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I dividendi sono soggetti a ritenuta d’imposta con aliquota dell’1,375 per cento.
Diverso è il regime fiscale dei dividendi infrasocietari, se trova applicazione la Direttiva “madre-
figlia”, che impedisce la tassazione dei dividendi distribuiti tra società “madri” (controllanti) e
società “figlie” (controllate) all’interno della Comunità.
La direttiva “madre-figlia” è attuata in Italia in tal modo: la società madre non residente può
richiedere la non applicazione della ritenuta del 27 per cento o chiederne il rimborso.
La direttiva si applica solo ai dividendi percepiti dalle società che detengono una partecipazione
diretta non inferiore al 25 per cento del capitale della società figlia; inoltre devono:
- risiedere in uno Stato dell’Ue;
- essere soggette nello Stato di residenza ad una delle imposte indicate;
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- detenere la partecipazione ininterrottamente per almeno un anno;
- etc.
La non applicazione o il rimborso della ritenuta sugli utili in uscita evita la doppia tassazione
giuridica internazionale.
La tassazione delle imprese non residenti.
Vi sono delle presunzioni legali di residenza fiscale in Italia. Salvo prova contraria, si considera
esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono
partecipazioni di controllo in società o enti commerciali, se:
- sono controllati da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
- sono amministrati da un CdA composto in prevalenza di consiglieri residenti.
Inoltre, si presume che siano residenti in Italia i trust esteri non compresi nella white list:
- se almeno un disponente e un beneficiario sono residenti in Italia;
- se il disponente ha traferito in trust immobili o diritti reali immobiliari.
Per le società e gli enti commerciali non residenti si tassano con l’Ires solo i redditi prodotti in
Italia.
Se vi è stabile organizzazione, si applicano le regole nazionali in materia di reddito d’impresa.
Se non vi è stabile organizzazione, i redditi della società o ente non residente conservano la
qualifica di redditi della categoria di appartenenza.
La stabile organizzazione.
Gli imprenditori non residenti producono un reddito imponibile solo se, nello Stato, operano per
mezzo di una “stabile organizzazione”.
La stabile organizzazione “materiale” è definita come sede fissa di affari per mezzo della quale
l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.
L’espressione “stabile organizzazione” comprende in particolare una sede di direzione, una
succursale, un laboratorio, etc. Un cantiere assume rilievo se la sua durata supera i tre mesi.
Una sede fissa di affari non costituisce stabile organizzazione se e quando:
- viene utilizzata una installazione ai soli fini di deposito;
- i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinati ai soli fini della
trasformazione;
- viene utilizzata ai soli fini di svolgere, per l’impresa, qualsiasi attività che abbia carattere
preparatorio;
- etc.
Il ruolo di stabile organizzazione di un’impresa non residente può essere svolto anche da persona,
fisica o giuridica, distinta dall’impresa non residente, che nel territorio dello Stato abitualmente
conclude in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni.
Non vi è stabile organizzazione personale se il soggetto opera in modo indipendente, ed opera
nell’ambito della sua ordinaria attività.
La stabile organizzazione è centro d’imputazione di situazioni giuridiche; non è un soggetto, ma
una fattispecie, con effetti costitutivi di situazioni giuridiche che fanno capo al non residente.
Il reddito della stabile organizzazione è determinato secondo le disposizioni relative al reddito
d’impresa.
Deve essere tenuta la contabilità e redatto un apposito conto economico, relativo alla gestione della
stabile organizzazione e alle altre attività produttive di redditi imponibili in Italia.
Quando non vi è stabile organizzazione, si ha tassazione isolata delle diverse categorie reddituali.
Gli enti non commerciali non residenti.
Anche gli enti non commerciali non residenti sono tassati solamente per i redditi prodotti sul
territorio dello Stato.
Il reddito imponibile si determina applicando le regole dettate per le persone fisiche residenti.
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A differenza delle società ed enti commerciali non residenti, gli enti non commerciali non residenti
possono essere titolari di situazioni redditi d’impresa se esercitano, in via secondaria, un’attività
commerciale in Italia mediante stabile organizzazione.
Il rappresentante fiscale degli enti non residenti.
Per le imposte sui redditi, è previsto che le società e gli enti, che non hanno la sede legale o
amministrativa nel territorio dello Stato, devono indicare le generalità e l’indirizzo in Italia di un
rappresentante per i rapporti tributari.
La funzione del rappresentate fiscale è analoga a quella del domiciliata rio che qualsiasi
contribuente può nominare, per il ricevimento degli atti dell’Amministrazione finanziaria.
Il rappresentante fiscale non ha, secondo il modello legale, poteri rappresentativi, a meno che tali
poteri non siano espressamente conferiti con procura notarile.
