L’innovazione si può distinguere tra innovazione di: mercato; produttiva; organizzativa; finanziaria e

tecnologica.

Cause determinanti dell’innovazione possono essere sintetizzate in due teorie:

1. DEMAND PULL di Schmookler: effetto traino della domanda di tecnologia scaturita dalle imprese

concorrenti nello stesso settore;

2. TECHNOLOGICAL PUSH di Rosenberg: cosiddetta spinta in conseguenza del livello della tecnologia

disponibile nel mercato. Le innovazioni scaturiscono dal ruolo esercitato dalle opportunità offerte

dall’autonomo progresso delle conoscenze tecnico-scientifiche.

Diffusione di un’innovazione:

Diffusione per contiguità: si sviluppa secondo un andamento continuo, concentrico e ad onda;

- Diffusione per gerarchia: avanza secondo gerarchie territoriali delle aree centrali (dalle

- metropoli alle periferie).

Una lettura di questi rapporti complessi tra spazio di localizzazione e innovazione viene fornita da

Kondratiev con le “onde di Kondratiev”: si alternano fasi di declino e di espansione dell’economia

internazionale, ogni onda è caratterizza dall’uso di una determinata tecnologia ed ha una durata di

50-70 anni. Attualmente stiamo attraversando la sesta onda caratterizzata dall’impiego massiccio di

nanoelettronica e di ingegneria genetica

.

LA TEORIA DELLA POLARIZZAZIONE DI PERROUX prevedeva che le imprese industriali motrici

potessero dar vita a crescenti squilibri territoriali. Conseguenze sono state:

~ Il drenaggio di forza lavoro da altre attività locali;

~ il consumo indiscriminato di ambiente naturale;

~ la progressiva sostituzione della manodopera con processi sempre più automatizzati;

~ localizzazione di imprese esogene in aree depresse, attratte da favorevoli politiche fiscali e di lavoro.

La fortuna di questa teoria si deve al fatto che fu formulata durante una fase di espansione. Da un

contributo fondamentale allo studio dell’organizzazione spaziale e delle relazioni e interdipendenze

tra i soggetti e gli elementi fisici che ne sono alla base.

Gunnar Myrdal affermava che in alcune Regioni si autoalimentano processi di crescita economica con

effetti moltiplicativi che divaricano ulteriormente le differenze tra aree sviluppate e aree depresse.

Da un iniziale localizzazione di un’impresa scaturiscono la crescita dell’occupazione, la qualificazione

della manodopera, la crescita dei servizi connessi e i nuovi insediamenti di imprese

Il modello di John Friedmann (anni ’60), teorizza l’esistenza di un centro e di una periferia,

quest’ultima necessariamente dipendente dal primo. Le Regioni/stati cambiano in ragione delle

dinamiche economiche e sociali secondo un modello che prevede quattro fasi:

1. Fase preindustriale, la struttura economica si fonda sullo sfruttamento delle risorse naturali locali;

2. Seconda fase: una città-centro si sviluppa grazie ai processi di industrializzazione;

3. Fase maturità industriale, si sviluppa una città-centro dove si producono beni di massa;

4. Ultima fase: centri urbani funzionalmente interdipendenti in quanto in prossimità della prima città

sono state fondate altre città. 9

LIMITI: La forza dell’impresa è messa in discussione ogni volta che un’innovazione modifica i processi

produttivi e le competenze richieste o quando le imprese rilanciano la produzione in nuove aree

geografiche.

Negli anni 1969-’73 si ristrutturò l’apparato industriale attraverso la pratica del decentramento

produttivo. Esso comportò anche una modificazione dell’assetto territoriale dell’industria in Italia. Il

declino della grande impresa avvenne tanto al Nord quanto al Sud, anzi l’industria a partecipazione

statale scelse ancora il Mezzogiorno per i suoi nuovi investimenti negli anni ’70. Si costituì

territorialmente una “terza Italia” distinta dal vecchio triangolo industriale e dal sistema produttivo

meridionale.

Il core business della produzione industriale si spostò dalle materie prime (epoca pre-industriale) al

capitale (epoca industriale), alla conoscenza (epoca post-industriale). La produzione, più soft sia in

campo relazionale industriale sia nelle innovazioni continue, diventa obsoleta e le risorse umane

diventano la discriminante fondamentale. L’informazione giunge alle imprese sotto varie forme, e

l’impresa ha il compito di identificare quelle utili e di codificarle. Ciò ha permesso la non necessaria

della vicinanza delle imprese ai “fattori discreti”, dalla fine degli anni ’70 in Italia come in Europa, in

Giappone. tutto ciò ha fatto sì che le PMI fossero flessibili rispetto alle grandi imprese. In questo

periodo si ha lo sviluppo del decentramento produttivo per diminuire i costi.

Mutamento epocale nella società:

• innovazione tecnologica e segmentazione del processo produttivo;

• decentramento produttivo;

• trasferimento di rischio dell’impresa da grandi a piccole dimensioni;

I minori costi per le piccole e piccolissime aziende con meno garanzie dei sindacati. Questi fattori

furono le cause principali della divisione e dell’esternalizzazione delle funzioni aziendali. le grandi

imprese ricercano nel territorio le attività vitali per la loro sopravvivenza e, dunque, un territorio ricco

di studi professionali e imprese del terziario offriva un patrimonio di opportunità e attrattive maggiori

dall’insediamento di imprese industriali rispetto a territori che ne erano provvisti.

TERZIARIZZAZIONE: in senso negativo ciò che non è agricoltura (primario) o industria (secondario); in

senso stretto indica la crescita di popolazione terziaria nell’economia; in senso esteso indica una

terziarizzazione dell’industria e dell’agricoltura (quando in un’impresa cresce il numero di addetti

destinati a quei servizi funzionali all’efficienza produttiva. Il terziario si afferma in tutti i paesi avanzati.

lo sviluppo del terziario è dovuto anche al diffuso tessuto industriale ad elevato contenuto

tecnologico. Il mercato non è capace di alimentare da solo la diffusione di idee e innovazioni. Sono

indispensabili politiche che rafforzino la domanda e che istaurino comportamenti di collaborazione e

di cooperazione tra strutture pubbliche, università e imprese private. Il territorio è considerato sia

una risorsa, sia uno strumento, sia il risultato di processi innovativi.

Sono almeno quattro i fattori che determinano la nascita e lo sviluppo delle relazioni tra gli attori

scientifico-tecnologico:

1. ASPETTO TECNOLOGICO DELL’INNOVAZIONE: aspetti r

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A.A. 2016-2017
35 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/02 Geografia economico-politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marialaura96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Scrofani Luigi.