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DECIMO SECOLO – LA CHAPELLE
Qui il metro esce all’aperto. In fondo ai binari si intravede la cupola del Sacré Coeur.
Immersi nel quartiere profumato di spezie, ci si ritrova in pochi passi davanti al vecchio
teatro Les Bouffes du Nord.
DA DOVE VIENE IL NOME LA CHAPELLE? Da Carlomagno, che andava matto per le
reliquie. Per questo spediva in Palestina dei cavalieri per farsi riportare reliquie. Uno dei
migliori pezzi della sua collezione era la mezza cappa di san Martino, per la quale fece
costruire nella cinta del suo palazzo d’Aix una cappella, come luogo di devozione. Il
termine entrò nella lingua corrente e lo si attribuì ad un piccolo oratorio dove si dice che
Geneviève si sarebbe fermata a pregare.
Il villaggio di La Chapelle si raggruppò quindi attorno a quest’oratorio, poi inglobato nelle
terre dell’abbazia di saint Denis. Nel 1860 venne ammesso a Parigi, formando il 18°
arrondissement. La chiesa al numero 16 di rue de La Chapelle sorge sul luogo dell’antico
oratorio. Secondo la leggenda, anche Giovanna d’Arco venne qui a pregare per la
liberazione di Parigi dal giogo inglese. L’attuale chiesa risale al 18° secolo, le uniche
vestigia dell’edificio originario sono le prime 4 campate della navata. In questo decimo
secolo, l’importante fiera del Lendit si trasferisce dal borgo di saint Denis al villaggio di La
Chapelle, sull’attuale rotonda omonima. Ogni giugno, per 15 giorni, mercanti venuti da
tutta la Francia e da vari paesi si riuniscono per vedere stoffe, pecore, erbe, spezie e
pergamene. La folla è anch’essa eterogenea.
CHI EREDITA LA FIERA DEL LENDIT? Con lo sviluppo dell’università Parigina nel 13°
secolo, la fiera e la vendita di pergamene divenne occasione di festa per maestri e allievi.
Proprio per i disordini causati dagli studenti, nel 1444 essa fu spostata a saint Denis, poi si
trasformò in una fiera del bestiame e nel 900 in un parco divertimenti.
Nel 978 il conte di Parigi è Ugo Capeto. Capeto forse per la grossa testa, per il
cappuccio che portava sempre, per la cappa, o perché era un abate dell’abbazia di Saint
Martin des Tours, e dunque per la cappa del santo tagliata in due. Capeto, comunque, è
responsabile della difesa e organizzazione della città, devastata dopo il passaggio dei
vichinghi.
Parigi resta però ambita da Ottone II, imperatore germanico. In quel periodo (978) i
rapporti tra Francia e Germania erano tesi. Lotario (re di Francia), ritiene che l’imperatore
gli abbia rubato la Lorena, decide dunque di punirlo, chiedendo ai grandi feudatari del
regno, tra cui Capeto, di investire finanze e soldati nell’impresa. Un esercito franco di
20mila uomini marcia su Aix-la-Chapelle. Arrivati ad Aix, trovano però il palazzo
deserto. I soldati si ritirano, per ora la guerra viene rimandata. Ottone, rientrato ad Aix,
deve fare i conti coi danni provocati alla sua residenza. Il saccheggio va vendicato,
quindi recluta un esercito di 30mila cavalieri, oltre alla fanteria. In ottobre, i soldati
germanici entrano in Francia, saccheggiano quel che trovano e incendiano i campi. Ottone
vuole però che saccheggino Parigi. L’unica speranza per Lotario è Ugo Capeto, che dovrà
difendere la sua città. I germani arrivano sulle alture di Montmartre, ma Ottone esita ad
attaccare, poiché ricorda l’abilità dei parigini a respingere l’assedio vichingo.
