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CEDU).

diritti e svolgere accertamenti e solo se il ‘sistema paese’ fallisce allora deve

intervenire la Corte.

Esiste poi un requisito temporale, che obbliga a presentare un ricorso entro

sei mesi dal momento in cui la decisione interna definitiva è stata adottata o

comunicata al ricorrente, un termine che con l’entrata in vigore del Protocollo

n.15 sarà ridotto a quattro mesi. Tuttavia quando i termini temporali dei

i limiti imposti dall’art.6 CEDU,

procedimenti nazionali eccedono si può

comunque presentare ricorso alla Corte.

Un caso è stato ad esempio quello delle espulsioni per motivi di sicurezza

nazionale, eseguite rapidamente e senza che la persona potesse fare ricorso

con efficacia sospensiva. Questa normativa, introdotta dopo gli attentati di

Madrid del 2004, permette alla Corte di ricevere immediatamente un ricorso

assieme a quello fatto a livello nazionale al fine di valutare il rispetto dell’art.3

CEDU, anche se i ricorsi interni non sono esauriti.

8 Si prevede anche una secondaria possibilità di ricorso di uno Stato contro un altro, ma si tratta di

una possibilità marginale e poco utilizzata.

9 Non si tratta nella maggior parte dei casi di ONG in senso stretto, ma di organizzazioni politiche o

della società civile che subiscono in prima persona le violazioni.

Connesso a questo è il fatto che la Corte si sia dotata nel proprio

regolamento di procedura (art.39) della capacità di prevedere misure

provvisorie, provvedimenti cautelari adottati solo in casi particolari,

soprattutto in materia di espulsioni o estradizioni.

La Corte può in questo senso ad esempio ingiungere allo Stato convenuto il

differimento della misura di allontanamento del ricorrente. Questa pratica è

stata molto discussa dagli Stati parte della CEDU, che non hanno visto di

buon occhio questo nuovo potere della Corte, introdotto sfruttando il

principio dei poteri impliciti. 10

Un altro requisito fondamentale è il criterio per cui il ricorso non deve

essere manifestamente infondato o abusivo, ossia deve lasciar capire

immediatamente la parvenza di violazione di diritti CEDU e non sfruttare la

Non esiste fra l’altro possibilità di

Corte come giudice di quarta istanza.

impugnare un ricorso dichiarato irricevibile, cosa che vorrebbe spingere a

anni c’è stata comunque

presentare solo ricorsi accettabili. Negli ultimi

un’esplosione di ricorsi presentati, che ha fatto sì che i tempi delle sentenze

si siano dilatati.

Un ricorso deve poi riguardare un danno rilevante, criterio introdotto con il

Protocollo n.14 (in vigore dal 2010) per far sì che la Corte si concentri solo

su casi significativi. Tuttavia non si può dichiarare irricevibile un ricorso se

il rispetto dei diritti umani ne esige l’esame nel merito, né rigettare una causa

non debitamente esaminata da un tribunale interno. Nella valutazione del

danno inoltre oltre all’aspetto patrimoniale si deve poi considerare questioni

di principio o riguardanti aspetti psicologici.

La Corte non si riunisce mai in seduta plenaria, se non per approvare il

proprio regolamento di procedura o altri casi simili (comunque mai nella

trattazione di un caso). Quattro sono le formazioni diverse:

1) Giudice unico, che funziona da filtro per praticamente tutti i ricorsi;

2) Comitati composti da 3 giudici, richiamati su casi spesso ripetitivi;

3) Camere di sette giudici, più raramente convocate su questioni di nuova

giurisprudenza;

4) Grande Camera di 17 giudici, solo per decisioni estremamente

importanti.

Questa varietà di formazioni rispecchia la sempre più sentita esigenza di

filtrare la massa enorme di ricorsi individuali, che rischierebbe di paralizzare

la Corte. In base all’art.27 CEDU il giudice unico può dichiarare irricevibile

un ricorso oppure trasmetterlo a un comitato (quando esista una

giurisprudenza consolidata) o alle Camere (casi che presentano aspetti di

novità).

10 Quando si parla di ricorso si dà per scontato che si stia avviando una procedura giurisdizionale, che

terminerà con una sentenza. Il termine ‘denuncia’ si utilizza invece per indicare quando gli individui si

rivolgono ai comitati predisposti dai trattati attraverso un procedimento che termina con un atto non

vincolante.

L’art.28 CEDU prevede che il comitato con voto unanime possa dichiarare

irricevibile il ricorso oppure pronunciarsi congiuntamente sul merito

quando la questione sia oggetto di giurisprudenza consolidata della Corte.

Decisioni e sentenze del comitato sono definitive, tuttavia se non si

raggiunge l’unanimità il caso è trasmesso alle Camere.

Questa, in base all’art.29 CEDU, può adottare una decisione anche con la

presenza di pareri discordanti su decisioni trasmesse da comitati o

direttamente dal giudice unico o ancora nei rari ricorsi Stato contro Stato.

L’art.39 CEDU ammette anche la possibilità di composizione amichevole,

cioè che si possa tentare di risolvere la controversia fra le parti garantendo il

rispetto dei diritti umani e sotto la sorveglianza del Comitato dei Ministri.

L’art.30 CEDU prevede poi che la Camera possa spogliarsi della propria

competenza a favore della Grande Camera, quando la questione solleva

gravi problemi di interpretazione della CEDU o quando la soluzione rischia

un contrasto con un’altra sentenza della Corte. La rimessione

di dar luogo a

alla Grande Camera è preclusa però quando una delle parti si oppone.

