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LE NUOVE PAROLE DEL CRISTIANESIMO

Durante la latinizzazione il latino parlato in Gallia si trasforma e subisce una trasformazione generale sotto

l'influenza della nuova religione cristiana e così mentre si espande nelle campagna gallesi la lingua latina si

cristianizza.

La cristianizzazione ebbe due conseguenze linguistiche maggiori: modificò sensibilmente il lessico del latino

parlato e impose il latino come lingua di comunicazione tra i fedeli e i loro preti.

Il cristianesimo, illegale nell'Impero romano, venne introdotto nella Gallia centrale verso la fine del I secolo e le

più antiche comunità sonno attestate verso Vienna e Lione.

Fu fondamentale l'azione di Irènèe, originario dell'Asia Minore, che sostituì Potino, vescovo di Lione martirizzato

nel 177, poiché permise al cristianesimo di raggiungere nel III secolo oltre Lione anche Autun, Dijon, Langres e

Besanco.

All'inizio del secolo i cristiani rimangono marginali in Gallia, ma nel corso del III secolo apparvero nuove chiese

nelle città del Sud e del Centro (Narbona, Arles, Tolosa, Limoges, Clermont ecc). Le persecuzioni intraprese da

Diocleziano e Costanzo sembra che non furono largamente impiegate in Gallia e sotto Costantino, primo

imperatore cristiano, le chiese cristiane furono incoraggiate.

Nel 314 nel Concilio di Arles, riunito per ordine dell'imperatore per trattare l'eresia donatista, 16 città gallesi sono

rappresentate dal loro vescovo. Il IV secolo fu decisivo per l'espansione della nuova religione e con notevoli effetti

sull'uso del latino: verso la fine del secolo l'evangelizzazione comincia anche nelle campagne sotto impulso di

Martino di Tours che fondò nel 361 a Ligugé il primo monastero della Gallia.

Il cristianesimo dunque rinforza il sentimento di appartenenza alla romanità.

La lingua latina dei primi monumenti cristiani era inizialmente una lingua di traduzione poichè la letteratura latina

cristiana si limitava alla traduzione delle Scritture a partire dal greco, ma più tardi emergerà una letteratura

originale anche se ancora influenzata dalla lingua delle traduzioni.

Lo sviluppo rapido del cristianesimo in Africa e a Roma e la necessaria organizzazione della Chiesa e del culto

approdarono all'introduzione nella lingua latina di un insieme di nuove nozione legati ai dogmi, alla teologia, alla

liturgia e alle istituzioni ecclesiastiche.

Le comunità cristiane avevano coscienza della differenza linguistica tra latino da loro praticato e quello comune,

principalmente su due elementi: l'aspetto popolare di tale uso e l'originalità del suo vocabolario.

Inizialmente il cristianesimo toccò strati poco elevati della società contraendo quindi una forma di comunicazione

lontana dalla lingua orale di prestigio utilizzata dall'elite, come emerge anche da Arnobe o San Girolamo.

I cristiano vogliono tuttavia accettare le loro differenze linguistiche e sfruttarle al meglio per distinguersi dalla

cultura latina pagana.

All'inizio del V secolo Sant'Agostino in una lettera rivolta a San Girolamo, difende l'utilizzo del termine

"officium", nei testi religiosi sostenendo l'utilizzo che ne fa Ambroise di Milan. Agostino riconosce inoltre

l'esistenza di termini specifici della gerarchia ecclesiastica: in un contesto apologetico lo stesso Agostino si riferisce

"all'abitudine di parlare nella Chiesa" e agli "usi dei discorsi ecclesiastici", e raccomanda inoltre l'uso di appellativi

cristiani per i giorni della settimana.

Le differenze morfologiche o fonetiche del latino cristiano recuperano in gran parte le differenze tra latino parlato

coltivato e latino parlato popolare. Tra le innovazioni lessicali del latino cristiano si distingue generalmente il

cristianesimo diretto, costituito di parole che hanno un significato esplicitamente cristiano o che si applicano a una

realtà cristiana, termini generalmente derivati dal greco (ecclesia, martyr, apostolicus ecc), mentre altri sono ebrei o

armeni (amen, hosanna, alleluia), sempre intermediati dal greco cristiano.

Si trovano anche nel latino cristianizzato dei neologismi di senso, ossia parole attestate nel latino comune ma che

prendono un senso particolare quando impiegate in un contesto cristiano, e termini correnti acquistano anche un

nuovo senso o più grande profondità, come vita, mors, salus, e tra queste parole del latino biblico numerose

donarono nascita a parole nuove grazie all'aggiunta di suffissi (da salus derivò salvatos o salvatio ecc).

Alcuni termini comuni vengono ugualmente impiegati come nomi propri (dominus), mentre altri, scelti per tradurre

la Bibbia, si specializzano divenendo dei termini tecnici, come redemptor e redemptio. Il latino dei cristiani non si

limita a termini tecnici o biblici: alcune parole, che per il loro significato non sono associate strettamente al

cristianesimo, si incontrano solo in autori cristiani, come subsequenter, e si tratta spesso di espressioni create in

comunità cristiane.

Il lungo confronto tra lingua romana tradizionale e lingua modificata dalla nuova religione condusse ad un risultato

definitivo nella 2 metà del IV secolo, quando la lingua della Bibbia si colloca accanto a quella di Virgilio.

La propagazione del cristianesimo inoltre supponeva di rendere la Bibbia familiare a persone di diverse condizioni

socioculturali e il proselitismo cristiano, che poggiava sulla comprensione e la spiegazione di testi scritti,

necessitava del padroneggiamento da parte dei predicatori di tutti i livelli della lingua e della creazione di una

"retorica popolare" cristiana per operare conversioni.