Un’avanguardia, guidata da un nipote di Ottone desideroso di aprire una breccia, viene
sterminata dagli uomini di Capeto. Ottone quindi non vuole più sfidare la collera dei
parigini, ma deve pur fare qualcosa. Ogni mattina, un soldato molto possente si presenta
davanti al Grand Chatelet e lancia per ore insulti a Parigi e alla Francia. Come risposta,
Capeto sceglie di contrastarli con un cavaliere chiamato Ives, che andrà a contrastare il
gigante germanico. Egli riesce a vincere la lotta, e dunque dopo due mesi di assedio,
Ottone decide di andarsene. Dopo questa vittoria, Capeto riesce ad affermarsi come
primo signore dell’impero Franco dopo il re.
LA LEGGENDA DEL GERMANICO: dal combattimento tra il franco Ives e il gigante
germanico nascerà la leggenda del gigante Isoré, che verrà ripresa nelle canzoni di gesta
usate per esaltare l’eroismo francese nel 12° secolo. Il gigante diverrà un saraceno,
mentre l’eroe assumerà i tratti di Guglielmo d’Orange, cavaliere di Carlomagno. Rue de la
Tombe Issoire conserva nel nome la memoria del presunto luogo di sepoltura del nemico.
Nel 986 muore Lotario, che trasmette la corona al figlio Luigi 5°. Il giovane però muore
l’anno dopo. L’alta nobiltà offre il trono ad Ugo Capeto, considerato il più degno per
regnare. Ugo riceve la sacra unzione, e diventa re dei franchi, bretoni, danesi, aquitani,
goti, spagnoli e vasconi. In realtà, i diretti possedimenti si limitano al dominio dell’Ile de
France, compresa Parigi, che fa sua capitale. Sul resto del territorio la sua autorità resta
vaga, non sa come imporsi sui vassalli, poiché ha una forza militare limitata e modeste
risorse finanziarie. Gode tuttavia del beneficio di una rete di abbazie, che sono degli
appoggi economici e strategici importanti. Ugo non sarà un sovrano di grandi
cambiamenti, ma la sua preoccupazione è quella di inventarsi una stirpe che
sostituisca i Carolingi. Dopo l’incoronazione, infatti, riesce a ottenere il diritto di
associare al trono suo figlio Roberto. Il suo progetto trionferà, poiché la dinastia dei
Capetingi regnerà dal 987 al 1328 e poi con qualche interruzione, fino al 1848. Ugo non ha
trasformato Parigi, ma i suoi successori lo faranno.
DOV’E’ APPARSA LA PRIMA BORSA DI PARIGI? Roberto il Pio, figlio di Ugo, ricostruì
alla fine del decimo secolo la “carreggiata di Carlo il Calvo”. Fu inaugurato un ponte per
sostituire l’antica opera romana. L’asse principale della riva destra venne trasferito da rue
Saint Martin a rue Saint Denis. Il grande ponte prese il nome di Pont-au-Change, quando
alcuni cambiavalute ci si stabilirono per scambiare debiti e crediti delle varie comunità
agricole. Fu proprio qui che apparve la prima Borsa di Parigi. Quanto alla “traversata” di
Parigi, risalendo rue Saint Denis si può notare la porta Saint Denis voluta nel 1672 da
Luigi 14° sul luogo degli antichi bastioni cittadini.
UNDICESIMO SECOLO – ARTS E METIERS
Mito dell’anno 1000
Questa stazione ha l’aria da sottomarino alla Jules Verne, tutta di rame rossiccio.
Uscendo all’aperto, si può fare un giro intorno al Conservatoire National des arts et
metiers di rue Saint Martin. Fino alla rivoluzione qui si ergeva il priorato di Saint Martin
des Champs. L’oratorio costruito nel punto in cui san Martino aveva guarito un lebbroso
era stato trasformato in cappella e poi trasferito qui per diventare nell’11° secolo un
importante monastero.