Gli artt.31 e 47 CEDU stabiliscono infine che la Grande Camera è

casi di remissione dell’art.30

competente nei o in secondo grado rispetto

ad una sentenza della Camera, come accaduto nella sentenza riguardante la

possibilità di esporre il crocefisso nelle scuole italiane, che ha visto la Grande

Camera dar ragione all’Italia contro la decisione precedente della Camera.

Vi si può accedere in secondo grado, quando la parte soccombente lo chiede,

entro 3 mesi dalla precedente sentenza o se un comitato di 5 giudici della

Grande Camera richiama la sentenza. Infine secondo l’art.46 CEDU la

Grande Camera interviene su ricorso del Comitato dei Ministri.

Le misure a favore delle vittime sono previste all’art.41 CEDU, dove si

stabilisce una equa soddisfazione alla parte lesa, che può manifestarsi come

una restitutio in integrum o un indennizzo per i danni patrimoniali e non. La

richiesta di equa soddisfazione deve essere presentata dal ricorrente nei

termini presentati dal Presidente della Camera e supportata da

11

documentazione .

Nel regolamento di procedura la Corte ha previsto anche la c.d. rule 61, che

riguarda cause ripetitive e molto simili riguardanti problemi strutturali di

un certo Stato. I procedimenti simili vengono a questo punto sospesi e si

chiede agli Stati misure di tipo strutturale. Esempi sono il caso Teggiani e

altri (2013) e il caso Sulejmanovic (2009) sulla questione delle carceri contro

l’Italia, a cui è stato chiesto di rimediare strutturalmente entro la metà del

2014.

Infine l’art.46 monitoraggio dell’esecuzione della

CEDU prevede il

sentenza, che viene trasmessa al Comitato dei Ministri perché ne controlli

11 Anche se non obbligatorio è per questo preferibile inserire la richiesta nel ricorso iniziale.

l’esecuzione. Se questo ritiene che una parte rifiuti di conformarsi a una

sentenza definitiva può adire la Corte sulla questione dell’adempimento degli

obblighi con voto a maggioranza di due terzi. Se la Corte constata una

violazione dell’obbligo di conformarsi, rinvia il caso al Comitato dei Ministri

12

perché adotti misure e faccia pressioni .

12 È importante ricordare la distinzione fra una decisione, atto con cui generalmente la Corte dichiara l’irricevibilità

del ricorso, e una sentenza, alla quale è di solito correlata una condanna dello Stato imputato.

Il sistema regionale europeo di tutela dei diritti umani: l’Unione

4. Europea

4.1 Primi passi delle Comunità europee in materia di tutela dei diritti umani

L’atteggiamento dell’UE verso i diritti umani ha subito una costante

evoluzione nel corso del tempo. Nessun rilievo particolare avevano i diritti

umani nella versione originaria dei trattati istitutivi delle tre Comunità

europee (CECA 1951, CEE e EURATOM 1957).

Essi si limitavano a riferirsi indirettamente ad essi nelle disposizioni di

principio e in disposizioni ispirate a valori tipici della normativa

internazionale sui diritti umani, come ad esempio la parità salariale di genere

(art.119 TCEE).

Il postulato per cui trattandosi di Stati liberali democratici il rispetto dei diritti

umani sarebbe stato sottointeso viene però presto smentito da alcune questioni

relative soprattutto alla garanzia dei diritti economici e sociali, che impattano

lateralmente anche sui diritti civili.

Il tema dei diritti umani acquista così sempre più importanza, soprattutto dal

1964, momento in cui la Corte di Giustizia comincia a sviluppare la propria

giurisprudenza sul primato del diritto comunitario sugli ordinamenti

nazionali e le Corti nazionali chiedono conto del rispetto dei diritti umani

(es. caso Solange I e caso Frontini del 1974).

Comunque già a partire dal caso Stauder (1969) e dal caso Internationalle

Handellschaft (1970) la Corte usa la propria discrezionalità interpretativa per

che nell’ordinamento comunitario

affermare i diritti fondamentali trovano

riconoscimento nell’ambito dei principi generali non scritti, che vengono

desunti dai trattati internazionali conclusi da tutti gli Stati membri (in

particolare la CEDU) e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati

membri.

Questa prima soluzione presentava tuttavia almeno tre criticità:

• manchevole quindi di una visione d’insieme;

Approccio casistico,

• Poca garanzia di certezza del diritto, in quanto si conferisce un

ruolo quasi ‘legislativo’ alla Corte;

• Permanenza di una formale distinzione fra sistema CEDU e diritto

unionale.

Negli anni successivi le istituzioni europee tentarono di allinearsi con una

Dichiarazione comune di Parlamento, Consiglio e Commissione del 1977,

‘importanza

che, riferendosi alla giurisprudenza della Corte, ribadiva la

essenziale’ del rispetto dei diritti umani.

Anche questa soluzione tuttavia riproduceva essenzialmente i difetti

dell’approccio della Corte e lasciava questo impegno su un piano

puramente politico-programmatico.

4.2 La riforma dei trattati e i diritti umani

Un più deciso sviluppo del tema dei diritti umani nel diritto comunitario lo si

dall’Atto Unico Europeo.

ha a partire dal 1986 e Nel preambolo si legge

gli Stati par

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A.A. 2018-2019
63 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher joeMarco di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tutela dei diritti umani e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Di Filippo Marcello.