Sezione seconda (i redditi di fonte estera)
I redditi prodotti all’estero.
Gli stessi criteri, in base ai quali un reddito di un non residente si considera prodotto in Italia, si
applicano per stabilire se sono prodotti in Italia o all’estero i redditi dei residenti.
Ai redditi prodotti all’estero si applicano, in linea di principio, le stesse norme che si applicano ai
redditi prodotti in Italia. Per taluni redditi, però, vi sono norme particolari.
Monitoraggio dei capitali trasferiti o detenuti all’estero.
Vi è, per taluni soggetti, l’obbligo di dichiarare i capitali trasferiti o detenuti all’estero. Le persone
fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici devono dichiarare, in un modulo (denominato
RW) allegato alla dichiarazione dei redditi, i trasferimenti di capitali da e verso l’estero, se
l’ammontare complessivo dei movimenti o della consistenza supera i 10.000 euro.
L’omessa dichiarazione dei capitali è punita con due sanzioni (amministrativa e confisca di beni di
pare valore). A ciò va aggiunto l’accertamento delle imposte dovute sui redditi prodotti all’estero
dai capitali non dichiarati.
I dividendi di fonte estera.
Come già illustrato, i dividendi distribuiti da società non residenti sono tassati come quelli
distribuiti da società residenti.
I dividendi corrisposti a persone fisiche che detengono partecipazioni non qualificate devono essere
assoggettati ad una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’imposta (mentre è a titolo d’acconto nei
confronti dei soggetti che detengono partecipazioni qualificate).
Il credito d’imposta per le imposte assolte all’estero.
L’attribuzione del credito d’imposta per le imposte assolte all’estero mira a eliminare o attenuare la
doppia imposizione.
Il credito d’imposta è una detrazione che spetta fio a concorrenza della quota di imposta italiana
corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e reddito complessivo.
Se alla formazione della base imponibile concorrono redditi prodotti in più Stati esteri, la detrazione
si applica separatamente per ciascuno Stato.
Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero è tassato parzialmente, anche l’imposta estera detraibile
deve essere ridotta in misura corrispondente.
È necessario, infine, che il pagamento dell’imposta allo Stato estero sia stato fatto a titolo definitivo.
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Il consolidato mondiale. Aspetti generali.
Il consolidato mondiale consiste, essenzialmente, nella imputazione, alla capogruppo italiana, del
risultato fiscale delle controllate estere, in proporzione alla quota di partecipazione.
L’opzione per il consolidato mondiale comporta l’imputazione proporzionale alla controllante dei
redditi (e delle perdite) di tutte le controllate non residenti, per un periodo non inferiore a cinque
esercizi.
Questo sistema di tassazione presenta vantaggi e svantaggi.
Il lato positivo è dato dalla compensabilità delle perdite fiscali delle società controllate non residenti
con i redditi imponibili delle società residenti.
D’altro canto, però, il consolidato rende immediatamente tassabili in Italia, per imputazione, gli utili
delle controllate non residenti.
I soggetti.
L’ente controllante, che può optare per il consolidato mondiale, deve essere una società di capitali o
un ente commerciale residente in Italia.
La controllante può optare per il consolidato mondiale se è una società quotata in mercati
regolamentati e se non è controllata da nessun’altra società, ma dallo Stato.
Il requisito del controllo sussiste quando la società possiede: la maggioranza dei diritti di voto o il
diritto di partecipare agli utili in misura superiore al 50 per cento.
Il requisito del controllo deve sussistere al termine dell’esercizio della controllante, ma va escluso
dal consolidamento il reddito delle società estere che siano divenute controllate nei sei mesi
antecedenti la chiusura dell’esercizio della controllante.
L’opzione.
L’opzione per il consolidato mondiale deve essere esercitata unicamente da parte della società o
ente controllante residente. Le controllate non devono esprimere la loro opzione per questo regime.
Il consolidato mondiale non tassa i loro redditi.
L’opzione è efficace se:
- ha per oggetto tutte le controllate non residenti;
- vi è identità dell’esercizio sociale di ciascuna società controllata con quello della
controllante;
- i bilanci di tutte le società del gruppo sono soggetti a revisione contabile;
- vi è l’impegno a fornire al soggetto controllante la collaborazione necessaria per la
determinazione dell’imponibile;
- c’è il parere positivo dell’Agenzia delle entrate sulla sussistenza dei requisiti.
Gli effetti.
Il risultato reddituale delle società estere, da includere proporzionalmente nell’imponibile della
controllante, deve essere ricalcolato dalla controparte applicando le disposizioni vigenti in Italia in
materia di Ires.
Devono poi essere poi effettuate le rettifiche di consolidamento:
- adozione di un trattamento uniforme dei componenti positivi e negativi degli elementi di un
reddito risultanti dai bilanci revis