A dire il vero, l’anno mille non fu un periodo pauroso, ma questo mito fu reso popolare
nell’800 dai Romantici e dagli storici che volevano vedere nel cristianesimo medievale un
periodo di passione e fervore. Con o senza il terrore dell’Apocalisse, l’anno 1000 fu
comunque un periodo di fervore religioso, poiché ci fu anche un rinnovamento della
Chiesa. La chiesa andava purificata, le cariche ecclesiastiche erano ricoperte da grandi
signori che non necessariamente erano dotati di vocazione. Il rinnovamento avvenne a
Cluny, abbazia di Borgogna che voleva sottrarsi a ogni dominio temporale, restando solo
sotto l’autorità del papa. Questa potente congregazione, si stabilì a Parigi. Nel 1079 il
monastero Saint Martin des Champs verrà integrato nell’ordine cluniacense.
Prima di tutto ciò, comunque, la Chiesa era entrata in contrasto con la corona. Per
ordine di Capeto, il principe Roberto aveva sposato a 16 anni l’anziana Rozala, di 33 anni,
figlia del re d’Italia e vedova del conte di Fiandra, poiché Capeto voleva ottenere la contea
di Ponthieu. Dopo una decina d’anni, Roberto incontra la donna ideale, Berta, vedova del
conte di Blois e provvista di vari figli. Berta è però figlia del re di Borgogna e ciò complica
la situazione, poiché sua madre è sorella di Lotario, l’ultimo dei carolingi. È dunque una
lontana parente di Roberto, e la Chiesa è molto attenta ai legami di consanguineità.
Appena salito sul trono, però, Roberto ripudia Rozala e trova un arcivescovo che benedica
la sua unione con Berta. Per il papa Gregorio 5°, il re dei franchi sta sfidando l’autorità
papale e le leggi della chiesa. Dunque Roberto fa sapere al papa che lo accontenterà in
tutto, a patto che gli lasci sua moglie. Gregorio non cede, vuole che si separino, ma per
Roberto è impossibile. Dunque viene convocato dal papa, pena la scomunica. Roberto
non risponde alla convocazione. Non obbedendo alle leggi della chiesa, viene
scomunicato e si ritrova radiato dalla comunità di fedeli. Il palazzo della Cité si svuota.
Dunque il re e la regina entrano nell’anno 1000 nel peccato. I sovrani si ritrovano
prigionieri del loro stesso palazzo. Berta non riesce a resistere, e dopo 4 anni (nel 1001)
Roberto e Berta acconsentono a lasciarsi. Berta va via, verso la corte del padre, mentre
Roberto fa penitenza, fonda monasteri, ricostruisce la chiesa di Saint Germain
l’Auxerrois e l’abbazia di Saint Germain des Prés, malridotte dai vichinghi. Inoltre fa
innalzare nel suo palazzo una cappella dedicata a San Nicola, che dopo un secolo e
mezzo diventerà la Sainte Chapelle. Non solo, Roberto restaura anche il palazzo della
cité, l’ingrandisce con la Conciergerie, la residenza del concierge (portinaio) del
palazzo. La sua funzione è di alto livello, poiché fa esercitare dai balivi la bassa e media
giustizia con privilegi esorbitanti. Concierge deriva dal latino conservius, compagno di
schiavitù, colui che è al servizio del palazzo. Restaurando il palazzo della Cité, comunque,
Roberto restituisce a Parigi il ruolo di capitale.
QUAL E’ IL DESTINO DELLA CONCIERGERIE? Con le 4 torri e la Sainte Chapelle, le
uniche vestigia del palazzo medievale sono le cucine, le sale di guardia e la sala dei
gendarmi della Conciergerie. Oggi questo monumento è visitabile, e ci si è sforzati di
rendere l’atmosfera carceraria della prigione che occupava questi luoghi dal 1392, anno
dell’abbandono del palazzo da parte di Carlo 5°. Fu chiuso nel 1914 e le celle erano
situate al pianterreno lungo il quai de l’Horloge. Le vestigia autentiche, ci riportano agli
anni della Rivoluzione. Si comincia col cortile delle donne, la fontana in cui le
prigionier