Gli uomini influenti della Chiesa raccomandarono di utilizzare uno stile semplice comprensibile dalle masse

(sermo humilis), e sant'Agostino scrisse all'inizio del V secolo che fosse meglio essere rimproverati dai grammatici

piuttosto che non essere capiti dalla gente.

Nelle regioni recentemente conquistate da Roma, come la Gallia, gli evangelizzatori non ebbero altra scelta: nel V

secolo gli evangelizzatori Gallia presero coscienza del fatto che i testi fondanti del cristianesimo potessero essere

compresi dalla massa a condizione di essere semplici e trasmissibili oralmente, ammettendo che alcune regole

morfologiche e sintattiche secondarie potevano nuocere alla comunicazione con la gente.

Tuttavia nella 2 metà del secolo la Bibbia poteva essere letta e compresa dai fedeli a sud della Gallia, come prova

il concilio riunito a Orange nel 441 che con la sua decisione di leggere il Vangelo in tutte le chiese delle province

comunicava che tutte le persone prendenti il battesimo in Gallia fossero considerate come capaci di seguire la

recitazione dei Vangeli.

Il successo del cristianesimo, divenuto unica religione dell'Impero, provocò uno sconvolgimento profondo della

latinità. Come sottolinea Banniard, la nuova distribuzione religiosa e i suoi effetti sull'uso linguistico e la

comunicazione, obbligarono l'oralità sostenuta ad esserlo meno e i messaggi dei letterati ad adattarsi alle reazioni

degli illetterati.

Mentre il latino scolarizzato valorizzava la tendenza alla fissità, condannando neologismi e calchi, il latino cristiano

era più aperto alle innovazioni e la priorità divenne quella di garantire la comunicazione.

A differenza del latino coltivato pagano, quello cristiano propagato dalla predicazione e dall'evangelizzazione ha

marcato fortemente l'insieme dei locutori della Gallia, sia perché rinforza una latinità scalfita sia perché al

momento della cristianizzazione delle campagna si sviluppa ovunque.

IL LATINO IN DIALETTI

Il passaggio dal gallese a latino, eterogeneo sociologicamente e cronologicamente, giocò un ruolo importante nella

frammentazione linguistica della Gallia in numerosi dialetti. Uno dei fattori maggiori fu la situazione linguistica

della Narborense.

In Narborense, chiamata anche "Provincia" dai Romani, l'abbandono del gallese è il più veloce. Strabon afferma

che i "Cavares", insieme di tribù che vivevano nella regione inferiore al Reno, erano già "romani" nella loro lingua

e nella maniera di vivere. Questa assimilazione attiva, che contrasta con il lungo periodo di bilinguismo che

conobbe il resto della Gallia, si spiega soprattutto dalla proporzione di locutori del latino nella popolazione e

dall'intensità delle relazioni economiche con Roma.

Con qualche ritardo, la Narborense adottò le evoluzioni della lingua nella penisola italiana e subì l'influenza di tratti

arcaici o dialettali di origine italiana. Il centro della Gallia rimane quindi legato alla comunità linguistica delle

regioni costiere del Mediterraneo e anche dopo la caduta dell'Impero rimane orientato verso il Mediterraneo

lasciandosi superare dalla rapidità e il carattere radicale delle innovazioni linguistiche delle regioni centrali e

settentrionali della Gallia, più autonome, esposte alle pressioni dell'insieme non latino.

Queste particolarità spiegano in parte la frammentazione dialettale del latino in Gallia ed è per questo che una gran

parte del lessico specifico dell'occitano viene da una latinità più antica e la maggioranza del vocabolario occitano

specifico è dovuto alla romanizzazione precoce e profonda della Narborense. Famoso è l'esempio di denominazione

della "sangsue", sostantivo che sostituisce nel I secolo il latino "hirudo" e che viene utilizzato da Plinio il Vecchio

nell'Historie naturelle.

In Aquitania, regione del sud-Est, tra Garonne e Pirenei ai tempi di Cesare, fino alla Loira per Augusto e tra

Garonna e Loira con Diocleziano, la colonizzazione fu più lenta rispetto alla Narborense: nel IV secolo Bordeaux

diviene un centro della cultura romana e la latinizzazione è più superficiale al sud della Garonna. Tuttavia è nelle

alte valli dei Pirenei che incontra le maggiori resistenze. Numerosi elementi latini penetrarono nel basco, ma la

romanizzazione rimase incompleta e questa lingua pre indoeuropea, anteriore all'arrivo dei Celti in Occidente, si

mantenne.

La romanizzazione dell'Auvergne, studiata da Chambon, fu forte ed ebbe effetti durevoli dal punto di vista della

popolazione, della comunicazione, dell'organizzazione agricola e del paesaggio rurale, del diritto, della mentalità,

dell'urbanizzazione e della cultura scritta. Il collegamento costante dall'Arvernie all'Aquitania, da I a X secolo

(tranne tra 508/510-628), crea dei legami politici e amministrativi solidi con il sud est.

Dallo studio della toponimia in Limagne emersero due fasi successive dove nella prima vi è un fondamento

autoctono celtico e nella 2 l'attrazione verso Nimes e i modelli Narborensi della romanità.

Verso la metà del 400 nonostante le influenze germaniche diviene l'ultimo dei bastioni dell'

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A.A. 2016-2017
21 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/04 Lingua e traduzione - lingua francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giorgia2808 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica francese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Floquet Oreste.